Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

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Mitchell, Margaret

221793
Via col vento 1 occorrenze
  • 1939
  • A. Mondadori
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
  • UNICT
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Un progetto che avevamo abbozzato il signor Kennedy ed io... - Non sapevo che voi e il signor Kennedy aveste affari insieme - insorse zia Pitty quasi indignata che qualcuna delle attività di Franco le fosse rimasta ignota. - Il signor Kennedy trattava molte cose - replicò Rhett rispettosamente. - Dobbiamo andare in salotto? - No! - esclamò Rossella con un'occhiata all'uscio chiuso. Le sembrava di vedere ancora la bara in quella stanza. Sperava di non dovervi entrare mai piú. Per una volta tanto, Pitty comprese e si sottomise senza troppa buona grazia. - Potete andare nello studio. Tanto io... debbo andare di sopra; ho della biancheria da rammendare. Povera me, ho trascurato tutto in questa settimana. Dichiaro... Cominciò a salire le scale con un'occhiata di rimprovero che non fu notata né da Rossella né da Rhett. Egli cedette il passo alla giovine per farla entrare nello studio. - Che affari avevate con Franco? - interrogò Rossella bruscamente. Egli si avvicinò e sussurrò: - Nessuno. Volevo soltanto togliermi di torno miss Pitty. - Fece una pausa; poi si curvò verso di lei. - Non è buona, Rossella. - Che cosa? - La Colonia. - Non vi capisco. - Mi capite benissimo. Avete bevuto parecchio. - E se anche fosse? Che ve ne importa? - Sempre di una squisita cortesia, anche nel piú profondo dolore. Non dovete bere da sola, Rossella. Si viene sempre a sapere ed è cosa che rovina la reputazione. Che avete, tesoro? La condusse al divano di legno rosa; ella sedette senza parlare. - Posso chiudere l'uscio? Rossella sapeva che se chiudessero l'uscio Mammy si scandalizzerebbe e le farebbe un sacco di prediche, brontolando per settimane intere; ma sarebbe ancor peggio se Mammy udisse la discussione sul bere, specialmente mettendola in rapporto con la scomparsa della bottiglia. Dunque annuí e Rhett accostò le porte scorrevoli. Quando egli tornò e le sedette accanto, il ribrezzo della morte si dileguò dinanzi alla vitalità irradiata da lui, e la stanza sembrò nuovamente piacevole e accogliente, le lampade rosee e calde. - Che avete, tesoro? Nessuno al mondo sapeva dire quella parola affettuosa con la dolcezza di Rhett, anche quando la diceva per ischerzo; ma in quel momento non aveva punto l'aria di scherzare. Ella gli levò in volto gli occhi tormentati e trovò conforto nell'impassibilità di lui. Non sapeva perché la sua presenza le producesse quell'effetto; ma forse la ragione era che egli, in fondo, le assomigliava. In certi momenti le era accaduto di pensare che tutti quelli che conosceva le erano estranei, ad eccezione di Rhett. - Non me lo potete dire? - E le prese la mano, stranamente affettuoso. - Non è soltanto il dolore per il vecchio Franco? Che c'è, avete bisogno di denaro? - Denaro? Oh no! Rhett, ho tanta paura... - Non fate la sciocca, Rossella; non avete mai avuto paura in vita vostra! - Ma adesso ho tanta paura, Rhett! Le parole le si affollavano alle labbra piú rapidamente di quanto ella potesse pronunciarle. A Rhett poteva dir tutto. Era stato anche lui tanto cattivo che certo non l'avrebbe giudicata. Che bellezza conoscere qualcuno che era malvagio e disonesto, chiacchierone e bugiardo, mentre il mondo era pieno di gente che non avrebbe mentito neanche per salvarsi l'anima e che preferirebbe morire piuttosto che compiere un'azione disonesta! - Ho paura di morire e di andare all'inferno. Se egli avesse riso, sarebbe morta. Ma Rhett non rise. - Siete in ottima salute, mi pare... e forse l'inferno non c'è. - C'è, Rhett! Sapete benissimo che c'è! - So che c'è; ma è qui, sulla terra. Non dopo che saremo morti. Dopo la morte non vi è nulla, Rossella. Il vostro inferno lo provate adesso. - Questa è una bestemmia, Rhett! - Che