Piuttosto, se vogliamo trovare, accanto al libro di Campanile, un nome di maestro, subito dalla penna ci cade quello di Jerome Klapka Jerome. Né pensiamo del tutto ingiusto il riferimento e il ricordo. Il gusto cronistico della narrazione, la piattezza disadorna e quasi volontaria dello stile, l'asciutta povertà della lingua, la inesorabilità dei dialoghi tambureggianti, lo snodarsi e l'intersecarsi delle divagazioni, sono le evidenti ed essenziali caratteristiche dei due scrittori. Aggiungasi poi il metodo, comune tanto al Jerome quanto al Campanile, di attribuire a più persone la paternità d'un dato fatto, che varia dall'uno all'altro (chi non si ricorda, del primo, la storia della trota, in Tre uomini in una barca?), e l'abitudine della elementare contradizione, per cui il comico finisce per essere un gioco scoperto: e sarebbe stato strano, se la trota fosse stata imbalsamata, ma non lo era.