Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abdicativa

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Legge 14 febbraio 2003, n. 30 - Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro.

72055
Stato 1 occorrenze

In caso di ricorso in giudizio, introduzione dell'obbligo in capo all'autorità giudiziaria competente di accertare anche le dichiarazioni e il comportamento tenuto dalle parti davanti all'organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro; g) attribuzione agli enti bilaterali della competenza a certificare non solo la qualificazione del contratto di lavoro e il programma negoziale concordato dalle parti, ma anche le rinunzie e transazioni di cui all'articolo 2113 del codice civile a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle parti stesse; h) estensione della procedura di certificazione all'atto di deposito del regolamento interno riguardante la tipologia dei rapporti attuati da una cooperativa ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142, e successive modificazioni; i) verifica dell'attuazione delle disposizioni, dopo ventiquattro mesi dalla data della loro entrata in vigore, da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Diniego di rinunzia abdicativa - abstract in versione elettronica

108470
Conti, Roberto 1 occorrenze
  • 2009
  • DoGi - Dottrina Giuridica
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Diniego di rinunzia abdicativa

La via italiana alla mediazione alla luce del d.lg. 4.3.2010, n. 28 e del d.m. 18.10.2010, n. 180 - abstract in versione elettronica

127167
Greco, Ada 1 occorrenze
  • 2011
  • DoGi - Dottrina Giuridica
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., che potrà avere, a seconda delle varie ipotesi, diversa natura: transattiva, di rinuncia abdicativa ad una posizione giuridica attiva o di negozio di accertamento avente ad oggetto l'altrui diritto. c) Nuove problematiche e spunti di riflessione. Sicuramente la mediazione, così come disciplinata dal d.lg. n. 28/2010, costituisce, in caso di successo, un metodo di composizione delle controversie semplice, rapido ed informale, rappresentando una misura di contenimento rispetto alle forme di abuso del processo ed in tale ottica il legislatore ha cercato di incentivarne l'utilizzo, prevedendo anche alcune agevolazioni di natura fiscale. Tuttavia l'esame della recente normativa impone alcune riflessioni, in particolare, in ordine alla natura professionale o meno dell'attività del mediatore e sulla possibilità di configurare in capo allo stesso una responsabilità contrattuale c.d. "da contatto sociale". Non sembra da escludere anche un'eventuale responsabilità contrattuale dell'organismo per la violazione degli obblighi a cui lo stesso è tenuto nella prestazione del servizio di mediazione.

Struttura e funzioni della remissione del debito - abstract in versione elettronica

132795
Venturelli, Alberto 1 occorrenze
  • 2012
  • DoGi - Dottrina Giuridica
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Sotto il vigore del c.c. del 1865, si registrava un acceso dibattito in dottrina in ordine alla struttura del negozio remissorio, che veniva ricondotto alla donazione liberatoria o alla rinunzia unilaterale, al fine di sostenere che l'estinzione del rapporto da esso provocata dovesse essere cronologicamente fatta decorrere dall'accettazione del debitore o dalla semplice manifestazione di volontà del creditore, anche se non mancavano posizioni intermedie dirette a riconoscere al debitore, in applicazione del principio "invito beneficium non datur", il potere di opporsi alla dichiarazione abdicativa della controparte. La codificazione del 1942, al fine di superare queste contrapposizioni, ha chiarito, con l'art. 1326 c.c., che l'effetto estintivo deve ritenersi verificato già a partire dal momento in cui la dichiarazione "è comunicata" al debitore. - b) La struttura. All'orientamento maggioritario, che qualifica la remissione come negozio unilaterale, si contrappone parte della dottrina, che, per sostenere la sua natura contrattuale, subordina la determinazione dell'effetto estintivo alla mancata opposizione del debitore, al quale sarebbe imposto un onere partecipativo di natura diversa da quello del proponente, destinato ad essere assolto mediante l'omissione (consapevole e voluta) di un atto oppositivo. Anche secondo quest'ultima posizione, però, la comunicazione del creditore produce immediatamente effetti di natura sostanziale, perché è idonea a sospendere, per lo meno per quanto concerne il suo autore, l'attuazione del rapporto obbligatorio e l'unico modo per giustificare questo effetto è quello di ipotizzare che l'atto partecipativo assuma contorni di irrevocabilità, ma le previsioni a tal fine invocabili per legittimare questo risultato (cioè gli artt. 1329 e 1333 c.c.) non riescono ad adattarsi allo specifico procedimento disposto dall'art. 1236 c.c. - c) Le funzioni. Per sostenere la natura contrattuale della remissione si fa altresì riferimento alla sua funzione liberatoria, che pare a molti incompatibile con quella dismissiva tipica della rinunzia. L'argomento, tuttavia, si risolve in una confusione di piani concettuali, perché, se è vero che l'effetto dismissivo, di regola, opera con esclusivo riguardo al suo autore e senza che altri si possano opporre ad esso, è altrettanto certo che, avendo la remissione come termine di riferimento esterno il rapporto obbligatorio, e non il semplice diritto di credito, il principio di intangibilità della sfera giuridica altrui consente all'autonomia privata di determinare effetti favorevoli diretti verso coloro che non hanno partecipato alla formazione dei relativi negozi attributivi senza, ma non contro la loro volontà.

