Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbracciare

Numero di risultati: 27 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Come devo comportarmi?

172915
Anna Vertua Gentile 1 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Pagina 395

Enrichetto. Ossia il galateo del fanciullo

179170
Costantino Rodella 1 occorrenze
  • 1871
  • G.B. PARAVIA E COMP.
  • Roma, Firenze, Torino, Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Enrichetto avendo compiuti gli studi liceali, e trovandosi perciò sulla soglia dell'Università, doveva chiarirsi intorno alla carriera che intendeva abbracciare. La scelta dello stato, diceva il padre, è la faccenda più importante della vita, come quella da cui dipende il carattere e tutto l'avvenire dell' uomo, e pur troppo s'ha a confessare che in ciò si procede colla massima leggerezza. Senza punto badare alla condizione, all'indole, alle spinte dell'animo, alle facoltà fisiche, morali e, intellettuali, altri si lascia far forza dai genitori o dagli amici, altri cercando solo il tornaconto s'appiglia a quello che gli promette maggior lucro; altri borioso si lascia adescare dalla vanità di un nome, e così accade non di rado che uno si trovi in tale tenor di vita, al quale riesce del tutto disadatto, e quindi continui ripetii, malcontenti, contrasti; quindi quel cambiar di professione e di mestiere, senza mai trovarne uno che gli vada, pari a quegli infelici di Dante, condannati a volgersi continuamente senza posa mai. La maggior parte poi di costoro finisce per far niente. Ripeteva il signor Carlo che tutti debbono avere una occupazione, dal ricco sfondolato all'ultimo operaio, secondo la condizion loro e facoltà; rammentava la professione del Cardinal Federico Borromeo nel Manzoni, che la vita non già destinata ad essere un peso per molti, e una festa per alcuni; ma per tutti un impiego, del quale ognuno renderà conto. Quindi ben a riprendere devono essere coloro che dicono: «tant' e tanto sono ricco, e non ho bisogno di lavorare; non ho mestieri di prendere una carriera per vivere; oppure io prendo cosi una professione per aver un titolo; ma non voglio punto esercitarla». E chi sei tu, esclamava egli, essere privilegiato che vai esente dal lavoro? Dunque a te inutili strumenti sono e le braccia e le mani e l'intelletto che ti diè la Provvidenza? La società umana è una grande macchina che per volgersi si richiedono le mani di tutti i viventi, e tu vorrai negare le tue, vorrai essere un attrito, un inutile ingombro al girarsi di quella? Il re sul trono, i magistrati ne' tribunali, l'operaio nelle manifattorie, il contadino ne' campi, concorrono tutti nella grand'opera della civiltà. Ogni uomo venne su questa terra per portare il suo sassolino al grande edifizio sociale; chi viene solo per comparsa, è come l'albero che solamente dà foglie il quale aduggia e reca danno a'fruttiferi; o meglio sono piante crittogame che incagliano la maturanza de'frutti. Ogni professione è buona ed onorata, purchè onesta e onestamente si eserciti; l'avvocato, il medico, il legnaiuolo, il ciabattino sono egualmente degni di rispetto, quando nell'esercizio dell'arte loro si mostrino capaci e virtuosi. Laddove per alta che sia la tua carica, tu riuscirai biasimevole e brutale, ove ti mostri inetto, o la deturpi colle tue nequizie. A questo proposito nel giornale di Enrichetto si leggevano le seguenti considerazioni, tratte da Silvio Pellico. « Entra in quella carriera, a cui sei chiamato e » t'innoltra, ma portandovi le virtù che richiede. Mediante » tal virtù ogni stato è eccellente per chi v'inclina. » Il sacerdozio che spaventa chi l' ha abbracciato » per leggerezza e con cuore avido di divertimenti, » è delizia e decoro ad uomo pio e ritirato.... » La toga che molti portano quasi enorme peso, per » le pazienti cure che esige, è grata all'uomo in cui » prevale lo zelo di difendere col senno i diritti del » suo simile. Il nobile mestiere delle armi ha un incanto » infinito per chi arde di coraggio, e sente » non esservi più glorioso atto che l'esporre i suoi » giorni per la patria. Mirabil cosa! tutti gli stati, » dal più sublime, sino a quello d'umile artigiano, » hanno la loro dolcezza ed una vera dignità! Basta » voler nutrire quelle virtù che in ciascuno stato son » dovute. Solo perchè pochi le nutrono s'odono tanto » maledire la condizione che hanno abbracciata. Ogni » via della vita ha le sue spine, dacchè ponesti il » piede in una, prosegui, retrocedere a fiacchezza. Il » persistere è sempre bene, fuorchè nella colpa. E solo » chi sa persistere nella sua impresa può sperare di » divenire alcun che di segnalato ». Enrichetto per altro non ebbe molto a riflettere sulla scelta dello stato. Egli fin da ragazzino era preso d'ammirazione per il medico di sua casa, da cui aveva appreso tante buone massime, e tante profittevoli abitudini, e più cresceva negli anni e più apprezzava la bontà, l'onestà, la scienza, l'operosità, la tenacità nel bene di lui; onde la medicina, che vedeva in figura nella persona di quello, gli pareva la più bella professione che potesse abbracciare. Senza che l'arte salutare, l'andar per le case ad asciugar lagrime, a sollevare dolori, meglio rispondeva a quel bisogno istintivo dell'animo suo di far del bene a ogni persona.

Pagina 72

Il Galateo

181443
Brunella Gasperini 1 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

. - Non abbracciate il guidatore e non lasciatevi abbracciare: si sa che l'amore è cieco, ma appunto per questo in automobile non va bene. - Non chiedete l'auto in prestito: sono pochissimi gli spiriti liberi che possono prestarvi l'automobile senza inenarrabili angosce. È più facile trovare chi presta la moglie.

Pagina 168

L'angelo in famiglia

182261
Albini Crosta Maddalena 10 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

No, io lo conosco, io lo indovino il tuo cuore: tu, quantunque forse dama nobile e ricca, non isdegnerai abbracciare teneramente la tua antica maestra, baciare la mano del tuo professore, e ripetere ad entrambi le proteste che oggi al tuo uscir di collegio fai con tanto cuore; proteste di riconoscenza, di amore. Prima di lasciare il collegio, pensa alla cara Madonna, a quella santa verginella che passati nel tempio gli anni della sua fanciullezza, ne usciva con pieno l'animo di santi affetti, ricca la mente di utili e sante cognizioni. Oh! pregala ben di cuore quella cara Vergine, e com'essa e con essa saluta le tue compagne, rientra nella tua casa, e preparati a far del bene. Che cosa vuol dire far del bene? Vuol dire vivere. Che cosa vuol dir vivere? Vuol dir far del bene. Oh! sì, comincia adesso, e continua sempre a far del bene ed a farne tanto quanto puoi, più che puoi, e sarai felice quanto io ti auguro.

Pagina 10

Vi ha un altro amore di carità che dobbiamo, in Dio e per Iddio, a tutta intera la umanità, e questo amore ci fa abbracciare in un solo amplesso gli uomini di tutte le età, di tutti i paesi, di tutte le condizioni, di tutte le religioni, gli amici come i nemici, i lontani come i vicini, poichè tutti ci fa chiamare col nome di prossimo nostro; e dicendo prossimo ci dice che tutti debbono esserci cari, che per tutti dobbiamo pregare, che a tutti dobbiamo far del bene, dimenticando le ingiurie di chi ci ha indegnamente offeso. Ma non è ancora di questo amore che io intendo parlare, perchè questo pure preso così in generale non ha bisogno di essere infrenato, perchè con esso non facciamo che considerare Iddio nelle sue creature. Io intendo parlare di un altro sentimento buono e santo; ma che, se sregolato o sviato dal suo giusto indirizzo, può portare in noi gravissime conseguenze, e pur troppo bene spesso irreparabili. Vi ha chi sentenzia che il cuore umano è un sultano ed un despota al quale non si può comandare; altri lo dice un puledro indomito intollerante di freno. Io lascio al libero pensatore la libertà di pensare come gli talenta, ma per me dico ed affermo che il cuore umano se é un re, può e deve essere un re giusto e non un despota; se è un puledro, non è indomito se non quando gli si gettano le briglie sul collo. Oh! credilo, mia diletta, guai a coloro i quali non sanno infrenare il loro cuore! da indomito ch'egli era diventerà presto indomabile; da fonte di vita, si muterà in fiumana devastatrice che tutti s'ingojerà i frutti passati e perfino i frutti avvenire, ed in luogo di terreno fertile e fecondo non ti resterà che un letto di arena... Attenta, figliuola, non ti lasciar pigliare la mano dal tuo puledro; ma infrenalo, tieni tese le briglie, in modo che sia sempre in poter tuo regolarne le mosse. Lo so essere questa ardua impresa, ma se ogni giorno, in ogni pericolo dirai col cuore: Madonna, ajutatemi! e ne invocherai veramente la protezione, ciò che a tutta prima ti sarà sembrato ostacolo insuperabile, non sarà se non una lieve difficoltà che vincerai in brev'ora. Non finirò mai di ripeterlo, e tu fa di rammentartelo ognora:la briglia al cuore, tieni la briglia al cuore, se non vuoi essere da lui trascinata dove non vuoi, dove non devi; se per poco egli s'accorge che tu lo lasci ire a suo capriccio, ti si metterà a far tali salti, tali capriole, da non lo poter più richiamare al dovere. Ti rechi talora in una conversazione, ad un passeggio, e, mi ripugna a dirlo, perfino in chiesa; e nella conversazione, al passeggio e perfino in chiesa vi ha un cotale che pare abbia il torcicollo, e sia sempre sempre obbligato a guardare dalla parte dove tu sei. Ti trovi talora in una società o ritrovo, e quel cotale non trova bello se non ciò che è tuo o piace a te; non sa discorrere se non con te e di te; trova eloquente il tuo silenzio, affascinante il tuo parlare, e se suoni, o canti, o dipingi, non v'ha per lui chi suoni, canti, o dipinga come tu fai. Io sono ben aliena dal distoglierti dall' idea di un giusto e buon collocamento; ma ti assicuro questa non è la via per ottenerlo, e se ti vedessi attorno uno di codesti vagheggini non esiterei a dirti: metti la briglia al cuore, non è costui che ti vuol chiedere in isposa, non è costui che renderà invidiate le tue nozze e il tuo focolare. Eppure, pare incredibile, io so di qualche giovinetta che si strugge d'invidia, vedendo taluna delle sue amiche soggetto di una simile cortigianeria. Inconsiderata! e non capisci che questo è un agguato del maligno per rubare il cuore dell'inesperta? Sì, probabilmente tu sarai chiamata da Dio a ricevere il settimo Sacramento; ma se lo vuoi ricevere degnamente, devi prepararti ad esso con raccoglimento e con fede. Sì, probabilmente tu sarai chiamata a donare il tuo cuore ad un uomo...; ma se vuoi riceverne il suo in cambio, bisognerà che il tuo si conservi vergine, intatto, non offuscato da nessun alito, da nessuna macchia... Sì, probabilmente il Signore benedirá le tue nozze; ma se vuoi che copiosa scenda la benedizione sul tuo capo, fa che il tuo velo nuziale sia candido ed immacolato come il giglio che rappresenta la tua purezza, odoroso come il fiore d'arancio che s'intreccia nella tua chioma!... Ma forse, forse, neppure tu sei chiamata a porre in dito quell'anello che nel suo circolo senza sortita rappresenta la continuità del vincolo che con esso si suggella: forse tu sei destinata ad essere l'appoggio dei vecchi giorni dei tuoi genitori, ovvero il bastone e la guida dei minori fratelli e dei nipoti... Forse Gesù ti vuol fare sua sposa... Pretenderesti forse, col legare e vincolare il tuo cuore ad un uomo, di mutare il tuo avvenire? Oh! no, il buon Dio vuole per te quello che è pel tuo meglio; vuole per te quello che ogni giorno tu gli domandi dicendo: Sia fatta la vostra volontà; e se sprechi il tuo cuore, se lo sciupi in folli amori, quel povero tuo cuore tornerà a te sanguinante, indebolito, incapace di forti e santi affetti! Fanciulla, io ti amo, ti amo molto in Dio; ma non ti conosco, e, ti conoscessi ancora, sarei bene stolta se pretendessi, nuova Sibilla, vaticinarti la sorte che ti attende. Quello però che so infallibilmente si è che sarai chiamata a formare ed a reggere una famiglia. Colui senza del quale neppur uno può essere toccato dei tuoi capelli, se saprai infrenare gli affetti tuoi, ti presenterà l'uomo del quale assumerai il nome, i diritti, i doveri, vivessi, tu pure lontana dalla società, in un monastero o perfino ti trovassi relegata in una spelonca. Che se sarai chiamata a vivere celibe, l'essere circondata da mille adoratori, nè il brillare in società per le più belle e vistose doti, non ti gioverà punto a procurarti ciò che tanto ambisci e che per te sarebbe certo un male. In ogni modo, sia che ti mariti o no, non devi donare il tuo affetto ad un uomo prima ch'ei t'abbia chiesta in isposa, e prima che tutto sia combinato e sia prossimo i tempo di congiungerti a lui. E poi non basta; dà a quell'uomo il tuo affetto con misura e con ritegno, prima di essere a lui unita in modo indissolubile, perchè potrebbero nascere ostacoli tali da allontanarlo da te, e rendere vane le trattative precedenti. Che ne sarebbe di te se tutto gli avessi abbandonato il tuo cuore? Un fatto si può dir giornaliero, e che tu stessa potrai constatare se addentri un momento lo sguardo nelle famiglie che ti circondano, si è che sono più strette e più invidiabili quelle unioni le quali non sono state iniziate con pazzie amorose. E ciò è ben naturale, se consideriamo che appunto chi è facile una volta a donare il suo cuore, senza ritegno nè precauzione di sorta, non saprà poi infrenarlo allorchè sarà consacrato irrevocabilmente al compagno ricevuto da Dio. I divorzj, le guerre delle famiglie, quelle guerre intestine che ne rovinano gli animi e gl'interessi, quei blasoni caduti nel fango, le discordie d'ogni maniera, se risaliamo all'origine, non la troviamo forse sempre in un amore mal collocato, intempestivo o colpevole? Se tu mi dicessi che ti è fatica porre la briglia al cuore, io ti risponderei che neppur io la credo agevole cosa; ma la credo bensì possibile, possibilissima coil'ajuto di Dio, se conscia della tua fiacchezza ed impotenza ti rivolgerai a Lui per essere sorretta e guidata. Sì, tieni la briglia del tuo cuore in modo che sia sempre in tua mano il dirigerne e regolarne gli affetti, tel ripeto, e qualunque sia lo stato al quale ti chiamerà la Provvidenza, sarai sempre contenta e fortunata, se potrai dire; il mio cuore l'ho custodito gelosamente. Non ti fidare per pietà di te stessa, di chi ti guarda, ti ammira, ti adora! Pensa che Dio solo è degno delle nostre adorazioni: Lui adora, Lui ama, a Lui cerca dirigere sempre il tuo cuore; a Lui pensa prima di donarlo a chicchessia, fosse pure un angelo sceso dal cielo, fosse... A Dio, a Dio il tuo cuore! non lasciarne la briglia a nessuno se non a Colui che te lo ha donato così ricco di affetti, di buone inclinazioni. No, non te lo lasciar rapire: guardati dai ladri!

