Sino a un anno fa Guitry fu uno dei più accaniti avversari del cinema. Ve lo ricorderete l'ultima volta che venne qui a recitare al Manzoni. A metà dello spettacolo uscì a fare un piccolo discorsetto, o come dicono loro causerie, di cui la gran parte consisteva in una fiera tirata d'orecchie al cinematografo. Lo rimproverava di faciloneria, d'ignoranza, di gusti plebei; gli negava il diritto di essere un'arte, ma solo un giocattolo, una curiosità meccanica, tutt'al più un mezzo di riproduzione. Insomma, le solite obbiezioni futili, esposte con quella leggerezza brillante che al mondo è il privilegio della futilità (per questo hanno così poca fortuna le cose serie). Soprattutto, Guitry ci teneva a mettere in chiaro che mai e poi mai egli avrebbe fatto del cinematografo. Non lo diceva, ma lo lasciava intendere tra le righe: il cinematografo aveva urgente bisogno di lui. Ebbene, era inutile circuirlo, inutile insistere, il suo rifiuto sarebbe stato definitivo e irrevocabile. «Non possumus».
Accademia della crusca
