È il risultato di differenti fattori sociali, civili, giuridici, nei vari popoli e tempi; e si riannoda alle comunità di villaggio resistenti in Cina ed India, riprodotte fra i primi latini (vicus), o presso i Germani («Gau») e a circostanze per cui gli esercizi rurali collettivi (mercé associazioni o gentilizie nel «clan» celtico, o familiari nella «zadruga» slava, o di liberi coltivatori nelle «Genossenschaften» tedesche, o di coltivatori servili nel «mir» russo) abituarono i lavoratori della terra, legati da comuni diritti, obblighi, consuetudini, a convivere accostati in un luogo stesso, donde si irradiano mane e sera per la coltivazione. Agglomerazioni di schiavi si coadiuvano al centro di esso, o a pie' del castello feudale (ove distinguevasi la villa dei servi campagnoli dal borgo degli artigiani) o attorno ai monasteri (Münster, München) dissodatori, o generalmente all'ingiro delle parrocchie in tutta Europa.
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L'educazione che hanno avuto, la vita che hanno fatto, il ministero ecclesiastico che hanno professato intorpidirono, inoltre, la loro attività pratica, li abituarono a diffidare, come di nemici interni pericolosi, della volontà, dell'iniziativa, persino dell'ingegno, li intorpidirono in un morbido soliloquio con se stessi. E con tale preparazione non si vince, ma si è vinti nelle aspre lotte della vita. E poi lo stesso Qui quondam li avverte. «Badate che il mondo è duro con i preti spretati, che voi sarete sempre considerati come dei transfughi, che il popolo non vi ascolterà, che, dovunque andrete, vi si rimprovererà il vostro passato: i clericali l'ignominia di oggi, e gli anticlericali vi rimproveranno, stessa intolleranza, l'ignominia di ieri. E non saprete dove voltarvi».
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