Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbottonare

Numero di risultati: 2 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Documenti umani

244223
Federico De Roberto 1 occorrenze
  • 1889
  • Fratelli Treves Editore
  • Milano
  • verismo
  • UNICT
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Andrea Ludovisi si mise in mezzo agli amici, e terminando di abbottonare il suo guanto: - Ora - disse - andiamo a vedere le armi.

Pagina 60

Il ritorno del figlio. La bambina rubata.

245377
Grazia Deledda 1 occorrenze
  • 1919
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
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Allora, mentre l'uomo tornava a legare e rimettere il portafoglio nella tasca che ebbe cura di abbottonare bene, ella mi accennò di ridarle il taccuino. Ma io non glielo diedi: non c'era più nulla da scrivere, per conto mio. Ella si alzò e andò a prendere il calamaio e un quaderno; era il quaderno dei suoi conti, poichè ella non aveva altra carta, e lo rivolse dalla parte inversa ancora intatta; poi si mise a scrivere. Scriveva, scriveva, con la testa reclinata, i poveri capelli grigi irradiati dalla luce della lampada. Io vedevo l'ombra del pennino correre e battere sulla carta come un becco nero; e aspettavo che ella finisse, ma non avevo curiosità di leggere. Per me tutto era detto: non c'era che una soluzione sola, davanti alla mia coscienza, ed io l'avevo proposta. Se non l'accettavano, che cosa volevano da me? Mi mandassero pure in carcere; ero pronto a tutto. L'uomo aveva rimesso la mano sul bastone e seguiva anche lui con gli occhi la mano della zia: finalmente ella ebbe finito la paginetta; ma non quello che aveva ancora da dire: scosse il quaderno per asciugare ancora lo scritto, lo avvicinò alla lampada, volse poi il foglio e continuò. La cosa era lunga! E quando tutto fu detto, io dovetti aspettare ancora, perchè la zia lesse dapprima all'uomo quello che aveva scritto: e I'uomo approvava con la testa; in ultimo dovette fare qualche osservazione perchè qualche riga fu aggiunta a quelle già scritte, poi il quaderno passò in mani mie. Lessi con calma: mi pareva non si trattasse più di me. "Si tratta di una cosa grave, ed io non credevo che tu potessi macchiarti di un delitto così vile. Hai rovinato una fanciulla innocente, laboriosa e onorata: la ragazza è fidanzata ad un suo giovane cugino che fortunatamente non la vede spesso, perchè sta in Romagna. "Essa dice che troverà il modo di rompere questa promessa di matrimonio, perchè non vuole ingannare il giovane: però di te non vuole saperne. Ti odia. Le hai destato tanto terrore che, dopo il tuo delitto, è rimasta parecchio tempo malata. Non ha però rivelato nulla alla sua famiglia finchè i segni della sua sciagura non si sono palesati. Per fortuna aveva il tuo biglietto per difendersi, altrimenti il padre l'avrebbe uccisa. "Adesso si tratta di questo: d'incaricarci noi della creatura, quando nascerà. La famiglia della ragazza farà di tutto per occultarne la disgrazia: ma alle conseguenze dobbiamo pensare noi. "Io sono povera, lo sai: fintanto che si trattava di aiutare te solo, mi riusciva facile; ma adesso non saprei come fare e declino ogni responsabilità,,. Io scrissi sotto le parole della zia: "Non inquietatevi. Mi incaricherò io della creatura,,. La zia lesse e mi guardò, di sotto in su, senza più nascondere una vaga espressione di compatimento e di derisione; ma dovette scorgere sul mio viso qualche cosa dî mutato, di grave, perchè anche lei si rifece seria; e porse all'uomo il quaderno, con una certa soddisfazione, come se la promessa che era sgorgata spontanea dalla mia coscienza me l'avesse strappata lei con le sue parole. E l'uomo lesse, senza mutare aspetto, poi lestamente strappò il foglio dal quaderno, lo piegò in quattro e lo mise in tasca. L'atto fu così rapido e naturale che non mi diede tempo d'impedirlo e neppure di protestare. Del resto io non avevo intenzione di ingannare nessuno: e stetti fermo a guardare quei due, che riprendevano a parlare. La zia ogni tanto tendeva la mano verso di me e pareva ripetesse la sua ultima frase scritta; ma l'ometto oramai era sicuro che, giunto il momento ella mi avrebbe aiutato. Finalmente egli si alzò, appoggiando forte le mani al bastone. Allora mi accorsi che era quasi un nano; ma con le mani e i piedi così grandi che non sembravano suoi. E su quei grossi piedi egli si teneva come un piedestallo, mentre in quelle sue mani ossute, pietrose, doveva concentrare una forza enorme: ed io pensavo che il progetto di liberarsi della creatura, senza noie, doveva essere tutto suo: forse Fiora non voleva, non doveva volere; ma egli la costringeva a tanto: forse Fiora non mi odiava, com'egli diceva, forse era una vittima più sua che mia. Decisi subito di andare a cercarla; dopo tutto ne avevo il diritto: ma mi guardai bene di farlo sapere. Mi sentivo anch'io furbo: forse perchè pensavo che la zia e l'ometto lo erano tanto. Anche la zia si alzò, rimise a posto la sua sedia, accompagnò l'uomo fino alla porta: e nell'andarsene egli mi salutò con un solo cenno del capo; ma il suo sguardo fu così vivo e penetrante che mi si cacciò fin dentro l'anima: sguardo d'odio e tuttavia di fiducia in me. Alla mia volta io pensavo di vincerli tutti e due; con l'astuzia, ma vincerli. Intanto rimanevo fermo al mio posto. - Vattene, gnomo, - gli dicevo con gli occhi; - vattene, immagine viva della mia disgrazia; torna nella notte donde sei venuto: io ti porterò via la creatura, ma ti porterò via anche tua figlia; sono mie tutte e due, e voglio averle e le avrò: non so come, ma le avrò, a dispetto tuo e della mia disgrazia. Domani.... II riavvicinarsi della zia mi ruppe in mente propositi per il domani. Cauta, come se l'ometto fosse ancora lì, si chinò sul tavolino e scrisse sul quaderno. "Hai fatto bene a promettere: ma come manterrai? E se non manterrai ti metteranno in carcere. L'unico rimedio è di andartene in America: io ti aiuterò.,, Mi fece leggere; poi a imitazione dell'ometto ridusse a pezzi il foglio. Io non risposi, e forse ella credette che prendessi tempo a pensare, ad accettare la sua proposta. Io non risposi, perchè non avevo nulla da cambiare alla risposta già data. Però quando sollevai gli occhi a guardare in viso la zia, essa mi sembrò brutta e deforme; più dello gnomo che se n'era andato. Perchè non voleva ch'io facessi il mio dovere, che era anche il mio piacere? Era una cosa tanto semplice, il farlo! Anche se io non riuscivo a trovare da lavorare e guadagnare, si poteva prendere con noi la creatura. Che cosa costava? Coi denari che ella voleva darmi per fuggire in America, si poteva allevarla. E perchè mai la zia, che amava le sue bestie, che aveva preso me in pura perdita, non voleva la mia povera creatura? Ma ella forse voleva combattere d'astuzia con l'ometto; e voleva anche vincerlo.

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