Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Trattato di economia sociale: introduzione all’economia sociale

390604
Toniolo, Giuseppe 4 occorrenze
  • 1906
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, voll. I-II 1949
  • Economia
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Guizot (1787-1874) sulla «civilisation en Europe» (1845), accompagnata da analoghe indagini generali o speciali, in ordine particolarmente alla vita sociale nell'incivilimento cristiano in tutta Europa (Balmes, Cortes, Ozanam, Montalembert, fino a Kurth e Gruppe). Storia della civiltà, che in Germania («Kulturgeschichte») sollevò la questione di metodo nella occasione di una polemica fra Ranke (storico, insegnante dal 1825) e Gervinus con altri pensatori (Carlyle), intorno alla prevalenza dei fattori individuali ovvero collettivi nelle vicende dei popoli; rinnovata di recente da Kart Lamprecht (Was ist Kulturgeschichte?,1896, e Individualität undsozialpsychische Kraft, 1897) di fronte ad altri critici (Rachfals, Schnürer, Pirenne). — Duplice corrente storica, che al fine di illustrare gli elementi psichici del progresso umano venne ad incontrarsi col rinnovamento filosofico della psicologia empirica,la quale si presenta dapprima come disciplina sociale. Già G. Humboldt (nei suoi scritti) parla dello «spirito nazionale» («Volksgeist») figlio di una virtù o forza insita ad ogni individuo («Urkraft»), la quale si allarga alla collettività umana; ma i veri fondatori della psicologia sociale furono i professori Steinthal (di linguistica, Università di Berlino) e Lazarus (di psicologia, Università di Berna), i quali sulle tracce di G. Humboldt, svolsero ampiamente (nella rivista Zeitschrift für Vólkerpsychologie,fondata nel 1860) le loro dottrine sociali; da cui risulta che ogni gruppo etnico compone una unità psichica collettiva (da quella individuale), della quale la lingua rivela la genesi educativa storica, per concorso di tutte le energie spirituali (dalla cultura alla religione) sovr'essa operanti, improntandola del carattere di nazione. Però spetta a G. Wundt dell'Università di Lipsia, fisiologo, elevatosi a psicologo-empirico, e infine a filosofo e moralista, coi suoi scritti, dal 1867 (fra cui un Trattato di logica e di metodologia) e dal 1900 colla «Vöikcerpsychologic», il merito di ricongiungere la psicologia empirica individuale (interna) con quella collettiva e storica (esterna); riuscendo a tramutare così quelle singole psicologie nazionali in una psicologia veramente sociale generale; e da ultimo a favorire remotamente il passaggio dalla psicologia sperimentale a quella razionale-speculativa, cioè alla filosofia propriamente detta. Contribuì in tal modo col Lange, Fechner, Paulsen, alla riabilitazione della metafisica, anche nelle scienze sociali, giusta la sua proposizione: «se la evoluzione del costume (egli scrive) rientra nella psicologia dei popoli, l'origine della morale e del diritto appartengono alla scienza etica e dell'incivilimento».Tutto ciò invero non ancora in forma così decisa e sistematica da emanciparsi dai pregiudizi di una psicologia individuale-sociale evoluzionistica e soggettivista (tuttora rappresentata dal prof. Ludwig Stein, a Berna); ma bastevole a ridestare nella Germania lo zelo di rivendicare l'autonomia delle scienze morali (Dilthey, Geist oder Moralwissenschaften, 1883; Eucken, 1893, ecc.) dapprima considerate quasi capitoli della biologia trasformista, e ad illustrare la prevalenza dei fattori spirituali e religiosi nella sociologia storico-evolutiva (cfr. p. e. Schäffle, Das gesellschaftliche System der menschlichen Wirtschaft, 1878; Id. Bau und Leben des sozialen Körpers,1875-78).

