Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abitudine

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La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi

400691
Murri, Romolo 13 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, 1-297.
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È poi inutile aggiungere che molti si illudono grossamente o sul valore incerto delle loro dimostrazioni o sulla possibilità di spostare e modificare durevolmente tutto un sistema, già stabilito per lunga abitudine, di vedute generali e di associazioni di idee che costituisce la mentalità del non credente.II. Io so tuttavia di non parlare a soli cattolici praticanti; alcuni, forse parecchi, di voi hanno per le questioni religiose una curiosità puramente intellettuale; e vi prendono l'interesse che si prende a questioni largamente ed animosamente dibattute, anche quando esse non ci riguardino da vicino; oggi; in special modo, che l'indifferenza ostentata da molti per tali questioni nella seconda metà del secolo scorso va disparendo e l'attenzione degli spiriti colti ed equanimi su di esse si va facendo più larga ed intensa. Io non intendo davvero che questa curiosità debba rimanere delusa. Esaminate da un punto di vista teorico e disputativo, o da un punto di vista pratico, le questioni che la predicazione cristiana agita sono pur sempre, in fondo, le stesse; e voi potrete, osservando nel loro insieme le dottrine, le vedute, le rappresentazioni intellettuali che dirigono la vita religiosa nel cristianesimo e studiandone 1'efficacia spirituale e il valore morale, avere elementi preziosi e sicuri per giudicare delle verità di esse.

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Quando andiamo divenendo adulti, dai vicini e dalla società riceviamo, senza avvedercene, direzioni pratiche e divieti che divengono in noi abitudine e che determinano quindi, insieme col nostro essere morale, le ulteriori forme di azione; ma, benché l'importanza di esse sia sempre notevole, noi vediamo tuttavia come, nella vita di molti uomini ed in molta parte della nostra, tali direzioni rappresentano un lavoro sociale compiuto da altri, e lente conquiste della civiltà, ma non si associano ad un nostro sforzo personale, il quale ci liberi da una dipendenza quasi passiva da stimoli esteriori. Noi viviamo, il più spesso, immersi nelle cose esteriori: lo spirito, quasi occupato per intiero da esse, ne accompagna o ne segue il flusso, con sensi interni di simpatia, di repulsione, di amore, di odio, di desiderio, di lotta che sorgono spontanei alla coscienza e determinano spontaneamente la nostra azione. In tali casi, se l'atto nostro è pur sempre dall'interno, e preceduto da rappresentazioni che lo fanno consapevole del suo termine, e taluni effetti di esso possono esserci imputati a merito o a colpa, sta pure nel fatto che la nostra persona morale, quasi indifferente ed assente, non agisce con deliberazione e quindi con una piena libertà; e noi siamo in qualche modo uno specchio od un'eco delle cose esteriori, viviamo in funzione di esse, trascinati senza resistenza dal abile corso degli eventi, vissuti quasi da questi, più che ricchi di una nostra vita interiore. Questo stato di infanzia, di sonno dell'anima, di servile dipendenza dalle cose esteriori è purtroppo, per la massima parte degli uomini, la condizione di tutta la vita; vita poco umana, ancora, e poco civile.

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Tutto ciò può anche divenir leggero e caro col tempo, quando lo sforzo s'è convertito in abitudine, e quando i piaceri dello spirito e le gioie dell'amore puro sono più saporose; ma da principio, specialmente nella giovinezza, è grave e costa fatica; tanto più grave quando conviene per giunta difendersi, oltre che dalle proprie inclinazioni, dalle suggestioni del mondo circostante.

