Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il primo Congresso Cattolico Trentino

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Ma viviamo, o amici, in un paese di confine, ove valse fin'ora per buon italiano chi giurò spesso d’esserlo, ove una borghesia di petrefatti ricantò nei caffè e nelle accademie ideali vecchi, tramontati già, se non mai sorti, per le masse popolari, belli se commuovono un popolo intero, quando seguirli venga stimato virtù; spogli di splendore, abbrutiti quando non facciano conto della realtà delle cose e dell’anima popolare e vengano rappresentati senza uomini o partiti come passione senza il riconoscimento delle leggi morali e dell‘ordine civile! Questi uomini e questi partiti o giovani, che ne ereditarono il fonografo, ripetono ancora oggi in buona o mala fede una terribile accusa contro i cattolici: mancar essi di patriottismo ed amore alla propria nazione. Ricorderò sempre, o signori, con sdegno la risposta che a me e ad un mio collega diede uno studente radicale in Vienna, quando eravamo accorsi come tutti ad interessarci d’una questione comune: Voi cattolici — lo sapete — non vi teniamo come italiani. Ah! Viva Dio, avremo dovuto rispondergli, i cattolici sono italiani da secoli, da quando sorse la nazione intorno alla cattedra di San Pietro; voi siete — se lo siete — italiani da dieci-dodici lustri. I cattolici hanno dietro quasi due periodi storici che furono guelfi, voi, forse, il ghibellinismo di cinquanta anni. Ma ci parve meglio ridergli in faccia. E così dovrei far oggi e passar oltre e dire: Guardate che cosa hanno fatto i cattolici trentini per la difesa della loro lingua e dei loro costumi, e vi basti. Se oggi sviluppo alquanto il nostro pensiero, non è per rispondere a certi giovanotti che di questi giorni proprio vanno, a rovina della patria e a vantaggio di un partito, ripetendo antiche menzogne, né per ottenere la patente di buon italiano da certi signorini che poi dichiarerebbero, magari dal podio del teatro sociale, di non crederci; ma io penso alle madri ed alle famiglie, ove la calunnia poté trovare credenza. A loro gioverà gridare di nuovo: No, questi giovani che si propongono d’essere anzitutto cattolici, non dimenticano socialmente di essere anche buoni italiani. Difendendo la fede e i costumi dei padri, compiono il primo dovere che incombe ad ogni italiano che non abbia dimenticato Dante, Raffaello, Michelangelo, Manzoni per Proudhon, D’Annunzio o Zola, né san Tommaso per Kant o Nietzsche, né il nostro apostolo latino san Vigilio per il teutonico Marx. La differenza capitale fra noi e gli altri è questa: gli altri coscientemente o no seguono un principio che si ripresenta sotto varie forme dall’umanesimo e dalla rinascenza in poi, per la quale una volta agli uomini fu Dio lo Stato, poi l‘Umanità, ed ora è la Nazione. E come Comte e Feuerbach parlavano di una religione dell’umanità, così ora si parla d’una religione della patria, del senso della nazione, sull’altar della quale tutti i commemoratori delle glorie altrui ripetono doversi sacrificar tutto e idee e convinzioni. Questo concetto trapelò anche da noi in molte occasioni e quando si dice che davanti al monumento a Dante devono sparire tutte le misere divisioni di partito, che cosa si vuole insegnare altro alla gioventù se non altro che la Nazione va innanzi tutto, che essa solo può pretendere una religione sociale, mentre il resto è cosa privata? Signori, non è vero! Noi ci inchiniamo solo innanzi a un Vero supremo indipendente e immutato dal tempo e dalle idee umane e al servizio di questo noi coordiniamo e famiglia e patria e nazione. Prima cattolici e poi italiani, e italiani solo fino là dove finisce il cattolicismo. Pratica: non furono i cattolici che ordinarono i fatti di Wreschen, ma furono coloro che senz’altro ritegno di giustizia e moralità gridano: la nazione soprattutto. No, Iddio, il Vero innanzi tutto! Nella pratica della vita questo principio non ci ha impedito di accorrere ogni qualvolta lo richiedesse l’onore di tutti gli italiani: e noi giovani anche per l’avvenire non perderemo nella nostra propaganda democratica cristiana; rammenteremo sempre che vogliamo creare non soltanto buoni cattolici, ma anche buoni italiani, amanti della lingua loro e dei loro costumi, fieri di appartenere a quella Nazione che fu nella storia la prediletta della Provvidenza. Un’altra parte del nostro programma è espresso nella parola «democratici». Signore e signori! Se le esigenze del Congresso e la ristrettezza del tempo lo permettessero, io vorrei parlare a lungo su questo argomento. E non perderei tempo! A quei signorini universitari che se ne stanno anche durante gli anni dello slancio e dell’altruismo epicureamente lontani dal popolo e s’avvezzano per tempo al caffè donde c’è venuta una borghesia parassitaria, vorrei ripetere oggi questa parola. Anche in questo riguardo il periodo universitario e fatale: dall’università si esce democratici o aristocratici già fatti. O che da giovani ci si avvezza a ridurre il mondo ai giornali che si leggono e ai membri della propria classe, e allora il giovane, divenuto dottore, avvocato, non discenderà fra le grandi masse popolari come fratello ai fratelli, ma come rappresentante di quella borghesia che si attirò nei tempi nostri tanti odi e maledizioni. O che si vede già da giovani oltre la barriera borghese venire una moltitudine di gente che vuole passare e si comprende la giustezza della tendenza, e allora si stende al di là la mano; vi fate a loro compagno e considerate tutta la vita come una faticosa erta su cui dovete salire voi e il popolo ad una meta comune. Non è mancanza di modestia, o signori, se noi, studenti cattolici, ci mettiamo senz’altro fra i democratici. Io credo che nessuna associazione universitaria ha tanti membri che si siano, come molti dei nostri, buttati all’istruzione popolare ed abbiano affrontato con coraggio, quando i loro studi lo permisero, il problema di creare nel popolo trentino democratici cristiani. Ma questo spirito democratico che ci anima, non è, o signori, una concessione alle tendenze di oggidì, ma un frutto di quel cristianesimo compreso socialmente, praticato dentro e fuori dell’uomo, in tutta la vita pubblica. Signore! signori! Con questo programma che abbraccia tutta la vita, abbiamo alzato l’anno scorso, all’autora del secolo XX la nostra bandiera. Questa bandiera l’abbiamo portata in mezzo alla gioventù studiosa, chiamando a raccolta e continuando a combattere. Noi vogliamo creare caratteri, vogliamo chiarezza d’idee. La nostra società è sorta come un’accusa contro i compromessi morali e religiosi. Noi rompiamo questa massa incolore, fortemente, ma lealmente! Numquam incerti, semper aperti! Non tema qualche buono che con ciò creiamo dissidi incancellabili. Vogliamo la guerra, ma per la pace. Quando gli studenti si troveranno di fronte con ideali chiari, con propositi precisi, sarà più facile intendersi. Ma fino a che regna la nebbia e il mare batte furioso, noi — la cavalleria leggera dell’esercito cattolico — stiamo sull’attenti, e al primo rumore che precorre l’assalto, gridiamo rivolti a tutti: Alle dighe; e vi ci lanciamo per i primi!