però è confortante. Ditemi: perché dovreste andare all'inferno? Ora motteggiava; i suoi occhi brillavano beffardi. Ma Rossella non vi fece caso, perché le sue mani erano calde e forti, e aggrapparsi ad esse era un conforto. - Rhett, non avrei dovuto sposare Franco. Ho fatto male. Era il fidanzato di Súsele e amava lei, non me. Ma io gli diedi ad intendere che lei stava per sposare Toni Fontaine. Come ho potuto far questo? - Ah, è andata cosí! Mi ero chiesto tante volte come mai... - E poi l'ho reso infelice. Gli ho fatto fare ogni specie di cose che gli ripugnavano, costringendolo, per esempio, a farsi pagare da gente che veramente non era in condizioni di farlo. Ed era cosí addolorato perché gestivo gli stabilimenti e perché avevo costruito la bettola e assunto i forzati... Si vergognava al punto da non osare piú di alzar la testa. E poi, l'ho ucciso. Sí, l'ho ucciso io! Non sapevo che facesse parte del Klan. Non immaginavo che avesse tanta audacia. Ma avrei dovuto saperlo. E l'ho ucciso. - «Tutte le acque dell'oceano non detergeranno queste mie mani...» - Come? - Niente. Andate avanti. - Avanti? È tutto qui. Non basta? L'ho sposato, l'ho reso infelice e l'ho ucciso. Dio mio! E tutto mi sembrava giusto, quando lo feci; ma ora capisco che ho fatto male. Mi pare di non essere stata io a fare tutte queste cose... Sono stata perversa con lui, ma senza volere. Non ero stata educata in questo modo. La mamma... - Si interruppe e inghiottí. Aveva evitato tutto il giorno di pensare ad Elena, ma ora non poteva piú scacciare l'immagine di lei. - Mi sono chiesto spesso come poteva essere - fece Rhett. - Mi sembra che voi somigliate piuttosto a vostro padre. - La mamma era... Oh Rhett, per la prima volta sono contenta che sia morta, cosí non può vedermi. Non mi aveva allevata per essere malvagia e perversa. Era cosí buona con tutti! Avrebbe preferito che io morissi di fame piuttosto che agire cosí. Desideravo tanto di essere come lei in tutto e per tutto e non le somiglio affatto. Non ci pensavo... c'erano tante altre cose da pensare... ma avrei voluto somigliarle. Non volevo essere come il babbo. Gli volevo bene, ma egli era cosí... cosí... spensierato. A volte ho cercato di essere gentile col mio prossimo e buona con Franco; ma allora tornava l'incubo e mi faceva tanta paura! E desideravo soltanto di correre ad afferrare del denaro, fosse o non fosse mio. Le lagrime le scorrevano sul volto, ed ella si era aggrappata a lui con tanta forza che egli sentí le sue unghie penetrargli nella carne. - Che incubo? - la sua voce era dolce e calmante. - Ah, già... dimenticavo che non sapete. Quando cercavo di esser buona e di dire a me stessa che il denaro non è tutto, andavo a letto e sognavo di essere a Tara, subito dopo la morte della mamma e dopo la venuta degli yankees. Rhett, non potete immaginare... Mi vien freddo a pensarci! Tutto bruciato e niente da mangiare. E nel sogno sono torturata dalla fame! - Andate avanti. - Ho fame; e tutti, il babbo, le ragazze e i negri, muoiono d'inanizione. E si raccomandano a me e io dico continuamente: «Se riesco ad uscirne, non voglio soffrir la fame mai più»; e allora il sogno si trasforma in una nebbia grigia attraverso la quale io corro, corro disperatamente, col cuore che mi scoppia; sono inseguita da qualche cosa e non posso respirare; ma penso che se riesco ad arrivare, sarò salva. Ma non so dove io cerchi di arrivare. Allora mi sveglio tremando di freddo e di spavento. E quando mi sveglio mi pare che nel mondo non vi sia abbastanza denaro per potere impedire che io soffra la fame... In quei momenti Franco era cosí sdolcito e meschino che diventavo furibonda e perdevo la calma. Credo che non mi capisse; ed io non cercavo di farmi capire. Pensavo che un giorno, quando avessi avuto del denaro, gli avrei spiegato... Ed ora è morto ed è troppo tardi. Ed io ho fatto male... Se dovessi rifarlo, credo che agirei diversamente. - Basta - impose Rhett svincolandosi dalla stretta frenetica