Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

Risultati per: abitudini

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L'origine dell'uomo e la scelta in rapporto col sesso

463191
Carlo Darwin 15 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino
  • Scienze
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I selvaggi più rozzi sentono il sentimento della gloria, come lo dimostrano evidentemente i trofei che conservano delle loro prodezze, l’abito che hanno di tanto vantarsi, ed anche la somma cura che si prendono del loro aspetto e dei loro ornamenti; queste abitudini, qualora essi non tenessero conto dell’opinione dei loro compagni, non avrebbero senso.

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Egli considera che la mortalità diminuita è l’effetto diretto del «matrimonio, e delle più regolari abitudini domestiche che derivano da quello». Egli riconosce tuttavia che gli intemperanti, i dissoluti e i delinquenti di cui la vita è breve, per solito non si maritano: e bisogna pure ammettere che gli uomini di gracile costituzione, di cattiva salute, o afflitti da qualche grande infermità di corpo o di mente, sovente non vogliono ammogliarsi o non sono accettati. Sembra che il dottor Stark finisca per conchiudere che il matrimonio sia per sè stesso una causa principale di lunga vita, avendo trovato che anche i vecchi ammogliati hanno, per questo riguardo, un notevole vantaggio sugli scapoli della stessa età avanzata; ma ognuno deve avere conosciuto casi di uomini i quali non godevano buona salute in gioventù, e non si sono sposati, e tuttavia sono giunti alla vecchiezza, sebbene sempre gracili e con poca probabilità di vita. Vi è pure un’altra circostanza notevole cheviene in appoggio alla conclusione del dottor Stark, cioè, che in Francia i vedovi e le vedove hanno una mortalità maggiore in riscontro a quella dei maritati; ma il dottor Farr attribuisce questo fatto alla povertà ed alle cattive abitudini in seguito alla rottura della famiglia, ed al dolore. In complesso possiamo conchiudere col dottor Farr che la minore mortalità degli uomini ammogliati in confronto di quelli scapoli, che sembra essere una legge generale, «si deve principalmente alla costante eliminazione dei tipi imperfetti ed alla abile scelta degli individui più belli di ogni successiva generazione»; la scelta potendo solo farsi nello stato matrimoniale, ed operando tanto sulle qualità corporee, quanto sulle intellettuali e morali. Possiamo quindi dedurre che gli uomini sani e buoni che per prudenza rimangono per un certo tempo scapoli non hanno in media maggiore mortalità.

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., non potrà a meno di essere colpito profondamente dalla stretta rassomiglianza che esiste fra gli uomini di tutte le razze, nei gusti, nelle disposizioni e nelle abitudini. Ciò dimostra il piacere che tutti provano nel ballo, nella rozza musica, nel recitare, nel dipingersi, nell’imprimersi segni sul volto, e in altri modi per abbellirsi – nel comprendersi a vicenda col linguaggio dei gesti – e, come potrò dimostrare in un successivo lavoro, per la stessa espressione delle fattezze del volto, e per certi gridi inarticolati, quando sono eccitati da varie emozioni. Questa somiglianza, o meglio identità, colpisce quando si confronta colle diverse espressioni che si possono osservare nelle scimmie di specie distinte. Vi sono prove evidenti che l’arte di scoccare l’arco e le freccie non è stata trasmessa da nessun progenitore comune del genere umano, tuttavia le punte di freccie di selce raccolte in tutte le parti più lontane del mondo e fatte nei periodi più remoti, sono, siccome ha dimostrato NilssonThe primitive inhabitants of Scandinavia, traduzione inglese edita da sir J. Lubbock, 1868,pag. 104., quasi identiche; e questo fatto non può essere attribuito se non che all’essere le varie razze dotate delle stesse forze inventive o mentali. La stessa osservazione è stata fatta dagli archeologiHodder M. Westropp, sui Cromlesch, ecc., Journal of Ethnological Soc., come viene dato nella Scientific Opinion, giugno 2, 1869,pag. 3. riguardo a certi ornamenti molto prevalenti, come i ghirigori, ecc., e riguardo a varie semplici credenze e vari costumi, come bruciare i morti sotto costruzioni megalitiche. Mi ricordo di aver osservato nell’America meridionaleJournal of Researches: Voyage of the Beagle,pag. 46. che colà, come in molte altre parti del mondo, l’uomo ha generalmente scelto le cime di alte colline onde ammucchiarvi sopra cumuli di sassi, sia per ricordare qualche evento notevole, sia per seppellirvi i suoi morti.

