Il datore di lavoro è sempre responsabile per l'infortunio occorso al suo dipendente, salvo che il comportamento posto in essere dalla vittima, in occasione del sinistro, non sia stato abnorme, arbitrario, illogico o estraneo alle finalità produttive. Sicché, dovendo il datore di lavoro accertarsi che il lavoratore, per tutto il tempo in cui è prestata l'opera, agisca in condizioni di sicurezza, si ha l'esonero totale della responsabilità civile del datore di lavoro, ex art. 2087 c.c., solo ove si sia in presenza di un atto volontario del dipendente, la cui direzione è volta alla soddisfazione di impulsi meramente personali e manchi un nesso di derivazione con lo svolgimento dell'attività lavorativa. Al contrario, affinché il fatto illecito del dipendente risalga al datore di lavoro, a titolo di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'art. 2049 c.c., è sufficiente il presupposto della sussistenza di un rapporto di subordinazione e la presenza di collegamento dell'illecito stesso con le mansioni svolte dal dipendente. Si è in presenza, quindi, di una responsabilità di tipo oggettivo, la quale, non consente di far valer alcuna causa di esonero.
Non è abnorme il provvedimento del giudice dibattimentale con il quale viene disposta la restituzione degli atti al p.m., per avere questi promosso una contestazione suppletiva "in limine" avente ad oggetto reati in relazione ai quali il giudice per le indagini preliminari aveva ordinato doversi procedere separatamente non sussistendo, in relazione ad essi, i presupposti per l'instaurazione del rito immediato. Il giudice del dibattimento deve, infatti, garantire la corretta allocazione dei poteri tra pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari in sede di applicazione del rito speciale.