Chi rinuncia all'usufrutto non decade dall'agevolazione prima casa - abstract in versione elettronica

142381
Mastroiacovo, Valeria 1 occorrenze
  • 2013
  • DoGi - Dottrina Giuridica
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La pronuncia ha il pregio di circoscrivere il perimetro dell'equiparazione degli atti di rinuncia agli atti di trasferimento delle proprietà, sancita nell'ambito dell'imposizione indiretta ai soli effetti della tassazione dell'atto e non oltre, restando la natura dell'atto di rinuncia meramente abdicativa. Pertanto l'atto di rinuncia, in quanto equiparato ''ex lege'' ad un atto di trasferimento, comporta l'applicazione di un'imposizione proporzionale, ma a ciò non consegue la decadenza dall'agevolazione ''prima casa''. Non intervenendo la decadenza il rinunciante non è tenuto ad un riacquisto in sanatoria entro l'anno con destinazione dell'immobile ad abitazione principale.

La rinunzia alla proprietà e ai diritti reali di godimento - abstract in versione elettronica

147001
Bellinvia, Marco 1 occorrenze
  • 2014
  • DoGi - Dottrina Giuridica
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La rinunzia abdicativa è un negozio unilaterale non recettizio, che non richiede la conoscenza né tanto meno l'accettazione da parte di altri soggetti. Con riferimento al suo oggetto, gli interpreti concordano sulla generale rinunziabilità dei diritti reali. Deve ritenersi anzitutto suscettibile di rinunzia abdicativa il diritto di proprietà. A sostegno di tale conclusione possono addursi molteplici argomenti quali il carattere disponibile del diritto in esame; la previsione da parte del legislatore di specifiche ipotesi, sia pure peculiari, di rinunzia al diritto di proprietà (artt. 882-1104 c.c.); la circostanza che per escludere la rinunziabilità in relazione alle parti comuni dell'edificio il legislatore è dovuto intervenire espressamente (art. 1118 c.c.); la disparità di trattamento che si creerebbe altrimenti rispetto ai beni mobili, dei quali è indiscutibile la possibilità di abbandono; l'espresso riferimento contenuto negli artt. 1350 e 2643 c.c. L'effetto di tale rinunzia è l'acquisto dell'immobile in capo allo Stato ai sensi dell'art. 827 c.c. Si tratta di un acquisto a titolo originario, che costituisce effetto solo indiretto e mediato della rinunzia, e che trova fondamento nella legge. La rinunzia alla proprietà ha natura di negozio unilaterale non recettizio, per il quale è da escludersi un potere di rifiuto da parte dello Stato. L'atto in questione deve avere forma scritta ed è soggetto a trascrizione ai sensi dell'art. 2643, n. 5, c.c. Il riferimento agli effetti di cui all'art. 2644 c.c. risulta incoerente rispetto al carattere puramente abdicativo della rinunzia. Quanto alle modalità di trascrizione, sembra preferibile la tesi secondo la quale la rinunzia, stante la sua natura abdicativa, debba essere trascritta unicamente contro il rinunziante. La rinunzia, oltre alla proprietà esclusiva, può riguardare anche la quota di comproprietà, trattandosi del medesimo diritto. Il codice civile prevede espressamente ipotesi di rinunzia alla quota. Tra queste, in particolare, viene in rilievo la rinunzia liberatoria di cui all'art. 1104 c.c., che si caratterizza per la circostanza che alla rinunzia al diritto reale si accompagna la dismissione di una situazione debitoria. Molto diverse sono, infatti, la fattispecie della rinunzia abdicativa e quella della rinunzia liberatoria della quota di comproprietà. La prima determina puramente e semplicemente l'abdicazione della quota di cui il soggetto è titolare, senza ulteriori effetti negoziali propri dell'atto posto in essere. Da ciò consegue che il condomino, mentre non sarà tenuto a corrispondere le spese concernenti la cosa comune per il tempo successivo alla rinunzia in quanto egli