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Ora quando certi naturalisti osservano un’intima concordanza in un gran numero di piccoli particolari di abitudini, gusti e disposizioni fra due o più razze domestiche, o fra forme naturali intimamente affini, sogliono considerare questo fatto come un argomento che tutti discendono da un comune progenitore che era cosifattamente dotato; e in conseguenza che tutti debbano essere classificati nelle medesime specie. Lo stesso argomento può essere applicato con maggior forza alle razze umane.

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Possiamo vedere che il coltivare la terra diviene fatale in vario modo ai selvaggi perchè non possono o non vogliono mutare le loro abitudini. Nuove malattie e i vizi nuovi sono causa di grande distruzione; e sembra che in ogni nazione una nuova malattia produce molta mortalità, finchè quelli che sono più suscettivi alla sua mortale azione non siano stati gradatamente portati viaVedi osservazioni intorno a ciò nelle Medical notes and reflections, 1839,pag. 390, di H. Holland.; e questo può anche seguire pei cattivi effetti dei liquori spiritosi, come pure per l’invincibile gusto per essi che dimostrano tanti selvaggi. Sembra inoltre per quanto questo fatto sia misterioso, che il primo incontro di popoli distinti e separati genera malattieHo raccolto (Journal of Researches: Voyage of the Beagle,pag. 435) molti casi in appoggio di questo argomento: vedi pure Gerland, ibid., s. 8. Poeppig parla «dell’alito dello incivilimento come velenifero pei selvaggi».. Il sig. Sproat, che nell’isola Vancouver si è occupato con molta cura dell’estinzione delle razze, crede che il mutamento nelle abitudini della vita, che segue sempre la venuta degli europei, produca molte malattie. Egli dà anche importanza ad una causa piuttosto frivola, quella cioè che i nativi rimangono «sbalorditi e stupidi per la nuova vita che li circonda; perdono il movente per operare, e non producono altri al loro posto»Sproat, Scenes and studies of savage life, 1868,pag. 284..

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In conseguenza dell’azione combinata del clima e del mutamento nelle abitudini della vita, i residenti Europei negli Stati Uniti hanno sopportato, come si ammette generalmente, un lieve ma straordinariamente rapido mutamento di aspetto. Sonovi pure moltissime prove che dimostrano che negli Stati meridionali gli schiavi casalinghi della terza generazione presentano un aspetto molto diverso dagli schiavi dei campiHarlan (Medical Researches,pag. 532). Quatrefages (Unité de l’espèce humaine, 1861,pag. 128) ha raccolto molte prove intorno a questo argomento..

