Sul dilicato corpo, capolavoro distrutto, giù nell’abisso ove in fogna si sfoga la grande città, incombono solo le tre sinistre notti, la notte senza stelle del cielo, – la notte senza riflessi delle acque morte, – la notte senza lacrime della insensibilità della natura.
Il villaggio, dietro quella grigia macchia di alti, pallidi bambou, eleva ancora indecisi nella penombra i suoi bizzarri tetti; e il ruscello che lo divide dalla piccola casa di Iris mormora la sua cadenza senza scopo, mesta o gaia secondo che la luce, che scende e vi pènetra, effonde nelle sue acque il riso o la lagrima del cielo.