Pagina 162

Come regola generale io non esito a dichiarare che i genitori sono i primi, i naturali maestri dei figli, e che essi, meglio degli altri conoscendone lo spirito e la capacità, ponno anche dirigerli e guidarli nella carriera che debbono abbracciare, nello stato al quale vogliono consacrarsi. Ma se tu mi hai ben ascoltato, amica buona, io ti ho detto che i tuoi genitori ponno dirigere e guidare la tua vocazione, mai e poi mai importene una. Come suona, la parola vocazione significa voce che chiama, e questo è ben differente dal sentire desiderio, bramosìa, smania per uno o per altro stato. Molte ottime e brave signore amano, prediligono, se vuoi anche invidiano le Suore della Carità; ma tuttavia non hanno punto errato loro via nel diventare mogli e madri, poichè se dal frutto, come dice il Vangelo, si conosce l'albero, dalla invidiabile loro riuscita si può ben asserire che quello da esse abbracciato era lo stato cui le chiamava Iddio. La vocazione adunque non ti può venire altronde che dal Signore, non mai nè dai parenti, nè dagli amici, e neppure dalla tua volontà, la quale, è innegabile, è però spesse volte lo strumento di cui si serve l'Altissimo per farti sentire la sua, ma che molte fiate rimane estranea e fino divergente. Un tale, che divenne mio parente, in sua gioventù coltivò è vero gli studj e si laureò in parecchie facoltà; ma giovandosi di tutti i vantaggi che gli davano un bell'ingegno, un largo censo, l'avvenenza della persona e le numerose aderenze, si godeva una vita piuttosto libertina che libera. Parve infine volesse metter giudizio, e chiesta ed ottenuta la mano di nobile donzella s'avvicinava il dì delle nozze da entrambi sospirato. Sorge finalmente l'alba aspettata, la giovinetta bianco vestita sta coprendosi del candido velo nuziale; ma ancora lo sposo non arriva. Si corre in cerca di lui, non si trova; si cerca ancora e si sente ch'egli è fuggito sotto mentite vesti da quella città: il fratello della fidanzata lo insegue, ma non gli riesce di raggiungerlo. Alcuni anni dipoi Guglielmo... si presenta al padre e con tono umile, ma risoluto gli dice: « Fino dalla mia prima giovinezza mi sento chiamato al chiostro: ma io non volevo farmi frate, quindi ho tentato ogni mezzo, ho voluto godere il mondo, le sue lusinghe, e vedendo che ancor non bastava a far tacere quella voce potente, ho voluto stringere nozze per ogni rapporto desiderabili ed invidiabili. Al punto di recarmi all'altare a giurar fede ad una donna, più forte quella voce ha gridato dentro di me; quasi una mano di ferro mi ha trattenuto, mi ha distolto dall'appressarmivi. Ho lottato ancora alcuni anni; ho tentato far tacere i miei rimorsi immergendomi nuovamente nel piacere e nel libertinaggio; ora non posso, non voglio più resistere, voglio dedicarmi a Dio. » Non è a dire la meraviglia del padre e dei parenti; ma questa aumenta a mille doppj quando la già orgogliosa testa di Guglielmo riceve umilmente la tonsura; quando, Barnabita, è un miracolo di pietà e di zelo quando fonda scuole, collegi e ad essi dedica non solo i suoi averi, ma più ancora la sua vita; quando, quasi l'Italia non bastasse al suo zelo, fu chiamato a Parigi a fondar scuole; quando finalmente su quel capo venerando posa l'onorevole carica, ch'egli degnissimamente disimpegna, di Generale della Compagnia, fino a quel giorno in cui da tutti venerato e compianto, fino dall'augusto Pontefice Pio IX, il suo spirito ritorna nel grembo di Dio. Mi pare che da questo fatto potrai rilevare tu stessa cosa sia la voce di Dio, la vocazione. È una voce indipendente da noi, indipendente dagli altri, indipendente dalle circostanze; è una voce che da noi ascoltata e secondata come, benchè troppo tardi, fece colui del quale ti ho fatto il racconto, porta frutti di vita; è una voce che da noi attutita, ributtata, ci trascina da un male in un altro peggiore, come lo prova la sua gioventù, e come assai meglio lo provano i grandi apostati della religione. Lutero, Calvino, Zuinglio, e tutta la loro obbrobriosa schiera, è gente che chiamata forse al secoio, ha voluto per seconde mire indossare il sajo e la cocolla; è gente che, sbagliato un passo nel sentiero della vita, è tosto precipitata nel burrone, nel precipizio che la doveva condurre a rovina. Se adunque i tuoi genitori, non contenti di suggerirti lo stato che credono a te più conveniente, osassero importelo, tu, forte della forza stessa di Dio, puoi liberarti da un laccio che ti affoga, ti strozza, poichè qui stanno i confini dell'obbedienza ad essi dovuta. Se essi pretendessero che tu li superassi questi confini, la loro sarebbe una pretesa, non un diritto; e tu potresti liberamente seguire quella voce che ti viene dal Cielo, e che ti si farà sentire chiaramente, nettamente, e dentro di te colle inspirazioni, e fuori di te coi consigli delle persone buone, e soprattutto colla parola illuminata di chi dirige la tua coscienza in nome dell'Altissimo. Tu sei dispensata non solo dall'andar monaca, o dall'andare a nozze se ciò ti ripugna; ma neppure sei obbligata a quel tal chiostro o a quelle tali nozze che ti si vogliono imporre, poichè il Signore, vero amante della libertà, ti lascia quella di scegliere liberamente. Ti ripeto, niuno più dei tuoi genitori ti ama e desidera veramente il tuo bene, quindi sarebbe un delitto imperdonabile il tuo, se non dipendessi dal loro consiglio e dalla loro esperienza. Qualora poi tu veda chiaramente che essi si oppongono alla tua libertà, tu non sei pù obbligata di obbedirli in proposito; ma quando il loro avviso non diverga di molto da quello che senti dover seguire, tu devi cercare di obbedirli, poichè può essere solo un'eccezione quella che ti dispensa da questo dovere. Se il Signore ti chiama al drappello dei vergini, non chiudere gli occhi alla luce; ma volonterosa e gaudente stringi in mano il giglio della purezza, e com'esso diverrà candido ed olezzante l'esser tuo che molto assumerà dell'angelico. No, non calpestare quel giglio; calpesto, ei diverrà marciume fetente e tu com'esso! Oh! se il Signore ti chiama al drappello dei vergini, a quel drappello di cui Egli è capo, non esser tarda a rispondere all'invito; ma corri, ma vola e benedici al Signore d'averti dato la parte migliore. Se il Signore ti chiama al drappello dei vergini, gli è ch'Egli solo vuol essere tuo sposo, egli ti vuol libera da ogni legame terreno: allora, corri, vola, va in braccio a Lui che ti chiama!... Se in quella vece il buon Dio, amante e padrone dei cuori, ha fatto sentire al tuo una voce che t'invita a porre in sul dito l'anello di sposa, attendi pazientemente, ed accetta allegramente quello sposo che da Lui ti verrà presentato, e che per una certa parità di principj, di educazione, di condizione e di età, a te meglio si addice. Tu devi guardarti bene dal seguire in questa scelta il capriccio o la passione; ma qui più che mai t'è d'uopo porre le briglie al tuo cuore per imperarlo, mentre il più delle volte i matrimonj combinati dietro l'impulso della passione sono fatti all'impazzata, senza tener calcolo delle parità e convenienze accennate più sopra, e sono quindi seguiti miseramente da discordie, da divisioni e perfino da gravi delitti. Segui nella scelta dello sposo il parere saggio ed illuminato dei tuoi, quando non ti senta aperta ripugnanza, nel qual caso potrai stare aspettando una circostanza migliore, guardandoti possibilmente dallo stringere un nodo al quale non vada unita la benedizione dei genitori. La benedizione dei genitori è sorgente di tutte le altre benedizioni, ed io tutte le invoco sul tuo capo; sul tuo capo che forte abbastanza per levarsi e seguire prontamente la voce del Signore, saprà altresì umiliarsi per ricevere i lumi di chi glieli comunica per parte di Dio. Riepilogando dirò, che tu sei obbligata sempre ad obbedire il padre e la madre tua; sempre quando il loro comando non sia in contraddizione colla giustizia, od in opposizione al voler del Signore, il quale è unico assoluto padrone delle sue creature non solo, ma delle vocazioni. Sempre tu adunque sei tenuta ad obbedire il padre e la madre tua, e ricordati che sei dispensata, anzi obbligata a non obbedirli, quando per obbedire ad essi tu debba disobbedire a Dio; orbene questa non è nè può essere se non un'eccezione, e questo non te lo dimenticar mai. Se anche tu sarai forzata a trovarti in un'eccezione, quando ti mostrerai e sarai veramente soggetta, devota, affettuosa coi tuoi genitori in tutto quanto è giusto, potrai e saprai dir loro umilmente ma francamente: Dio mi é padre prima di voi, io debbo obbedire Lui solo, e quantunque ti possano essere riserbate delle lotte, e delle lotte acerbe, il tuo cuore, benchè addolorato, conserverà una calma inalterabile, e, non tarderà molto, l'iride della pace ritornerà sull'orizzonte della tua esistenza; cesseranno gli odj, si riuniranno i cuori, poichè Iddio non rifiuta mai la sua benedizione ad un'opera stata iniziata, coltivata o posta a termine sotto i suoi auspicj. Quanto a te, io come amica tenerissima ti amo, e ti desidero che tutta scorra serena la tua esistenza, che mai tu sii forzata a dire ai tuoi genitori: questi sono i confini dell' obbedienza che vi debbo. Oh! risparmiate, buon Dio, alle care giovinette che leggono questo libro un tale strazio, una simile pena; Voi suggerite alla mente, al cuore dei loro genitori quello che a loro si addice, affinchè invece di contrariarne la vocazione, la secondino, l'appaghino, e genitori e figliuole si meritino un giorno di sedere con Voi in Paradiso, dove non più lotte nè dolori, non più responsabilità nè restrizioni, ma gioja, pura, ardente, eterna, sarà il pascolo di quell'anime beate. Padre nostro che siete ne' cieli, sia santificato il nome vostro, sia fatta la vostra volontà come in cielo così in terra! 23