di Rossella e traendo di tasca un fazzoletto pulito. - Asciugatevi gli occhi. Non c'è buon senso a disperarsi in questo modo. Ella prese il fazzoletto e si asciugò le guance, piú sollevata perché le sembrava di aver deposto un po' del suo grave fardello sulle larghe spalle di Rhett. Egli appariva cosí calmo e tranquillo; e anche la piega leggera della sua bocca la confortava perché provava che la sua angoscia e la sua confusione erano eccessive. - Vi sentite meglio adesso? Dunque, vediamo di andare in fondo a questa faccenda. Dite che se doveste tornare da capo, agireste in modo differente. Ma è vero questo? Riflettete un momento. Agireste davvero in altro modo? - Ma... - No; tornereste a fare lo stesso. Avevate altra scelta? - No. - E allora perché vi disperate? - Perché sono stata cattiva ed ora lui è morto. - E se non fosse morto, voi continuereste ad essere cattiva. Insomma, se ho ben capito, voi non siete addolorata perché avete sposato Franco, siete stata caparbia con lui e avete senza volerlo cagionato la sua morte. Siete disperata solo perché avete paura di andare all'inferno. È cosí? - Ma... mi sembra che sia lo stesso. Tutto è cosí confuso... - Anche la vostra morale è considerevolmente confusa. Voi siete nella esatta posizione di un ladro che è stato colto con le mani nel sacco, e non è addolorato perché ha rubato ma perché ha una tremenda paura di andare in prigione. - Un ladro... - Oh, non prendete le cose alla lettera! In altre parole: se non aveste questa stupida idea di potere essere dannata per l'eternità, sareste ben contenta di esservi liberata di Franco. - Rhett! - Andiamo! Dal momento che vi state confessando, tanto vale che diciate tutta la verità, piuttosto che una decorosa menzogna. Ditemi un po': la vostra... hm... coscienza vi ha mosso molti rimproveri quando voi avete offerto... come vogliamo dire?... quel tesoro che è piú caro della vita, per trecento dollari? L'acquavite stava adesso lavorando nel cervello della giovane donna che si sentiva un po' stordita e indifferente. - Veramente non ho pensato a Dio in quel momento... né all'inferno. E quando vi ho pensato... ho calcolato che Dio avrebbe compreso. - Ma non avete pensato che Dio avrebbe compreso anche la ragione per cui sposavate Franco? - Come fate, Rhett, a parlare cosí di Dio mentre non ci credete? - Ma voi credete in un Dio della collera; e questo è ciò che importa adesso. Perché il Signore non dovrebbe comprendere? Siete forse spiacente di possedere ancora Tara e che questa non sia in mano dei «Carpetbaggers»? Vi dispiace di non essere affamata e lacera? - Oh no! - E avevate altra alternativa, eccetto quella del matrimonio con Franco? - No. - Chi lo ha costretto a sposarvi? Gli uomini hanno il libero arbitrio. E perché si è lasciato trascinare da voi a fare quello che non voleva? - Ma... - Non vi tormentate, Rossella. Se doveste tornare da capo, voi sareste ancora trascinata a mentire e lui a sposarvi. Vi esporreste nuovamente a un pericolo ed egli dovrebbe vendicarsi. Se egli avesse sposato la vostra sorellina, forse non sarebbe morto, ma essa lo avrebbe reso anche piú infelice di quanto avete fatto voi. Non poteva andare diversamente. - Ma io avrei potuto essere piú buona con lui. - Avreste potuto... se foste stata differente. Ma eravate nata per tiranneggiare chi ve lo avesse consentito. I forti sono fatti per essere tiranni e i deboli per piegarsi. È stata colpa di Franco che non vi ha percossa con la frusta... Mi meraviglio di voi, Rossella che sentite svegliarsi la vostra coscienza a quest'età. Gli opportunisti come voi non dovrebbero averne. - È un male essere opportunista? - È sempre stata ritenuta una cosa vergognosa... specialmente da quelli che hanno avuto le stesse opportunità e non le hanno colte. - Oh Rhett... Voi state scherzando mentre io credevo che sareste stato gentile! - Sono gentile... Ma voi, cara Rossella, siete brilla. Ecco tutto. - Come osate... - Oso. Siete sull'orlo di quella che volgarmente si chiama