Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIOR

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Parlamento e politica

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Luigi Sturzo 1 occorrenze

Penetra però dentro alle coscienze e diviene abitudine, arriva nelle fibre di molti e diviene forza quel che due anni addietro era un nome. Ha cittadinanza quel che si ripudiava; odii e amori in contrasto dividono gli uomini; le mobilitazioni elettorali esercitano le passioni, ma le idee penetrano nel cuore, divengono atti di volontà individuale e collettiva, superano il fenomeno e attingono la loro esistenza nella sostanza delle cose. Come il partito liberale prima, quello socialista poi, rispondendo a stati d’animo hanno creato una loro letteratura, una legislazione, una organizzazione; così il partito popolare italiano ha superato lo stato di fenomeno transeunte, ha vinto molte difficoltà interne, ha espresso politicamente un suo pensiero ricostruttivo e tende a trovare su questo pensiero la rispondenza politica della pubblica opinione. Il partito popolare italiano e però partito di minoranza, la sua funzione di collaborazione o di opposizione è importante nell’ordine delle propulsioni e nel gioco delle alternative parlamentari, ma non è decisiva. Certo non basta un solo partito ad imporre un orientamento alla vita pubblica collettiva, né ad imporne la soluzione; però basta a creare stati d’animo adatti, punti di partenza e di riferimento, elementi di prova, ragioni di consensi; sì che la maturazione politica (dovuta spesso a forze imprevedute che balzano dai fatti della vita vissuta) arrivi fino alla soluzione dei grandi problemi. Sono rimasti, a saldo segno, i famosi nove punti che il gruppo parlamentare popolare affermò come base di collaborazione col secondo ministero Nitti e i patti di alleanza con i quali partecipò ai governi. E sono nostre le battaglie programmatiche combattute per la libertà della scuola, per la proporzionale amministrativa e politica, per la libertà dei sindacati e per la riforma agraria, e per il decentramento amministrativo. Non sono idee isolate; appartengono come fondo a molti partiti; gli studiosi attorno a tali problemi cercano soluzioni o illustrano questioni; nei congressi si discute e si battaglia. Però, perché un’idea dal campo speculativo passi a quello pratico e divenga ragion politica, occorre questo immenso lavorio dei partiti; fra i quali il nostro assume una vera posizione di battaglia in quella larga collaborazione parlamen¬tare che è ancora necessaria perché un parlamento come il nostro viva ed abbia la sua maggioranza. È questo un dovere dei partiti oggi in lotta: creare una salda maggioranza parlamentare. I blocchi, dove sono stati possibili, assolvono il cómpito di dare all’elettore un senso di unità e di resistenza; non dànno però una base programmatica: altrimenti non sarebbero blocchi. La unione negativa di difesa non basta all’opera. Le differenze create dalle altre liste più o meno ministeriali valgono quanto i blocchi stessi. Non si può dire che esista realmente una opposizione costituzionale e ciò è un male, non solo per la chiarificazione delle posizioni, ma anche per la saldezza della stessa maggioranza, alla quale certo non potranno partecipare coloro che credono di appoggiare blocchi e fasci e unioni per una politica di pura conservazione economica e di tutela capitalistica, perché falserebbero, fin dall’inizio, il significato della lotta e comprometterebbero le sorti della camera futura. Occorre avere un programma positivo, base della maggioranza, non nella confusione dei partiti ma nella specificazione di criteri, di metodi e di finalità, quando si tratta di salvare il paese. Questo noi abbiamo fatto nella XXV legislatura, cooperando al funzionamento del parlamento, alla