Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il partito polare e le elezioni comunali

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

In affari amministrativi i due programmi erano identici, solo che in quello dei conservatori si accentuava la necessità delle economie. Al 14 marzo si svolse la lotta del terzo corpo. I radicali vinsero con un massimo di 626 voti, la coalizione moderata soccombette, raccogliendo sui capilista Brugnera e Peratoner non più di 551 voti. Con tale votazione incomincia l’era democratica in comune. L‘oratore non vuole indugiarsi a descrivere la storia, perché è cosa di ieri e perché si può racchiudere in poche parole: nessuna democrazia (si pensi al contegno del Municipio di fronte ai padroni fornai col conseguente rimipicciolimento del pane, si pensi alle tasse sull’acqua ed al modo con cui venne imposta), nessuna discussione pubblica ed una notevole paura del socialismo al quale anche quando l’idillio è rotto si concedono non solo sovvenzioni materiali ma si fa largo per ogni manifestazione che non sia direttamente antiliberale. L’oratore tocca alcuni episodi elettorali dell’era democratica. Nel dicembre del 1895 i cattolici, all’ultimo momento, con brevissima preparazione, raggiunsero nel terzo Corpo 300 voti, la metà circa dei voti radicali. Nel secondo corpo si ebbe una votazione-protesta degli impiegati, i quali riunirono sul nome di Antonio Tambosi 61 voti. Gli impiegati raccoltisi, in adunanza all’Hotel Europa rispondevano alle provocazioni dell’«Alto Adige» con una risoluzione nella quale si protesta contro «un sistema a base di intollerante invadenza, di intemperante soperchieria, di demagogica tracotanza da noi non temuto, sistema che già da troppo tempo perdura e che inasprisce e nausea la parte più sana ed eletta della città e delle valli, che, indignate, rifuggono dal loro centro. È ora di finirla!». È a questo turno di tempo che risale la rottura coi socialisti in causa di quella malaugurata ex guardia, che i democratici avrebbero magari tenuta per buona come comandante degli agenti municipali, ma non come consigliere. E veniamo al 1907. In maggio i democratici o buona parte di loro levano sugli scudi il socialista Avancini, ma in dicembre, alla vigilia delle elezioni comunali, ai medesimi «compagni» viene dato il bando, perché antinazionali. «Il socialismo trentino avverte l’Alto Adige (30 novembre) - si ispira a quelle idee sindacaliste ed internazionalistiche, alle quali nessun trentino potrà mai dare quartiere finché il terreno non sia completamente sbarazzato da tutte le piccole e grandi insidie che minano la nostra esistenza nazionale». E più innanzi, parlando della sovvenzionata Camera del lavoro: neghisi il voto ad «una istituzione che si apparta ostentativamente quando si tratta di combattere i nemici della nostra patria e qualifica come gazzarra una nobile lotta ingaggiata nel nome del principio di nazionalità». Tale rottura coll’ala socialista dell’antica alleanza parve consigliare uno spostamento verso destra. Ma i moderati, alle sollecitazioni di parecchi di ritornare almeno nel Consiglio, risposero con un diniego, osservando che il Consiglio deve condividere le responsabilità della Giunta dalle quali i moderati rifuggono (Unione, 14 novembre) e il barone Salvotti, al quale si rinfacciava un trapasso troppo immediato dal Comitato Diocesano alla Lega democratica, si vantava ad elezioni fatte, d’aver saputo tener lontani dal Consiglio comunale «certi faziosi che avrebbero tirato addosso al partito democratico il rimprovero di aver fatto un passo indietro, con grave suo danno, relegando invece i moderati nell’abbandono oblivioso in cui li ha lasciati la cittadinanza trentina». Caratteristico è il disinteresse, con cui si svolsero queste elezioni. Si ha infatti la seguente statistica: III corpo: elettori iscritti 1900, votanti 587, cioè il 30%; II corpo: elettori iscritti 595, votanti 136, cioè il 24%; I corpo: elettori iscritti 60, votanti 13, cioè il 21%. E si noti che fra i 587 votanti del III corpo sono comprese circa 200 procure! Non entra a discutere la gestione finanziaria dell’era democratica, non intendendo oggi il partito di presentare una propria lista con un programma economico dettagliato, ma fa semplicemente osservare che il partito dominante, in 5 anni di amministrazione, lasciando da parte tutto il resto è arrivato ad un sorpasso di un milione128 mila, ad un nuovo debito di un milione e mezzo e quel che è peggio ad un deficit che risulta tutt’altro che provvisorio di almeno 100 o 120 mila corone annue, da coprirsi con nuovi balzelli. Ma forse è migliore e più favorevole il bilancio morale della era nuova? Non vogliamo dire l’opinione nostra che potrebbe parere troppo soggettiva. Leggete Il Popolo di giorni fa. Si tratta degli alleati e dei commilitoni di 5 anni or sono. «A Trento — stampa il foglio socialista — c’è un Consiglio comunale in cui prevalgono i poltroni, gli inerti, gli eterni muti. Non discutiamo