una «sbornia malinconica»; quindi cambierò argomento e vi rallegrerò raccontandovi qualche notizia che vi divertirà. Veramente, stasera sono venuto qui espressamente per parlarvi di questo prima di partire. - Dove andate? - In Inghilterra; e forse rimarrò assente qualche mese. Lasciate un po' stare la vostra coscienza, Rossella. Non ho voglia di continuare a discutere sulla salvezza della vostra anima. Volete sentire questa novità? - Ma io... - cominciò Rossella debolmente e s'interruppe. Fra l'acquavite, che stava attenuando le aspre punture del rimorso e le parole beffarde ma consolatrici di Rhett, il pallido spettro di Franco si andava ritraendo nell'ombra. Forse Rhett aveva ragione. Forse Dio comprenderebbe. Si riprese abbastanza per poter ricacciare l'idea in fondo al suo cervello e decidere: «Ci penserò domani.» - Che novità? - chiese con sforzo, soffiandosi il naso nel fazzoletto di lui e spingendo indietro i capelli che avevano cominciato a scompigliarsi. - La novità è questa. - E Rhett sorrise. - Vi desidero ancora piú di quanto abbia mai desiderato alcuna donna; e credo che ora che il povero Franco non c'è piú, vi interessi saperlo. Rossella strappò le mani dalla sua stretta e balzò in piedi. - Io... Voi siete l'individuo screanzato che esista! Venire proprio in questo momento a farmi dei discorsi... Dovevo saperlo che siete sempre lo stesso! Col cadavere di Franco ancora caldo! Se aveste un po' di costumatezza... uscite subito da questa... - State zitta, altrimenti fra un momento vedrete qui miss Pitty - rispose Rhett senza alzarsi ma afferrandola per i polsi. - Temo che non abbiate compreso la mia idea. - La vostra idea? Non ci tengo. - Ella lottò per svincolarsi. - Lasciatemi e uscite. Non ho mai visto una simile mancanza di tatto! - Zitta! - ribatté Rhett. - Vi sto chiedendo di sposarmi. O volete che mi metta in ginocchio? - Oh... - fece Rossella ansimando; e piombò a sedere sul divano. Lo fissò a bocca aperta, chiedendosi se forse era l'acquavite che le faceva uno scherzo, poiché ricordava la dichiarazione di Rhett: «Mia cara, io sono di quegli uomini che non si ammogliano». O lei era ubriaca o lui era pazzo. Ma non ne aveva l'aspetto. Sembrava calmo come se avesse parlato del sole e della pioggia e la sua cadenza strascicata colpí le sue orecchie senza un'enfasi particolare. - Vi ho sempre desiderata, Rossella, da quel giorno che vi vidi alle Dodici Querce, quando scagliaste il portafiori, dimostrando cosí che non eravate una signora. Ho sempre avuto l'intenzione di farvi mia, in un modo o in un altro. Ma poiché voi e Franco avete messo assieme un po' di denaro, capisco che non verrete piú a farmi qualche interessante proposta di prestiti e garanzie. Quindi vedo che mi tocca sposarvi. - È uno dei vostri soliti scherzi, Rhett? - Ma come: io vi apro l'anima mia e voi fate delle insinuazioni! No, Rossella: questa è una vera e propria dichiarazione, in debita forma. Riconosco che non è di buon gusto farla in questo momento, ma ho una buona giustificazione per la mia sconvenienza. Parto domani per una lunga assenza e temo che se aspetto il mio ritorno, vi troverò sposata con qualcuno che ha un po' di denaro. E allora ho pensato: perché non io, e il mio denaro? Veramente, Rossella: non posso passar la vita a cercare di afferrarvi fra un marito e l'altro. Parlava sul serio. Non vi era dubbio. Nel rendersi conto di questo ella si sentí la bocca arida e inghiottí. Lo guardò negli occhi per potergli rispondere e li vide ridenti, ma con qualche cosa di profondo che non vi aveva mai visto prima; una strana lucentezza che sfidava ogni analisi. Sedeva con aria indifferente; ma ella comprese che la sorvegliava attentamente come un gatto sorveglia la tana di un sorcio. Nella sua calma era un senso di forza rattenuta che la fece indietreggiare un po' sgomenta. Le chiedeva di sposarlo: commetteva un gesto incredibile. Una volta Rossella si era proposta di tormentarlo se le avesse rivolto quella richiesta; si era