Pagina 343

E credilo fermamente, mia cara; ogni cosa buona che si apprende, torna utile un momento o l'altro; e noi non dobbiamo abbandonarci a quella dottrina poltrona e rovinosa che ci fa attaccare unicamente, e vorrei dire, avaramente, a quanto ci riguarda strettamente oggi; ma pensare e vedere con una testa ed un occhio meno limitato e circoscritto, e quindi abbracciare tutto quello cui possono arrivare le nostre forze e la nostra capacità. Poniamo tu sii la sorella maggiore o mezzana, e che, per circostanze speciali, graviti sulle tue spalle intero o quasi intero il peso della direzione della famiglia, e specialmente dei fratelli e delle sorelle. In tal caso la tua virtù d'annegazione dovrebbe arrivare alla generosità per metterti all'altezza del tuo ministero, e senza rinunciare alla giovialità ed alla semplicità che debbono essere l'abito costante della tua giovinezza, tu dovresti circondare il tuo petto d'una corazza invulnerabile di fortezza d'animo per renderti capace a superare ed a vincere le battaglie della tua condizione. Molto probabilmente qualche sorella e più ancora qualche fratello sfaccendato che vorrà farla da saccente, troveranno grave l'obbligo di stare a te soggetti; ma ove tu adorni il giogo di tenero amore, di un amore che ti renda facile all'ajuto, di un amore insomma che renda quel giogo leggiero e soave; il fratello e la sorella non cercheranno più di scuoterlo, ma saranno contenti di portarlo teco. Per venire però alla spiegazione pratica della cosa, sarà meglio discendere ai particolari, perchè se è bene formare in noi stessi un criterio complessivo che c'indichi i nostri doveri e ci mostri la loro importanza, questo criterio riesce spesso inutile e vago se dall'astratto non scendiamo al concreto di quella vita d'ogni giorno, di quella vita combattuta da quei cento e mille obblighi e contrasti che tentano deviarci dalla retta via, turbando la nostra pace e confondendo le nostre idee. Se a te spetta la direzione della famiglia, io vorrei vederti donnina fin d'ora; non già ch'io pretenda e neppure che io permetta tu ti spogli come t'ho detto poc'anzi della tua giovialità e dello slancio dei tuoi vent'anni; ma io desidero che a questi vantaggi tu aggiunga gli altri di una certa sodezza di principj e di condotta che ti facciano non tanto parere, quanto ti facciano veramente diventare una donnina, una cara donnina. Mi pare quasi di vederti come in uno specchio, lesta il mattino levarti di letto prima degli altri, volare appena ti sia possibile in Chiesa ad assistere all'incruento Sacrificio della Messa, ed intanto recitare le tue preghiere, fare la tua meditazione, prepararti agli avvenimenti possibili della giornata; quindi ornato il cuore e lo spirito dalla grazia e dalla luce che partono dal Tabernacolo Santo, far ritorno alla casa che te sola aspetta per risvegliarsi, per accogliere bramosa, insieme coi raggi del sole, i raggi di carità che emanano da tutta la tua persona. Sì, ho detto i raggi di carità, poichè tu sei pronta ai bisogni d'ognuno, dei grandi, dei piccoli, dei superiori, degli uguali e degli inferiori; hai occhio a tutto e nulla sfugge alla tua penetrazione. Questi ha bisogno di essere sollecitato, quello ha d'uopo di freno; questi ha bisogno una parola di conforto; quello ha d'uopo d'essere corretto, ed a tutti tu rivolgi la parola prodigiosa. Ciò riguardo allo spirito; ma tu sai che l'uomo è composto non di solo spirito ma altresì di corpo, ed a questo pure si rivolgono le tue solerti cure. Tu prevedi i bisogni dei tuoi sudditi, e regnando sovr'essi con un regno di devozione, di sacrificio, ti privi per essi, ti posponi ad essi, e ti sforzi procurar loro il bisognevole vestimento, il nutrimento, l'istruzione, e tutto quanto ponno e debbono desiderare. Ma saggia ugualmente che premurosa, tu misuri il vitto e le vesti alla condizione e, più ancora allo stato finanziario in cui ti trovi, e fedele a quell'assioma: è utile abituarsi piuttosto al meno che al più, abitui te stessa ed i fratelli tuoi ad una vita frugale e scevra affatto da quelle leccornìe e da quelle levigature che ci rendono piuttosto servi che padroni, assuefacendoci a quelle esigenze e quei bisogni che costituiscono altrettante privazioni, quando taluna delle molteplici combinazioni e casualità della vita ci rendono difficile o penoso il conseguirle. Pulito ma semplice e non molto dispendioso sia il vestire, e parimenti semplice e sano il pasto: una sola la voce che chiama i componenti la famiglia alla refezione del mattino, refezione uniforme per tutti, tranne l'unico caso di malattia di alcuno: si contenti oggi il gusto dell'uno, domani il gusto dell'altro; ma, ripeto, ognuno si adatti a quello che è preparato per tutti. Io credo e credo fermamente che non solo dall'osservanza di questa regola sia giovato il buon andamento e l'economia domestica in modo assai rilevante; ma so per prova che altamente ne è giovato l'indirizzo morale e intellettuale degli individui. E perchè ridi a questa mia proposizione? Ti pare strano e quasi incredibile che ci abbiano a che fare tra loro le vivande ed i costumi, le vesti e l'intelligenza? Prendendo la cosa così vagamente si crederebbero davvero impossibili tali rapporti; ma se per poco tu esamini ben benino la faccenda, ci scommetto, converrai perfettamente con me. Ma ora mi avvedo che se mi dilungo in quest'argomentazione, perdo di vista, od almeno mi allontano da quello che più davvicino riguarda i doveri della sorella maggiore; e però mi riservo di comunicarti le mie idee in proposito ai legami che passano tra il vitto ed i principj, nella conferenza che tratterà dei pranzi e quindi della ghiottonerìa. Tu adunque, donnina provvida e previdente, dopo la colazione comune ed uniforme, mandi alla scuola quelli tra i tuoi fratelli e sorelle che ci debbono andare; ma li mandi dopo d'esserti bene accertata che hanno compiuto con diligenza i loro cómpiti, e dopo d'averli tu stessa guidati ed indirizzati al bisogno. Fra il giorno ti occupi della casa, dei genitori, se Iddio te li ha serbati, e quando le tue forze pajono indebolirsi, e il tuo cuore ha bisogno di qualche cosa che lo sorregga, lo levi a Dio, e pur toccando coi piedi la terra, sollevi al cielo il tuo spirito tuffandolo, per così dire, nel mare di dolcezza che è il cuore di Gesù, e ti senti incoraggiata, rinforzata, rinnovata. La convivenza con diverse persone d'indole probabilmente differente e fors'anche opposta, ti costerà non solo fatica, ma bene spesso contrasto: quel contrasto che non potrà essere vinto con altra arme se non con quella della virtù e dell'annegazione, cercando costantemente di correggere il carattere tuo e quello dei tuoi soggetti ed uguali. Qualche volta dal tuo petto uscirà prolungato e mesto un sospiro, le tue braccia come stanche ed abbattute si abbandoneranno in atto di prostrazione; ma se il tuo occhio si solleverà in alto e s'incontrerà con qualche immagine della Vergine Santa, che la tua pietà porrà in ogni angolo della casa, quasi a profumarla, a santificarla, Essa, la Mamma nostra pietosa, t'infonderà una virtù, una forza, che ti renderà capace di tutto fare, di tutto ottenere, di trionfare delle maggiori difficoltà. La tua operosità non interrotta, permettendoti di sollevare tratto tratto il tuo cuore alla fonte dell'amore, renderà amabile la tua compagnia, efficace l'opera tua ed oltremodo feconda, e non ti priverà del necessario riposo della mente e del corpo. Questo riposo ti verrà talora da una passeggiata; talora da una visita carissima fatta o ricevuta; talora da una buona lettura; talora da una combinazione imprevista, che Dio penserà Lui stesso a mandarti se vedrà che l'avrai meritata; ma il riposo in un modo o in un altro verrà, stanne pur certa. Dopo di avere dedicato te stessa ai tuoi fratelli, ti guarderai bene di far loro sentire il peso del tuo sacrificio, poichè essi, oltre al provarne umiliazione, ne sarebbero molto probabilmente irritati, e questo non concorrerebbe sicuramente a rendere efficace l'opera tua, ma l'attraverserebbe e le sarebbe di ostacolo spesso insuperabile. Il tuo regno, tel ripeto ancora, il tuo regno sia regno di amore, di dolcezza, ed essendo condiscendente in tutto quanto non urta il principio e la regola indeclinabile della casa, potrai usare di una santa fermezza in tutto il resto. Le tue cure non saranno interrotte nella giornata, nè dal ritorno a casa dei tuoi, nè dal loro coricarsi, osservando tu sempre pel pranzo e per tutto il resto quelle massime di uniformità e di economia alle quali ho solo accennato, ma che tu hai bene compreso. Guai se tu facessi delle preferenze, o parzialità, guai! ne andrebbe grandemente compromessa la tua autorità e svanirebbe il tuo ascendente! Tu, come angelo della famiglia, appartieni non tanto alla terra quanto al cielo, quindi non devi tenerti paga di curare nei fratelli e nelle sorelle la vita del corpo; tu devi, curare assai più in essi la vita dell'anima, quindi offrir loro in te stessa l'esempio di una fede cieca, operosa, costante. Tu devi avvalorare il tuo esempio con buoni consigli, con saggi ammaestramenti, insegnando tu stessa ai tuoi fratelli ed alle sorelle le verità della religione, le preghiere e le pratiche, ajutandoli a compierle, conducendoli alla Chiesa, ai Sacramenti, alla predica e anche più alla spiegazione della Dottrina Cristiana. Oh! se tu con quella dolcezza insinuante che nella bocca di una giovinetta semplice e virtuosa acquista tale un fascino da cui non sanno sottrarsi neppure le anime inveterate nel vizio e nell'incredulità, se tu con quella dolcezza inviterai, ammaestrerai coloro che teco hanno comune la nascita, l'educazione, la fortuna e perfine il nome, oh! la tua famiglia si manterrà o diventerà una famiglia di santi, una famiglia veramente invidiabile. Che se il demonio riuscirà ad infiltrarsi in quel santuario consacrato dalla tua presenza e dalla tua virtù, e prenderà dominio di taluno dei tuoi cari, oh! non ti perdere di animo, no non ti perdere di animo! il Signore permette che il tuo cuore sia trafitto, ma solo per rinvigorire, per ritemprare la tua costanza! Già ti pare quell'anima diletta sia perduta nell'abberramento dell'incredulità o delle passioni; già ti pare veder quell'anima sull'orlo del precipizio che la deve gettare in un luogo di eterna riprovazione; già tu la vedi precipitata... No, non temere, non temere; là in fondo a quel cuore sopita, ma non morta, c'è l'idea di Dio, anzi la fede in Dio; quell'idea di Dio si risveglierà, la scuoterà, la muterà, la risusciterà, e quello che ti sembrava un tizzone d'inferno, diventerà carbone ardente sull'altare del Dio che tu adori, che tu ami! Oh! è pur bello quel racconto evangelico in cui si narra come gli apostoli si trovavano sul mare, e questo furioso ingrossava, ingrossava; le onde si sollevavano spaventosamente; il vento sibilava con orrido suono e quegli uomini la di cui fede era ancor debole e vacillante, si spaventarono, e svegliarono il maestro divino che sul fondo della barca placidamente dormiva. E, non temete, diss'egli con quella sua voce soave, e levatosi in piedi comandò ai venti ed al mare, e si fece bonaccia. Fatti animo, figliuola, quel fratello, quel padre, quell'anima che ti preme, è la barca in preda alle onde; ma in fondo alla barca 26 c'è Gesù, quel Gesù che vi è stato collocato nell'infanzia, nella primitiva educazione... Destalo tu Gesù in quel cuore, colla tua fervorosa, incessante preghiera, e quel Gesù si alzerà, e dicendo: Non temete, porrà in silenzio il vento delle passioni e ritornerà nel tuo diletto congiunto la calma, la pace... L'arcobaleno sfoggia nel cielo azzurro i suoi bei colori, e ti annunzia il sereno, la fede. Leva a Dio l'inno del tuo ringraziamento!

