Nel delineare il perimetro applicativo del divieto di utilizzazione introdotto dalla l. n. 281 del 2006 quanto ai risultati di illecite captazioni di conversazioni e comunicazioni e di abusive raccolte di dati personali, la sentenza in commento esclude che tale divieto impedisca di trarne una notizia di reato. Si tratta di una lettura del nuovo art. 240, comma 2, c.p.p. coerente con l'analisi dei lavori parlamentari, degli obiettivi di politica criminale perseguiti dalla legge e, soprattutto, con le abitudini lessicali del codice, il quale - in assenza di indicazioni di segno diverso - da un lato intende l'inutilizzabilità come sanzione che non consente di porre un elemento alla base di decisioni motivate assunte nel procedimento, dall'altro configura l'iscrizione della notizia di reato quale attività anteriore al suo inizio.
In particolare, si sofferma sui rimedi "processuali", applicabili all'interno del processo nel quale l'abuso si è verificato e sulla rilevanza penale di alcune condotte abusive. Accenna infine ai rimedi civilistici e ordinamentali.