proposta di umiliarlo e di fargli sentire il proprio potere, assaporando una gioia maligna nel far questo. Ora egli aveva detto quelle parole, ed ella si sentiva piú che mai in suo potere; e non le veniva neanche in mente ciò che aveva avuto in animo di fare. Come una ragazza a cui fosse stata rivolta per la prima volta una parola d'amore, arrossí e mormorò: - Non... non mi sposerò mai piú. - Ma sí, vi sposerete. Siete nata per essere moglie. Perché non mi sposereste? - Perché... non vi amo, Rhett. - Questo non è un ostacolo. Non mi pare che nelle vostre due esperienze matrimoniali l'amore abbia avuto gran parte. - Come potete dir questo? Sapete che a Franco volevo bene! Egli non rispose. - Sí, gli volevo bene! - Va bene; non discutiamo. Volete riflettere sulla mia proposta mentre io sarò lontano? - Rhett, non mi piacciono le cose che si trascinano. Preferisco rispondervi subito. Penso di tornare a Tara, lasciando Lydia Wilkes con zia Pitty. Desidero andare a casa per molto tempo e... non desidero rimaritarmi. - Storie. Perché? - Cosí... Non mi piace essere maritata. - Ma, mia povera figliuola, voi non siete mai stata veramente maritata. Che cosa volete sapere...? Ammetto che siete stata disgraziata... una volta per dispetto e un'altra volta per denaro... Avete mai pensato a sposarvi... per il piacere di farlo? - Piacere! Non dite sciocchezze. Non vi è nessun piacere nel matrimonio. - No? Perché no? Ella aveva ripreso una certa calma e insieme a questa l'acquavite riportava a galla la naturale schiettezza. - Sarà un piacere per gli uomini... E Dio sa perché! Non l'ho mai capito. Ma la donna non ne ricava altro che il proprio mantenimento e un sacco di lavoro; e poi bisogna accontentare la pazzia del marito... e un bambino all'anno. La risata di Rhett fu cosí sonora che echeggiò nel silenzio della casa e Rossella udí aprire la porta della cucina. - Zitto! Mammy ha delle orecchie di lince; e non sta bene ridere cosí forte dopo... Smettetela di ridere! Sapete che quello che dico è la verità. Piacere! Storie! - Ho detto che siete stata disgraziata; e quello che dite ne è la prova. Avete sposato un ragazzo e un vecchio. E per soprammercato, scommetto che vostra madre vi ha detto che bisogna sopportare «quelle cose» perché poi si ha il compenso della maternità. Beh, tutto questo non è esatto. Perché non provate a sposare un uomo giovine che ha una cattiva reputazione e che sa fare con le donne? Vi assicuro che è piacevole. - Siete grossolano e presuntuoso; e mi pare che questa conversazione stia andando troppo in là. E sia... assolutamente volgare. - Ma è anche divertente, no? Scommetto che non avete mai discusso sulle relazioni coniugali, neanche con Carlo e con Franco. Ella lo guardò aggrottando le ciglia. Decisamente Rhett sapeva troppe cose, Dove diamine aveva imparato tutto quello che sapeva sulle donne? Era proprio sconveniente. - Non fate il cipiglio. Fissate l'epoca, Rossella. Non vi chiedo un matrimonio immediato a causa della vostra reputazione. Lasceremo un intervallo conveniente. A proposito: quanto è un «intervallo conveniente»? - Non ho detto affatto che vi sposerò. E non è conveniente neanche parlarne in questi momenti. - Vi ho detto la ragione che mi spinge a parlarvene. Parto domani e sono un innamorato troppo ardente per reprimere piú a lungo la mia passione. Ma forse sono stato troppo precipitoso nella mia richiesta. Con una subitaneità che la sbalordí, egli scivolò dal divano in ginocchio e, con una mano sul cuore, recitò rapidamente: - Perdonatemi se vi ho sbigottita con l'impeto del mio sentimento, mia cara Rossella... volevo dire, signora Kennedy. Ma non può esservi sfuggito che da un pezzo l'amicizia che nutrivo per voi si è trasformata in un sentimento assai piú profondo, molto piú bello, piú puro, piú sacro. Oserò nominarvelo? Ah! È l'amore che mi rende cosí temerario! - Alzatevi! - minacciò Rossella. - Non fate lo sciocco... Se Mammy entrasse e vi vedesse?! - Sarebbe stupita e incredula