non risulterà più essere proprietario della stessa, rimarrà tenuto all'adempimento di tutte le obbligazioni inerenti la cosa, sorte fino al giorno della rinunzia. Nella rinunzia liberatoria, invece, all'effetto abdicativo si accompagna, per espressa previsione del legislatore, un effetto estintivo dell'obbligazione. In questo caso, dunque, il condomino, rinunziando alla propria quota, dismette il diritto di cui è titolare al fine di liberarsi da tutte le obbligazioni inerenti la cosa, non solo (come è ovvio) per il futuro, ma anche per quelle già sorte. Con riferimento alla rinunzia liberatoria, la dottrina ritiene che essa abbia carattere recettizio. Ciò trova spiegazione non tanto nella dismissione del diritto reale, quanto piuttosto nell'effetto eccezionale di liberazione dal debito. Effetto (anche in questo caso solo indiretto) di tale rinunzia è l'espansione delle quote degli altri condividenti. Anche la rinunzia abdicativa alla quota di comproprietà determina tale fenomeno di espansione o accrescimento. Si tratta, infatti, di una conseguenza della natura della comunione e, come sempre, non costituisce un effetto diretto della rinunzia, bensì solo indiretto e mediato. Sembra da escludere la possibilità di un rifiuto dell'accrescimento da parte degli altri contitolari. Il rifiuto, quale rimedio generale contro le altrui intrusioni nella propria sfera giuridica, opera solo con riferimento agli atti che producono come effetto diretto tale intrusione. Nel caso in esame, invece, manca una diretta alterazione della sfera giuridica altrui. Sarebbe inoltre foriero di gravi inconvenienti pratici immaginare una comproprietà con lo Stato. Ovviamente resta salva la facoltà da parte dei restanti condividenti di rinunziare a loro volta alla propria quota, così come accresciuta. Coerentemente alla sua natura abdicativa, anche la rinunzia alla quota ha natura di negozio unilaterale non recettizio. L'assenza dell'effetto liberatorio e della possibilità di rifiuto escludono la necessità della conoscenza altrui ai fini dell'efficacia del negozio. Resta comunque fortemente opportuna tale conoscenza in un'ottica di reciproca correttezza. Anche la rinunzia in esame va trascritta e valgono le stesse considerazioni fatte in relazione alla proprietà esclusiva. Con riferimento ai diritti reali di godimento, può anzitutto osservarsi che il diritto di superficie, in quanto disponibile, è suscettibile di rinunzia. Nessun dubbio si pone con riferimento alla fase antecedente la costruzione dell'edificio. Più controversa, invece, è la rinunzia alla proprietà superficiaria. Per alcuni, distinguendosi tra proprietà superficiaria e proprietà separata, tale rinunzia non sarebbe possibile, avendo ormai il diritto esaurito i suoi effetti. Potrà esserci, semmai, una normale rinunzia al diritto di proprietà. Per altri; invece, negandosi la distinzione sopra indicata, tale rinunzia sarebbe possibile. Conseguenza di tale atto è il ripristino del principio dell'accessione e dunque l'acquisto della costruzione da parte del proprietario del suolo. Quanto al diritto di enfiteusi, nessuna peculiarità presenta, sotto il profilo della rinunziabilità, il diritto spettante al concedente. Maggiore attenzione merita invece la posizione dell'enfiteuta. Per alcuni egli potrebbe liberamente rinunziare al proprio diritto. Secondo l'impostazione preferibile ciò sarebbe possibile, invece, nel solo caso espressamente previsto dalla legge (art. 963 c.c.: perimento parziale del fondo). Tale limitazione alla facoltà di rinunzia si giustifica per la natura del diritto dell'enfiteuta, caratterizzato dalla presenza di un profilo obbligatorio, di cui non è possibile la dismissione in mancanza di una norma espressa o del consenso del creditore. Nessun dubbio si pone circa la rinunziabilità del diritto di usufrutto, la quale