Trattato di economia sociale: La produzione della ricchezza

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Toniolo, Giuseppe 2 occorrenze
  • 1909
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, vol. III 1951
  • Economia
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.), Sinclair (agronomo) — prendendo ispirazione dagli economisti italiani, Bandini e Tavanti in Toscana, Verri e Carli in Lombardia, Zanon (1768) nel Veneto e dai fisiocrati francesi, ed elaborandone le applicazioni nelle accademie e società per il progresso agrario (come quella inglese del 1723, dei Georgofili 1753) di tutta Europa in quel secolo — mettono capo finalmente a taluni uomini che possono dichiararsi i fondatori della agronomia scientifica moderna.Tali due tedeschi A. Thaer (annoverese, n. 1732) coll'opera classica Introduzione all'agricoltura Vinglese (1798-1801); e più tardi Giusto Liebig (n. 1803), coll'opera sua massima La chimica applicata all'agricoltura e alla fisiologia (1840); a cui si aggiunge l'inglese A. Young (1741-1820), che coi suoi viaggi sul continente, specie in Francia e Italia, avea destato l'emulazione fra le nazioni germaniche e latine. Donde quel lavorio di assimilazione enciclopedica, in cui si distinsero fra due date memorande i francesi, dapprima col Corso completo tecnico-pratico di agricoltura di Rozier e Parmentier (1781-93), e poi a mezzo il sec. XIX (1843) colle lezioni universitarie a Parigi di Gasparin, Economia rurale.Da allora ad oggi è una irradiazione progressiva di scienza applicata alla economia agraria, che abbraccia il mondo civile (Rosa, Giglioli).

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. — Di qui le scuole industriali superiori (politecnici, accademie di ingegneria), prime quelle di Francia 1794-95 (scuola politecnica) e 1829 (scuola centrale d'arti e manifatture), cui si coordinarono strettamente altre molteplici, sicché tutta Francia può dirsi un unico politecnico;poi quelle di Berlino, Vienna, Monaco (1799, 1815, 1827), celeberrimo il politecnico di Zurigo (1850); infine istituti coordinati spesso alle università (le varie scuole di applicazione degli ingegneri di Milano, Torino, ecc.). Con ciò si mira ad educare gli inventori,gli iniziatori, i capitani delle industrie, che colla scorta possente delle matematiche applicate affrettino la utilizzazione del mondo della natura. — Seguono le scuole medie e inferiori dell'industrie, altre generiche (istituti e scuole tecniche), altre specifiche per singole industrie (di varie arti e mestieri), a preparare intelligenti cooperatori, fra le stesse classi manuali, della tecnica moderna. Di qui gran parte dei progressi utili delle industrie manifattrici odierne, le quali tuttavia si manifestarono deficienti nei rispetti estetici. A ripararvi negli Stati Uniti ed Inghilterra sorse una terza serie di scuole o accademie artistiche (di belle arti), risalenti già alle scuole fondate da Leonardo da Vinci (sec. XV) e da Luigi XIV («écoles d'arts et manufactures»), le quali oggi si diffondono ad ingentilire il secolo del ferro e delle macchine. Ai medesimi intenti conferiscono le esposizioni nazionali e quelle internazionali (1851) di più in più specializzate e i grandi musei industriali, testimoni vivi e sensibili dei progressi tecnici nella storia, insuperabile il museo di Kensington (Londra, 1857).

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Giornalismo ed educazione nei seminari

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1902
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 217-233.
  • Politica
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Un'attività scolastica sogliono essere le cosiddette accademie, che forse serbano un po' troppo delle forme arcadiche; ma che possono divenire razionale palestra di buone lettere [sic] e di scienza. Quasi in nessun seminario si trascura l'esercizio oratorio, per educare i giovani alla composizione e alla declamazione e per prepararsi bene a questo importantissimo ufficio sacerdotale.

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