vedendomi per la prima volta cosí gentile - replicò Rhett alzandosi con leggerezza. - Andiamo, Rossella: non siete una bambina né una scolaretta che cerca la scusa delle convenienze o altro del genere. Dite che mi sposerete al mio ritorno, o, dinanzi a Dio, non partirò. Rimarrò qui e tutte le sere verrò a suonare la chitarra sotto le vostre finestre e a cantare con quanta voce ho in gola; vi comprometterò, sicché dovrete sposarmi per salvare la vostra reputazione. - Siate ragionevole, Rhett. Non mi voglio rimaritare. - No? Ditemi la ragione. Non può essere timidezza di ragazzina. Che cos'è? Improvvisamente ella pensò ad Ashley, lo vide chiaramente come se le fosse accanto, coi suoi capelli d'oro, gli occhi sonnolenti, pieno di dignità, cosí straordinariamene diverso da Rhett. Ecco la vera ragione per cui non voleva rimaritarsi, benché non avesse una particolare obiezione contro Rhett che a volte le era anche simpatico. Ella apparteneva ad Ashley, da sempre e per sempre. Non aveva mai appartenuto a Carlo né a Franco, non potrebbe mai appartenere veramente a Rhett. Tutto ciò che ella aveva fatto, lo aveva fatto soltanto perché amava Ashley. Ashley e Tara: ella apparteneva a loro. I sorrisi, i baci, il riso che aveva dato a Carlo e a Franco erano di Ashley, anche se egli non li aveva mai chiesti e non li avrebbe chiesti mai. E nella profondità del suo essere era il desiderio di conservarsi per lui, benché sapesse che mai egli la prenderebbe. Non sapeva che il suo viso era mutato, assumendo, attraverso quei pensieri una dolcezza che Rhett non aveva mai visto prima. Egli fissava gli occhi verdi un po' obliqui, la tenera curva delle labbra rosse, e per un attimo si sentí mancare il respiro. Quindi egli torse la bocca con violenza e bestemmiò, spazientato. - Siete una stupida, Rossella O'Hara! Prima che ella fosse tornata presente col pensiero, egli l'aveva circondata con le sue braccia dure e forti, come quella notte, tanto tempo fa, sulla buia strada di Tara. Ella provò nuovamente quello smarrimento, quel senso di condiscendenza, quel calore che la indebolivano. E il volto serio di Ashley Wilkes si confuse e dileguò nel nulla. Egli le ripiegò la testa sul proprio braccio e la baciò, dapprima dolcemente e poi con un crescendo d'intensità che la costrinse ad aggrapparsi a lui come alla sola cosa ferma in un mondo che le girava a attorno. La bocca insistente di lui le scostò le labbra tremanti, facendole correre attraverso i nervi dei brividi violenti, svegliando in lei sensazioni che non aveva mai conosciute. E prima che lo stordimento la vincesse completamente, Rossella si accorse di ricambiare il suo bacio. - Basta, vi prego... svengo! - sussurrò cercando fiaccamente di volgere il capo altrove. Egli le strinse la testa piú fortemente contro la sua spalla e Rossella intravide confusamente il volto bruno di lui, i suoi occhi spalancati e che avevano una strana lucentezza. Il tremito del suo braccio la spaventò. - Voglio farvi svenire. Voglio farvi svenire. Sono anni che siete in attesa di questo... Nessuno degli imbecilli che avete conosciuto vi ha mai baciata cosí... Non è vero? Né il vostro prezioso Carlo né Franco né quell'idiota del vostro Ashley... - Vi prego...! - Ho detto quell'idiota del vostro Ashley. Tutti signori... Che cosa sapevano delle donne? Che cosa capivano di voi? Io vi conosco. La sua bocca fu nuovamente su quella di Rossella ed ella si arrese senza lottare, troppo debole per volgere il capo e senza neppur desiderio di volgerlo; il corpo scosso dai battiti violenti del cuore, mentre la paura della forza di lui e della propria debolezza le dava il capogiro. Se non smetteva, certo ella perderebbe i sensi. Se smettesse... non smetterebbe mai?! - Dite di sí! - Le labbra di Rhett erano incollate alle sue ed ella vedeva i suoi occhi cosí vicini che le sembravano enormi, come se riempissero il mondo intero. - Ditemi di sí, maledizione o... Ella mormorò «sí» senza neanche accorgersene. Come se, per suggestione, il