Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbracciare

Numero di risultati: 7 in 1 pagine

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Giovanna la nonna del corsaro nero

204682
Metz, Vittorio 1 occorrenze
  • 1962
  • Rizzoli
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
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La fanciulla corse ad abbracciare a sua volta il Corsaro Nero. "Papà!" mormorò con affetto. "Sono molto lieto di vedervi," disse il Corsaro Nero con una espressione cupa che non lasciava scorgere affatto la sua allegria "ma..." Si staccò dalla figlia, rivolgendosi alla vecchia: "Come diavolo vi è saltato in mente di venire qui, alla Tortue?" "Abbiamo approfittato di uno sciabecco genovese che veniva da queste parti," rispose la nonna "ed eccoci qui..." "Ma perché siete venute?" "E volevi che ti lasciassi solo?" proruppe la vecchia. "Tu, il mio unico nipote? E senza una persona accanto che abbia cura di te..." "Veramente" disse il Corsaro Nero "questo non è un posto per donne." Giovanna, la nonna del Corsaro Nero, si rivolse alle quattro creole che avevano smesso di ballare e si erano affollate con gli altri intorno al gruppo composto dal Corsaro Nero e dai suoi familiari: "Avete capito voi?" disse in tono perentorio. "Questo non è un posto per donne... Perciò, fuori di qui!" "Ma," tentò di obiettare ancora il Corsaro Nero "anche voi e Jolanda siete donne..." "Io sono tua nonna" protestò Giovanna. "E io sono tua figlia!" esclamò Jolanda, fieramente. "Quindi abbiamo il dovere di starti accanto anche nei pericoli..." "Che non debbono essere pochi a voler giudicare dalle facce patibolari che ti circondano!" concluse la nonna, girando lo sguardo sui volti dei pirati. I filibustieri, lusingati di essere stati chiamati "facce patibolari" scoppiarono in una grande risata. "C'è poco da ridere!" esclamò la nonna impermalita. "Avete tutti delle facce che fanno spavento..." "Ma sono i migliori pirati del Mar delle Antille!" esclamò il Corsaro Nero. "Migliori, in che senso?" domandò la nonna con diffidenza. "Nel senso che sono tutti Fratelli della Costa..." "Tutti fratelli? Che brutta famiglia!" esclamò Giovanna, facendo una smorfia. "Questi signori" continuò il Corsaro Nero indicando quattro brutti ceffi dalla cui espressione si capiva che, se avessero incontrato per la strada quel viandante di cui si parlava poco fa, lo avrebbero lasciato in mutande "da soli hanno conquistato il Panama..." "Bella prodezza rubare un cappello di paglia!" esclamò la nonna, con una smorfia di disprezzo. "Peuh!" "E questo signore qui," proseguì il Corsaro Nero indicando il Pirata Col Coperchio" aiutato solo dal suo matelot, si è avvicinato di nottetempo ad una caravella spagnola e, a colpi d'ascia, le ha praticato un buco nella fiancata facendola affondare..." "Peuh!" esclamò Giovanna, con disprezzo. "In fondo cosa ha fatto? Ha inventato la caravella col buco..." "E che dire del signor Mendoza," disse il Corsaro Nero senza lasciarsi smontare, indicando il Pirata Meno Un Quarto" che ha lasciato un occhio su un galeone spagnolo, una mano a Trinidad e una gamba a Portobello?" "Dico che non mi piace la gente che lascia la sua roba in giro dappertutto!" rispose la nonna con espressione disgustata. "E lui," così dicendo il Corsaro Nero indicava il nostromo Nicolino "che in una sola giornata nel "E che dire del signor Mendoza, che ha lasciato un occhio su un galeone spagnolo, una mano a Trinidad e una gamba a Portobello?" "Dico che non mi piace la gente che lascia la sua roba in giro dappertutto!" rispose la nonna con espressione disgustata. suo paese ha tagliato mille teste con il suo coltello, tanto che lo hanno soprannominato il Terrore di Pozzuoli?" "Bella roba!" esclamò Giovanna."No, mi dispiace tanto, ma tu questa gente non puoi assolutamente assumerla..." La dichiarazione di Giovanna, che in fondo era la nonna del loro comandante, destò una grande sensazione fra i filibustieri che si guardarono fra loro interdetti. Il Corsaro Nero intervenne: «Come?" domandò."E perché?" «Perché da quello che ho potuto capire," dichiarò la vecchia "questi