I giovani accademici si dividono spesso in due schiere. L’una è dei pochi che si fanno della vita una concezione puramente estetica e del culto della forma un’idolatria. Per loro nelle manifestazioni umane non esiste che il criterio della bellezza. Girano così pel mondo novelli peripatetici d’un egoismo pagano. Quando incontro uno di questi, penso a quelle categorie di belle statue degli dei antichi che si ammirano nei musei vaticani. Questi dei apostrofa il poeta, quando scrive: