Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Trattato di economia sociale: introduzione all’economia sociale

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Toniolo, Giuseppe 2 occorrenze
  • 1906
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, voll. I-II 1949
  • Economia
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Poi nei tre primi secoli dell'evo moderno, dopo le scoperte e colonizzazioni extracontinentali (di Africa, America, Australia), in quegli Stati grandeggianti e prepotenti una certa espansione demografica si accoppia a contrazioni vieppiù convulse, fra rivoluzioni sociali-religiose, in Germania, Gran Bretagna e Francia, e fra guerre poderose di potentati cristiani e devastatrici coi turchi, e fame e pesti ricorrenti; sicché a stento fino al 1700 la popolazione poté recarsi a 110 milioni. Ed è soltanto dalla metà del secolo XVII per qualche paese, e in generale dal 1815-16, dopo le distruzioni della rivoluzione e di Napoleone, che piglia slancio insolito, regolare, acceleratissimo il movimento demografico universale; per cui Europa che nel 1800 avea 175 milioni nel 1890 s'era alzata a ben 357; e il mondo in soli 30 anni (dal 1860 al 90) da 1350 a 1500 milioni (Behm e Wagner).

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Ma il fattore religioso vi si accoppia, o congiuntamente o distintamente. —Talora le religioni nazionali pongono lor templi e tabernacoli nelle capitali; e il tempio di Gerusalemme è esso stesso una fortezza posta sull'altura, perduto il quale fu più volte vinta e dispersa la nazione di Israele e di Giuda. — Tal'altra religione e culto dispiegano forze autonome accentratrici, fondando città religiose distinte da quelle politiche, Dehli in India, Tokio al Giappone, Delfo in Grecia, Mosca in Russia. E nel cristianesimo la genesi e la storia civile della città si confonde con quella delle chiese parrocchiali (specie in Inghilterra), o delle sedi episcopali (specie in Italia e Francia), dovunque con quella dei monasteri; e in una città, Roma, si collocò e si mantiene da 19 secoli il governo religioso del mondo.

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Trattato di economia sociale: La produzione della ricchezza

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Toniolo, Giuseppe 5 occorrenze
  • 1909
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, vol. III 1951
  • Economia
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Bensì la praticoltura col connesso allevamento del bestiame, che può esercitarsi in forma esclusiva, p. e. nelle pianure del Brandeburgo, dell'Olanda, nelle marcite di Lombardia, quasi sempre si accoppia in qualche misura alla coltivazione dei campi, e quella nell'economia progredita ricade come a suo centro di gravità verso l'agricoltura; e perciò questa in senso lato include la coltura pratense e l'allevamento zootecnico. Anzi poiché la produzione vegetale (sia pratense che agricola) presuppone normalmente la occupazione (presa di possesso) e l'adattamento del terreno coltivabile, così l'agricoltura in senso amplissimo viene a comprendere anche l'industria fondiaria. Ciò serve a spiegare il linguaggio ordinario degli economisti, che sotto il nome di agricoltura comprendono tutti gli aspetti della industria rurale (Roscher, v. der Goltz, Meitzen, Rogers, Rosa, Poggi, Bertagnolli, Giglioli).

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. — Alla marra si accoppia più tardi l'aratro,inaugurando un secondo momento, il quale, presupponendo l'addomesticamento dei bovini e stromenti più complessi, e quindi l'aggiunta alle forze umane di quelle degli animali, consente un dissodamento disteso e continuato su terreni più ampli e resistenti, sicché le aree messe a coltura si contano ormai ad unità di lavoro giornaliero di un giogo di buoi (iugeri); progresso tecnico, cui corrisponde il sorgere col capitale mobile (bovino) di una classe agricola superiore. — E l'ulteriore progresso in un terzo momento si consegue coll'arte della piantagione,per cui gli alberi fruttiferi, inseriti e coltivati sul suolo, incrementano le specie dei prodotti agrari (non più soltanto erbacei e cereari) e per l'azione fisiologica delle radici e delle foglie determinano un più intenso usufruimento delle materie e forze del suolo, sicché gli alberi sul podere raffigurano il passaggio ad un primo capitale fisso nella coltura, il quale fissa alla sua volta sul luogo lavoro e famiglie.

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Laddove invece la grande proprietà si accoppia a coscienza della funzione sociale della terra, il malanno può convertirsi in beneficio. Così i ceti privilegiati ieratici e politici delle grandi monarchie orientali favorirono mercé lo Stato le mirabili trasformazioni fondiarie di que' territori. E così si spiega come le proprietà ecclesiastiche, specie monastiche, anticipassero dovunque i dissodamenti e le migliorie del suolo europeo. Era l'attuazione dei principi cristiani intorno ai doveri della proprietà privata; — per essi Iddio è il sovrano padrone della terra, che la destinò alla sussistenza e al benessere di tutti mercé la coltivazione, e la proprietà particolare è legittima anche per questo che essa è meglio adatta normalmente a rendere la terra più produttiva a beneficio individuale e sociale insieme. Cosicché rimane condannato moralmente (non sempre giuridicamente) il proprietario che disvia dalla naturale destinazione il terreno, lasciandolo incolto, appena ciò si traduca in un danno comune (Brants, Pesch, Cathrein). Questi stessi concetti della bibbia, del vangelo, del diritto canonico, ispirano i documenti (pubblicati da G. Ardant), per cui i papi dal sec. XVII al XVIII fino a Pio VI, per ovviare al danno del latifondo incolto, autorizzarono (pur troppo invano) i coltivatori a lavorare e seminare la campagna romana, anche riluttanti quegli inerti latifondisti.

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. — Meritato elogio economico, cui si accoppia quello dell'alto valore morale-civile dei piccoli proprietari coltivatori di sveglia intelligenza, di onesto e indipendente carattere, di virtù familiari e patriottiche, che ne fanno un elemento d'ordine sociale, il midollo del forte ceto colonico, le vigorose radici delle nazioni.

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Ma per ogni paese viene un momento in cui si aderge il mercante,quando taluno più intraprendente e avventuriere (la espressione «adventurer» in inglese si accoppia spesso a quella di «merchant»), o anche leghe o compagnie di artigiani più potenti (p. e. l'Arte di Por Santamaria in Firenze), favoriti più tardi dall'istituzione delle fiere o mercati più ampli in luoghi intermedi di convegno fra venditori e acquirenti di una vasta regione o di un'intera nazione, iniziano il commercio generale, offrendo al pubblico le merci in grosse partite. Allora la funzione mercantile prepondera e a sopperirvi il mercante moltiplica esso medesimo le ordinazioni alle case ed alle officine degli antichi artigiani, i quali, rimunerati a prodotto o a compito (p. e. tanto per pezza), dipendono per le commissioni non più dal pubblico, ma da lui; ed egli si restringe alle operazioni del commercio di speculazione, accumulando in deposito o magazzino i prodotti e lucrando a proprio rischio sulla previsione dei prezzi avvenire. Così si erige «il sistema, di manifattura»(taluno aggiunge domestica),il quale esprime «un insieme di imprese industriali autonome e disperse, in servigio di un capitalista speculatore, che concentra in proprie mani la funzione commerciale per il grande traffico».

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