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Sentenza n. 1988

334395
Cassazione penale, sezione I 7 occorrenze
  • 1998
  • Corte Suprema di Cassazione
  • Roma
  • diritto
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2. – Nell’esame del merito delle statuizioni contenute nella pronuncia impugnata assume priorità la verifica della fondatezza o meno delle censure rivolte contro il capo di sentenza concernente la responsabilità degli imputati per il delitto previsto dall’art.75 della l. 22.12.1975, n.685, dovendo, anzitutto, stabilirsi – in riferimento ai molteplici motivi di ricorso che investono tale accertamento – se, nell’affermare l’esistenza dell’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti contestata al capo A) della rubrica, la Coorte di rinvio abbia compiuto una corretta valutazione delle prove e abbia dato esatta applicazione alle norme che configurano la predetta fattispecie criminosa.

1. – Le molteplici questioni dedotte dai ricorrenti in ordine alla nullità, alla acquisizione e alla inutilizzabilità di atti e di mezzi di prova relativi alle pregresse fasi processuali rendono necessario accertamento della portata della sentenza n. 1114 pronunciata da questa Corte in data 14.11.1995 e degli effetti che ne sono derivati tanto riguardo ai poteri decisori del giudice di rinvio quanto relativamente all’esercizio della facoltà delle parti di sollevare nuove contestazioni sulla validità degli atti processuali e sulla giuridica possibilità di porre a fondamento della decisione gli elementi probatori già acquisito allorché si è verificato l’intervento decisorio del giudice di legittimità. La sentenza n. 1114-95, che ha annullato la pronuncia di secondo grado, rappresenta, quindi, l’imprescindibile termine di riferimento alla cui stregua devono vagliarsi l’ammissibilità e la consistenza delle numerose eccezioni di rito formulate dalle parti in riferimento sia ai vincoli di ordine interno che traggono origine dall’intrinseco contenuto del dictum del Supremo Collegio, cui il giudice di rinvio è tenuto ad uniformarsi a norma del terzo comma dell’art. 627 c.p.p., sia ai limiti legali posti dal quarto comma dello stesso art. 627.

“osservazioni sul territorio” e le disposizioni dei verbalizzanti dalla Corte di rinvio in palese contrasto col “dictum” della Corte di Cassazione; d) violazione degli artt. 192, comma 2 e 3, 603 , comma 3 e 624, comma 1 c.p.p. con riguardo alla illegittima rinnovazione dell’istruzione dibattimentale e al mancato controllo della intrinseca attendibilità del collaborante M. e dell’esistenza di riscontri individualizzanti; e) mancanza e illogicità manifesta della motivazione nonché travisamento dei fatti nella valutazione degli elementi probatori posti a base della condanna per il reato associativo; i cui elmetti costitutivi (in particolare quello psicologico) non erano stati oggetto di adeguato accertamento; f) violazione della legge penale e vizi logici della motivazione relativamente alla ritenuta esistenza delle aggravanti di cui all’art. 75, comma 1 e 4 della l. n. 685-75, in relazione all’attribuzione al C. della posizione di capo dell’associazione e al numero degli associati; g) violazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione nell’interpretazione degli elementi probatori venivano denunciate anche in riferimento all’affermazione di responsabilità per i singoli episodi di spaccio e, segnatamente, alla vicenda di via Salis in data 28.4.1989; h) violazione degli artt. 62 bis e 113 c.p. nonché vizi logici della motivazione in ordine alla mancata applicazione delle attenuanti e alla determinazione del trattamento sanzionatorio.

V, 20 novembre 1974, D’Angio) rappresenta uno dei cardini dell’ordinamento processuale e del sistema delle impugnazioni cui è connotata la regola della irrevocabilità ed incensurabilità delle decisioni della Corte di Cassazione che, “oltre ad essere rispondente al fine di evitare dei giudizi e di conseguire un accertamento definitivo il che costituisce, del resto, lo scopo stesso dell’attività giurisdizionale e realizza l’interesse fondamentale dell’ordinamento alla certezza delle situazioni giuridiche è pienamente conforme alla funzione di giudice ultimo della legittimità affidata alla medesima Corte di Cassazione dall’art. 111 Cost.” (Corte Cost., 5 luglio 1995, n. 294). A tale specifica ratio decidendi è conformata la pronuncia del giudice delle leggi con cui è stata dichiarata infondata la questione di costituzionalità dell’art. 544, comma 3 del codice di rito del 1930, sostanzialmente riprodotto dall’art. 627, comma 4 del codice vigente, sul rilievo che, stante il carattere inoppugnabile di tutte le decisioni di legittimità, “la pronuncia della Cassazione di annullamento con rinvio costituisce “un atto di valore definitivo” ed opera quindi sanatoria di tutte le nullità anche assolute verificatesi sino a quel momento” (Corte Cost., 4 febbraio 1982, n.40: cfr. negli identici termini, con riguardo alla sentenza civile di annullamento con rinvio, Corte Cost., 16 giugno 1995, n. 247).

Sentenza n. 9656

334838
Cassazione civile, sezione II 1 occorrenze
  • 1987
  • Corte Suprema di Cassazione
  • Roma
  • diritto
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Sentenza n. 13120

335040
Cassazione civile, sezione II 1 occorrenze
  • 1997
  • Corte Suprema di Cassazione
  • Roma
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La così compiuta interpretazione della clausola in argomento integra la risultante di un accertamento di fatto, che appare assolutamente congruo e non contraddittorio, e che, perciò, non può essere ravvisato sindacabile nella presente sede, per difetto di motivazione, ai sensi dello art. 360, comma 1 n. 5, cod. proc. civ..

Sentenza n. 19219

335316
Cassazione civile, sezione tributaria 4 occorrenze
  • 2017
  • Corte Suprema di Cassazione
  • Roma
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Il quinto motivo va respinto, trattandosi di accertamento in fatto, immune da vizi logici, che come tale non trova ingresso in sede di legittimità. Trattasi di costi qualificati con sufficiente motivazione dal giudice di merito, quali spese di rappresentanza che vanno dedotte in più esercizi: tale motivazione sulla natura delle spese per l’organizzazione di meeting con gli agenti, integranti spese di rappresentanza, non è stata peraltro efficacemente contraddetta dalla ricorrente con idonei elementi probatori.

Open space pubblicità s.r.l. ricorre con nove motivi per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Lombardia, n. 75/67/2010 dep. il 10 maggio 2010, che in relazione a due avvisi di accertamento per IVA, Irap e Irpeg relativi agli anni 2000 e 2001 – emessi a seguito di verifica della Guardia di finanza, col quale venivano recuperati a tassazione una serie di costi (alcuni dei quali ritenuti non inerenti, altri non documentati, altri non di competenza) – confermando la sentenza di primo grado, ha rigettato l’appello della contribuente.

Nel caso di specie la C.T.R. ha confermato la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva escluso che gli immobili consentissero una destinazione diversa da quella relativa all’attività d’impresa senza radicali trasformazioni e, trattandosi di beni non utilizzati in proprio, ma locati o dati in uso ad altre società del gruppo, ha ritenuto indeducibili i relativi costi, con accertamento in fatto e motivazione congrua (sull’effettiva destinazione funzionale degli immobili), non superabile dalla mera affermazione della ricorrente della categoria catastale di appartenenza dei beni.

Sentenza n. 1

336111
Corte costituzionale 1 occorrenze
  • 1966
  • Corte costituzionale
  • Roma
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Sentenza n. 1

336361
Corte costituzionale 2 occorrenze
  • 2006
  • Corte costituzionale
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