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XIX alla filosofia individualistica di Kant, viene a sostituirsi gradualmente e infine ad ottenere sopravvento la filosofia panteistica di Hegel, accompagnata e avvalorata alla sua volta dal nuovo indirizzo delle scienze giuridiche, politiche, sociali e delle rispettive discipline ausiliari. Giusta il concetto dominante della filosofia hegeliana, ciò che genera e governa ogni rapporto sociale civile è l'idea collettiva,risultante delle più opposte idee individuali e superiore ad esse; idea che svolgendosi necessariamente dalla coscienza delle popolazioni, trasforma incessantemente le istituzioni sociali; e ciò per mezzo dello Stato, che incarna concretamente la coscienza pubblica ed e custode ed organo autorevole e illimitato di essa.

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. – Bensì questa legge di formazione normale delle classi trovasi, fin dall'origine della civiltà, accompagnata da cause di degenerazione, per lo più con queste tendenze: — di incentrare in una sola classe dominatrice le funzioni sociali dirigenti ed i rispettivi diritti e benefici economici, escludendone tutti gli altri. È la negazione della gerarchia sociale, che al di sotto di quella dominatrice organizzata e privilegiata, non riconosce che moltitudini,come la plebe in Roma, destituita all'origine di ogni esistenza organica; senza dire di intere popolazioni spogliate anche di diritti personali privati mercé la schiavitù. — Quando pure si riconoscono più classi fra loro graduate, la tendenza di chiudersi ciascuna nel proprio ciclo artificiale,impedendo il reciproco trapasso dall'una all'altra. È non solo il regime delle caste chiuse di alcuni paesi orientali (o ieratiche, o burocratiche, o militari) che si protrasse fino a tempi recenti anche nel Giappone; ma che si perpetuò, attenuato sotto forma di privilegi speciali nei tre stati dell'«ancien régime», nei «lords» inglesi, nella nobiltà feudale germanica, austriaca, russa, fino ai dì nostri; e che tentò sempre di riprodursi anche fra i ceti mercantili coi monopoli del secolo XVII, o fra gli artigiani dei Collegi dell'Arti sotto il mercantilismo. È l'irrigidirsi artificioso della gerarchia sociale. — La tendenza, anche allora che rimane (di fatto o di diritto) libera la costituzione e trasfusione delle classi, di tramutare la reciproca emulazione in lotta di classe.Sono quelle che si dispiegano in Roma per l'acquisto graduale del diritto pubblico in favore della plebe, e che stanno al fondo di parecchie vicende degli ordinamenti socialisti di Grecia o ben più tardi nella rivoluzione dei paterini, (sec. XIII) o dei contadini sotto Wykliffe (sec. XIV), o degli anabattisti sotto T. Münzer (sec. XVI), senza dire dell'età contemporanea.

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Invece la società cristiana si trovò dall'origine accompagnata da un fattore nuovo, quasi inavvertitamente cresciuto nel proprio seno, quello di una gerarchia sacerdotale,munita della pienezza di autorità dogmatica e morale; la quale — da un canto non si chiude in casta, ma rimane invece aperta a tutti, né si trasmette per eredità — e da un altro per le stesse sue finalità spirituali, distinte e indipendenti, non si confonde collo Stato né come organo dominatore né come stromento di esso; gerarchia ecclesiastica perciò, che, sebbene capace per la autorità e ordinamento di assumere anco funzioni politiche, è normalmente chiamata a promuovere solo per indiretto la costituzione dello Stato e ad integrarne le funzioni, non a soppiantarlo, rimanendo un organo di diritto pubblico ma non già propriamente politico.

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Per l'autonomia politica dei cattolici. Democratici e Cristiani

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Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1906
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 56-72.
  • Politica
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1º rimaner fedeli alla democrazia, in quanto essa è moto che tende alla elevazione ed alla liberazione dei salariati, compiuta per l'azione diretta e cosciente del proletariato medesimo, ed. accompagnata preparata e integrata da corrispondenti mutazioni negli istituti e nel rapporti economici e nell'ordinamento dello Stato, e cioè della collettività dei cittadini operanti pel governo dei pubblici affari;

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