L'episcopato francese, nelle sue ultime riunioni, alla Muette, non ha potuto prendere nessuna decisione, perché dall'una parte le disposizioni della Santa Sede gli precludevano un qualsiasi accomodamento con la legge, e dall'altra non si vede, fuori della legge, una via di uscita. Le discussioni più gravi si sono avute a proposito della eventuale organizzazione del culto privato. La grande maggioranza dei vescovi è recisamente restia al culto privato e non intende di venire a questo che nelle condizioni più disperate. Esso, infatti, significherebbe il passaggio del culto nelle mani del clero regolare o dei frati, almeno nelle grandi città, dove questi, dopo la soppressione delle case religiose, hanno trovato modo di rimanere, dividendosi in piccoli gruppi di tre religiosi, od andando come cappellani e precettori presso famiglie aristocratiche; e conservando così gran parte della loro influenza.
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Ma il governo specula evidentemente sulla cattiva luce che quelle carte gittarono sul cattolicismo ufficiale e sulla vita ecclesiastica della Chiesa francese contemporanea; esso vuole alimentare delle passioni che avranno il doppio effetto di alienare vieppù da questa l'opinione pubblica e di ritardare, fra i cattolici, il prevalere di un più sereno spirito di accomodamento all'inevitabile, e di vigorosa riforma dei metodi di azione e di influenza.
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