Dinanzi ad una tale quasi abdicazione volontaria del nostro essere è ovvio che la coscienza resista e trovi in sé diffidenze e reazioni. Spesso l'accettazione d'un complesso di verità e di riti religiosi già fissati nei loro più minuti particolari esige delle sottigliezze di ragionamento od uno sforzo di volontà di cui molti, oggi specialmente, non sono capaci. E se molti di noi ebbero per autorità, nell'educazione ricevuta, le loro credenze e pratiche religiose, viene poi spesso nella vita un periodo nel quale le energie interiori, male assoggettate e male adattate a quelle credenze, si sollevano e si ribellano, od almeno non offrono che una sottomissione parziale e difettosa. Tale è assai spesso il risultato della presente educazione religiosa, nei nostri collegi e nelle famiglie cattoliche, dei cui pochissimi effetti molti ignari si lamentano; la fede e la religione, non assimilate e non comprese, han l'aria di un giogo che si è impazienti di scuotere o che si porta di mala voglia.
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Intanto, una forma di accordo è unanimemente giudicata impossibile: quella che consisterebbe in una conciliazione formale ed espressa dello Stato italiano e della Santa Sede: essa non potrebbe aver luogo, nelle circostanze presenti, che sotto forma di una piena ed aperta abdicazione di questa seconda alle sue rivendicazioni su Roma, ed a questo, almeno per oggi e per parecchi anni ancora è impossibile venire. Né, del resto, quando una tale conciliazione avesse avuto luogo, la questione sarebbe risolta: poiché rimane l'altra, che è per noi principale, de' rapporti fra lo svolgersi dell'attività ecclesiastico-religiosa e lo svolgersi dell'attività politico-sociale, in Italia, dove la prima è ancora così intensa e potente e dove tanti sono ancora i punti di contatto e di intersecazione. E per questo è anche impossibile quell'altra forma di accordo che sarebbe la libertà piena della Chiesa ed il suo disinteressarsi d'ogni questione direttamente politica: il diritto comune è una norma sufficiente là dove la libertà religiosa costituisce una vigorosa tradizione, superiore ai dissensi religiosi, e dove il cattolicismo è in minoranza: in Italia, dove esso è religione comune ed ha una gerarchia solida e popolarissima e mezzi di azione e di influenza potenti, parlare d'una libertà all'americana come possibile oggi, e senza che una profonda trasformazione d'animi si sia prima prodotta fra i cattolici e abbia posto la religione fuori della politica dei partiti, è un ignorare i termini storici e concreti della questione. La libertà religiosa piena e sincera sarebbe un privilegio «di fatto» pel partito politico clericale.
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