Pagina 390

Di più io trovo debole la persona che vuol sostenere il suo punto a spese della giustizia, perchè non ha nè occhio, nè slancio, nè forza di rigettare il male e di abbracciare il bene, e non isdegna compromettere la propria dignità tollerando un'accusa della quale non potrà mai giustificarsi, perchè giusta e meritata. Giuda Iscariote aveva venduto il suo Maestro per trenta denari; gli dolse del proprio delitto; ma debole e vigliacco non volendo riconoscere il proprio torto, e sdegnando di correre ai piedi del Salvatore a chiedergli perdono, con una corda liberò la terra dalla sua presenza, attirando sopra di sè un'eternità di tormenti e l'obbrobrio delle generazioni future! S. Pietro invece dopo d'aver rinnegato non una ma tre volte il suo Gesù, rientrato in sè stesso se ne dolse, pianse amaramente, ed una pia tradizione dice che si è gettato nelle braccia della Madonna a sfogare il suo dolore e il suo pentimento. E chi ha mai trovato, e chi potrà mai trovare debolezza in quest'atto così sublime, in quest'atto che dinota rettitudine di giudizio, e più ancora sensibilità e delicatezza di cuore? Per me trovo l'eroismo in colui che dice mi pento, anzichè in colui che caparbio non vuol piegare la fronte, e ostinandosi a non riconoscere il proprio torto, si fa conoscere cieco ed ingiusto, ovvero ingannatore. Io amo assai quella bella costumanza di quelle damigelle che, com'è ben naturale accada ad ognuno, accorgendosi d'aver sbagliato per debolezza o per ignoranza, stringendo la mano della mamma o del papà, od abbracciando teneramente i fratelli e le sorelle, chiedono loro perdono e promettono di emendarsi del proprio fallo; pentimento e promessa che esse rinnovano ai piedi del Crocifisso, il quale li compensa con una soddisfazione tanto maggiore, quanto più intima e sincera. E tu, mia dolce amica, sii buona con tutti, guardati dall'offendere chicchessia, e se ti duole abbassarti a chieder perdono, fa di non metterti nella necessità, ma stattene ben bene in guardia sovra te stessa e specialmente sul tuo carattere; ma se per disgrazia hai fallato, umiliati, e non rendere più grave la tua colpa coll'ostinarti a sostenerla. Non essere tarda a far piacere a coloro cui l'opera tua può tornare di ajuto o di conforto; sii obbediente coi maggiori, affabile cogli uguali, condiscendente coi minori fratelli. Ma una cosa, che caldamente sopra le altre ti raccomando, si è di avere nel tuo decoroso contegno un amorevole e sincero compatimento pei difetti altrui, di smorzare la tua suscettibilità, di non tenerti facilmente offesa da quelle che sono o ti pajono mancanze di riguardo: credilo, credilo, mia cara, assai più guadagnerai coll'indulgenza che colla severità. No, non ti pentirai mai di aver troppo compatito e d'avere rinunciato alle soddisfazioni dell'amor proprio; ma bensì d'essere stata inflessibile e d'aver preteso sempre che ti sia resa giustizia. Nel Vangelo vi ha una sentenza, la quale dice che sarà rimisurato a noi colla stessa misura con cui avremo misurato agli altri; e tu ed io, se vogliamo ci venga dal misericordioso Iddio accordato indulgenza e perdono, siamo indulgenti e generosi con tutti coloro che ci avvicinano.

Pagina 403

Pagina 62

La giovinezza è naturalmente portata a vagare per l'ignoto, ad investigare nel proprio avvenire, a fare progetti, ad abbracciare idee, sistemi, illusioni, che diretti come sono non ad un punto fisso e conosciuto, ma ad un campo nuovo, inesplorato, nascosto, hanno minore probabilità d'incappare nel vero, di quello non abbia colui il quale confida che la prossima estrazione gli porti un bel terno, anzi un'intera quintina. I numeri del lotto sono novanta, ed i numeri dai quali pretendiamo indovinare il nostro avvenire sono numerati solo da Dio! Un francese chiamò la fantasia, la matta di casa, e il dettato passò in proverbio. La colpa veramente non è tanto sua quanto nostra, che se invece di governarla colla ragione, ci lasciamo da essa governare, la fantasia ci fa deviare dalla giustizia e dalla rettitudine, ci fa disperare cogl'irragionevoli suoi sbalzi, e ci conduce a commettere delle vere pazzie. Pure, lo so, è tanto bello e lusinghiero lasciar vagare la fantasia, sognare, fabbricare nel nostro avvenire un edificio capriccioso, delizioso, superbo... Lo so, lo so che è bello e lusinghiero, ed appunto per questo mi fa paura e desidero porti sull' avviso, affinchè tu non abbi a lasciarti illudere, allucinare dal suo ingannevole bagliore. Alcune fanciulle di famiglia civile, ma privata e modesta, vanno fantasticando viaggi, pompe principesche, cocchi e donzelli, e pescano e trovano una tal quale possibilità di potere un dì esse pure posseder tutto questo; nè ciò basta; esse si figurano il come, il dove, il quando, faranno la loro grande comparsa; studiano i modi, le parole, i complimenti che dovranno usare coi loro soggetti. Che avviene? Il sogno è sempre sogno, quindi un fantasima che corre dentro il cervello colle forme più strane e stravaganti, lasciando però che il corpo percorra in tutta la sua realtà il campo della famiglia, della vita domestica e sociale. Pensa tu l'accozzaglia che faranno tra di loro la testa che si crede regina, e il corpo che si trova suddito; pensa tu cosa di bene possa venir fuori da questo credere una cosa e trovarne un'altra. La poveretta che sogna e fantastica si trova sempre al disotto d'ogni sua aspirazione, e per quanti sieno gli agi che la circondano, i baci, le carezze de' suoi cari, gli sforzi loro per vederla felice, ella è sempre mesta, cogitabonda, spira da tutto il suo individuo una cert'aria di abbandono e di degnazione, il suo riso è mesto e forzato, il suo sguardo languido con caricatura, e lunghi sospiri escono dal suo petto. Io credo che con questi simulacri di giovinette un solo rimedio sia eccellente ed efficace; sai tu quale? Un bel frustino che suoni nell'aria e ne batta vigorosamente le spalle. Ti parrà forse triviale ed antiquato il mio rimedio, e forse discorde dal mio sistema di medicina per le malattie giovanili; ma che vuoi? in questo caso non mi pare ce ne sia un altro capace a surrogarlo, e finchè tu non me lo additi, io insisto per questo. La mamma difficilmente si decide ad adoperare il frustino, ed allora il Signore, colle anime che vuol salvare dalla mattía dell'immaginazione, pensa Lui a mandare i gastighi o le sventure, affinchè dal campo aereo la fanciulla cada naturalmente in quello della realtà, non altrimenti della sonnambula che nella veglia si ricrede di quanto ha detto o fatto durante il sonnambulismo. Le giovinette non si contentano di crearsi nell'ardente fantasia cocchi, castelli e paggi; ma si creano altresì cavalieri; cavalieri che diventano erranti, che si perdono nell'ombra dell'avvenire, perchè corpo non hanno; che sono un'illusione, perchè in essi non v'ha nulla di reale; che sono un inganno, un doloroso inganno a chi in essi si pasce. Non mi regge l'animo di condannarla; ma mi fa un'immensa compassione quella sconsigliata, la quale si strugge in vani desiderj, in stolte immaginazioni, e di ogni giovane che le faccia di cappello, o la saluti con garbo, o le dica una parola graziosa, si fabbrica tosto colla fantasia uno sposo. Dal primo castello in aria altri ne sorgono e crescono a vista d'occhio, e già le pare di ricevere il dono della promessa, d'indossare la veste nuziale, di stringere in dito l'anello; di ricevere i doni, le poesie, gli evviva, di regnare sola nella propria casa, di fare ogni cosa a sua voglia, di vestire a suo capriccio i figliuoletti, e cento altre corbellerie che non hanno maggior corpo, nè meritano maggior importanza delle bolle di sapone, o delle parole di una ciarliera. Oh! tu, non t'abbassi cotanto, da credere non capace la tua condizione a fornirti pensieri e soddisfazioni sufficienti per cercarli nei sogni dell'immaginazione! Nel contentarsi di quanto si ha, io trovo la vera grandezza d'animo e la sodezza dei principj; orbene, questi sono il verdetto di condanna dei visionarj. Vedere uno sposo in ogni uomo azzimato, o ricco, o giovane, o procace? È troppo serio il pensiero di un collocamento per idearlo od accarezzarlo così all'impazzata senza probabilità veruna. Ho sempre visto che coloro i quali hanno vagheggiato lungamente un matrimonio sotto speciali auspicj, hanno fatto come coloro che allungata la mano ad un frutto lontano od immaginario, allorchè hanno creduto di afferrarlo, non vi hanno trovato che un pugno di mosche... Oh! i sognatori sono come i re di scena; re per un momento e sudditi par tutta la vita. Oh! il frustino, il frustino, quanto bene farebbe! Tu desideri, è vero, un onesto e vantaggioso collocamento, mia cara figliuola? E perchè a questa mia interrogazione ti salgono le fiamme al viso e chini il capo in atto di vergogna? Non c'è ombra di male in codesto, purchè il tuo desiderio sia regolato dal criterio e specialmente dalla virtù, ed anzichè rivolto a cercare nell'aria quello che non si trova che nella terra, o dirò meglio nel cielo, in un dolce abbandono tu lo cerchi a chi solo te lo può dare e conservare. Sì, quel che tu cerchi è nel cielo, perchè tu cerchi uno sposo col quale dividere le gioje, le pene e le fatiche dell'esistenza, ed un simile sposo deve avere il suo cuore nel cielo, sì nel cielo, dove si trova anche il tuo... La religione, la virtù non ti proibiscono un regolato desiderio di formarti tu pure uno stato, una famiglia, ed anzi t'insinuano, ti consigliano ad appoggiarlo colla preghiera. Una vecchia signora, che ora non è più, allorchè con inarrivabile soddisfazione mi raccontava come i cinquant' anni trascorsi insieme al suo consorte, erano stati cinquant'anni di pace e di affetto sempre crescente, mi andava ripetendo con viva compiacenza che il suo sposo lo aveva ricevuto da Dio, il quale aveva largamente esaudita la preghiera quotidiana ch'essa gli aveva indirizzata dai suoi quattordici ai ventiquattr' anni:Signore, se volete darmi uno sposo, datemelo, ma buono, proprio buono, poi tre Avemmaria alla cara Madonna. Le figlie nate da sì bene auspicato connubio provano una volta di più che da pianta sana escono frutti sani, e sono tuttora la benedizione delle famiglie dove sono entrate, e che hanno la fortuna di possederle. Per carità, guardati dal sognare, se non vuoi da un sogno fallace e lusinghiero essere balzata ad una triste realtà. Poi se anche tu raggiungessi ciò che hai ideato, non saresti ancora felice, perchè continueresti a vagare colla fantasia, a fare castelli in aria, ed il tuo stato ti sarebbe penoso. Una signorina, mia conoscente, sognava uno sposo nobile, ricco, amante; trovò infatti uno sposo nobile, ricco, amante, ed ognuno le invidiava la grande ventura, tanto più che un caro angioletto era venuto a rallegrare la sua casa. Senonchè ben lungi dall'essere felice quella casa invidiata, la giovane dama continuava i suoi sogni ed aveva finito col persuadersi come aveva fantasticato, che essa, benchè nata in condizione molto inferiore, meritava non solo quella fortuna, ma ben maggiori riguardi. Il marito allora incominciò a farle sentire il peso che andava unito al titolo che le aveva comunicato, a farle sentire la propria superiorità; e siccome essa si ribellava, egli la fece accorta, benchè troppo tardi, che i suoi sogni l'avevano ingannata, acerbamente ingannata, facendole credere che la gioja conjugale consistesse nell'opulenza, nel lusso, nel grado elevato, e non piuttosto nella parità di principj, di convinzioni, di bisogni, di condizione. Non andò molto ed essa, povera illusa, delusa troppo tardi, e quando era forza subirsi il triste effetto di un fatto compiuto, non ebbe forza di sostenerlo; tornò nella modesta e povera sua casa, rinunciando a tutto e non solo alle agiatezze, ai cocchi, alle gale; ma altresì al proprio bambino che le veniva negato, per trascinare una vita nascosta sì, ma senza umiliazioni. Poveretta! Per vivere è obbligata a lavorare, insegnare la musica... Poveretta! Se tu non sognavi cotanto, avresti ugualmente afferrata la fortuna di uno splendido connubio; ma vi avresti recato l'umiltà, la tolleranza, un criterio giusto, una virtù abbondante, e queste doti t'avrebbero salvata dal nuafragio, e ti avrebbero non solo reso sopportabile, ma leggiero e soave il giogo conjugale. O fanciulla, se Iddio te lo vuol dare uno sposo, e se tu lo cerchi a Lui con dolce insistenza e collo spirito retto e pio della mia povera vecchia amica, Egli te lo darà tale che ti sia di premio, non di gastigo; e se porrai freno alla tua fantasia la quale tenta di traviarti, avrai virtù bastevole a godere il bene che Iddio ti dà, a cementarlo, ad aumentarlo, a comunicarlo a chi ti circonda, a farti pregustare nella vita del tempo quella gioja, quella pace che raggiungeranno poi la massima loro perfezione in quell'avvenire che solo è certo, e nel quale soltanto possiamo figgere desioso e consolato lo sguardo, sicuri di non andare ingannati, poichè in esso risiede il suo regno eterno, beato, ed immutabile l'increata sapienza e l'increata bontà. Non sognare, non sognare: se sogni, pensa al frustino!

