Affronta poi vari problemi relativi all'acquisizione e alla valutazione della prova del reato di violenza sessuale, con particolare riguardo alla testimonianza della persona offesa, alla testimonianza del minore abusato sessualmente e alle testimonianze indirette.
Ha così trovato "voce", anche in Italia, il principio secondo cui l'esercizio di un diritto garantito dall'ordinamento comunitario - quale nella specie il diritto a detrazione iva - è senz'altro legittimo salvo che il contribuente ne abbia "abusato". Preso atto di ciò, nel 2009, il Supremo Collegio ha iniziato una silenziosa revisione delle proprie posizioni, ammettendo, finalmente, che, nella dinamica delle operazioni "soggettivamente" inesistenti, l'accertamento della consapevole partecipazione del contribuente alla frode assume un ruolo determinante. Coerenza, a questo punto, vorrebbe che il criterio dell'inesistenza, sia oggettiva che, soprattutto, soggettiva, venisse abbandonato del tutto (ferme restando, naturalmente, le sue implicazioni in campo penale tributario). Non pare dubbio, infatti, che, invocare l'inesistenza "oggettiva" sia superfluo: tale situazione, infatti, è già contemplata dalla clausola generale (contenuta nella direttiva iva) secondo cui l'imposta è dovuta da chiunque la indica in fattura. Inoltre, l'ostinata determinazione della Cassazione, anche nel nuovo corso giurisprudenziale, a voler giudicare le frodi iva con il metro dell'inesistenza "soggettiva", finisce con l'addossare al contribuente un onere probatorio diabolico, mortificando (illegittimamente) la piena e corretta applicazione del diritto comunitario.