monosillabo le fosse uscito dalle labbra senza sua volontà. Ma appena lo ebbe pronunciato, si sentí improvvisamente calma; il capo cessò di girarle e anche l'ebbrezza dell'acquavite diminuí di botto. Gli aveva promesso di sposarlo senza averne affatto l'intenzione. Non sapeva come tutto ciò fosse accaduto, ma non le dispiaceva. Ora le sembrava naturale di aver detto «sí», quasi come se, per divino intervento, una mano piú forte, della sua si fosse impadronita delle sue faccende per risolverle. Egli respirò profondamente e si chinò come per baciarla di nuovo; ella piegò il capo indietro e chiuse gli occhi. Ma Rhett si ritrasse senza baciarla e ciò le diede una leggera delusione. Essere baciata in quel modo le dava una sensazione strana ma eccitante. Egli rimase un po' di tempo a sedere tenendo ancora la testolina di lei appoggiata alla propria spalla; e come se si fosse imposto uno sforzo, il tremore delle sue braccia cessò. Si scostò un momento e la guardò. Ella aperse gli occhi e vide che quell'ardore che l'aveva spaventata era scomparso dal volto di Rhett. Si sentí incapace di sostenere il suo sguardo e chinò gli occhi confusa e fremente. Quando egli parlò, la sua voce era calmissima. - Avete detto sul serio? Non avete l'intenzione di ritirare la vostra parola? - No. - Non è stato perché... hm... come si dice?... vi ho fatto « perdere il lume degli occhi» col mio ardore? Ella non rispose, perché non sapeva che cosa dire; era tuttora incapace di guardarlo. Rhett le pose una mano sotto il mento e le sollevò il volto. - Vi ho detto una volta che avrei sopportato da voi qualunque cosa, eccetto una menzogna. E ora voglio la verità. Perché avete detto di sí? Rossella si sentí ancora impossibilitata a rispondergli; ma avendo riacquistata un po' di padronanza di sé, continuò a tenere gli occhi pudicamente abbassati ma sollevò un poco gli angoli delle labbra in un piccolo sorriso. - Guardatemi. È per il mio denaro? - Oh, Rhett! Che domanda! - Guardatemi e non cercate di imbrogliarmi. Io non sono Carlo né Franco ne uno di quei giovinotti della Contea che si sono lasciati prendere alla pania delle vostre ciglia palpitanti. È per il mio denaro? - Ma..., in parte, sí. - In parte? Sembrò che la risposta non lo irritasse. Respirò ancora rapidamente, e fece uno sforzo per spegnere nei propri occhi l'ardore che le parole di lei vi avevano acceso; un ardore che a lei la confusione impediva di scorgere. - Ecco - cominciò Rossella imbrogliandosi e confondendosi nelle parole - il denaro è necessario... Lo sapete benissimo, Rhett; E Franco non ne ha lasciato molto. Ma poi... noi siamo adatti uno all'altro... E voi siete il solo, fra quanti uomini ho conosciuti, che sopporta la verità da una donna; è piacevole avere un marito che non vi crede una stupida e al quale non occorra raccontare delle frottole... e... sí, Rhett, vi voglio bene. - Mi volete bene? - Oh Dio - ribatte ella stizzosamente - se dicessi che vi amo pazzamente, mentirei; e per di piú, voi non lo credereste. - A volte, gioia mia, ho l'impressione che esageriate nel dire la verità. Non credete che sarebbe piú carino da parte vostra dire: «Rhett, vi amo», anche se non fosse vero? Ella rimase anche piú confusa, non comprendendo dove egli volesse arrivare. Sembrava cosí strano, agitato, irritato, beffardo; lo vide ritrarre le mani da quelle di lei e ficcarle nelle tasche dei calzoni, e si accorse che stringeva i pugni. «Se anche dovessi perdere il marito, voglio dire la verità» pensò allora torva, col sangue in tumulto come sempre quando egli la tormentava. - Sarebbe una menzogna, Rhett; e a che scopo dovremmo dire delle sciocchezze? Vi voglio bene, ve l'ho detto. E voi mi capite. Una volta mi avete detto che non mi amavate perché avevamo troppi punti in comune. Tutti e due furfanti; questa fu la vostra... - Dio mio! - sussurrò Rhett rapidamente volgendo il capo altrove. - Preso nella mia stessa trappola! - Che avete detto? - Nulla. - La guardò e rise; ma non era un riso