costituzione della maggioranza e alla combinazione dei governi, quando era ben difficile superare ostacoli di diverso genere anche nel contatto con gli altri partiti; e, se sarà necessario, per il bene del paese e per la vitalità del parlamento, questo faremo domani, sulla base del nostro programma. Senza presumere e senza volerci imporre, noi crediamo che nella difficoltà di manovra dei partiti liberali e democratici ancora una volta il nostro dovrà essere il centro, il cemento, il fulcro, la forza di polarizzazione. Adempirà così ancora ad un suo cómpito, quello di concorrere con le sue forze verso un nuovo orientamento della vita politica del paese, verso una chiarificazione delle tendenze politiche, attorno ad un problema fondamentale di libertà e di elevazione dei valori morali della coscienza collettiva, attorno ai problemi del lavoro non agitati dall’odio di classe né sostenuti da una ragione politica sovver-siva, ma basati sui criteri di giustizia sociale. E nel momento che vengono a noi i fratelli delle terre redente e portano insieme alla esperienza politica l’attività intensa nel campo dell’organizzazione cristiana operaia e il geloso affetto alle loro autonomie, noi riaffermiamo, con loro, il programma veramente italiano del nostro partito, che trae il suo fondamento nella nostra storia guelfa, nella nostra civiltà latina, nel nostro fondo della coscienza religiosa e cattolica, che ha saputo nei secoli unire la genialità individualista della nostra razza con la vitalità degli organamenti locali e la concezione razionale del diritto di cui Roma è madre. Ora che la unità territoriale è compiuta con tanti sacrifici e con tante vittime; ora che abbiamo scossa la soggezione intellettuale ad una civiltà teutonica, che incombeva come elemento culturale delle nostre scuole e come concezione laica panteista del nostro stato, oggi dobbiamo tornare a rivivere un pensiero latino, dobbiamo lavorare per una civiltà latina, ritrovare nell’aspro cammino l’anima italiana, che riaffermiamo come valore della nostra civiltà, ragione della nostra bandiera, ove sta se¬gnata la croce dei comuni medievali e la parola «libertas» come la sintesi delle nostre battaglie. Avrà eco la nostra parola dal paese alla camera? Troverà ancora le tenaci resistenze di vecchie coalizioni di nuove preoccupazioni? Noi siamo sereni realizzatori, calmi lottatori, sicuri del nostro cammino, e perciò non tormentati da improvvisazioni né turbati dalle lotte. Noi speriamo che la nuova camera possa affrontare i problemi lasciati insoluti dalla vecchia, problemi di realtà e di vita. Noi vi coopereremo con tutta la nostra attività; faremo appello all’anima del popolo che ci segue; diremo la nostra parola a coloro che debbono operare nel parlamento e nel governo; perché vogliamo così contribuire alla salvezza della patria nostra, non solo come difesa da un pericolo interno, ma come rinnovamento delle sue forze economiche e come risveglio delle sue virtù morali, sulle quali fondiamo la nostra vita politica. Ed il 15 maggio, giorno assegnato per l’appello al paese, e per il partito popolare italiano un giorno sacro: è il giorno della democrazia cristiana, il ricordo trentennale dell’enciclica del papa degli operai sulla questione operaia. Dopo sei lustri torna come in visione quell’uomo diafano e quella parola solenne che era di salvezza morale e sociale; e tale è oggi quando alle masse scristianizzate e materializzate si è voluta imporre dalla Russia bolscevica la parola di Lenin, come parola di distruzione. Noi ai nostri fratelli, operai e lavoratori cristiani, ripetiamo quella che è parola di vita, nella fiducia che il lavoratore, rifatto cristiano, non sarà il nemico della patria nostra, ma colui che nelle invocate libertà tornerà col lavoro a riedificare le fortune della nostra Italia.