pirati sono una massa di bricconi... Non sono pirati per bene..." "E noi non ti lasceremo davvero imbarcare con una simile compagnia!" aggiunse Jolanda, con forza. "Ma, signora..." balbettò il nostromo Nicolino "se lei ci caccia via, noi che facciamo?" "Mi dispiace," rispose la nonna crollando il capo "ma siete tutti gente troppo poco raccomandabile..." "Ma io" protestò Nicolino "non ho mai fatto male ad una mosca!" "E le mille teste?" rimbeccò Giovanna. "Le mille teste che avete tagliato in una giornata?" "E... erano teste di pe... pesce, signora..." rispose Nicolino che quando era emozionato balbettava più che mai. "Al mio paese facevo il pescivendolo e non c'era nessuno nella mia città sve... svelto come me a pulire i merluzzi e le sardine..." "E perché allora vi chiamavano il Terrore di Pozzuoli?" inquisì Giovanna guardandolo con diffidenza. "Il Terrone di Pozzuoli, non il Terrore" corresse Nicolino. "Sapete, io sono di vicino Napoli e loro" e così dicendo indicò i pirati "sono tutti settentrionali... E così mi chiamano il Terrone... Il Corsaro Nero ha capito il Terrore e mi ha nominato nostromo... Se gli dicevo la verità perdevo il posto..." "Va bene..." sentenziò Giovanna "questo può restare... Ma gli altri?" Nicolino, visto che a lui era andata bene, volle intervenire a favore degli altri pirati. E con la voce querula che fanno i meridionali in genere quando vogliono ottenere qualche cosa: "Signora," disse "gli altri sono pirati vecchi, fra poco vanno in pensione! Li volete mandar via all'ultimo momento?" Giovanna rifletté un istante. "E va bene," disse "li posso anche tenere, ma ad un patto..." "Che patto?" domandò il Corsaro Nero. "Che assuma io il comando della nave..." Persino Jolanda che, si vedeva benissimo, aveva per la sua bisnonna una vera adorazione, questa non riuscì a mandarla giù. "Ma, nonnina" non poté fare a meno di esclamare. "Avete ottant'anni!" "Ti sbagli, mia cara nipotina" ribatté Giovanna, prontamente. "Ne ho appena venti." "Venti?" trasecolò il Corsaro Nero. "Certo" rispose Giovanna. "Sono nata il 29 febbraio 1587... Siamo nel 1667..." "Quindi avete ottant'anni" calcolò il Corsaro Nero. "No, perché essendo nata il 29 febbraio, cioè 2. Giovanna in anno bisestile, compio un anno ogni quattro" rispose Giovanna con logica strettamente femminile. "Già, ma non so se..." volle ancora obiettare il Corsaro Nero. Ma intervenne Jolanda. "Su, paparino, fai contenta la nonna" pregò, giungendo le piccole mani. "Quando tu non c'eri, al castello, se l'è sempre cavata, sai..." "Sì, questo è vero," annuì il Corsaro Nero, esitando "ma non so se ai miei uomini faccia piacere essere sottoposti a una donna che comanda..." Il Pirata Meno Un Quarto sogghignò. "Perché, mia moglie non comanda forse?" disse. "E la mia?" disse il Pirata Col Coperchio. "Comanda poco quella?" "Io ho sempre sognato di avere una nonna" sospirò il pirata Catenaccio, mentre una lagrima gli solcava il volto patibolare seguendo il percorso tracciato dalla cicatrice. "E voialtri, ragazzi?" "Anche noi!" esclamarono i pirati all'unisono. "Viva la nostra comandante?" gridò il Pirata Meno Un Quarto. "Viva Giovanna, la nonna del Corsaro Nero!" gli fecero eco gli altri pirati in coro, sventolando tutti in aria i loro cappelli, meno il Pirata Col Coperchio che non poteva, com'è facile immaginare, mettere a nudo il proprio cervello sventolando la calotta d'argento. "Viva!" "Allora, siamo tutti d'accordo" concluse il Corsaro Nero. E avvicinatosi alla infernale vecchietta: "Nonna," le annunciò con voce sonora "vi cedo il comando della mia nave..." Giovanna, la nonna del Corsaro Nero, respirò con forza. Quindi, sguainata la lunga spada che le pendeva al fianco e levandone la punta verso il cielo, gridò minacciosamente: "Ed ora a noi due, conte di Trencabar, governatore di Maracaibo! A noi due, assassino dei miei nipoti! A noi due!" Dall'alto del ballatoio che attraverso una scala di legno conduceva al piano superiore si affacciò un bambino, il figlio del bettoliere: "Dice così mamma" disse "che per favore quando dice: 'A noi due!' lo dica un po' più piano... Su, c'è un malato!"