cordiale. - Fissate l'epoca, cara - e rise di nuovo, chinandosi a baciarle le mani. Ella provò sollievo nel vedere che il malumore era passato, e sorrise a sua volta. Rhett giocherellò per un istante con la sua mano rispondendo al suo sorriso. - Vi è mai capitato, fra i romanzi che leggete, di trovare la vecchia situazione della moglie indifferente che si innamora del proprio marito? - Sapete che non leggo romanzi - rispose Rossella; e cercando di mettersi all'unisono col suo tono scherzoso continuò: - Del resto, una volta mi avete detto che è il colmo del cattivo gusto, marito e moglie che si amano. - Quante cose maledettamente idiote ho detto! - ritorse egli bruscamente e si alzò in piedi. - Non imprecate. - Dovreste abituarvici, e imparare a imprecare anche voi. Dovreste assuefarvi a tutte le mie cattive abitudini. Questo fa parte del prezzo per... volermi bene e mettere i vostri graziosi artigli sul mio denaro. - Sentite: non mettete le cose in questi termini, soltanto perché io non ho voluto mentire allo scopo di farvi diventare presuntuoso. Voi non siete innamorato di me, non è vero? Perché io dovrei esserlo di voi? - No, cara, non vi amo, come voi non mi amate; e se vi amassi, sareste l'ultima persona a cui lo direi. Dio protegga l'uomo che vi ama davvero. Perché voi spezzereste il suo cuore, tesoro, da quella gattina perversa e crudele che siete, cosí incurante e sicura che non si prende neanche il disturbo di nascondere i suoi artigli. La trasse in piedi e la baciò di nuovo; ma questa volta la sua bocca era diversa; sembrava che egli cercasse di irritarla, offenderla, insultarla. Le sue labbra scivolarono sulla sua gola e infine premettero il taffettà sul suo seno, cosí a lungo e con tanta forza che ella si sentí bruciare la pelle. Alzò le mani a respingerlo, con verecondia oltraggiata. - Non dovete! Come osate...?! - Avete il cuore che batte come quello di un coniglio - motteggiò Rhett. - Se fossi presuntuoso, penserei che quei battiti son troppo veloci per un semplice affetto. Lisciatevi le penne arruffate. E smettete quell'aria di verginella. Ditemi che cosa debbo portarvi dall'Inghilterra. Un anello? Come lo volete? Ella ondeggiò un momento fra l'interesse destato da queste ultime parole e il desiderio femminile di prolungare la scena di collera e di indignazione. - Oh... un anello di brillanti, Rhett... molto grosso! - Cosí potrete farlo scintillare dinanzi agli occhi delle vostre amiche povere dicendo: «Vedete che cosa ho ghermito!» Benissimo; avrete un grosso anello, tanto grosso che le vostre amiche meno fortunate potranno consolarsi sussurrando che portare delle gemme cosí grandi non è da signora. Improvvisamente attraversò la stanza ed ella lo seguí stupita fino alla porta chiusa. - Che c'è? Dove andate? - A casa mia, a finire il bagaglio. - Ma... - Che cosa? - Niente. Vi auguro buon viaggio. - Grazie. Aperse l'uscio e attraversò il vestibolo; Rossella lo seguiva, un po' sconcertata come per un mutamento inatteso dell'atmosfera. Egli infilò il soprabito e prese guanti e cappello. - Vi scriverò. Fatemi sapere se cambiate idea. - Non volete... - Che cosa? - Sembrava impaziente di andar via. - Baciarmi come saluto? - Fu un bisbiglio, come se ella avesse temuto le orecchie della casa. - Non vi pare di avere avuto abbastanza baci per una sera? - ritorse egli sorridendole. - Pensare che una giovine donna pudica e bene allevata... Ma non ve lo avevo detto che vi sarebbe piaciuto? - Siete un individuo impossibile! - gridò lei incollerita, senza piú curarsi di essere udita da Mammy. - E se non tornate piú, non me ne importa nulla! Si voltò e corse a precipizio su per le scale, aspettando di sentire la sua calda mano sul braccio per fermarla. Invece egli aperse tranquillamente la porta d'ingresso; una corrente fredda penetrò nel vestibolo. - Ma tornerò - disse soltanto; ed uscí, lasciandola in cima alle scale con gli occhi fissi sulla porta chiusa.

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