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I poteri del giudice dell'esecuzione in materia di revoca per "abolitio criminis": un'occasione perduta dalla Corte costituzionale - abstract in versione elettronica

85182
Kalb, Luigi 2 occorrenze
  • 2003
  • DoGi - Dottrina Giuridica
  • diritto
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I poteri del giudice dell'esecuzione in materia di revoca per "abolitio criminis": un'occasione perduta dalla Corte costituzionale

., "nella parte in cui non consente al giudice dell'esecuzione che ne sia stato richiesto di concedere la sospensione condizionale della pena allorché, per effetto di abolitio criminis, la pena residua da scontare rientri nei limiti previsti dall'art. 163 c.p.". La questione sollevata dal Tribunale di Milano è originata da una rideterminazione della pena a seguito della riconosciuta abolitio criminis ed attiene alla possibilità da parte del giudice dell'esecuzione di concedere la sospensione condizionale, in mancanza di specifico intervento, sul punto, del giudice della cognizione in ragione della determinazione della sanzione eccedente il limite prescritto dall'art. 163 c.p. La preclusione in materia di concezione della sospensione condizionale di cui all'art. 673 c.p.p. risulterebbe in contrasto con gli artt. 3, 25 comma 2, 24 commi 1 e 2, e 27 comma 3 Cost. Nell'ordinanza del giudice a quo si è sottolineato il contrasto con i "principi di ragionevolezza e di parità di trattamento di situazioni equivalenti", risultante dal confronto con la disciplina prescritta ai sensi dell'art. 671 comma 3 c.p.p., la cui ratio è concordemente individuata nel consentire l'applicazione di "quella stessa sospensione condizionale che sarebbe stata verosimilmente concessa dal giudice della cognizione se avesse conosciuto tutti i reati in un unico contesto simultaneo". La conclusione alla quale è pervenuta la Corte Costituzionale, propendendo per la manifesta inammissibilità della questione sollevata, fa sorgere qualche perplessità in merito alle stesse ragioni che ne hanno giustificato l'adozione. La Corte ha formulato tre diverse contestazioni, rilevando che l'ordinanza di rimessione è carente di motivazione sulla rilevanza della questione, non chiarisce i criteri di determinazione della pena per la quale dovrebbe essere concessa la sospensione condizionale a seguito delle detrazioni conseguenti alla abolitio criminis - apparendo, per giunta, incerto se il giudice a quo abbia voluto far riferimento alla pena inflitta con le arie sentenze di condanna o alla pensa che il condannato deve ancora scontare - ed, infine, risulta sollevata in modo contraddittorio, sulla premessa di una interpretazione che lo stesso rimettente dichiara di non condividere. La valutazione in termini di irragionevolezza della diversità di soluzioni, risultanti dal confronto tra la disciplina formulata dall'art. 673 c.p.p. e quella dettata dall'art. 671 c.p.p., parte da questa comune esigenza, avvertita dal legislatore - relativa all'introduzione di un rimedio in vista dell'adeguamento della pena - e si fonda sul mancato riconoscimento circa la possibilità di concedere la sospensione condizionale in occasione della revoca per abolitio criminis. Tanto più irragionevole è la diversità, ove si rifletta sulla circostanza che, ai sensi dell'art. 673 c.p.p., l'intervento correttivo sotto il profilo della sanzione è dovuto, a differenza dell'art. 651 c.p.p., quale ineludibile conseguenza di una scelta del legislatore. In conclusione, non può che manifestarsi stupore per la soluzione adottata dalla Corte Costituzionale in ordine alla manifesta inammissibilità della questione, constatando come si sia persa una buona occasione per definire gli ambiti di intervento sul giudicato, al fine di assicurare il giusto bilanciamento tra le garanzie idonee a fronteggiare il pericoloso tentativo di erosione delle situazioni definitive e quelle volte a valorizzare l'intervento giurisdizionale in funzione di controllo sulla legalità e sull'adeguatezza della decisione di merito.

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