l’indirizzo (qualche volta si potrebbe dire il non-indirizzo) del partito che tiene le redini del Comune, constatiamo che fra i 36 consiglieri ci sono troppe teste vuote, troppe animucce imbelli, troppa gente che tien la carica come un gingillo. Il Consiglio comunale non è in massima composto dalle migliori forze, non diciamo della città, ma neppure del partito dominante. A Trento — e purtroppo l’abitudine è antica — nel Consiglio civico per un consigliere intelligente ci sono quattro o cinque che si lasciano tirare pel filo come le marionette. Tutto quello che sanno fare due terzi di essi è — quando lo sanno — votare, secondo gli ordini del padrone. Le discussioni sono state abolite nel consesso di Trento. Tutt’al più si fa qualche discorsetto rettorico — da qualcuno magari imparato a memoria sul manoscritto di terzi — o un po’ di pettegolezzo sulle questioni di minor importanza». Ma non migliore giudizio ci pare risulti dalla posizione che oggidì assume l’organo municipale, l’Alto Adige. Nella settimana testé decorsa sono comparsi tre articoli, che sembrano scritti dalla Maddalena pentita? L’Alto Adige si rivolge a quella che un tempo fu chiamata «moderateria» e: taccian, pare ripeta. Taccian le accuse e l’ombre del passato Di scambievoli orgogli acerbi frutti Tutti un duro letargo ha travagliato Errammo tutti. Oggi in più degna gara a tutti giova Cessar miseri dubbi e detti amari Al fiero incarco della vita nuova Nuovi del pari. Questa volta il «fiero incarco» sarebbe naturalmente quello di pagare i debiti. O meglio ancora la posizione dell’«Alto Adige» ricorda il «Mira, o Norma — ai tuoi ginocchi questi cari pargoletti, Deh! pietà...». Leggete infatti gli articoli di fondo sopralodati, in cui si fa appello a coloro che «per ragioni di coltura, di censo e di aspirazione dovrebbero dare l’indirizzo nel seno del partito liberale» e si parla della necessità di richiamare in consiglio i moderati per dargli l’autorità ed il valore voluto dal momento attuale. Bel complimento ai consiglieri d’oggi! La finale poi è commovente come quella dei drammi degli oratori. E un inno alla «nuova era di pace e di lavoro concorde, la quale sarà apportatrice di nuovi benefici alla nostra città diletta» ed un sacro giuro di voler collaborare «all’opera benedetta della concordia cittadina». In tale lacrimevole ed umile intonazione dunque doveva finire dopo un lustro appena la fanfara di guerra della democrazia liberale? Ma a noi poco importa se dinanzi a tale compunzione — dice qui il relatore — Norma s’impietosirà o meno e se i moderati si sobbarcheranno al nuovo «fiero incarco», a noi importa rilevare con quali intenti si tenta la concentrazione delle forze liberali rispetto al nostro partito, l’«Alto Adige» non vi lascia in dubbio. La preoccupazione prima e sempre quella che i clericali non entrino in Municipio. «Teniamo le polveri asciutte!» avverte l’«Alto Adige»: non si sa mai! Per questo sforzo anticlericale, per questo bando da mantenersi ad ogni costo contro i nostri aderenti, invano cercherete ragioni plausibili. Forse che siamo un manipolo trascurabile? Le elezioni parlamentari del maggio 1907 hanno dato 960 voti a noi e 934 ai liberali. Forse che non paghiamo imposte in misura ragguardevole? Si pensi solo a quello che pagano le istituzioni centrali del nostro movimento. A mo d’esempio la Banca cattolica di tasse comunali paga 20.700.16 corone annue, la Banca Industriale, il cui capitale è anche in gran parte dei nostri consenzienti, paga 21.489.79. Forse che i deputati del nostro partito combattono gli interessi di Trento? O non è vero invece che in molti problemi di capitale importanza per la città, l’opera dei deputati popolari e ricercata e largamente data? Nessuna ragione oggettiva quindi, ma solo lo spirito di fazione cagionano l’ostracismo che si vuole a qualunque costo mantenere contro di noi. Di fronte a che noi non ci inchiniamo per chiedere delle concessioni, ma domandiamo ad alta voce il nostro diritto. Diritto che si risolve in una protesta contro un sistema elettorale che dà mandato assoluto ad una minoranza d’imporre balzelli sulla maggioranza. E qui il relatore si diffonde a spiegare il vigente sistema che risale al 1889 e la riforma votata per l’ultima volta nel Consiglio comunale ai 3 settembre 1903, e che ora è in Dieta, aspettando l’approvazione della rappresentanza provinciale. La riforma introduce un quarto corpo coi caratteri della vecchia quinta curia parlamentare. Noi temiamo però che anche con tale riforma con pretesti anticlericali si riesca ad escludere dal Municipio il nostro partito, non per la forza dei nostri avversari presi a sé, ma per le coalizioni che si formeranno in odio contro di noi. Chiediamo quindi che il nuovo sistema permetta la rappresentanza delle maggioranze. In Italia l’articolo 74 della legge 4 maggio 1898 prescrive che «ciascun elettore ha diritto di scrivere sulla scheda tanti nomi quanti sono i consiglieri da eleggere, quando se ne devono eleggere