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L'amore vero possente profondo, anche quando non gli si aggiunge il riconoscimento legale, toglie in parte all'unione sessuale questo carattere animale; e gli uomini sono tratti per lunga abitudine ad essere indulgenti verso le colpe d'amore. Quando mai avviene, del resto, che due si amino profondamente, d'un amore illecito forse, ma sincero ed umano, che non sieno da una intima voce prepotente tratti a dirsi, nell'atto della loro unione: per sempre? Ma solo quando questo amore, lungi dal levarsi contro il dritto altrui e dall'essere quindi ingiustizia, è imposto come un dovere; solo quando esso non è passione violenta e capricciosa di un'ora, ma è posto a base d'un rapporto che impegna tutta la vita, e l'unione sessuale è fatta, dalla convivenza e dalla paternità, unione di animi e di uffici, solo allora il rispetto umano e il consenso divino lo circondano e lo proteggono: ed esso diviene fonte dei più forti e soavi affetti che abbia la vita umana, e della società prima e più santa di questa: la famiglia.

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E vi sono anche signore che spendono in un vestito solo quanto basterebbe a fondare e dotare una istituzione caritatevole; che ricchezze enormi rivestono in ori e diamanti; che alle bambine, anche oggi, forano le orecchie per appendervi ricchi gingilli; e le signorine soffocano in tenaci corazze la persona e nelle calzature sottilissime il piede; ed anche questi sono dannosi ed inumani costumi: ma assai più diffuso e vorace è l'abuso dei cibi, e questo in persone di tutte le classi, dalle più umili alle più elevate; e quel che è più grave, l'abuso è sovente abitudine di tutti i giorni, si tratti di raffinatezze di cibi o di eccessi di bevande. Il digiuno ecclesiastico ci ricorda questo comune dovere di sobrietà; ed è anche precetto ed esempio vivente di parsimonia nelle vivande. Esso è particolarmente diretto a temperare l'abuso della carne, abuso favorito anche, spesso, da una medicina alla moda, contro la quale reagisce oggi in maniera quasi violenta il vegetarianismo; sistema, questo, che fu sovente in uso nell'ascesi cristiana e che unito ad un genere di vita laborioso e normalmente tranquillo, lungi dall'essere nocivo, è vantaggiosissimo all'organismo.

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Di tali cristiani è grande oggi il numero; poiché molti hanno ricevuto esteriormente la fede dalla scuola dalla famiglia dalla vita sociale circostante, come si ricevono, passivamente e per lenta e spontanea abitudine, giudizii vedute costumanze sociali, ma non hanno poi cercato di riceverla per ciò che essa è, di assimilarsela, di farne consapevolmente 1'esperienza, di conquistarla, in una parola, con lo sforzo personale e consapevole del loro spirito. Essi hanno anzi, assai spesso, favoriti in ciò dallo stesso costume circostante, volto ad una via opposta lo sforzo del loro animo; ad adattare cioè la loro fede ad una coscienza morale, cresciuta in gran parte fuori dell'influenza di essa, ad abitudini già fatte, talora anche ripugnanti ad uno spirito vivo di religione. Sicché molti si dicono oggi e si credono cattolici ai quali forse manca persino ciò che in ogni vita religiosa è elementare, vale a dire la religiosità: 1'attitudine, spontanea o formata, a considerare le cose della vita ed il mondo, gli atti e le finalità umane, da un punto di vista religioso. Esaminate ciò che essi amano, desiderano e temono, ciò che essi cercano nella vita, studiate i moventi della loro condotta, l'indole dei loro rapporti con Dio e col prossimo, e voi vedrete nessun vivente principio religioso manifestarsi in ciò: la religione apparisce, al più, quando c'è il mistero da scrutare temerariamente, un giudizio pubblico da affrontare, un piccolo o grande favore terreno da ottenere, un pericolo da scongiurare con mezzi superstiziosi e talora magici. Di tale forma di cristianesimo, così diffusa oggi e così nociva allo sviluppo ed all'influenza della vita cristiana, nel mondo, noi faremo liberamente la critica nei nostri discorsi.

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Molte anime più specialmente, o per età o per abitudine più facili all'imitazione, saranno, in parte almeno, ciò che avranno imparato da noi ad essere, ciò che noi con la parola con la condotta con l'esempio le avremo fatte.

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