Escluso per arbitrio straniero dal libero insegnamento, dall'esercizio della professione, dal posto di segretario presso la Camera di commercio, egli si rivolgeva allora al patrio Ateneo, invocando un modesto e provvisorio ufficio in quella Accademia. Lasciate che vi legga le parole con le quali egli nel 1855 ricorreva all'Accademia cittadina: «A me dolorosissimi, immeritati avvenimenti seminarono di ostacoli la carriera, e il lungo attento amore agli studi trovasi in lotta con bisogni che, senza di voi, tenderebbero ad allontanarmi ognora più dal prediletto arringo letterario e scientifico» . Così scriveva, in quei tempi d'ogni luce muti, il futuro ministro dell'Italia unita, il futuro presidente del Consiglio dei ministri del Re sedente in Roma, capitale d'Italia!
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