Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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L'idioma gentile

208883
De Amicis, Edmondo 1 occorrenze
  • 1905
  • Fratelli Treves Editori
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Non che fosse propriamente taciturno: alle conversazioni degli amici prendeva parte; ma accennava ogni suo pensiero con poche sillabe, in modo informe, e masticava il resto, con voci inarticolate, e con un atto del capo e un cenno trascurato della mano invitava l'uditore a fare in vece sua il molesto lavoro di compiere l'espressione dell'idea ch'egli aveva abbozzata. Con un come si dice? si liberava dalla seccatura di dir la cosa; lasciava a mezzo ogni periodo con un insomma, tu capisci; e con la parola coso faceva di meno di mille vocaboli. Per questo gli avevan dato il soprannome di Coso. - " Sai, questa mattina ho veduto coso, laggiù.... Dice che per quell' affare...., tu sai.... niente; salvo il caso.... ma neanche nel caso.... Tu m'intendi - -. Era questa la forma tipica del suo discorso. - Tu sai.... coso - diceva d'un amico ammalato, e non si curava neppure di dir che era morto : indicava con un gesto che se n'era andato. Fu lui che annunziò agli amici l'elezione del nuovo Papa, il cardinale Pecci. Eletto - disse. - Chi hanno eletto? - Coso - rispose; e non pronunziò il nome che alla seconda domanda. Era in parte affettazione, come si dice che usasse fra certi nobili francesi del secondo Impero; ma era più che altro una grande pigrizia, venuta a poco a poco a tal segno, che gli dava molestia anche il parlare degli altri. Quando sentiva un amico esprimere, discutendo, il proprio pensiero con un periodo filato e lunghetto, lo guardava con l'aria di deriderli) per quella fatica inutile ch'egli faceva, come avrebbe guardato uno che si stroncasse a sollevare un baule per la curiosità di saper quanto pesa. Quando il racconto di qualcuno si prolungava oltre un minuto, non faceva complimenti: chiudeva gli occhi e fingeva di dormire. Dal tempo che andava a scuola, dove a nessun professore era mai riuscito di cavargli più di quindici righe su qualunque soggetto di componimento, egli era venuto restringendo sempre più il suo linguaggio, nel quale ai vocaboli si sostituivano i gesti, e alla pronunzia scolpita un barbugliamento d'addormentato. Egli aveva un gesto per dire: - Non ti fidar del tale: è un briccone; - un gesto per annunziare che una commedia aveva fatto fiasco, che un certo affare non premeva, che d' un altro affare non si voleva impicciare; e tutte le gradazioni dello stupore, della maraviglia, del dispiacere esprimeva con una sola esclamazione, diversamente intonata: - Oh diavolo! - E s'aveva un bel burlarlo di questa sua stranezza: egli scrollava le spalle e rispondeva: - Chiacchieroni! - Una volta sola, ch'io mi ricordi, egli fece il miracolo di esprimere senza reticenze, benchè in forma laconica, un suo pensiero filosofico, per dar ragione della sua maniera di parlare. Udendo ripetere una sentenza del Michelet: - Nous mangeons immensément trop; - da che derivano alla società, secondo lo scrittore francese, infiniti mali, egli disse che a quella si doveva sostituire un'altra sentenza: - Noi parliamo troppo poichè di quasi tutti i nostri guai la vera cagione era questa. Ma non si può credere fino a che punto arrivasse nel far economia di sillabe: fino a non farsi capire dal fiaccheraio, al quale, invece di: - Alla Stazione di Porta Nuova - diceva: - Alla Nuova -; fino a non pronunziar mai che una delle due parole di cui si componesse il titolo del giornale, ch' egli chiedeva al rivenditore; fino a bandire dal suo vocabolario tutti i superlativi e gli avverbi lunghi; tanto che a sentirgli dire un giorno: irremissibilmente e un'altra volta: mortificatissimo, lo guardammo tutti stupiti. Da ultimo, poi, avendo inteso da un amico toscano un verbo non prima conosciuto: cosare, se n'era impadronito con la gioia d'un materna, tico che scopre una nuova formola algebrica, e con quello s'alleggeriva anche più la fatica ingrata del parlare. Non diceva più al cameriere della trattoria che levasse l'olio dal fiasco; ma: - Cosami quel fiasco -, e così, cosare un plico, per mettervi il suggello, e a un amico, indicandogli un uscio fresco di vernice: - Bada, che ti cosi l'abito. - Se avesse trovato nella lingua altre dieci parole come coso e cosare, non gli sarebbe occorso altro vocabolario, e ne avrebbe avuto d'avanzo. Poichè pensiero e parola nascono nella, mente gemelli, chi si disavvezza dall'esprimere il proprio pensiero, si disavvezza a poco a poco anche dal pensare. Questo era seguito a lui: le facoltà di pensare e di parlare gli s'erano arrugginite ad un tempo. Egli pensava a pensieri indeterminati, monchi e sconnessi come il suo linguaggio, e dall'inerzia del cervello gli era venuta una grande indifferenza per ogni cosa. È questo l'ultimo e peggior danno nel quale incorrono tutti coloro che per pigrizia rifuggono usualmente dalla fatica di tradurre il proprio pensiero in parole. Negli ultimi suoi anni Coso non leggeva nemmeno più i giornali: si contentava di raccoglier le notizie politiche al caffè o per la strada, e quando gliele davano con troppi particolari, tagliava la parola in bocca all'amico, dicendogli: - Insomma, hanno cosato il bilancio - oppure: - alle corte, avremo un ministero Coso -, e aggiungeva un gesto che significava: - Basta, basta; ho capito; oh che fastidio! Coso abbandonò questa valle di lacrime e di parole una diecina d' anni fa, in una città dell'Italia meridionale, dove era andato per ragion d' impiego. E tal morì qual visse, se è vero quanto si riseppe da un suo nipote, che l' assistette negli ultimi giorni: un capo armonico, a dir la verità, che potrebbe aver inventato una fiaba. Io la ripeto com' egli la disse, affermandoci che non ci metteva nulla di suo. Presentendo la propria fine, il buon Coso, che aveva avuto sempre religione, fece chiamare il prete. A un certo punto il nipote, che stava all'uscio, sentì il prete dire con voce grave, in cui la pietà velava il rimprovero: - No, caro signore, io non posso acconsentire a una domanda fatta in codesto modo. Il malato gli aveva espresso il suo desiderio con la sua parola solita: il coso. Pensando ch'egli volesse qualche oggetto, un ricordo caro di famiglia, da rivedere l' ultima volta, il sacerdote aveva guardato intorno per la camera. Poi, da un atto dell' infermo avendo compreso, s'era risentito. Il coso era il Viatico. L'infermo s' espresse meglio, e fu contentato. Ma per poco il suo malaugurato vezzo di cosare non gli costò la salute dell'anima. Certo quelli che si lasciano andare fino a un tal segno son rari. Ma quanti non sono quelli che parlano presso a poco al modo di Coso; che, per infingardaggine intellettuale o per disprezzo dell'arte volgare del discorso, non dànno del proprio pensiero che briciole e sgoccioli, non mettono nella conversazione che la materia bruta del loro concetto, lasciando agli altri la cura di lavorarla, come una faccenda indegna di loro? Il mondo n'è pieno. Ma se l'uomo si può definire. " l'animale parlante - , codesti non sono uomini.... sono così.

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