Può però accadere che alla regola convenzionale violata faccia riscontro, anziché una norma contrastante, una lacuna dell'ordinamento nazionale, e occorra perciò, anziché una dichiarazione di illegittimità costituzionale, una interpretazione conforme additiva, con l'aggiunta nel sistema processuale di un'ulteriore garanzia che mancava. L'A. ricorda infine che per dare esecuzione alle sentenze della Corte EDU è necessario nella maggior parte dei casi far cadere il giudicato e che secondo la giurisprudenza, sia della Corte di cassazione, sia della Corte costituzionale, non solo nei confronti della persona cui si riferisce la decisione, ma anche nei confronti delle altre persone che si trovano nella medesima situazione, la rimozione della lesione ancora in corso di un diritto fondamentale non può essere impedita dall'esistenza di un giudicato.
Proprio per salvaguardare quest'ultima funzione, essenziale "garanzia assicurativa" dei livelli adeguati di tutela confermati dalla Costituzione, l'A. propone che, comunque, nel considerare la rendita la si equipari ai redditi mobiliari, in analogia a quanto dovrebbe accadere per le somme percepite dall'invalido quale indennizzo in capitale per danno biologico.
Ma cosa può accadere, quando è lo stesso legislatore a rifiutarsi, o comunque a mostrarsi palesemente incapace, di esercitare la propria funzione politico-rappresentativa?
Ciò non significa che il controllo sia sempre esercitato; tuttavia può anche accadere che venga svolto con particolare assiduità. Proprio per tale ragione nel 2007 si è reso necessario l'intervenuto del Garante della Privacy, a seguito del quale anche la giurisprudenza di merito e di legittimità si è più volte espressa nel senso di un generale ripensamento circa l'ampiezza dei poteri di controllo prima attribuiti al datare di lavoro attraverso il sistema dei c.d. "controlli difensivi".
La Corte di cassazione affronta il tema della natura giuridica dell'accollo "interno", sottolineando come l'obbligazione dell'accollante, di sollevare l'accollato dal peso economico di un suo debito pregresso, non comporti alcuna successione nell'obbligazione originaria (a differenza di quanto può accadere nell'accollo esterno), rimanendone sostanzialmente autonoma: questo conduce a fare alcune considerazioni sulla possibilità che i "vizi" del contratto fonte dell'obbligazione originaria possano "propagarsi" al contratto che realizzi un accollo interno. Salva l'ipotesi che quest'ultimo non sia a sua volta nullo per impossibilità o indeterminatezza dell'oggetto, sembra che il rimedio si possa trovare, sul piano risolutorio-risarcitorio, nella "exceptio doli generalis", colpendo l'eventuale comportamento abusivo del debitore accollato, che scorrettamente pretenda di essere tenuto indenne da un'obbligazione (in tutto o in parte) inesistente. La Suprema Corte si sofferma anche sulla natura giuridica dell'accollo esterno, qualificato come contratto a favore di terzo, sottolineando come il creditore acquisti immediatamente il diritto contro l'accollante in virtù dell'accordo tra questi e l'accollato, senza che sia necessario alcun consenso da parte dello stesso accollatario, nemmeno come "condicio juris" d'efficacia dell'accollo nei suoi confronti: il consenso dell'accollatario serve solo a rendere irrevocabile la stipulazione a suo favore. La soluzione, condivisibile, appare però difficilmente conciliabile con l'idea, introdotta da Cass. n. 9982/2004, secondo cui, nell'accollo esterno cumulativo, l'obbligazione dell'accollato degradi sempre a sussidiaria rispetto a quella dell'accollante: se così fosse, sembrerebbe impossibile prescindere dal consenso del creditore, quantomeno come condizione di efficacia dell'accollo nei suoi confronti (in questo senso, infatti, la sentenza del 2004).