trova espressa conferma, tra l'altro, nell'art. 2814 c.c. Si tratti di un negozio unilaterale, per alcuni recettizio; per altri, condivisibilmente, non recettizio, stante il suo effetto puramente abdicativo. Anche in questo caso sussistono comunque le ragioni di opportunità della comunicazione al nudo proprietario, già evidenziate in precedenza. L'effetto (sempre solo indiretto e mediato) del negozio abdicativo è, in questo caso, l'espansione della nuda proprietà. Trattandosi di un effetto legale non è ammissibile un rifiuto da parte del nudo proprietario. Secondo l'opinione prevalente in dottrina ed in giurisprudenza l'atto in esame può configurarsi quale liberalità indiretta, laddove ne ricorrano i presupposti. Anche i diritti di uso e di abitazione appaiono suscettibili di rinunzia, stante il rinvio alla disciplina dell'usufrutto. La servitù si estingue per rinunzia. Per alcuni si tratterebbe di un atto bilaterale a carattere attributivo. Prevale la tesi della natura unilaterale, in coerenza all'effetto puramente abdicativo del negozio. Per alcuni avrebbe carattere recettizio; per altri, condivisibilmente, non sarebbe recettizio sempre in virtù della sua natura abdicativa. Possono determinarsi effetti peculiari laddove il fondo dominante risulti gravato da altri diritti reali minori. Sono necessarie la forma scritta e la trascrizione. Diverso rispetto alla rinunzia alla servitù è l'istituto, particolarmente controverso, dell'abbandono del fondo servente. Tecnicamente si tratta di un atto di rinunzia e non di abbandono. Per alcuni esso avrebbe natura di offerta di acquisto (teoria contrattualistica). Per altri sarebbe un'ipotesi di rinunzia traslativa. Altri ancora riconducono l'istituto in esame alle obbligazioni con facoltà alternativa. Esso determina un effetto dismissivo immediato (della proprietà del fondo servente) ed un effetto liberatorio, anche per il passato, dalle spese relative alla servitù. Secondo l'opinione prevalente, si tratta di un negozio unilaterale recettizio, stante la presenza dell'effetto liberatorio (come nell'ipotesi di cui all'art. 1104 c. c.). Il proprietario del fondo dominante può acquistare il fondo, essendo la rinunzia disposta a "suo favore": per alcuni occorre un atto di appropriazione o accettazione che avrà efficacia retroattiva. Per altri, invece, l'acquisto opererebbe automaticamente, salva la possibilità di rifiuto. Prevale la tesi per cui l'acquisto in esame sarebbe titolo derivativo, a differenza di quanto accade nelle ipotesi di rinunzia abdicativa. In caso di acquisto, comunque, la servitù si estingue per confusione. In conclusione, esaminato l'atteggiarsi della rinunzia abdicativa rispetto ai diversi diritti reali, la stessa manifesta alcuni tratti comuni caratterizzanti. Si tratta, anzitutto, di un negozio unilaterale non recettizio, che non richiede accettazione né deve essere portato a conoscenza di terzi. Lo stesso, inoltre, è causalmente diretto unicamente alla dismissione del diritto soggettivo. Eventuali conseguenze per i terzi sono effetti solo riflessi e ordinamentali del negozio in esame. E ciò contribuisce a spiegarne il carattere non recettizio. La generale rinunziabilità se riguarda i diritti, non così gli obblighi. Nei casi in cui esiste una posizione di debito (come nel diritto di enfiteusi ovvero nelle fattispecie di rinunzia liberatoria, quali quelle di cui agli artt. 1070 e 1104 c.c.) la rinunzia assume una fisionomia diversa. Occorre, infatti, una espressa previsione di legge affinchè il debitore possa spogliarsi del debito senza il consenso del creditore. Stante il pregiudizio che questi risente, la dichiarazione di rinunzia deve inoltre essergli portata a conoscenza (e ciò trova conferma anche nella disciplina della remissione del debito, art. 1236 c.c.), assumendo pertanto natura recettizia.