I ragazzi della via Pal

208058
Molnar, Ferencz 1 occorrenze
  • 1929
  • Edizioni Sapientia
  • Roma
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E tutti avrebbero voluto abbracciare Boka perchè anche lui si era finalmente indignato. S'avviarono verso casa. Grandi avvenimenti maturavano. In ognuno divampava l'energia e l'ansia di sapere quel che ora si sarebbe fatto di certo. Andavano, camminando adagio, lungo il viale. Cionacos rimase indietro con Nemeciech. Quando Boka si rivolse verso di loro, i due erano fermi, vicini a una finestrina della cantina della manifattura tabacchi sul cui davanzale si depositava in grossi strati gialli la fine polvere di tabacco. — Tabacco da naso! — gridò allegro Cionacos. Fischiò e si ficcò nelle narici un po' di povere. Il piccolo Nemeciech rise di cuore. Ne pigliò anche lui e di sulla punta delle sue dita sottili aspirò un poco. Attraversarono, starnutendo, la strada, ed erano tutti felici della loro scoperta. Cionacos starnutiva a gran colpi tuonanti come di cannone. II biondino sbuffava come un coniglio seccato. Soffiarono, tossirono, corsero, risero e in quel momento erano così contenti che dimenticavano anche la grande ingiustizia, quella che Boka, che lo stesso Boka, il tranquillo e serio Boka qualificava inaudita!

Il libro della terza classe elementare

210320
Deledda, Grazia 1 occorrenze
  • 1930
  • La Libreria dello Stato
  • Roma
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La sua salvezza è dovuta a questo lupaccio - finì col dire Martino e andò ad abbracciare Lico che mugolò di piacere. Tutti erano pensosi al mistero di quella bestia, quando Cherubino domandò: - E gli hanno dato la medaglia?

Pagina 128

Gambalesta

216335
Luigi Capuana 1 occorrenze
  • 1947
  • Società Editrice Tirrena
  • Livorno
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Gli vennero le lacrime agli occhi e si precipita ad abbracciare Cuddu, che scoppiava in pianto, balbettando: - Oh, compare Ignazio! - Che cosa è stato? Che cosa è stato? - Non lo affaticate facendolo parlare. Non vedete com' è commosso? - Scusi, signora... - Ve lo dirò io : si è battuto, è stato ferito... È vivo per miracolo. È vostro parente? - Paesano. - Potete esserne orgoglioso. Si è fatto onore; avrà una medaglia. Compare Ignazio non credeva ai suoi orecchi. - Ti sei... battuto?... Possibile? Com' è stato? Che hai fatto? Cuddu, a cui riusciva oscuro il significato di quelle parole: - Ti sei battuto? - spalancava gli occhi in viso a compare Ignazio, sorridendogli col solito sorriso da scioccherello che gli veniva alle labbra ogni volta che egli non capiva quel che gli domandavano. - Com' è stato? - insisteva compare Ignazio. - Non lo fate affaticare parlando; i dottori non vogliono. - Scusi, signora mia... E si voltò a un gran rimescolìo che avveniva in fondo alla sala. - Il Generale! Garibaldi! Il Generale! - correva di bocca in bocca. Tra i dottori, le signore e un séguito di camicie rosse, Garibaldi si fermava davanti a ogni letto, interrogava i feriti, diceva una buona parola, dava una stretta di mano. Parecchi feriti laggiù si erano rizzati a sedere sul letto, gridando: Viva Garibaldi! Cuddu accennò a compare Ignazio di farsi da parte. Aveva cessato di piangere; il viso, pallido per le sofferenze, gli si era improvvisamente acceso di viva fiamma ; gli occhi gli brillavano e sorridevano assieme con le labbra. - Lasciatemi vedere! - Non ti agitare; verrà anche da te! - gli disse la signora. - Io lo conosco; gli ho portato una lettera! - balbettò Cuddu, battendo le mani dalla gioia. La signora, che era tra quelle che più si erano affezionate a Cuddu per l'età, si sentiva già presa da forte commozione. Avrebbe visto Garibaldi da vicino! Gli avrebbe parlato! Lo aveva intravisto soltanto da lontano, dal balcone di casa, il giorno che il Generale era entrato a Messina, dopo la vittoria di Milazzo. E lo diceva al paesano di Cuddu con voce alterata dall'emozione. Un ferito, due letti più in là, aveva preso la mano del Generale e gliela baciava, tenendola stretta fra le sue, e gliela ribaciava, bagnandogliela di lagrime di riconoscenza e di gioia. Garibaldi sorrideva, gli diceva certamente belle parole, perché il ferito riprendeva a baciargli la mano con più forza, e non sapeva risolversi a lasciargliela libera. A piè del letto di Cuddu, il Generale si era fermato quasi dubitando che anche quel ragazzo potesse essere uno dei feriti. Cuddu credette che lo avesse riconosciuto e, togliendosi vivacemente il berretto bianco, articolò con un fil di voce: - Voscenza benedica! - Ferito al fianco, a Milazzo... Ha tredici anni! - si affrettò a spiegare la signora. - È in via di guarigione? - domandò il Generale, - È fuori di pericolo - rispose la signora. - Come ti senti? Sei stato bravo! - soggiunse il Generale, accostandosi al capezzale e accarezzando affettuosamente la testa del ragazzo. - È uno dei picciotti... Anche voi siete delle Squadre? - domandò a compare Ignazio, che si era messo sull'attenti e respirava appena. - Eccellenza, sì!... Questi è mio paesano. - Vi ho portato una lettera a Palermo - disse Cuddu rincuorato. Garibaldi stette un istante pensoso, quasi cercasse di ricordarsi. - Mi mandava mastro Sidoro - riprese Cuddu. - Lo mandò il Comitato. Alla dilucidazione di compare Ignazio il Generale accennò lievemente col capo e sorrise. - Come ti chiami? - Cuddu. - Domenico Costa - corresse compare Ignazio. - Di che paese? - Da Ràbbato, provincia di Catania. - Prendete nota - disse il Generale rivolto a uno del suo séguito. - Come avete detto? - domandò questi a compare Ignazio. - Domenico Costa, da Ràbbato, provincia di Catania. Ma, appena Garibaldi si fu allontanato, compare Ignazio, che non sapeva spiegarsi come Cuddu fosse stato ferito e non poteva affatto credere che si fosse battuto coi soldati borbonici, tornò a domandargli: - Com' è stato? Che hai fatto? - Niente - rispose Cuddu. Intervenne la signora: - Ora zitto! Ricòricati! Lo aiutò maternamente a rimettersi sotto la coperta, togliendo via parecchi guanciali, e: - Lasciatelo tranquillo - raccomandò a compare Ignazio. - Quella poveretta di tua madre!... Le faccio scrivere! Tornerò domani. E compare Ignazio uscì dall'ospedale, gesticolando come chi non arriva a spiegarsi quel che ha veduto e sentito. In verità Cuddu non avea fatto nulla da farsi scambiare per un eroe. E ora, dopo parecchi anni, ora che lo chiamano Mastro Cuddu, o meglio col nomignolo di Gambalesta, perché fa il manovale e anche l'espresso quando a qualcuno occorre di dover spedire una lettera d' importanza e avere sùbito la risposta, se gli domandano dei fatto di Milazzo, egli fa una mossa di compatimento. Non vuole ingannare la gente e farsi prendere per quel che non è stato, quantunque, per un anno, avesse indossato la camicia rossa, con la medaglia attaccata sul petto, e Garibaldi fosse rimasto un sacro ricordo per lui. Spesso, però, pensando alle sue scappate di ragazzo, rimpiange: - Se avessi dato retta alla mia povera mamma, ora non farei questo mestieraccio! Suol dire anche: - A questo mondo ci vuol fortuna! Mi hanno dato la medaglia, chi sa perché? Tanti altri, che forse se la meritavano davvero, non l' hanno avuta. Accade spesso così, pur troppo! Il nomignolo di Gambalesta, questo, sì, me lo merito e ci tengo. Guadagno più pane con le gambe che con le braccia! Si vede che il Signore mi ha fatto a posta per correre qua e là, e per portar sassi e calcina. Sia fatta la volontà di Dio! O forse Domineddio mi ha castigato perché ho disobbidito alla mamma!