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Oltre le suddette differenze sessuali primarie e secondarie, talvolta il maschio e la femmina differiscono nelle strutture in rapporto colle varie abitudini della vita, e che non hanno, o hanno solo indirettamente, relazione colle funzioni riproduttive. Così le femmine di certe mosche (Culicidae e Tabanidae) succiano il sangue, mentre i maschi vivono sui fiori e la loro bocca manca di mandiboleWestwood, Modern Class. of Insects, vol. II, 1840, p. 541. Riguardo al caso della Tanais, menzionata sotto, ne sono debitore a Federico Müller.. I maschi soli di certe farfalle notturne e di alcuni crostacei (e. g. Tanais) hanno la bocca imperfetta, chiusa, e non possono nutrirsi. I maschi complementari di certi cirripedi vivono come piante epifitiche o in forma femminea od ermafrodita, e mancano di bocca e di membra prensili. In questi casi è il maschio il quale si è modificato ed ha perduto certi organi importanti, che posseggono le femmine e gli altri membri dello stesso gruppo. In altri casi è la femmina che ha perduto quelle parti; per esempio, la femmina della lucciola manca d’ali, come molte femmine di farfalle notturne, alcune delle quali non lasciano mai i loro bozzoli. Molte femmine di crostacei parassiti hanno perduto le loro zampe natatorie. In alcuni punteruoli (Curculionidae) vi è una grande differenza fra il maschio e la femmina nella lunghezza del rostro o del beccoKirby e Spence, Introduction to Entomology, vol. III, 1826,pag. 309.; ma non si comprende la ragione di queste e di molte analoghe differenze. In generale le diversità di struttura fra i due sessi in relazione al differente modo di vivere si limitano agli animali più bassi; ma in certi pochi uccelli il becco del maschio differisce da quello della femmina. Senza dubbio in molti, ma non sembra in tutti i casi, le differenze sono indirettamente collegate colla propagazione della specie; così una femmina che ha da nutrire un gran numero d’uova abbisognerà di maggior nutrimento che non il maschio, ed in conseguenza richiederà mezzi speciali per procurarselo. Un animale maschio che vive per un tempo brevissimo può perdere pel difetto d’esercizio, senza soffrirne danno, gli organi per procurarsi il nutrimento; ma conserverà gli organi della locomozione in uno stato perfetto, cosicchè potrà raggiungere la femmina. D’altra parte la femmina può perdere senza danno gli organi per volare, per nuotare, per camminare, se gradatamente essa abbia acquistato abitudini che rendano così fatte facoltà inutili.

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In queste ultime abitudini vediamo forse i primi passi verso alcuna fra le più semplici arti; cioè la grossolana architettura ed il vestiario, come ebbero origine presso i primi progenitori dell’uomo.

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Malese, arcipelago, abitudini nuziali presso gli abitanti di esso.

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Fra i vari istinti e le varie abitudini, alcuni sono molto più forti degli altri, cioè, alcuni procurano maggior piacere nel loro compimento o maggior dolore per la loro privazione che non altri; oppure, ciò che probabilmente è in pari modo importante, essi sono, per via dell’eredità, seguiti con maggiore persistenza senza che sveglino un sentimento particolare di piacere o di dolore. Noi stessi sappiamo che sonovi alcune abitudini più difficili da correggere o da mutare che non altre. Quindi spesso si può osservare in un animale la lotta che segue fra i differenti istinti, o fra un istinto ed una abitudine; come per esempio quando un cane si slancia dietro una lepre, viene sgridato, si ferma, esita, poi ricomincia ad inseguire l’animale o torna tutto vergognoso al suo padrone; ovvero fra l’amore di una cagna pei suoi piccoli e pel suo padrone, perchè si vede spesso che se la svigna per andare a trovare i primi, come se provasse vergogna di non accompagnare il padrone. Ma il fatto più curioso che io mi conosca di un istinto che la vince sull’altro, è l’istinto migratore che supera l’istinto materno. Il primo è prodigiosamente potente; un uccello chiuso in gabbia nella stagione opportuna al migrare batte col petto nei ferri della sua gabbia, finchè divien spelato e sanguinolento. Questo istinto fa che i giovani salmoni saltano fuori dell’acqua dolce, ove potrebbero continuare a vivere, suicidandosi così senza volerlo. Tutti sanno quanto forte sia l’istinto materno che induce timidi uccelli ad affrontare un gran pericolo, sebbene con esitazione e contro l’istinto della propria conservazione. Nondimeno l’istinto migratore è così potente che nel tardo autunno le rondini e i balestrucci abbandonano spesso i loro piccoli, lasciandoli perire miseramente nei loro nidiAsserisce il Rev. L. Jenyns (vedi la sua edizione della White’s Nat. Hist. of Selborne, 1853, p. 204) che questo fatto fu riferito pel primo dall’illustre Jenner nelle Phil. Transact., 1824, ed è stato da quel tempo confermato da parecchi osservatori, specialmente dal signor Blackwall. Quest’ultimo, osservatore molto attento, esaminò per due anni, nel tardo autunno, trentasei nidi; trovò che dodici contenevano uccellini morti, cinque contenevano uova sul punto di schiudersi, e tre uova non prossime allo schiudimento. Molti uccelli in età non abbastanza matura per sopportare un lungo volo sono del pari abbandonati e lasciati indietro. Vedi Blackwall, Researches in Zoology, 1834, p. 108, 118. Per altri esempi, quantunque non necessari, vedi Leroy, Lettres Phil., 1802, p. 217..

