Abrogazione diretta della disposizione regionale sul limite di induzione elettromagnetico
Sicché, a maggiore ragione, si pone la questione se nel nuovo assetto costituzionale l'antinomia fra fonti possa ancor oggi risolversi con l'implicita abrogazione della legislazione regionale.
Far discendere dall'avvicendarsi degli Uffici delle Agenzia fiscali a quelli del Ministero delle finanze la tacita abrogazione dell'art. 52, comma 2, del d.lg. n. 546/1992 contrastata con la relativa "ratio", tuttora ravvisabile, di evitare un incontrollato proliferare di appelli infondati dell'Amministrazione finanziaria e non si giustifica neanche con il mutato assetto organizzativo di quest'ultima. Va, quindi, ribadito che l'autorizzazione ad appellare (concessa dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione) è condizione di legittimità dell'appello dell'Ufficio finanziario e che va da questi prodotta nel processo di secondo grado a pena di inammissibilità del gravame. Deve altresì esprimersi l'auspicio che le Sezioni Unite della Corte di cassazione si pronuncino sollecitamente in questo senso, onde sanare il contrasto interpretativo manifestato da recenti molteplici decisioni della Sezione tributaria.
La libertà del legislatore nell'adozione di discipline meramente riproduttive sembra infatti incontrare almeno altri due limiti: la sussistenza di una dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione riprodotta e la sua abrogazione ad opera del referendum popolare.
Una valutazione complessiva del nuovo testo unico ci consente di affermare la prevalenza di elementi positivi di riforma, riordini, semplificazione, abrogazione e coordinamento della complessa e vasta materia ambientale. Non mancano certo elementi di criticità in alcuni passaggi del testo, come abbiamo segnalato trattando i singoli temi, ma l'art. 1, comma 2, della legge delega n. 308/2004 prevede un meccanismo di adattamento della nuova normativa entro 2 anni dalla sua entrata in vigore e comunque l'esperienza attuativa potrà suggerire gli idonei perfezionamenti.
Gli AA. ripercorrono le fasi che hanno portato dalla presunta abrogazione di un tributo di spettanza delle Province alla reviviscenza della norma che ne prevedeva il definitivo abbandono. Si tratta, dunque, di un complicato intreccio di norma che lascia aperti numerosi interrogativi ai quali non è agevole dare una risposta in mancanza di una norma chiarificatrice.
Se, nel vigore della legge "dell'equo canone", buona parte della litigiosità nasceva dalla previsione - sovente sentita dal versante dei locatori come intollerabile - di un corrispettivo autoritativamente determinato attraverso rigidi parametri, la legge oggi vigente ha pressoché integralmente liberalizzato la misura del canone, sicché il contenzioso si appunta in misura predominante sulla durata ed in particolare su alcuni quesiti attinenti sulla sorte della pattuizione di un canone ultralegale in caso di vecchi contratti ad "equo canone" transitati nel nuovo regime e va suscitandosi il dibattito sull'atteggiarsi dell'azione di ripetizione dell'indebito già disciplinata dall'art. 79 l. n. 392 del 1978 in seguito alla sua abrogazione da parte della legge vigente. Tanto sarà di seguito esaminato, prestando attenzione ad una recente pronuncia della S.C. da cui possono trarsi alcune appaganti risposte.
"Danno esistenziale" e "danni non patrimoniali" tra ingiustizia del danno e abrogazione di fatto dell'art. 2059 c.c.
Lo scritto, richiamate le tappe salienti della vicenda legislativa e interpretativa sul danno non patrimoniale, valuta criticamente il recente "ritorno giurisprudenziale" al "sistema bipolare", afferma l'avvenuta abrogazione di fatto dell'art. 2059 c.c. e, escludendo che l'elemento della patrimonialità possa costituire affidabile linea scriminante, riafferma la centralità del requisito dell'ingiustizia quale unico criterio di selezione dei danni risarcibili.
Torna quindi di attualità l'inquinamento del bilancio per motivi fiscali, con riflessi tanto più gravi a causa della abrogazione, nella normativa civilistica, delle disposizioni che consentivano rettifiche di valore in base a disposizioni tributarie. Ne deriva quindi un sistema in cui il bilancio continua ad essere disatteso dal fisco quando le regole fiscali sono più onerose, ma che invece viene utilizzato dal fisco come ulteriore condizione di deducibilità di costi e oneri ammessi dalla normativa fiscale (si impone così la valutazione più onerosa tra quella civilistica e fiscale). A parte inesistenti riflessi di gettito, in quanto gli elementi in esame saranno comunque dedotti nel bilancio dalla maggior parte delle imprese, la modifica ignora le differenti finalità tra bilancio civile e determinazione del reddito fiscale, penalizzando irrazionalmente proprio quella minoranza di imprese che è ligia alle prescrizioni del bilancio civile.
Di conseguenza le minori valutazioni operate fino al periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del d.l. n. 223/2006 mantengono piena rilevanza e non devono, pertanto, essere recuperate a tassazione per effetto della citata abrogazione.
A seguito di tale abrogazione, inoltre, non fa più parte dell'impianto normativo relativo agli ammortamenti dei beni materiali la disposizione che prevede la possibilità di variare la misura massima prevista dai coefficienti - in aumento o in diminuzione nei limiti di un quarto e con riferimento a beni utilizzati in particolari settori produttivi - con apposito decreto ministeriale che tiene conto del differente periodo di utilizzabilità dei beni stessi.
La definitiva abrogazione del regime fiscale di favore per le "stock option" rende sicuramente più oneroso l'utilizzo di uno strumento di incentivazione molto diffuso tra le società italiane. A tal riguardo, infatti, la soppressione dell'agevolazione opera anche con riferimento ai piani deliberati prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 112/2008 a condizione che, alla medesima data, le opzioni non siano state esercitate. Positiva è, d'altra parte, la previsione di una specifica esenzione contributiva per i redditi derivanti da piani di "stock option" che, però, si presenta di non facile esegesi vista la genericità della dizione letterale utilizzata dal legislatore.
Più incisive le conclusioni sull'adozione di misure premiali alla capitalizzazione delle imprese (tipo DIT/ACE) previa abrogazione della thin cup. Ad esse si potrebbero aggiungere premi alla redditività idonee a mantenere in Italia imprese (quelle migliori) a rischio emigrazione. Anche il tema degli ammortamenti dovrebbe essere seriamente ripensato per fare spazio alle attività più innovative con interventi tanto sul relativo d.m., che sugli ammortamenti anticipati. Le riorganizzazioni aziendali dovrebbero tornare, poi, al possibile utilizzo di un'imposta sostitutiva, particolarmente dove l'imposta é stata già pagata come in alcuni casi di emersione del disavanzo di fusione da annullamento. Precisazioni sull'art. 37-bis fanno da chiusura di un sistema che potrebbe rinunciare a qualche finezza pur di disporre di maggiori certezze.
Il caso: l'alternativa tra abrogazione e continuità normativa.
., dopo essersi interrogata sulla portata effettiva di questa abrogazione, conclude che il venir meno di una norma di carattere solo documentale come l'art. 13 non dovrebbe far ritornare la normativa sugli impianti irrilevante sul piano contrattuale. Suggerisce, quindi, l'opportunità negli atti di trasferimento di rendere edotte le parti sullo status degli impianti nonché di inserire in atto una clausola specifica in tema di garanzia (positiva o negativa) da parte del venditore in ordine alla conformità degli impianti medesimi.