Pagina 643

Io lodo altamente, ed invidio quelle anime avventurate le quali sono chiamate da Dio al suo stretto servizio, e ricevono da Lui la forza di tutto abbandonare, casa, averi, parenti, comodi, volontà propria, tutto insomma, per abbracciare la santa povertà e custodire la verginale purezza ad imitazion sua e della sua Santissima Madre. Ma, ti confesso, a quelle risoluzioni subitanee che nascono da una lettura, da una predica, meno ancora poi da un disinganno o da un capriccio, io credo un po' pochino, e vorrei proprio fossero poste in quarantena, sottoposte al maturo giudizio di un savio e prudente confessore, il quale, avendone ricevuto dall' alto il mandato, ha insieme ricevuto i lumi per giudicare se sia oro o lustrino, gemma o vetro, quel luccicore che si presenta sì promettente. Io qui non entro in consigli particolari, poichè il mio scopo diretto è quello di guidare ed accompagnare nella famiglia e nella società la damigella cattolica che vi si sente chiamata, e che desiderosa di seguire il bene sente il bisogno di un'amica, di una maggiore sorella che le comunichi il frutto della propria esperienza ed i lumi ricevuti dal Signore. Ora io suppongo nella mia lettrice il caso più comune, quello cioè che il confessore le dica essere molto dubbia la sua vocazione, o che essa stessa si accorga non essere la sua se non un fuoco di paglia, ed ancora un giuoco dell'immaginazione. Se la tua vocazione sarà vera, e tu vivrai in modo da non demeritarti i doni superni, essa ben lungi dal venir soffocata, tornerà a galla, e tu potrai dar corpo a quella che ora ti si presenta come una nebulosa, lontana ed incerta. Ma intanto, per chi non è decisamente e subito chiamata a monacarsi, sta il debito e il dovere di vivere in famiglia ed in società adempiendone fedelmente gli obblighi, non tanto per parere, quanto per esserne veramente l'angelo dell'ajuto, del buon esempio, del conforto. Qui sta un punto difficilissimo a definire, poichè varia pressochè all'infinito, e subisce cioè i mutamenti e le modificazioni tutte che le imprimono le condizioni speciali degl'individui e delle famiglie; ma per chi, sinceramente volonteroso del bene, unicamente lo cerca, non mancherà il direttore sagace di rappresentare in terra la Provvidenza celeste collo snebbiare ogni dubbio, porre in luce il vero, additare la via sicura. Che se per un impossibile il direttore errasse nel suo giudizio, non erra già chi fedelmente lo segue, poichè il Signore sa volgere in bene lo stesso male, e premiare contro speranza chi fedelmente ubbidisce ed ascolta la parola dei suoi Ministri in quanto è del loro ministero. Ma tu vuoi alcunchè di dettagliato da me; tu pretendi che io trascinata al bivio fra due opposti sentieri, alla tua domanda questo o quello, ti risponda decisamente e senza ambiguità come ho fatto sempre; è difficile e penoso quanto tu esigi da me; ma coll'ajuto della Madre del buon consiglio vedrò di dirti una parola sana, cristiana, efficace, capace a guidarti ed a consolarti. Non credo che molto frequentemente sia lasciata a te liberissima la scelta fra i due sentieri, quello della ritiratezza nel seno della famiglia, e quello di una vita sbattuta e battagliera in mezzo alla società; ma se ti credessi padrona di scegliere, tranne alcuni casi specialissimi, e piuttosto unici che rari, non esiterei a consigliarti ed inculcarti la vita ritirata, e ti porrei innanzi tanti e poi tanti quadri di felicità e di santità nascosti, ma viventi nel segreto delle domestiche pareti, che certo tu acquisteresti coraggio di rinunziare a tutti gli adescamenti, a tutte le lusinghe che una società frivola e leggiera ti vien esponendo allo sguardo. Ma... pur troppo, tu finchè sei figlia di famiglia, sei condannata ad una vita pressochè passiva. Che ho detto, pur troppo? Anzi gli è pel tuo meglio che il buon Dio ti toglie la responsabilità della scelta fino al tempo in cui dotata di maggiore serietà ed esperienza potrai a tua volta sceglierti la parte migliore, vo' dire una vita intima, ritirata, tranquilla, i di cui godimenti hanno minor apparenza, ma maggiore sostanza, ed in cui la lotta tra il volere ed il dovere è meno ardita e gagliarda. Intanto vivi soggetta ai tuoi maggiori, e fa di regolarti in modo che negli anni avvenire la memoria della tua giovinezza ti ricorra scevra da pene, da rimorsi, e tu ne possa con dolcezza ricordare un giorno ai figli ed ai nipoti le gesta innocenti. Se tu fai parte di una famiglia abituata alle visite, ai ricevimenti, alle adunanze, alle feste, me ne duole per te, amica buona, perchè prevedo che la tua virtù sarà contrastata, e se non ha profonde radici in una pietà soda e sincera, a somiglianza del grano della parabola evangelica, seminato sui sassi, seccherà e non darà frutto. Una parola io ti posso dire con sicurezza, una preghiera ho in cuore di farti, ed è questa; che tu sfugga tutte quelle adunanze e quei ritrovi ai quali non sei obbligata, poichè in essi potrebbe mancarti quell'ajuto che Dio non ti lascerà invece mancare in quelli ai quali ti trovi forzata di prender parte. Stabilito il principio che tu devi obbedire i tuoi, seguendoli in mezzo alla società quando essi vi ti conducono, resta a vedere come tu abbi ivi a regolarti, ed è appena necessario notare che mai e poi mai ti è lecito recarti, specialmente ad una festa, senza tua madre od una maggiore sorella maritata; senza insomma una dama di una certa età, poichè il padre od i fratelli non bastano a formare quella siepe di cui è necessario circondare una giovane esistenza. Secondo il tuo stato, la tua età e le tue finanze, ti è lecito un abbigliamento non solo decente, ma discretamente elegante, ed in relazione con quello delle tue coetanee, contenta di stare un gradino sotto per non essere e parere vana ed orgogliosa; ma sotto verun pretesto non ti è lecito mai tradire le leggi della modestia e del pudore, poichè non solo verresti posta in canzone e disistimata dalla stessa gioventù mascolina cui credevi di piacere: ma ben più tradiresti le leggi della tua religione, della virtù; diventeresti forse oggetto di scandalo, e ti caricheresti il cuore di un rimorso. Nè la modestia deve figurar solo nelle tue vestimenta; ma altresì nel tuo contegno timido e riguardoso, nei tuoi tratti, nelle tue parole; e se qualche impudente, uomo o donna non monta, se qualche impudente tocca qualche discorso o fa qualche gesto che leda menomamente il tuo delicato e cristiano sentire, salta a piè pari l'argomento, parla di altro, o con altri; che se l'impudente non desiste dal suo insidioso procedere, e tu non hai il coraggio d'imporgli silenzio nel timore non ne nasca uno scandalo od una pubblicità, levati di botto, corri in cerca della mamma o del babbo, o recati in un altro crocchio, in un'altra sala; credilo, non te ne mancheranno i pretesti, se con pia industria cercherai in tuo soccorso. Non differente dev' essere il tuo procedere coi detrattori, con quelli cioè che mormorano del prossimo, o lo calunniano, o ne giudicano temerariamente; tu, come angelo della famiglia e della società, devi essere la difesa dei deboli e degli assenti, te l'ho già detto nella Prima Parte di questo mio lavoro; ma se condizioni di luogo, di tempo, o di età non te ne danno il diritto, ritirati, e mostra chiaramente che vuoi serbarti innocente da tale lordura. Con coloro i quali ti adulano o t'incensano, tu ben sai come devi regolarti; ora, io credo, ci resta a ragionare soltanto delle chiacchiere vuote ed inutili che ti si faranno d'attorno, e delle quali tu non devi entrar complice, per non diventare chiacchierina ed essere e parere frivola e cinguettiera. Qui ho un consiglio di peso, d'oro massiccio anzi, un consiglio indispensabile a darti, ed 43 è questo; di volgere sempre a serio i discorsi leggieri soliti a tenersi tra fanciulle, rispondendo in fretta, e vorrei dira di fuga, a quelle prolusioni nojosissime che esse hanno l'abitudine di sfoggiare sulla moda, sull' incostanza o sulla durezza della stagione, o peggio ancora sui difetti altrui. Se tu saprai cavar profitto dello spirito che il Signore ti ha donato, ne avrai sempre abbastanza per piegare il discorso dalle schiocche mode ai costumi ed alle usanze dei diversi popoli; dai difetti altrui, ai meriti che sono da essi adombrati o velati; dall'incostanza o durezza della stagione alla compassione che ti fanno i poveri sprovvisti di tutto, ed alla necessità di porger loro ajuto e soccorso colla mano e col cuore. Se tu farai in questo modo, benchè abbigliata un grado meno delle altre, benchè acconciata senza civetteria, benchè timida e forse pure di minor spirito e coltura delle tue compagne, ne diventerai non l'idolo (ciò è illusorio) ma il modello e l'anima; e su te ridonderà gran parte del bene che sarà fatto dietro il tuo esempio, e largo premio n'avrai dal Signore. Nelle adunanze sono compresi i balli, i teatri, i pranzi, le comparse, e se il Signore m'inspirerà quello che sarà pel tuo bene, ti dirò qualche cosa partitamente anche su di essi. Ma, tel ripeto, nè mi stancherò dal ripetertelo; se ti è dato vivere modestamente e lontana da questi ritrovi, oh! fuggili senza indugio, e senza dolore, nè ti lasciar tentare mai da un desiderio insano, da un insano timore, poichè la quiete di una vita intima non turbata da rumori profani, siine certa, procura gioje incomparabilmente maggiori a quei piaceri convulsi, febbrili, che ti potrebbero venire dalle riunioni mondane, dove il pudore, la carità, e sovrattutto l'umiltà, sono esposti ai maggiori pericoli. Se a te è lasciata la scelta fra i due sentieri, quello della casa e quello della società, non ti appigliare a questo ma a quello, te lo ripeto, te lo ripeterò senza posa; non già coll'intendimento di rendere monotona o grave la tua esistenza, ma per rendere il suo corso limpido, dolce e specchiato come l'onda del ruscello che, scesa da eccelsa montagna, scorre gorgogliando placidamente, e lambendo i fiori che costeggiano la riva verdeggiante, fino al flume, per gettarsi con esso nel mare, senza aver punto toccato la città: nella città avrebbe potuto conservare la sua purezza e la sua pace? Questo o quello, tu mi domandi di nuovo? Ama la ritiratezza, la casa; come il ruscello guardati dal mescolare le tue acque con quelle degl'immondi pantani, affinchè dopo un viaggio che ti auguro lunghissimo, tu le possa confondere con quelle del fiume reale, per gettarsi con esse nel mare... La morte sarà per te in allora una rapida e fortunata corrente che ti unirà alla sorgente d'ogni bene; sì, ti unirà a Dio, poichè per una lunga e faticosa carriera l'onda del tuo ruscello avrà saputo serbarsi incontaminata, pura, e sulle sue sponde non avrà fiorito il vizio, ma l'amor santo di Dio e del prossimo suo. Ama la ritiratezza, la casa, la preghiera, e ti sarà facile e spontanea la virtù, anche a costo dei più lunghi e penosi sacrificj.

