La crisi dell'euro ha messo in luce alcuni difetti della sua costituzione ma, allo stesso tempo, ha creato le condizioni per una accelerazione del processo di integrazione. Vale la pena di riflettere su tale contraddittorio processo per capire quale ruolo dovrebbe svolgere il nostro Paese per promuovere i suoi interessi nazionali. Per fare questo, procederò come segue: in primo luogo, ricostruirò il processo di istituzionalizzazione dell'Unione europea che ha condotto al Trattato di Lisbona del 2009; in secondo luogo, discuterò le caratteristiche costituzionali di quest'ultimo, mostrando come esso abbia formalizzato una doppia costituzione, sovranazionale per il mercato comune e intergovernativa per le politiche tradizionalmente vicine al cuore della sovranità nazionale (come la politica estera e di sicurezza); in terzo luogo, avanzerò alcune considerazioni su come uscire dalla crisi della doppia costituzione. Il mio argomento è chiaro: la sfida drammatica della crisi dell'Euro ha messo in radicale discussione la struttura dei compromessi che aveva finora sostenuto la costruzione dell'Unione europea. Solamente un'Unione politicamente unita potrà consentire all'Europa di continuare ad esercitare un ruolo di influenza in un sistema globale ormai chiaramente strutturato intorno a pochi grandi Paesi o blocchi continentali. Quell'influenza è necessaria se si vuole difendere gli interessi europei e, con essi, i singoli interessi nazionali, in un contesto di spietata competizione globale. Senza questa capacità di agire unita politicamente, sarà altamente improbabile che l'Europa possa difendere quel suo particolare modello di civiltà che combina democrazie e mercato.