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Nè deve egli rompere colle abitudini più forti della sua vita, specialmente se sono sostenute dalla ragione; perchè ciò facendo sentirà certo scontento. Deve inoltre evitare la disapprovazione di un Dio o degli Dei, nei quali secondo la sua fede o la sua superstizione egli possa credere; ma in questo caso il timore addizionale della punizione divina si aggiunge sovente.

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È possibile, o anche, come vedremo in seguito, probabile che l’abito del padroneggiar se stesso possa, come altre abitudini, essere ereditato. Così alla fine l’uomo viene a sentire, mercè l’abitudine acquistata o forse ereditata, che il suo meglio è di obbedire ai suoi istinti più persistenti. L’imperiosa parola dovere sembra puramente rinchiudere in sè l’interna consapevolezza della esistenza di un istinto persistente, sia esso innato o acquisito in parte, che gli serve di guida, quantunque possa essere disobbedito. Noi usiamo appena il vocabolo dovere in un senso metaforico, dicendo che il cane da fermo posta, il pointer punta e il cercatore cerca la selvaggina. Se mancano in ciò, mancano al loro dovere ed agiscono male.

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Quantunque ciò per se stesso forse non sia meno probabile che non quello che alcuni animali ereditino un gusto particolare per certe sorta di cibo, o il timore per certi nemici, non ho mai incontrato nessun esempio per sostenere la trasmissione di usi superstiziosi o di sciocche abitudini.

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A me non pare che possa esservi la minima improbabilità inerente, acciocchè le tendenze virtuose siano più o meno fortemente ereditate; perchè senza parlare delle varie disposizioni ed abitudini che si vanno trasmettendo in molti dei nostri animali domestici, ho sentito dire dei casi in cui la voglia di rubare e la tendenza al mentire sembravano trasmettersi in certe famiglie agiatissime; e siccome il rubare è un delitto rarissimo nelle classi ricche, noi non possiamo guari attribuire a mero caso tendenze che si manifestano in due o tre membri della stessa famiglia. Se si possono trasmettere le cattive tendenze, è possibile che anche le buone siano trasmessibili. Togliendo il principio della trasmissione delle tendenze morali non possiamo darci ragione delle differenze che esistono per questo riguardo fra le varie razze del genere umano. Tuttavia fino ad oggi non abbiamo guari sufficienti prove in proposito.

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Dopo aver ceduto a qualche tentazione noi sentiamo un certo senso di scontento, analogo a quello che fanno provare gli istinti insoddisfatti, e allora si chiama coscienza; perchè non possiamo impedire alle immagini ed impressioni del passato di attraversare continuamente la nostra mente, e noi la compariamo, affievolite come sono, cogli istinti sociali sempre presenti, o colle abitudini che abbiamo contratto nella prima giovinezza e che son divenute più forti col progredire degli anni, e forse anche per via dell’eredità, per cui si son fatte alla fine quasi tanto potenti quanto gli istinti. Pensando alle future generazioni, non v’è ragione per temere che gl’istinti sociali si vadan facendo più deboli, e possiamo prevedere che gli abiti virtuosi si faranno più forti, e mercè l’eredità forse diverranno stabili. In questo caso la lotta fra i nostri migliori impulsi contro i cattivi sarà meno forte e la virtù finirà per trionfare.

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