Pagina 665

Ti verranno fatti molti regali, ti verrà fatta molta festa; oppure non ti verranno fatti quelli nè questa: sia comunque, pensa che queste sono leggerezze, le quali non meritano te ne occupi seriamente, e tu non devi permettere ti distraggano dal pensiero importantissimo dello stato che sei per abbracciare. Dacchè ti sei fidanzata, e non prima, puoi ricevere il dono di promessa e ricambiarlo; ma per cantà, non cessare dall'essere angelo un momento solo, nè con atti, nè con parole, nè col benchè minimo pensiero. L'angelo della famiglia deve recare all'altare intatto il suo giglio; ivi il Ministro di Dio muterà quel giglio colle rose vermiglie del conjugale affetto, e tu tornerai dall'altare quale ci sei andata, angelo, per diventare l'angelo dello sposo e dei figliuoli, se il Signore nella sua bontà crederà di dartene. Potevo avere una dozzina d'anni, allorchè in iscuola mi fu dato, per cómpito, di scrivere alcune parole pronunciate da una madre mentre sta posando la corona di sposa sul capo alla figliuola. Il mio sarà stato uno sgorbio o poco più; ma la sensazione provata e la folla di malinconici e pur dolci pensieri accalcatisi allora nella mia mente mi hanno impressionata assai; quindi lascio a te pure pensare quante cose voglia dire quella ghirlanda di fiori, e da te stessa ne tragga consigli ed ammaestramenti. La tua mamma, se l'hai, ti dirà ciò che ti bisogna; se non l'hai, te l'inspirerà dal cielo. Il contratto civile è doveroso, ma non è il matrimonio per un cristiano; è lo sposalizio in faccia alla Chiesa che costituisce il matrimonio: esso è Sacramento, perciò reca con sè i doni tutti del Signore. Preparati santamente a ricevere questo Sacramento, con devote preghiere, colla Penitenza e coll'Eucaristia, e il tuo nodo sarà benedetto. Ho visto oggi stesso un elegantissimo abito di raso bianco che ha servito jeri per la cerimonia nuziale (religiosa s'intende) ad una sposa d'alto lignaggio. Sai dove l'ho visto? Dalle suore Canossiane che lo debbono presentare alle figlie di Maria per cavarne arredi sacri per le chiese povere. Questo atto generoso in sè stesso, è assai più generoso per lo spirito che rappresenta. Si parla ora di divorzio nella società; ma tu come cristiana sai e credi fermamente che il divorzio non è possibile, poichè non dove nè può disgiungere l'uomo ciò che Dio ha legato. Ti verrà posto in dito un anello; questo ti dice coll'interminabile suo giro, l'interminabilità dell'affetto, della fedeltà che tu devi serbare al tuo sposo; allorchè quell'anello ti sarà posto in dito non potrai più pensare ad alcun uomo, finchè quello, che oggi t'è dato, ti sia dal Signore lasciato in sulla terra. L'Angelo di Dio t'accompagni, o giovane fidanzata, la tua uscita dalla famiglia, dove sei nata, lasci in essa la benedizione, e il tuo ingresso nella nuova casa ve la porti copiosa, eletta! Se il tuo sposo è buono e pio, fa di esserlo tu pure per non essere da metro di lui; s'egli non l'è, fa ch'ei lo diventi, e assieme alla virtù, la pace albergherà sotto il tuo tetto. L'Angelo di Dio t'accompagni, o giovane fidanzata!

Pagina 865

Di più io credo che tra lo schiavo dei rispetti umani e l'apostata non vi sia che un passo: quello misura le sue dimostrazioni di fede e di pietà sulle altrui, questo le rinnega apertamente; io non saprei dunque bene se quegli trovandosi una volta appetto ad un apostata, saprebbe rifiutarsi egli stesso ad abbracciare l'apostasia, come altre volte non ha saputo rifiutarsi di ridere cogli altri delle cose più sacre, e perfino di Dio. Forse tu mi accuserai di essere troppo forte ed acre, e d'ingigantire le cose; ma dimmi un po', che stima faresti tu di quel soldato che in tempo di pace grida Viva il re, e che in tempo di guerra gli volta poi ignominiosamente le spalle? E per venire ad un confronto più pratico, che ne dici tu di quell'amica tua, la quale ti prodiga cento carezze nel dì della tua festa, mentre allorquando si trova presso qualcheduno che ti calunnia o ti deride, non sa levare una parola sola in tua difesa, ma invece approva tacitamente o palesemente la condotta degli altri a tuo riguardo? Che dici tu di quella tua amica che dice di amarti, ma che non vuol essere veduta in tua compagnia, e si nasconde quando viene in tua casa? Ma t'intendo. Io ho già parlato troppo, perchè tu più di me hai in odio il rispetto umano, e tu più di me hai deliberato di non voler mai e poi mai astenerti dal fare una cosa, o farne un'altra soltanto per essere veduta o per non essere veduta dagli uomini. E dove sarebbe la dignità personale? Una volta che io so che una cosa è mal fatta, mi vergognerò e asterrò dal farla, non per il biasimo altrui, ma pel male in sè stesso; ma quand'io so che quello che io faccio è bene, non mi vergognerò no davvero di mostrarlo in pubblico, sarò anzi ben lieta di dare a Dio ed al mio medesimo carattere di cristiana una protesta di fedeltà; perfino, lasciamelo dire, mi sentirò più donna di proposito se avrò e sosterrò con fermezza la mia credenza e le sue pratiche. Mi è ben forza convenire con te che la franchezza del tuo carattere ti attirerà talvolta qualche sogghigno e più d'una parola ironica o di scherno; ma credilo e tienlo bene a mente: tutto sommato, quand'anche tu fossi forzata a vivere con persone che la pensano diversamente da te, la tua franchezza ti circonderà di stima e di riguardi. Quelle stesse che t'avranno derisa, non anderà molto, ti faranno comprendere che stimano assai più te per la fermezza delle tue opinioni e per la conformità fra la tua vita e le tue credenze che non hai mai tentato nascondere, di quello non stimino quelle tali figurine chinesi delle quali abbiamo parlato e riso jeri. Che se ci fosse taluno abbastanza ardito da crederti persona dappoco, perchè dichiaratamente credente e perfettamente cattolica, gli potrai rispondere che non t'incresce essere tenuta persona dappoco nella schiera che dal grande Aquinate, a Dante e Manzoni, ha portato alto la stessa bandiera, la quale forma il loro non meno che il tuo vanto. Ma lo so: pur troppo, se ci è facile sopportare e vincere la guerra fatta alla nostra pusillanimità dalle persone che non ci riguardano se non da lontano e colle quali ci troviamo di rado, ci è poi difficilissimo vincere l'altra fattaci dalle persone colle quali viviamo in continuo contatto; ma ciò non toglie che le suaccennate ragioni valgano tanto per le une quanto per le altre. In questo caso sarai però obbligata a raddoppiare i tuoi sforzi, e più forte ti stringe l'obbligo di presentarti a Dio riparatrice dei torti altrui, anche allo scopo di non cadere tu pure ignominiosamente a rinnegarlo, od a servirlo meno fedelmente per rispetto umano. Poi devi cercare ogni occasione per vincerti; e benchè non ti corra grave obbligo di dichiarare apertamente la tua fede se non nelle cose e nelle circostanze di qualche gravità, perderai molto non solo di merito davanti a Dio ma di forza in te stessa, se non sei e non ti mostri sempre coraggiosa nelle piccole come nelle grandi occasioni. Ed infatti se ti vergogni di farti vedere a leggere un libro di pietà, a frequentare i Sacramenti, le prediche, la chiesa, l'orazione; che caparra ti rimane di saper poi dichiarare apertamente la tua fede, quando la vedrai vilipesa o posta in dubbio ed in canzone? No: tu sai che ogni giorno devi piegare le tue ginocchia davanti a Dio per implorare la sua protezione sulla tua giornata dapprima, poi sulla tua notte; dunque, piegale senza rossore anche se havvi alcuno nella tua camera che ne faccia le beffe. Quella persona deve vergognarsi di dileggiare la tua buona azione, non tu di farla. Se un'amica, o più propriamente si dovrebbe dire una nemica, ti deride o ti guarda con compassione perchè ti accosti spesso al tribunale di penitenza e ricevi con frequenza il Pane dei forti, o per qualunque altra tua pratica di pietà dalla più piccola alla più grande; continua coraggiosamente il tuo cammino, ed invece di lasciarti pervertire cerca di convertire l'amica, colla quale sarai sempre buona, amabile e condiscendente come Dio vuole in tutte le cose che non riguardano il divino servizio. Ringraziamo Iddio che ci ha fatte nascere nella sua Chiesa, che ci ha alimentate coi Santi Sacramenti, che ci nutrisce ogni giorno colla sua parola e colle sante sue ispirazioni, e deh! non sia mai che diventiamo ree d'ingratitudine e di apostasia col vergognarci dei doni suoi. Noi siamo deboli, anzi io sono più debole di te; ma facciamoci coraggio, attacchiamoci al pegno di nostra salute, alla Croce, ed ivi troveremo la forza di superare la guerra mossaci dagli altri e quella che ci viene da noi medesime. Ma se ci poniamo appiè della croce, a chi ci troviamo vicini? Alla Vergine addolorata che, nascosta quando il suo Gesù veniva recato in trionfo a Gerusalemme, si presenta coraggiosa a Lui dappresso quando è vilipeso, bestemmiato e crocifisso. Ci troviamo vicini al caro Apostolo vergine che ha posato il capo sul cuore del Salvatore, e alla gran peccatrice la quale sola ha sentito quella grande parola:Va; ti sono rimessi molti peccati, perchè molto hai amato. O buon Gesù, deh! non permettete mai che dopo di aver parlato con tanta convinzione e con tanto cuore, contro il vile rispetto umano, abbia poi io stessa a rendermene rea; questa sarebbe troppo tremenda pena, e Voi, amante e redentore dell'anima mia, me ne libererete mai sempre. Cara Madre Maria, S. Giovanni, S. Maria Maddalena, Santi tutti del cielo, Angelo mio Custode, liberatemi, per pietà, da sì grave delitto!