Pagina 142

Il Plutarco femminile

217447
Pietro Fanfano 2 occorrenze
  • 1893
  • Paolo Carrara Editore
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
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ABBRACCIARE il partito di... Frase poco elegante, pagina 69. ABUSO. Da non iscambiarsi con l' uso, pag 28, 49. ACCATTARE. Turpe mestiere da oziosi, pag. 189. ACCENTO MOBILE. Vedi DITTONGO MOBILE. pag. 18. AMALASUNTA, regina d'Italia prima martire della civiltà italiana, pag. 13. A MENO CHE. Congiunzione presa per barbara, pag. 45. AMOR filiale. Mirabile esempio di esso, pag. 272. ANNIBALE. Suo complimento a Scipione, pag. 100 ANTIPATIA. Suo vero significato, pag. 18. APOSTASIA. Brutta cosa difficilmente onesta, pag. 109. APOSTATA. È disprezzato da tutti, pag. 109. ARCADIA. Che cosa è l'Accademia d'Arcadia; e che cosa sono i Pastori e le Pastorelle d'Arcadia, p. 213, 214. ARTE DI SCRIVERE. Precetti intorno ad essa, p.27, 28. ARTICOLO. Viziosamente ripetuto nei modi simili a questo: l' uomo il più illustre, pag. 226. ASPETTARE. Il farsi aspettare non è ufficio di buona creanza, pag. 70. ATTUALMENTE per Al presente; è modo falso, pagina 163. AVERSIONE e AVVERSIONE. Divario fra queste voci, pag. 18. AZZARDO, AZZARDARE. Voci errate, pag. 17. BARBO e MAMMA, Voci dolcissime, adulterate dagli Italiani snaturati, 86,224. BASTIMENTO per nave, legno, Voce barbara, pag. 89. BELLEZZA. Da pregiarsi meno che la virtù; è spesso dannosa, pag. 40. BENPORTANTE, per Robusto. Ripreso, pag. 226. BRILLANTE, per Splendido, Ricco. ecc., è errore, pagina 226. BUGIA. È vizio vergognoso, pag. 92. Grazioso scritto contro di essa, pag. 250. CACOFONIA o Mal suono: bisogna fuggirla, pag. 22. CANTANTI. Quando sono eccellenti son degni di ogni fama, pag. 277 e seg. CARICA per Ufficio, è brutta voce, pag. 46. CARITÀ. Qual è la vera carità verso i poveri p. 188, 189. Male spesa verso coloro che vanno accattando pag. 189. CERIMONIA. L'esser troppo cerimonioso è vizio p.100, 101. CESARE. Perchè gl' Imperatori si chiamano Cesari, pag. 176, 177. COMMEDIANTI O CANTANTI. Se si possono celebrare, e proporre ad esempio, pag. 116, 275, 276. COMMERCIO di lettere. Frase poco elegante, pag. 70. COMPLIMENTI. Vedi CERIMONIA. Complimento grazioso di Annibale a Scipione; e di un gabellotto a un guerriero, pag. 100, 101. CONGIUNZIONI. Il loro uso è di grande ajuto al buono stile, pag. 108. CONSACRARSI allo studio. Modo poco elegante, pag. 70. CONTROLLARE e CONTROLLO. Voci false, pag. 112, 113. CORNELIA, madre de'Gracchi come rintuzza l'alterigia di una donna vana, pag. 80. COSA per Che cosa. Ripresa, pag. 31, 32, 33. COSTRUTTO singolare spiegato, pag. 182, 183. CZAR. Che cosa vuoi dire, pag. 176. DANTE. L' Inferno tradotto in latino dal prof. Catelacci, pag. 170. Se lo studio della Divina Commedia sia facile alle fanciulle, pagine 171, 180. DARE e STARE. Natura di questi due verbi, e modo di conjugarli,pag. 161, 162. DASSI E STASSI per Dessi e Stessi, sono errori, e perchè pag. 161, 162. DECORO. Da osservarsi nello scrivere, pag. 49. Come vi si manca, pag. 225. DEDICA per Dedicatoria è inelegante, pag. 115. DIPLOMATICO. Pranzo diplomatico. Se, e quando sia da dirsi, 45. DISCORSO. Che cosa è veramente, pag. 45. DISTINTO per nobile, singolare. Ripreso, p. 108, 163, DITTONGO MOBILE. Regola per sapere dove o quando cade, pag. 230. DONNA. Suo mandato nell'umano consorzio, p. 9. Non le disconviene l' attendere ad opere virili e guerresche, pag. 21. Non istà bene però il mostrare di esser troppo spiritosa, pag. 22. Se le donne debbano emanciparsi; e quale è il loro ufficio nella civile conversazione, pagina 37. Se è lodevole a una donna pigliar parte a tumulti, pag. 58. Se dee seguitar la moda, e come, pag. 65, 66. Quali donne eran tenute in pregio dai Romani, pag. 80, 81, e da Dante. Donne