Parlamento e politica

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Luigi Sturzo 1 occorrenze

Penetra però dentro alle coscienze e diviene abitudine, arriva nelle fibre di molti e diviene forza quel che due anni addietro era un nome. Ha cittadinanza quel che si ripudiava; odii e amori in contrasto dividono gli uomini; le mobilitazioni elettorali esercitano le passioni, ma le idee penetrano nel cuore, divengono atti di volontà individuale e collettiva, superano il fenomeno e attingono la loro esistenza nella sostanza delle cose. Come il partito liberale prima, quello socialista poi, rispondendo a stati d’animo hanno creato una loro letteratura, una legislazione, una organizzazione; così il partito popolare italiano ha superato lo stato di fenomeno transeunte, ha vinto molte difficoltà interne, ha espresso politicamente un suo pensiero ricostruttivo e tende a trovare su questo pensiero la rispondenza politica della pubblica opinione. Il partito popolare italiano e però partito di minoranza, la sua funzione di collaborazione o di opposizione è importante nell’ordine delle propulsioni e nel gioco delle alternative parlamentari, ma non è decisiva. Certo non basta un solo partito ad imporre un orientamento alla vita pubblica collettiva, né ad imporne la soluzione; però basta a creare stati d’animo adatti, punti di partenza e di riferimento, elementi di prova, ragioni di consensi; sì che la maturazione politica (dovuta spesso a forze imprevedute che balzano dai fatti della vita vissuta) arrivi fino alla soluzione dei grandi problemi. Sono rimasti, a saldo segno, i famosi nove punti che il gruppo parlamentare popolare affermò come base di collaborazione col secondo ministero Nitti e i patti di alleanza con i quali partecipò ai governi. E sono nostre le battaglie programmatiche combattute per la libertà della scuola, per la proporzionale amministrativa e politica, per la libertà dei sindacati e per la riforma agraria, e per il decentramento amministrativo. Non sono idee isolate; appartengono come fondo a molti partiti; gli studiosi attorno a tali problemi cercano soluzioni o illustrano questioni; nei congressi si discute e si battaglia. Però, perché un’idea dal campo speculativo passi a quello pratico e divenga ragion politica, occorre questo immenso lavorio dei partiti; fra i quali il nostro assume una vera posizione di battaglia in quella larga collaborazione parlamen¬tare che è ancora necessaria perché un parlamento come il nostro viva ed abbia la sua maggioranza. È questo un dovere dei partiti oggi in lotta: creare una salda maggioranza parlamentare. I blocchi, dove sono stati possibili, assolvono il cómpito di dare all’elettore un senso di unità e di resistenza; non dànno però una base programmatica: altrimenti non sarebbero blocchi. La unione negativa di difesa non basta all’opera. Le differenze create dalle altre liste più o meno ministeriali valgono quanto i blocchi stessi. Non si può dire che esista realmente una opposizione costituzionale e ciò è un male, non solo per la chiarificazione delle posizioni, ma anche per la saldezza della stessa maggioranza, alla quale certo non potranno partecipare coloro che credono di appoggiare blocchi e fasci e unioni per una politica di pura conservazione economica e di tutela capitalistica, perché falserebbero, fin dall’inizio, il significato della lotta e comprometterebbero le sorti della camera futura. Occorre avere un programma positivo, base della maggioranza, non nella confusione dei partiti ma nella specificazione di criteri, di metodi e di finalità, quando si tratta di salvare il paese. Questo noi abbiamo fatto nella XXV legislatura, cooperando al funzionamento del parlamento, alla costituzione della maggioranza e alla combinazione dei governi, quando era ben difficile superare ostacoli di diverso genere anche nel contatto con gli altri partiti; e, se sarà necessario, per il bene del paese e per la vitalità del parlamento, questo faremo domani, sulla base del nostro programma. Senza presumere e senza volerci imporre, noi crediamo che nella difficoltà di manovra dei partiti liberali e democratici ancora una volta il nostro dovrà essere il centro, il cemento, il fulcro, la forza di polarizzazione. Adempirà così ancora ad un suo cómpito, quello di concorrere con le sue forze verso un nuovo orientamento della vita politica del paese, verso una chiarificazione delle tendenze politiche, attorno ad un problema fondamentale di libertà e di elevazione dei valori morali della coscienza collettiva, attorno ai problemi del lavoro non agitati dall’odio di classe né sostenuti da una ragione politica sovver-siva, ma basati sui criteri di giustizia sociale. E nel momento che vengono a noi i fratelli delle terre redente e portano insieme alla esperienza politica l’attività intensa nel campo dell’organizzazione cristiana operaia e il geloso affetto alle loro autonomie, noi riaffermiamo, con loro, il programma veramente italiano del nostro partito, che trae il suo fondamento nella nostra storia guelfa, nella nostra civiltà latina, nel nostro fondo della coscienza religiosa e cattolica, che ha saputo nei secoli unire la genialità individualista della nostra razza con la vitalità degli organamenti locali e la concezione razionale del diritto di cui Roma è madre. Ora che la unità territoriale è compiuta con tanti sacrifici e con tante vittime; ora che abbiamo scossa la soggezione intellettuale ad una civiltà teutonica, che incombeva come elemento culturale delle nostre scuole e come concezione laica panteista del nostro stato, oggi dobbiamo tornare a rivivere un pensiero latino, dobbiamo lavorare per una civiltà latina, ritrovare nell’aspro cammino l’anima italiana, che riaffermiamo come valore della nostra civiltà, ragione della nostra bandiera, ove sta se¬gnata la croce dei comuni medievali e la parola «libertas» come la sintesi delle nostre battaglie. Avrà eco la nostra parola dal paese alla camera? Troverà ancora le tenaci resistenze di vecchie coalizioni di nuove preoccupazioni? Noi siamo sereni realizzatori, calmi lottatori, sicuri del nostro cammino, e perciò non tormentati da improvvisazioni né turbati dalle lotte. Noi speriamo che la nuova camera possa affrontare i problemi lasciati insoluti dalla vecchia, problemi di realtà e di vita. Noi vi coopereremo con tutta la nostra attività; faremo appello all’anima del popolo che ci segue; diremo la nostra parola a coloro che debbono operare nel parlamento e nel governo; perché vogliamo così contribuire alla salvezza della patria nostra, non solo come difesa da un pericolo interno, ma come rinnovamento delle sue forze economiche e come risveglio delle sue virtù morali, sulle quali fondiamo la nostra vita politica. Ed il 15 maggio, giorno assegnato per l’appello al paese, e per il partito popolare italiano un giorno sacro: è il giorno della democrazia cristiana, il ricordo trentennale dell’enciclica del papa degli operai sulla questione operaia. Dopo sei lustri torna come in visione quell’uomo diafano e quella parola solenne che era di salvezza morale e sociale; e tale è oggi quando alle masse scristianizzate e materializzate si è voluta imporre dalla Russia bolscevica la parola di Lenin, come parola di distruzione. Noi ai nostri fratelli, operai e lavoratori cristiani, ripetiamo quella che è parola di vita, nella fiducia che il lavoratore, rifatto cristiano, non sarà il nemico della patria nostra, ma colui che nelle invocate libertà tornerà col lavoro a riedificare le fortune della nostra Italia.

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