Il primo e più antico è formato da due racconti ambientati in piena rivoluzione bolscevica, protagoniste due agiate signore in fuga dalla capitale in fiamme, abituate a case calde, servi e carrozze, che d'improvviso devono lavorare, dormire in misere pensioni e lasciarsi trattare male da persone che un tempo avrebbero a stento notato e men che meno salutato, lavandaie, cameriere, cuoche, affittacamere: e chissà perché sono sempre le donne ad affollarsi in prima fila a gettare pietre — o insulti — sui perdenti, né più né meno delle brave tricoteuses ai bordi della ghigliottina francese.
Non mancavano i motivi di malumore, specie in regioni abituate a tranquilli regimi paternalistici: la coscrizione obbligatoria e le tasse portate dai «piemontesi» (i fiorentini non volevano saperne della denuncia dei redditi per la ricchezza mobile); la stanchezza delusa dopo gli entusiasmi degli anni gloriosi ed un già affiorante qualunquismo; gli scrupoli di molte anime timorate per il conflitto fra Stato e Chiesa; il rimpianto delle autonomie perdute, che poteva diventare nostalgia dei vecchi sovrani.