Pagina 98

Galateo popolare

183658
Revel Cesare 1 occorrenze
  • 1879
  • Vinciguerra
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

La seconda contraddanza della giovine appartiene di diritto al notaio, senza dubbio per rimpiazzare l'uso che prima esisteva di permettere a questi di abbracciare la fidanzata quand' ella aveva finito di firmare il contratto. Tutte le persone che firmano il contratto di nozze devono fare un regalo alla giovine sposa, secondo la sua posizione sociale.

Pagina 76

Come devo comportarmi. Le buone usanze

185270
Lydia (Diana di Santafiora) 1 occorrenze
  • 1923
  • Tip. Adriano Salani
  • Firenze
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

La madre corre incontro al marito che torna dall'ufficio, depone il bambino in terra, e il bambino corre barcollando ad abbracciare le ginocchia del babbo. Quando i bambini sono in grado di camminare e di correre, bisogna lasciare che in essi si sviluppi la vita animale; intendo dire che conviene che il loro piccolo corpo cresca liberamente. Ciò non impedirà di reprimere, con dolcezza ma con fermezza, i primi capricci. I bambini si laveranno ogni giorno dalla testa ai piedi (l'uso del bagno giornaliero, per chi ne ha i mezzi, è eccellente); si vestiranno di bianco o di chiaro, ma poi si lasceranno giocare sui tappeti o in giardino, senza troppi riguardi ai loro vestiti. Il vestito dei bambini dev'essere molto semplice. A questo modo, non ci sarà bisogno di tormentarli gridando loro tutto il giorno: - Badate di non insudiciarvi, di non strapparvi i vestiti. - Senza dubbio, è bene insegnar loro per tempo ad esser puliti e ordinati, ma si deve anche capire che, nell'ardore dei loro giuochi, essi non possono pensare continuamente a sorvegliare i loro abiti. I bambini quieti, tranquilli, puliti, sono generalmente di salute cagionevole. Le madri hanno una tendenza a rimpinzare i loro bambini di dolci, guastando loro lo stomaco e l'appetito. Sarà difficile non dare a un bambino, di tanto in tanto, un confetto o un cioccolatino; ma non se ne farà un uso costante, e soprattutto si eviterà l'abuso che è sempre nocevole. Nei pasti, è bene fare in modo che i bambini non sorpassino mai i limiti del loro appetito e che non mangino cibi che eccitano o riscaldano. Ai loro piccoli stomachi non giova nè il vino, nè il caffè, nè la carne in gran quantità. I latticini, i legumi, le uova, un po' di carne bianca sono i cibi che più loro si confanno. Quanto alle bevande, l'acqua pura di fonte o minerale è la migliore di tutte; ma non arriveremo fino a proscrivere, come oggi è di moda, un po' di vino molto allungato. La prima e la seconda dentizione sono talvolta difficili e pericolose. Sarà bene, se si vede che tutto non precede regolarmente, consultare il medico. I bambini hanno bisogno di dormir molto. Si metteranno perciò a letto la sera molto presto, e si farà buio intorno ad essi. È una pessima abitudine tenerli svegli insieme coi grandi, finchè non si addormentano su una poltrona o sulle ginocchia della mamma: il vero sonno riparatore si fa a letto e svestiti. Generalmente, una mamma ha per il suo primo nato attenzioni e cure esagerate. Un po' per inesperienza, un po' per troppo affetto, essa finisce con l'avvezzarlo male e col rendergli necessari e indispensabili tanti riguardi perfettamente inutili e talvolta anche dannosi. Ecco: il bimbo dorme, e tutta la casa deve mantenere un religioso silenzio: guai a chi alza la voce, a chi non cammina in punta di piedi! Così abituato, il bambino si sveglia ad ogni più piccolo rumore: basta che una porta sbatta o un mobile scricchioli. Ancora: il bambino piange se la mamma non l'addormenta cullandolo; e la povera donna, vittima colpevole, passa ore e ore in camera a canticchiare sottovoce, perdendo un tempo prezioso. Care mammine, date ascolto a una mamma piena d'esperienza. Fino dai primi tempi mettete il vostro bambino nella sua culla, accomodatevelo con tutto l'amore e la diligenza possibile, e poi lasciatelo lì. Forse egli piangerà un po'; ma poi s'addormenterà placidamente; e una volta avvezzato così, non avrà mai bisogno d'esser cullato o tenuto sulle ginocchia. Quando dorme, evitate i rumori forti e improvvisi, che potrebbero farlo svegliare di soprassalto, ma lasciate che la vita della casa si svolga regolarmente intorno a lui. Oltre a risparmiarvi preoccupazioni e perdita di tempo, farete anche il vantaggio del vostro piccino. Quando sarà grande avrà il sonno più facile e più profondo, e non gli accadrà, come accade a tanti, di passare in un albergo una nottata bianca, per i rumori della strada o del corridoio.

Pagina 281

Nuovo galateo

189974
Melchiorre Gioja 1 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Il contadino, incorrotto » figlio della natura, anch'egli sa abbracciare; ma » questa suprema espressione d' amore ei la riserba » all' istante della semina gioia, al rivedere l'amato » figlio reduce dopo lagrimata assenza; l'amicizia » la esprime anch' egli porgendo la mano all'amico, » ma, come quegli che daddovero esprime ciò che » sente, ci mette franchezza e calor verace. Nella » diversità di tutti i quali casi ella però ravvisa » come rimanvi pur sempre ciò che è essenziale » ed universale, voglio dire la tendenza ad accostarsi » l'un l'altro, che è proprio il naturale » effetto dell'amicizia; e ben comprende » come tutta la differenza, dipendente da diversità di » condizioni, sta soltanto nel grado, nell'intimità » dell'unione ed in altre circostanze accessorie, » come sarebbe la delicatezza e l'ottusità del sentire, » il calore o la riservatezza dell'espressione. » Gli abitanti del Madagascar, come quelli che non » conoscono si vivaci espressioni d'amore quanto le » nostre, son paghi del loro sovrapporre l'una mano » all'altra dell'amico, nè tampoco stringerla, e nè » pure son usi d'abbracciarsi. Gli abitanti della nuova » Seelandia attestano il benevolo animo loro, premendo » naso a naso, si veramente come noi Europei » labbra a labbra ». Engel, opera citata. ll tocco delle mani è l'espressione si naturale dell'amicizia che presso gli antichi Persi chi mancava alla promessa accompagnata dal tocco delle mani, commetteva doppio peccato di quel che vi mancava senza averla accompagnta con questa cerimonia. Presso le legioni romane usavasi il dono delle destre. D'oro fosse o d'argento o d'altra materia questo segno rappresentava due destre unite insieme; solea darsi in dono come simbolo d'ospitalità, fedeltà, concordia. Trovasi spesso nelle medaglie coll'epigrafe. fides exercituum, concordia exercituum, consensus exercituum.

Pagina 176

La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192800
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 2 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

se tu potessi, o fanciulla, abbracciare di un solo sguardo quanto ha vita, moto, esistenza ; noverare le miriadi di stelle che ingemmano a notte i firmamenti, vederti passare sott'occhio le innumerevoli forme degli animanti, penetrare nel fondo dell'oceano o nelle viscere delle montagne, ammirare raccolti insieme le piante, i fiori, le frutta ogni altra produzione che vegeta nel doppio emisfero... e poi domandare a te stessa : V'ha egli nulla di tutto questo che non appartenga a Dio? Che non sia uscito dalle sue mani? E la mente e il cuor tuo, e la voce di tutti gli esseri si ripeterebbe in un suono concorde e solenne: - « Noi siamo creature di Dio ». Che se ogni cosa egli l'ha operata per sé medesimo, l'intero universo altro non è che una lieve manifestazione della sua potenza ; noi, creati, beneficati tanto da lui, 'figli prediletti dell'amor suo, non correremo ad offerirgli la venerazione, l'ossequio dei nostri cuori? Oh! amiamolo molto questo Dio, non solo grande, ma buono, ma provvido, ma tanto sollecito del nostro bene, che improntava l'universo di tanta bellezza, di tant'ordine, di tant'armonia. Ordine, belleza, armonia che pur fra le ombre di morte, di mezzo a cui ci aggiriamo, ne fanno trapelare alcun raggio di quella luce onde la sua parola infallibile ci ha promesso il pieno e perfetto godimento. E non gia quì, ove tuttto è labile, passeggero, caduco; ove la sete di felicità che ne affatica non può essere paga; ove la ricerca del vero stanca l'intelletto e nol fa contento ; ma nella stabile ed eterna dimora in cui su basi d'incrollato adamanto fiancheggia il suo trono.

Pagina 357

Quindi poco stante : «Ti chieggo, o mio caro padre, di permettere alla mia sorella di venirmi ad abbracciare; vorrei pur vedere la mia nutrice, le mie compagne ed amiche ». Quando furon venute, strinse loro la mano, e regalatele ciascuna di qualche cosa che a lei apparteneva : « Conservate, aggiunse loro, questi piccoli doni, siccome miei ricordi: e tu, mia sorella, addoppia cotanto le tue cure e la tua amorevolezza verso il nostro buon padre, ch'egli in te sola riunito ritrovi e l'amor mio e quello della sua sposa ». Non ho cuore di descrivere, come ben l'immagino, quale sarà stato il compianto ed il lamento di tutti gli astanti. Lilia sola pareva di tutti la meno desolata. Mostrar volle per ultimo la sua riconoscenza verso la nutrice, e pregò suo padre a provvederla di danaro e d'una porzion di terreno, sicchè non avesse poi a cadere nell'indigenza, e procacciar potesse a' suoi figli una buona educazione. Già la figlia di Fundano toccava il termine di sua carriera: più non potendo articolar voce, prese per la mano il padre suo e avvicinatolo al proprio seno, diegli una rivolta d'occhi tenerissima, e chiudendo placidamente i lumi, cessò di vivere.