letterate, e loro vanità, pag. 147. Sono lo scherno di tutti, pagina 147. Se lor convenga lo studiare anatomia, pagina 169. Perchè vi sono state molte donne pittrici? pag. 180,181. Quanti ostacoli ha la donna per divenire famosa al pari dei più sommi, pag. 205. Se è vero che generalmente le donne sieno astiose, pagina 214, 215. Perchè non ci sono donne che abbiano scritto!storie famose? pagina 220, 221. EDUCAZIONE femminile. Quale è ottima, pag. 8. De figliuoli in generale. Precetti nobilissimi di Bernardo Tasso, pag. 121, 122. ELLA E LEI perchè si dice anche parlando ad un uomo pag. 166. ENIMMI. Vedi INDOVINELLI. EPOCA per Tempo è falso, pag. 163. EZZELINO. Burla fatta da esso agli accattoni del suo Stato, pag. 190, 191. FAMA. Molti acquistano fama anche senza merito vero; e perchè, pag. 203, 201. Ma dura poco, ivi. FANATIZZARE, FARE FANATISMO. Modi ripresi, pag. 225 e 226. FATTI. Molti fatti gravissimi si giudicano male senza conoscerne le vere cagioni, pag. 103. FELCETTI. Villa presso Pistoja pag. 128 e 129. FLOTTA per Armata. Non bella voce, pag. 23. FONTAINE (La). Sua strana natura, pag. 150. Sua semplicità raccontata, 151. FRANCIA. È la regina della moda, e bisogna rassegnarsi a pigliar da essa anche lo voci di varie foggie variabilissime, pagina 266 e 267. FUSSE per FOSSE. Idiotismo, pag. 89. GERUNDJ sono efficace ajuto allo stile, saputi usare, pag. 108. GIUOCHI d' ingegno descritti Domanda e risposta. Uccellin volò volò, pag. 130 e 131. GLI per A lei, è solecismo, pag. 23, 108, 167. GLIELA, GLIELO, GLIELE si dicono tanto nel mascolino quanto nel femminino pagina 46. IMPROVVISATORI e IMPROVVISATRICI. Se meritano lode o biasimo pag. 238, 242. INDOVINELLI, ENIMMI ecc. Se sieno esercizio utile o no per i giovani? pag. 245 e seg. Esempj di Enimmi o di Indovinelli, pag. 246 e 249. INTRAPRESA. Voce falsa, pagina 94. KAISER. Che cosa vuol dire? pag. 176. LA DI LEI, IL DI LEI. Modi leziosi, pag. 85. LEGGEREZZA. pag. 50 LINGUA. Come dee chiamarsi, Italiana, Toscana o Fiorentina? pag. 85. Non si altera per l'uso di poche voci nuove; ma per altre cagioni, pag. 113. Mescolare, scrivendo, voci e modi antiquati con modi e voci nuove è difetto: ed esempj di ciò, pag. 163. Lo scrivere sconciamente dei più degli scienziati italiani, è gran vituperili della nazione, pag. 198, 199. LINGUAGGIO musicale. La Francia, la Germania e l'Inghilterra lo hanno preso da noi, pag. 113. LO. Lo si dice, lo si fa ecc. Modi strani, pag. 22. LO per Tale. Ripreso, pagina 31 e 45. LUI E LEI per Egli e Ella. Quando si pu� usare, pagina 31. LUISA O LUIGIA. Come è meglio detto? pag. 173 MAESTRO. Quale sia da pregiarsi, pag. 7. MARITO. Come dee condursi la buona moglie col cattivo marito, pag. 53, MEDICO. Arguta risposta di uno di essi, pag. 169. METTERE AD ESECUZIONE. Non troppo elegante, pagina 23. MODA. Con quali regole dee seguitarsi dalle donne, pagina 65 e seg. Considerata come industria è fonte di ricchezza ad una nazione, pag. 266. Il linguaggio della moda è così variabile, che non si può pretendere di ridurlo a pura italianit�, pag. 266. MODESTIA. Il suo eccesso non è lodevole, pag. 100. MODI troppo famigliari o plebei, disdicevoli in grave scrittura; e come si hanno a usare, pag. 48 e seg. MOGLIE. Come dee portarsi col marito cattivo, pag. 53. MUSICA. Nobiltà ed eccellenza di tale arte, pag. 276. NOBILI. I nobili ed i ricchi son tenuti più che gli altri a usare gli uffici di civiltà, pag. 70. NOBILTÀ. Se sia da menarne vanto; e quale sia nobiltà vera, pag. 79 NOME. La conformità di nome con persona famosa può invogliare a cercar fama, pag. 87. NOMI di ufficio si usano mascolini anche parlandosi di donne, pag. 46. NOMI proprj della donna, famigliarmente, si usano con l'articolo. Ma parlando di donne celebri, si può lasciare, pag. 70,71. NOVELLA del Damerino ghiotto, pag. 