Abrogazione del reato di associazione militare per scopi politici e obblighi costituzionali espressi di incriminazione
Abrogazione tacita della tassa di concessione governativa sui telefoni cellulari
Il ventesimo anniversario della sua approvazione (e il decimo della sua abrogazione da parte del testo unico degli enti locali del 2000) offre l'occasione per un bilancio della legge n. 142/1990, con la quale venne data attuazione, dopo oltre quaranta anni, all'articolo 128 della Costituzione. L'indagine si articola in due parti. Nella prima, si ripercorrono le vicende più significative della legge stessa. In particolare, si esaminano il grado di stabilità delle sue disposizioni; il rapporto con le altre normative riguardanti gli enti locali e con le principali riforme amministrative degli anni Novanta del secolo scorso; i problemi posti dalla sua applicazione. Nella seconda parte, invece, si svolgono considerazioni sulla legge del 1990 in quanto legge generale sull'ordinamento locale. A tal fine, si opera un duplice confronto. Quello tra il modello di regolamentazione generale degli enti locali proposto dalla legge del 1990 e quello prefigurato dalla Costituzione; quello tra la legge stessa e le più importanti normative generali in materia che si sono succedute tra il 1865 e il 1934, esaminandone similitudini e differenze.
Con cinque sentenze il giudice costituzionale esamina i problemi di costituzionalità riguardanti l'introduzione nel nostro ordinamento della possibilità di produrre energia da fonte nucleare e valuta l'ammissibilità dei quesiti referendari di abrogazione delle rispettive norme. Tali decisioni sono, però, destinate a non avere seguito dopo i risultati del recente referendum, tuttavia contengono alcune statuizioni innovative in merito ai rapporti tra Stato e regioni nel processo legislativo ed alla Conferenza unificata Stato-regioni.
La strada scelta é stata quella di riscriverlo, con la contestuale e formale abrogazione del precedente provvedimento. L'effetto del regolamento (UE) n. 282/2011, recante, dunque, disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di IVA (rifusione) é stabilito al 1° luglio 2011.
a) Abrogazione della pregiudizialità penale nel codice del 1989: interpretazione degli artt. 75, 3° co.; 3, 479 e 211, nor. coord., c.p.p. A dispetto dell'abrogazione della pregiudizialità penale, nel codice del 1989 residua un'alta probabilità di conflitto tra giudicati, attestata dalle seguenti norme: a) art. 75, 3° co., che, per il caso in cui l'azione sia proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, dispone, salvo eccezioni, la sospensione del processo civile medesimo fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione; b) art. 3, che, nel caso di previa pendenza di un processo non penale pregiudiziale al penale vertente su questione di stato di famiglia o di cittadinanza, contempla la facoltatività della sospensione del giudizio penale fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisca la questione; c) art. 479, a tenore del quale - quando la decisione sull'esistenza del reato dipenda da questione civile e/o amministrativa di particolare complessità -, è in facoltà del giudice penale, se la legge non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa, procedere alla sospensione temporanea (disposta con ordinanza ricorribile per Cassazione e revocabile se i giudizi non si siano conclusi entro un anno: così il 2° e 3° co.), fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisca la questione extrapenale; d) art. 211 delle norme di coordinamento, in forza del quale, quando disposizioni di legge prevedono - stante la previa pendenza di un processo penale -, la sospensione necessaria del processo civile o amministrativo, questi ultimi restano sospesi fino alla definizione del processo penale, se questa può dare luogo a una sentenza che abbia efficacia di giudicato nell'altro processo e se è già stata esercitata l'azione penale. b) Esame degli artt. 651-652 c.p.p. L'art. 651 c.p.p., quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, ammette efficacia di giudicato alla sentenza penale irrevocabile di condanna nel giudizio civile o amministrativo restitutorio e/o risarcitorio nei confronti del condannato e del responsabile civile citato o intervenuto nel processo penale. Esso è stato interpretato dal diritto vivente nel senso della vincolatività per il giudice non penale del giudicato penale di condanna statuente sul "fatto", da intendersi quale nucleo oggettivo del reato nella sua materialità, comprensivo di condotta, evento e nesso di causalità materiale tra l'una e l'altro, nonché le circostanze di tempo e luogo e/o i modi di realizzazione di esso, con la conseguenza che resta demandata al giudice civile ogni statuizione sulla colpevolezza e sulle modalità soggettive. L'art. 652 c.p.p., quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima, ammette efficacia di giudicato alla sentenza penale irrevocabile di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo restitutorio e/o risarcitorio promosso dal danneggiato costituitosi parte civile nel processo penale o posto in condizione di farlo, salvo il di lui esercizio dell'azione in sede civile ex art. 75, 2° co. Come per l'art. 651, l'interpretazione corrente dell'art. 652 è nel senso di riconoscere "vis iudicati" alla sentenza di assoluzione che abbia statuito sul fatto materiale e sulle sue modalità realizzative. c) II proscioglimento dell'imputato per causa estintiva del reato: Cass., S.U., 26.1.2011, n. 1768. Adite per la soluzione di un contrasto di giurisprudenza, nella recente sentenza n. 1768 del 26.1.2011, le Sezioni Unite concludono per l'efficacia vincolante in sede non penale delle sole sentenze dibattimentali di assoluzione, negando efficacia extrapenale alle sentenze di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia, benché - per giungere a tale conclusione -, il giudice abbia accertato e valutato il fatto (nella specie, il giudice penale, accertati i fatti materiali posti a base delle imputazioni e concesse le attenuanti generiche, per effetto dell'applicazione di queste ha dichiarato estinto il reato per prescrizione). In quest'ultimo caso, ne consegue, il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione (nella specie, il giudice civile, ha proceduto ad un riparto delle responsabilità diverse da quello stabilito dal giudice penale).
L'A. analizza criticamente la risposta che è stata data dalla Sezione veneta della Corte dei Conti al quesito se la nuova disciplina del conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato introdotta dal decreto "Brunetta" si applichi integralmente anche agli enti locali, con la conseguente abrogazione implicita delle disposizioni di cui all'art. 110, d.lgs. n. 276/2000 che disciplinano, appunto, con riferimento agli enti locali il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti estranei all'amministrazione. La risposta che viene data dall'A., in parziale dissenso con il parere della Corte dei Conti, è nel senso che le nuove disposizioni (art. 19, commi 6 e 6 bis, d.lgs. n. 165/2001, come modificate dal decreto "Brunetta") si applichino certamente agli enti locali, ma solo in quanto compatibili con le disposizioni speciali che espressamente disciplinano il rapporto di lavoro dei dipendenti degli enti stessi.