L'art. 42-bis del T.U. espropriazione e l'(auspicabile?) tramonto del risarcimento per equivalente al vaglio delle Sezioni Unite - abstract in versione elettronica

149007
Barilà, Enzo; Artaria, Riccardo 1 occorrenze
  • 2014
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Facendo seguito all'entrata in vigore dell'art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001, le ordinanze in commento hanno rimesso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ed all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, di stabilire se sia giunta l'ora del definitivo abbandono di due importanti strumenti tecnici (trasferimento della proprietà mediante occupazione acquisitiva, ovvero per rinuncia abdicativa del proprietario), di governo della complessa materia dell'espropriazione sostanziale. Venendo meno tali strumenti, parrebbe preclusa al privato la possibilità di ottenere, a titolo di risarcimento del danno, il controvalore in denaro del proprio fondo illegittimamente trasformato. Il lavoro si interroga sulle problematiche indotte dal nuovo assetto regolatorio prospettato, valutandone i limiti, e suggerendo alcuni possibili rimedi.

Genitorialità responsabile: abbandono, ripensamento e riconoscimento del figlio prima della chiusura del procedimento di adozione - abstract in versione elettronica

150183
Carbone, Vincenzo 1 occorrenze
  • 2014
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Il diritto soggettivo ad essere genitori giuridici e a riconoscere il figlio, che ne costituisce la fonte, concerne lo stato delle persone ed è pertanto indisponibile e non estinguibile per manifestazione di volontà abdicativa, al pari delle connesse facoltà processuali, propedeutiche al relativo esercizio. Il diritto sostanziale alla genitorialità giuridica, pertanto, può rimanere definitivamente ed irreversibilmente pregiudicato solo dal non esercizio del diritto al riconoscimento del figlio biologico nelle forme ed entro i limiti temporali imposti dall'ordinamento positivo.

Appunti sulla demolizione edilizia "abdicativa" - abstract in versione elettronica

159860
Graziosi, Benedetto 1 occorrenze
  • 2015
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Appunti sulla demolizione edilizia "abdicativa"

La volontà negoziale dell'imputato nel comporre la pena e la peculiare natura della sentenza irrevocabile di patteggiamento: confutazioni al principio espresso dalle Sezioni unite - abstract in versione elettronica

160873
Conz, Andrea 1 occorrenze
  • 2016
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Il patteggiamento è un rito in cui la volontà abdicativa dell'imputato caratterizza indissolubilmente la natura della sentenza sulla composizione della pena anche in sede esecutiva. Il giudice, pertanto, quando "opera" sul titolo esecutivo, non può prescindere dall'intenzione negoziale della parte privata formatasi sull'intima valutazione di taluni elementi, il cui mutare ne sancisce l'inattualità. La condivisione delle predette considerazioni comporta una lettura critica dell'assunto espresso dalle Sezioni unite.

La rinunzia alla proprietà - abstract in versione elettronica

166655
Bellinvia, Marco 1 occorrenze
  • 2016
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La rinunzia abdicativa è un negozio unilaterale non recettizio, che non richiede la conoscenza né tanto meno l'accettazione da parte di altri soggetti. Con riferimento al suo oggetto, deve ritenersi suscettibile di rinunzia abdicativa il diritto di proprietà L'effetto di tale negozio è l'acquisto dell'immobile in capo allo Stato ai sensi dell'art. 827 c.c. L'atto in questione deve avere forma scritta ed è soggetto a trascrizione ai sensi dell'art. 2643, n. 5, c.c. La rinunzia, oltre alla proprietà esclusiva, può riguardare anche la quota di comproprietà trattandosi del medesimo diritto. La stessa determina un fenomeno di espansione o accrescimento delle quote dei restanti comproprietari. Si tratta, infatti, di una conseguenza della natura della comunione e, come sempre, non costituisce un effetto diretto della rinunzia, bensì solo indiretto e mediato.

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