134, 135. NOVELLA dell'avaro Mignatta, pag. 156, 157. NUORA. Falsità del proverbio Suocera e nuova, ecc. e come la nuora dee portarsi con la suocera, pag. 75, 76. ONDE per Affine di. Ripreso, pag. 86. ONORE. Ho l' Onore di essere, ecc. Modo falso, pagina 86. PAPPÀ e MAMMÀ Vociaccie riprese, pag. 86. PAROLE. Debbono essere adattate ai tempi de' quali si parla, pag. 23. Parole e modi pedanteschi ripresi, pag. 21. Sono da adoperare quelle dell' uso, pag. 22. PEDANTERIA. Che cosa è pag. 19. Peccato più comportabile della licenza, e del neologismo, pag. 23. PERITANZA. Buona cosa, ma l' eccesso è vizioso, pag. 42. PIANO per Proposta, Disegno. Voce falsa, pag. 112. PLAGIO. È cosa, vile farsi bello delle opere altrui, pag. 92. POETA. I veri poeti sono rarissimi; e sono incomportabili i mediocri, pag. 203. Come alcuni di essi acquistano fama, pag. 210. POETA CESAREO. Che cosa vuol dire, e perchè detto così, pag. 175, 176. POETESSE. Se è vero che sieno insopportabili a trattarle; e che abbiano modi svenevoli, pag. 202, 203. Loro difesa, pag. 203. Quelle che sono veramente svenevoli sono derise da'savj, p. 205. POPOLARITÀ nello scrivere. Come si acquista, pag. 32. POPOLO. L'uso del popolo non fa autorità per i solecismi, pag. 233. PRADON, poeta francese; sua stana avventura, pag. 146 e 151. PROGETTO per Proposta, Disegno. Ripreso, pag.96, 112. PROVERBI, Origine del motto: Va come dicea la Cia, 163. QUI e QUIVI. Uso vero di tali particelle, pag. 71. RACINE, Sua pronta risposta a Luigi XIV, pag. 150. RAPPORTO. Avere rapporti con alcune. Modo falso, 45. RICCHI. Vedi Nobili. RIMARCABILE per Notevole, è brutta voce, pag. 226. ROMANZI. La lettura de romanzi è pericolosa alle fanciulle, e perchè, pag. 208. Ritratto di una lettrice di romanzi, pag. 209. Quali romanzi si possono leggere? pag. 210. ROSSI. Nobile famiglia pistojese, pag. 118. Sua villa di Felceti, pag. 128. Cavalier Girolamo de' Rossi, p. 129. SCRITTORE. Chi ama far bene, non è mai contento del proprio lavoro, pag. 19. SCRITTORI ANTICHI. Bisogna studiargli, ma non copiargli, pag. 27, 28. SECOLO. Modo di nominargli secondo il loro numero ordinativo, pag. 11. SGOBBARE. Che significa, ed a chi sta bene? pag. 225. SI FECE, SI DISSE, ecc., per Facemmo e Dicemmo. È ben usato? pag. 31, 33. SOLECISMI. Per essi il popolo non fa autorità pag. 33. SORPRENDENTE per Mirabile. Ripreso, pag. 226. SPOSA. Avvertimenti a una sposa novella, pag. 74,75. STILE. Difetti dello stile, pagine 88, 89. Lo stile è l'uomo; e poco può far di buono chi non è favorito dalla natura, pag. 89. Lo stile spezzato è difettoso; e accorgimenti da fuggirlo, pag. 108, 109. STORICO. Gli storici è difficile che sieno spassionati, pag. 102. STUDIO. Senza studio non si può far cosa buona, p.93. SUOCERA. Vedi NUORA. SVILUPPARSI per Fiorire, Pigliar vigore, ecc. Voce ripresa, pag. 108. TALENTO per Ingegno. Voce falsa, pag. 105. TASSO (Bernardo). Precetti di educazione, pag. 121, 136 TOELETTE, è barbarismo, pagina 23. Voce francese abusata in Italia; e quanto sia stolto l' uso che i Francesi stessi ne fanno in diversi significati: e se la lingua italiana abbia voci belle e buone in suo scambio, pag. 256 e seguenti. USO, Fa legge in opera di lingua; ma non si scambi con l' abuso, pag. 28, 49. VANITÀ femminile. Biasimata, pag. 41. Vanità di andar attorno per istampa, in cerca di lodi, pag. 147. VEDOVA, Lo stato delle vedove è pieno di pericoli e di difficoltà. Come debbono governarsi, pag. 138, 189. VERECONDIA. Buona cosa; ma l'eccesso è vizioso, pag. 41. VIRTÚ. Da valutarsi molto più che la bellezza, pag. 37. Qual è la più difficile virtù nella donna? pag. 133. VOCI e MODI ERRATI. Come governarsi per accettarli o fuggirli, pag. 96, 97. VOCI NUOVE. Non bisogna esser troppo scrupolosi ad accettarle quando significano cose nuove, pag. 112.

