In occasione dei lavori di ristrutturazione di un condominio i proprietari delle unità abitative incaricavano uno dei condomini di redigere i progetti necessari ad ottenere le prescritte concessioni edilizie. Al termine degli stessi i condomini proprietari dell'appartamento sito al primo piano riscontravano una diminuzione del volume e della superficie del proprio appartamento. Essi, pertanto, convenivano in giudizio l'ingegnere che aveva redatto i progetti ed il coniuge, proprietari dell'appartamento sovrastane, perché fossero condannati alla riduzione in pristino dei luoghi e al risarcimento dei danni. I convenuti eccepivano l'esistenza di un accordo con cui gli uni acconsentivano all'abbassamento del solaio del proprio appartamento, gli altri cedevano la proprietà esclusiva su un'area di accesso e su un disimpegno comuni. Il Tribunale accoglieva la domanda attorea con sentenza che in secondo grado veniva in parte riformata. Gli appellanti principali ricorrevano per Cassazione.
L'obiettivo dell'articolo è riflettere sul rapporto tra cittadinanza formale e cittadinanza sostanziale, a partire da uno studio di caso che riguarda le politiche abitative per una minoranza etnica, quella dei sinti, composta da persone che possiedono la cittadinanza italiana ma non godono pienamente dei diritti ad essa associati. Dopo aver illustrato come l'aumento della diversità etnica e culturale nelle società occidentali metta in crisi l'idea moderna di cittadinanza, l'articolo indaga le radici storiche dell'alterità delle popolazioni romanì percepita a livello culturale, mettendo in luce come questa si traduca in politiche discriminatorie nei loro confronti. Viene poi analizzato l'intervento di costituzione di un "villaggio" per i sinti promosso dal Comune di Venezia, che si pone come una "terza via" tra l'assimilazione e l'esclusione, mettendone in luce punti di forza e limiti e interrogando si sulla sua capacità reale di fornire una risposta efficace ai bisogni abitativi espressi dai membri di questa minoranza etnica.
La Legge di stabilità 2016 (Legge n. 208/2015) ha operato molti interventi sulla disciplina dei tributi locali, tra i quali il più significativo è l'esclusione della imposizione TASI delle unità abitative destinate ad "abitazione principale" sia per il possessore che per l'utilizzatore. Altri rilevanti interventi hanno riguardato la riduzione del 50% della base imponibile IMU delle abitazioni concesse in comodato gratuito a parenti in linea retta entro il primo grado, da questi utilizzate come abitazioni principale, e la esclusione dall'IMU delle unità immobiliari appartenenti a cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari. È stata, altresì, introdotta la esenzione dall'IMU dei terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, nonché di quelli ubicati nei Comuni delle isole minori e di quelli a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile. Le agevolazioni, sotto forma di riduzione delle aliquote TASI, hanno riguardato i c.d. fabbricati merce e, sotto forma di riduzione dei tributi IMU e TASI, gli immobili locati a canone concordato.
La riformulazione dell'articolo che nella legge del 1998 sulle locazioni abitative compendiava la disciplina delle nullità del contratto consente di ripercorrere i principali episodi normativi e giurisprudenziali che hanno interessato tale disposizione negli ultimi anni, in modo da spiegare le ragioni che possono aver sollecitato il nuovo intervento legislativo. All'esito, sono illustrati i contenuti della nuova norma ed insieme segnalate le criticità che comunque persistono, determinate da regole che non risolvono il difficile rapporto tra norme civili e norme tributarie.
Appare, infatti, decisiva in conformità all'agevolazione fruita la effettiva destinazione alla vendita e il mantenimento della finalità a soddisfare le esigenze abitative. Tale soluzione, manifestata dalla sentenza della Commissione tributaria regionale Puglia n. 715/2016, appare condivisibile, in quanto coerente con la "ratio legis" della disposizione agevolativa in questione. La pronuncia, poi, si mostra conforme alla giurisprudenza tributaria di legittimità ed alla prassi amministrativa.