Pagina 56

Nuovo galateo. Tomo II

194656
Melchiorre Gioia 2 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Infatti, voi credete che il vostro antagonista s'appigli al torto; ora egli non sarà forse restio ad abbracciare la vostra opinione, se gliela presentate nella sua nudezza scortata solo dagli argomenti che la dimostrano. Ma se cominciate dal rendere sospette lo sue intenzioni, voi l'offendete, voi lo provocate, voi non gli lasciate la calma necessaria per ascoltarvi con attenzione. Egli diviene parte contro di voi. Il calore si comunica dall'uno all'altro, i suoi amici s'interessano per lui; e quindi nascono non dì rado de' risentimenti che, estendendosi al di là della discussione associano all'opposizione politica tutta l'asprezza degli odii nazionali. Un uomo di carattere benevolo, modesto nella sua superiorità , generoso nella sua forza , confida solo ne' suoi argomenti, e sdegnerebbe di dovere la vittoria alle intenzioni supposte prave del suo nemico. 3.° Guardarsi dal perdere tempo e parole nel confutare cose palpabilmente false. In questi casi è meglio troncare il discorso e rimettersi all' opinione degli astanti, giacché la discussione recherebbe noia ad essi, senza riuscire a persuader l' avversario. Zenone negava l'esistenza del moto; Diogene, senza spendere parole, si mise a passeggiare: Zenone persistette nel suo paradosso, e Diogene continuó il suo passeggio. Allorchè Didone s' incontra negli Elisi con Enea, da cui era stata sì ingiustamente e sì barbaramente abbandonata, s'arresta ella per argomentare con lui e convincerlo ? Enea cerca di riacquistare il di lei animo, ella gli volge spregevolmente le spalle senza dir verbo. Badate bene che nei caso pratico l'orgoglio potrà ingannarvi ed indurvi a supporre palpabilmente false le altrui idee, o palpabilmente vere le vostre. La noia o l' approvazione che vedrete sul volto degli astanti, vi servirà di norma per troncare la discussione o continuarla. 4.° Non rispondere alle ingiurie che nel calor della disputa sfuggono di bocca all'avversario. Batti, ma ascolta, diceva Temistocle ad Euribiade, il quale alzava il bastone per provar la sua tesi. Questa fermezza d'animo in un uomo che era tutt'altro che vile, ci dice che si devono lasciar cadere GIOJA. Nuovo Galateo. Tom. Il. 9 a terra le ingiurie come nè dette nè sentite, e difendere le proprie con tutto il sangue freddo della ragione. Infatti da un lato nel calore della disputa fuggon di bocca parole che si ritrattano, appena cessato; dall'altro l'altrui caduta non giustificherebbe la nostra. In questi casi una risposta urbana che dimostri serenità d'animo, fa più impressione che non un torrente di villanie. Perché mi dite voi delle ingiurie in luogo di ragioni? Avreste voi preso le mie ragioni per ingiurie? diceva l'amabile Fénélon all'impetuoso Bossuet. Il padre Bouhours, assalito da M.r Menage con una batteria d'ingiurie, ne raccolse un centinaio delle più villane, quindi vi scrisse sotto queste poche parole: E forza convenire che questo sig. Menage é un uomo molto pulito.

Pagina 139

Al tempo di Luigi XIV e XV (fine del XVII e principio del XVIII secolo) i Francesi, oltre di cantare a mensa e bere insieme, si permettevano anco di abbracciare le donne; la quale indecenza cessata ha indotto un poeta a dire:

Pagina 279

Galateo morale

196361
Giacinto Gallenga 1 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Ma se prima di abbracciare una violenta risoluzione egli si abbocca colla moglie, questa gli farà conoscere con quella forza di persuasione che da l'affetto l'inconseguenza del suo procedere, e i tristi effetti di cui può essere cagione; e torna poco a poco alla mente agitata del marito quella riflessione, quella pacatezza che deve ognora procedere una importante decisione. Dicono i S. Proverbii che la moglie prudente viene da Dio. Perché dunque tenere in non cale, colui che ha la ventura di possederlo, un simile tesoro? perchè non approfittarne e stringere, con quelle saggie confidenze, l'affetto che nasce dall'estimazione? Alcuni sciocchi mariti non danno veruna importanza alle cure poste dalla moglie nel tenere in sesto la casa. Considerano questo zelo, questa passion per l'ordine, per la pulizia come una mania, non altro; ed anco qualchevolta ne ridono, quando non se ne mostrano impazienti. E non pensano costoro che con quelle cure minute le donne fanno un considerevole guadagno; giacché in tal modo nulla si guasta, nulla si perde, nulla si consuma inutilmente; sono meno frequenti, perchè più difficili a nascondersi, i furti, gli scialacqui per parte dei servitori. La polvere, la ruggine non ha alcuna presa sui mobili, sugli arnesi: il tarlo non si mangia gli abiti e va dicendo. Vi par poco tutto questo, o mariti?

Pagina 42

Signorilità

199754
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 3 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Pagina 158

non si tratterebbe di abbracciare la cameriera ogni dieci minuti, o di confidare i segreti palpiti del cuore alla cuoca... bensì di mandare la cameriera per un'ora a Villa Borghese a godere una giornata di sole, venuta dopo una settimana di pioggia, e di assumerci noi la spolveratura di un salotto...; piccola cosa, ma, facendo la quale, avremo progredito nella vita interiore, che è la vita vera, molto più che se avessimo dato cento o cinquecento lire a una sottoscrizione, in cui figura il nostro riverito nome... E poi, sentite: tre anni fa durante la settimana santa, il Padre Tacchi Venturi, l'illlustre gesuita, tenne, presso le Suore del Cenacolo, il solito ritiro pasquale a un centinaio di signore della migliore società, e, - mentre altre volte dei predicatori francesi avevano parlato sì della fraternità, ma in tesi generale, con quella squisita arte francese di non urtare mai nessuno, - egli abbordò l'argomento delle relazioni tra padroni e servi con perfetta chiarezza, basandosi sul Vangelo. E il mercoledì santo disse: «Signore, mentre voi siete qui, nella piazzetta davanti al convento stazionano le vostre automobili, con una sessantina almeno di conducenti: siccome essi hanno il dovere cristiano di fare Pasqua e siccome voi avete il preciso dovere di ricordarglielo e di facilitarglielo, avvertiteli che stasera essi troveranno qui un confessore. Domattina, poi, mentre io porgerò a voi il Dio che predilesse i lavoratori, gli umili e i diseredati, essi pure riceveranno Dio nella vicina cappella...». Ebbene, Signori, credetemi che Padre Tacchi Venturi disse, nel corso del ritiro, delle cose bellissime e sante, ma che diede la migliore lezione pratica, facendo riflettere a questo: nessuno ci obbliga ad essere cristiani, nè ci porta per forza in chiesa, ma, se noi stesse ci proclamiamo tali, se tali vogliamo essere, dobbiamo assolutamente agire come comanda e vuole Iddio, verso le persone che Egli ci ha messo accanto. E ce le ha messe accanto allo scopo di servirci in compenso di una rimunerazione, ma non per essere umiliati o per darci modo di sfogare i nostri capricci, i nostri malumori, i nostri nervi. Signore! credete che se, fino dal primo servizio, una ragazza trovasse buona maniera, pazienza, tolleranza, fiducia; se trovasse ordine e organizzazione in casa, farebbe una almeno discreta riuscita; credete che chi fa del bene riceve bene; ricordate che le nostre popolane hanno un fondo di generosità e di gratitudine, sanno distinguere e sanno apprezzare.

Pagina 505

E quando sapranno questo, i nostri generosi ragazzi italiani, affettuosi, tutto cuore, saranno ben felici di correre ad abbracciare la loro mamma anche se non veste da Patou; di saltare sul tram col babbo, che tutto il mondo cita a modello di onestà... Parliamo loro sempre al cuore, memori del motto di Stefano Türr, il cavalleresco ungherese che adorava la sua bambina: «Senza il cuore niente»... Come allontanarli da persone e da luoghi di corruzione? Facendo penetrare profondamente in essi la convinzione che la violazione di certe leggi, di certi ordinamenti, danneggia le energie fisiche, spirituali e morali dell'individuo, e che, in questi casi, la natura fa cadere su di lui dei castighi e la società li aggrava; facendo toccare con fatti alla mano, con esempi, che è così, che non può essere che così, che non potrà essere che così. Infine, diamo un'abilità, una via di lavoro ai nostri figlioli. Non ne avranno bisogno? Tanto meglio! Ne avranno? Lavoreranno gaiamente o, almeno, coraggiosamente, sapendo che Dio dà e ritira le ricchezze, in quanto possano servire al nostro posto nel mondo, e al nostro miglioramento. E potrei continuare, ma parlo da 40 minuti e non ne ho che cinque disponibili...

Pagina 522

Come si fa e come non si fa. Manuale moderno di galateo

200520
Simonetta Malaspina 1 occorrenze
  • 1970
  • Milano
  • Giovanni de Vecchio Editore
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

composto, senza approfittarne per abbracciare una graziosa signorina o una bella donna. Quanto ai balli moderni, abbiate il buon senso di rinunciarvi se avete superato i venticinque anni, o per lo meno se non sapete ballarli benissimo. Ma non per questo dovete ostinarvi su una posizione di nostalgia, chiedendo all'orchestra vecchi tanghi o valzer di Strauss oppure insistendo presso la persona che ha l'incarico di cambiare i dischi perché metta in audizione tutti i successi di vent'anni fa. Entrando in un night-club, gli uomini devono precedere la loro dama: e questo non per fare eccezione alla regola che impone di dare sempre la precedenza al gentil sesso, ma per non dare la sensazione alla donna di essere senza accompagnatore. Questo conduce anche a una seconda regola: una donna non deve mai entrare da sola in un locale da ballo. Anche due o più amiche non frequenteranno per nessun motivo un night-club o qualsiasi altro locale da ballo se non c'è almeno un uomo che le accompagni. A che età le ragazze possono andare a ballare? Stando alle regole classiche i diciott'anni sono quelli del debutto in società e del grande ballo in loro onore. In pratica le ragazze d'oggi cominciano a ballare molto prima, magari riunendosi in casa di questa o di quella compagna di scuola o frequentando determinati locali per giovani. Niente di male se tutto si svolge secondo le regole del lecito. Il ballo invece non deve servire da giustificazione e da pretesto per amicizie e riunioni poco consigliabili.

Pagina 42

Eva Regina

203408
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 2 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Si cantano al pianoforte romanze erotiche; il papà si lascia vedere a fare uno scherzo galante alla cameriera, la mamma tante volte flirteggia a sorrisi, a sguardi, a parolette spiritose col più intraprendente dei suoi adoratori; o la sorella fidanzata non si fa scrupolo di lasciarsi abbracciare e baciare dal futuro sposo, in cospetto dei fratellini minori. E gli occhi azzurri o neri che fioriscono nei visetti muti si spalancano, accolgono le visioni di qualche cosa ch' è per essi ancora l' incomprensibile, ma in cui intuiscono già l' illecito, l'impuro. E le orecchie ascoltano, recano per via dell' udito alla mente tenera l' impronta rude delle volgarità, delle miserie, dei pericolosi problemi dell' essere. Ascoltano e ritengono, poichè la profanazione della loro innocenza non è senza frutto ; così si demoralizzano presto, si fanno anzi tempo scettici, maliziosi, opportunisti : spesso diventano complici e imitatori. I buoni esempi additati dai maestri, le esortazioni dei genitori, i consigli dei buoni libri a nulla servono se nella vita dimentichiamo di nascondere ai fanciulli le nostre debolezze, le nostre defezioni: se dimentichiamo il rispetto dovuto all'infanzia che deve corazzarsi di fortezza e di fede. Ogni mamma dovrà dunque assolutamente impedire che davanti ai bambini si tengano certi discorsi, si inizino certe discussioni, si scenda a certi scherzi, non solo, ma vigilerà assai sui domestici, onde le loro parole e i loro atti nulla abbiano di sconveniente, e la vanità, la dissolutezza, la disonestà non si rivelino in azione ai fanciulli con la terribile efficacia dell' esempio. Io ho conosciuto madri di condotta immoralissima, ma che pure erano riuscite a farsi credere dai loro figliuoli modelli di virtù, perchè osservavano scrupolosamente che in loro presenza nessun atto, nessuna parola sfuggisse rivelando il contrario. E sebbene colpevoli, quelle madri dimostravano però col loro rispetto all'infanzia di onorare le purezza e il bene.

Pagina 200

Dice ancora Maria Pezzé Pascolato, consigliando l' operosità alle fanciulle ed esortandole a vincere dinnanzi alla bontà e alla dignità del lavoro ogni rispetto umano : « Se, purificata l' anima dalla vanità e dall' ambizione, credete vostro dovere di cercarvi un impiego o di abbracciare una professione : se avete bisogno di guadagnarvi la vita, o se, lavorando, potete alleggerire la vostra famiglia di un peso, amate il vostro lavoro e siatene fiere ».

Pagina 700