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Quel commercio di lettere della Vittoria col suo marito, non dico che sia errore; ma a me è parsa sempre frase sgarbata, e metafora mal acconcia, nè saprei partirmi dalla bella e schietta voce corrispondenza: e frase parimenti sgarbata e metafora anche peggio acconcia, mi pare il consacrarsi allo studio, ed abbracciare il partito d'uno per darsi tutto allo studio, attendervi assiduamente; e seguitare le sue parti o simile. I nomi proprj delle donne si sogliono usare sempre con l'articolo, la Giulia, la Caterina; e quel sentirle dire che Vittoria gliene scrisse, mi ha dato un po' nell'orecchio. Lei però la scuso, perchè questa leziosaggine è usata spesso da coloro che pretendono di parlare in punta di forchetta; e non sanno. Lo tenga a mente: benchè, parlandosi di donne celebri, pare che si possa comportare. Errore assoluto poi è l'usare qui per quivi, come ha fatto lei, dove scrive che la Vittoria and� a Roma e qui morì. Il qui rappresenta sempre il luogo dove è chi parla; e quando si vuole accennare luogo lontano da chi parla, si dice quivi. C' è chi porta esempi di buoni scrittori, che hanno usato l'una di queste due particelle per l'altra; ma, se gli esempj sono antichi, sono alterati da' copiatori o dagli editori; se sono moderni, non hanno autorità Finito che ebbe il maestro, si fecero altre discussioni in cose di lingua, finchè venne il tempo di andarsene.

