Essa dovrebbe abbracciare gli schemi giuridici dei singoli Stati, quelli dettati dall'osmosi tra ordinamenti e quelli che derivano dall'intreccio tra norme statali e norme dell'Unione. La riflessione riguarda in particolare tre temi. Anzitutto, la struttura della comparazione, che è il metodo di studio più congeniale al processo di integrazione europea. In secondo luogo, l'osmosi tra ordinamenti nazionali. In terzo luogo, il rapporto della scienza attuale con il passato: in particolare con il modello dello "ius commune" moderno e con l'eredità di Savigny. La conclusione è che la nuova scienza europea non può fondarsi sulla tradizione romanistica o sui modelli ottocenteschi (come oggi taluni ritengono), né per armonizzare gli ordinamenti statali né per descrivere o interpretare le normative dell'Unione. Ciò vale in relazione al campo privatistico e a quello del diritto pubblico. Il sapere giuridico europeo ha bisogno di una rigorosa storicizzazione dei propri oggetti di studio e deve comprendere in sé l'analisi dei profili funzionali, degli aspetti economici e politici rilevanti entro la vita del diritto.
Il riconoscimento del contributo come ''prestazione patrimoniale imposta'' è in linea con l'orientamento del legislatore del terzo millennio, che, considerata la sempre maggiore difficoltà di ridurre in un'unica terminologia le prestazioni tributarie imposte, via via emerse in una legislazione tanto tumultuosa quanto non coordinata, ha ormai abbandonato, progressivamente, il criterio nominalistico per abbracciare definitivamente quello contenutistico.