almeno cinque. Quando il numero dei consiglieri da eleggere è di cinque o più, ciascun elettore ha diritto di votare pel numero intero immediatamente superiore ai quattro quinti». In tal maniera un quinto di eletti apparterrà ad un partito di minoranza. Ma più equo e più sicuro è il sistema proporzionale. L’oratore descrive la marcia del principio proporzionale nei corpi rappresentativi politici, dove però è ancora discutibile se sia da preferirsi un grande frazionamento di partiti alla base sicura di Governo che dà una forte maggioranza. Ma certamente accettabile è la proporzionale per i corpi amministrativi. Essa fu introdotta anche recentemente in Baviera, in parecchie città austriache e in tutte le città del Vorarlberg che ha copiato il sistema dalla vicina Svizzera. Nel Vorarlberg vige il sistema della lista obbligata. I partiti cioè devono presentare 14 giorni prima al magistrato la lista dei propri candidati. Il magistrato esamina le liste e se qualche candidato è contenuto in più liste, gli chiede se a ciò ha dato il suo assenso o meno: in caso negativo il suo nome viene cancellato dalla lista che egli non accetta. Poi sei giorni prima delle elezioni, le liste vengono pubblicate come liste riconosciute. Nel giorno elettorale gli elettori, se vogliono che il loro voto abbia un valore effettivo, devono darlo ad una delle liste riconosciute. Chiuso l’atto elettorale, la commissione constata il numero dei votanti, divide questo numero per il numero dei consiglieri da eleggersi, il numero che risulta è il quoziente elettorale. Quante volte questo quoziente sta al numero di voti dati a ciascuna lista, altrettanti consiglieri spettano a tale lista. Si fa notare che per quoziente non si prende proprio il risultato netto della divisione suddetta, ma per evitare frazioni, il numero immediatamente superiore a tale risultato. Per esempio: sono da eleggersi 6 consiglieri. Il numero dei votanti è 216. 216: 6 + 1 = 30 e frazioni; il quoziente elettorale è quindi 3 — 1, e le liste vanno divise per tal numero. Il risultato ci dà il numero dei consiglieri che spettano a ciascuna lista. Un altro sistema è quello delle liste libere o di concorrenza, nel quale caso non occorre presentare previamente le liste dei candidati. Il relatore spiega anche questo sistema. Ma senza entrare in questioni di dettaglio, a cui provvederanno i legislatori, l’oratore ritiene che la proporzionale porti tali vantaggi per un’amministrazione controllata e sia così equa, che si raccomandi da sé. Si tratta di dare ad ogni partito quello che gli spetta. Non vuole entrare nella questione se si debba introdurre accanto alla proporzionale il suffragio uguale con un corpo elettorale solo. Tale postulato rinvierebbe la riforma alle calende greche. Nel Vorarlberg si è semplicemente introdotta la proporzionale in ogni corpo, lasciandoli tutti e quattro. Ritiene che anche il partito dominante non dovrebbe opporsi a tale riforma, poiché non si tratta di dare la scalata né di conquistare la maggioranza, e d’altro canto un deputato nazionale liberale l’anno scorso propugnava nell’Alto Adige la proporzionale. Egli si limita a presentare il seguente ordine del giorno: Gli elettori comunali di Trento, aderenti al partito popolare, constatando che né il regolamento elettorale cittadino attualmente in vigore, né la riforma sottoposta per l’approvazione alla Dieta provinciale corrispondono ai criteri di equità, imposti dai moderni bisogni; chiedono che accanto al massimo ampliamento possibile dell’elettorato comunale, si aggiunga l’introduzione della rappresentanza proporzionale di partiti. Tale conchiuso verrà presentato al podestà di Trento ed ai capi della deputazione dietale italiana. Il dr. Lanzerotti aderisce alla relazione del dr. Degasperi ed aggiunge agli argomenti già addotti, che non si potrà certo negare ai popolari la pratica amministrativa necessaria per i consiglieri comunali né ancora si potrà tacciarli di non aver riguardo ai sentimenti nazionali, quando si faccia un salutare confronto fra la Trento-Malè, il cui progetto era in mano della città di Trento, e la Dermulo-Mendola in mano di un nostro istituto. Il dr. Degasperi eccita i consenzienti a raccogliersi più di frequente ed a fare sentire la propria voce affinché non ci si tratti come cittadini di secondo grado, mentre si accumulano colpevoli transigenze verso il partito socialista, L’ordine del giorno venne accolto con prova e controprova ad unanimità. L’on. dr. Cappelletti crede di interpretare il pensiero dei propri colleghi dietali del Club popolare, affermando che si interesseranno della cosa nel senso voluto dall’ordine del giorno. Già nell’ultima sessione dietale l’on. Decarli fece delle riserve a proposito della riforma elettorale presentata alla Dieta per l’approvazione. I deputati non mancheranno di propugnare il principio equo della rappresentanza proporzionale. Con ciò dichiara chiusa la riuscita adunanza.

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