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Al tempo dei tempi

219310
Emma Perodi 1 occorrenze
  • 1988
  • Salani
  • Firenze
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Terminata la guerra, che era durata tre anni, con lo sterminio del nemico, il Reuccio coperto di gloria se ne tornò alla Corte del Re suo padre, tutto bramoso di rivedere la sposa e di abbracciare il figlio che ancora non conosceva. Il popolo gli mosse incontro acclamandolo, la Regina e il Re gli andarono incontro fino alle porte della città. Appena li scorse, non vedendo nè Mariuccia nè il figlio accanto a loro, si turbò tutto e corse a chiedere dove fossero. Il Re e la Regina si guardarono maravigliati. - Ma non scrivesti tu che dovevano essere scacciati? - domandò il Re. - Io?! Ma io scrissi che li teneste di conto più che la pupilla degli occhi vostri. - Ma la lettera l'abbiamo serbata, - disse la Regina. Basta. Tutta la gioia del Reuccio svanì. Vide la lettera e sentenziò: - Questa non l'ho scritta io. Qui c'è inganno, ma chi è stato il traditore? Ah, se l'avessi qui! - Il povero Reuccio non faceva che disperarsi e far cercare la moglie e il figlio. Egli se ne stava sempre rinchiuso nella sua camera e non parlava se non coi messi che tornavano dall'aver cercato la Reginuzza e il bambino. Così passarono molti anni senza che il suo dolore si calmasse, e spesso la madre gli diceva: - Vedi, ormai non c'è più speranza di ritrovarli; dovresti pensare a prendere un'altra moglie per assicurare la successione al trono. - Ma egli rispondeva: - Non sposerò mai altra donna; se Mariuccia e il figlio mio sono morti, io vivrò di dolore, ma nessuna Principessa prenderà il posto della mia sposa. - Un giorno alcuni signori della Corte stabilirono d'andare a caccia in un bosco lontano lontano, e tanto dissero e tanto fecero che indussero il Reuccio ad unirsi a loro. Partono a cavallo, battono il cinghiale, ma sul più bello si scatena una tempesta. I fulmini abbattevano gli alberi, il vento schiantava i rami, la pioggia e la grandine venivano giù come Dio le mandava. I cacciatori spronarono i cavalli per uscire dal bosco e schivare il pericolo d'esser fulminati. Appena all'aperto scorsero un bellissimo palazzo, bussarono e furono accolti gentilmente da tante cameriere, che li fecero entrare in una gran sala, dove in un vasto camino ardeva il fuoco. Da quella sala passò Mariuccia col figlio per andare nelle sue stanze, e tutti i cacciatori s'alzarono, credendola la padrona del palazzo, e l'ossequiarono. Ella, non appena ebbe fissato il Reuccio, lo riconobbe e impallidì, ma non disse nulla sul momento e si ritirò insieme col figlio. Però di lì a poco disse al giovinetto: - Hai veduto quel cacciatore più alto di tutti e col portamento così nobile, benchè pallido e come affranto dal dolore? Ebbene, quel cacciatore è il Reuccio tuo padre. Va' da lui e baciagli la mano. - Il fanciullo tornò nella sala, s'accostò al cacciatore che la madre gli aveva indicato, mise un ginocchio in terra e baciandogli la mano, gli disse: - Padre mio, beneditemi! - Figuriamoci quel che provasse il Reuccio in quel momento! Rialzò il fanciullo, se lo strinse al petto e pianse di gioia su quel capo che aveva tanto bramato di baciare. Poi si fece condurre dalla madre, e qui nuovi abbracciamenti e nuove lacrime. Mariuccia gli raccontò tutto quello che aveva sofferto e quanto l'aveva aiutata il cavalluccio e la promessa che gli aveva fatta di dargli una mangiatoia d'oro. Naturalmente il Reuccio insieme con la moglie, il figlio e il seguito andarono subito alla Corte. Il cavallino fu montato dal fanciullo e in città si fecero grandi feste a tutti, e anche al cavallino, che ebbe la sua mangiatoia d'oro e una stalla tutta di marmo e visse tanti anni, grasso bracato, e vide il Reuccio divenir Re, la Reginuzza divenir Regina e poi regnare anche il figlio di Mariuccia. Finalmente un giorno anche il cavallino sauro morì, e il Re gli fece erigere una statua.

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