Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abborrimento

Numero di risultati: 4 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Sull'Oceano

171547
De Amicis, Edmondo 1 occorrenze
  • 1890
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
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La protesta era stata promossa dal vecchio toscano dal gabbano verde, e scritta sur un foglio di carta che rivelava un istintivo abborrimento del lavatoio in tutti quanti i sottoscrittori; la qual cosa inaspriva incredibilmente la collera del comandante, che sospettava in quella sudiceria una intenzione d'offesa, e voleva dare una lezione esemplare. Intanto ordinava un'inchiesta. Di più, il Commissario gli riferiva che durante la notte non si sapeva quali passeggiere di terza avevan tagliuzzato colle forbid il vestito di seta nera di quella certa signora, senza motivo alcuno, per pura malvagità, e che questa volta la povera donna, stata paziente e timida fino a quel giorno in mezzo a ogni sorta di sgarbi, aveva perso il lume degli occhi, ed era corsa a chiedere giustizia, singhiozzando, soffocata dall'angoscia e dall'ira. Si trattava di scoprir le colpevoli. Ma c'era altro. Non si sapeva chi, per non essere costretto a succhiare e costringere i marinai a dar l'acqua a bidoni, aveva spezzati tutti i bocchini dei cernieri dell'acqua dolce. Ma s'era sulle tracce dei rei. Si trattava di stabilire il castigo. La giornata s'annunziava male.

Pagina 310

Come devo comportarmi?

172083
Anna Vertua Gentile 1 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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E non solo in questa frase, la quale è forse una di quelle un po' a prestito che in, quel carme sono incriminate, il grande poeta mostra abborrimento per la vecchiezza. Nell'Amore e morte, dove la sincerità è meno sospetta, egli ne parla ancora con amaro dispetto, quando dice:

Pagina 117

L'angelo in famiglia

182590
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Spero che tu sentirai fin d'ora un vero abborrimento all'ozio, eppure non ti ho ancora detto a quanti mali egli non solo conduca, ma precipiti irrevocabilmente. Per esso l'anima indebolita ed anemica diventa più che mai suscettibile alle lusinghe del mondo, e, fiacca com'è, non sa resistere, e cade, cade molte volte tanto basso da far pietà. Una persona attiva, anche pel solo fatto di non voler togliere il suo tempo alle proprie occupazioni, non si perde in letture od in discorsi frivoli o perniciosi; ma accudito a quanto è richiesto dalla carità e dalle convenienze sociali, comandate o permesse dall'istessa carità, riprende il giro delle sue laboriose consuetudini, e non si perde in leggerezze. Vi hanno alcune signorine di ottima indole, di ottimo cuore, le quali guastano l'uno e l'altra per abbandonarsi al dolce far niente, appunto perchè dolce al palato; ma le meschine non pensano che quella dolcezza è ingannevole, e lascia un fondo di amarezza! Dimmi, non ti fa compassione quella signorina che consuma il meglio del suo tempo appoggiata al davanzale della finestra a rimirare i passanti? Povera giovane, forse essa non sa che il mondo la critica, va almanaccando sulla sua condotta, e le attribuisce non solo il male che fa, ma spesse volte anche quello che non fa, e che perfino ignora. Si dice da taluni che se sta alla finestra ci avrà il suo perchè misterioso; si dice che o ha trovato chi la guardi, o lo cerca; si dice che si pavoneggia e fa la ruota; si dice, si dice,... e veramente non si ha il torto di dir tutto questo e peggio, perchè se ora quella giovane non ha simili intenzioni o cattiverie, certo la si espone volontariamente ad un gran rischio d'invischiarsene. L'ozio è davvero il padre di tutti i vizj, e tu, cara amica, tu abborrilo assai quel brutto figuro che colle più ingannevoli lusinghe ti vuol stringere fra le sue zanne, per ferirti ed ucciderti. Quanto ti senti svogliata o stanca, anzichè sdraiarti su di una soffice poltrona, a fantasticare od a borbottare della Provvidenza, degli uomini e delle cose, ove non ti astringa il dovere ad occuparti di alcunchè di speciale, prendi un lavorino, un buon libro, e se non hai voglia di far altro suona, o scrivi, o canta, o rimetti un po' d'ordine dove l'ordine è stato turbato; ma, per carità, non istartene neghittosa mai e poi mai! Mi ricordo d'aver sentito un mio caro congiunto dire una volta a proposito di una signora, la quale tranne le lunghe ore date al riposo, e le altre consacrate all'acconciatura, ai ricevimenti ed ai teatri, passava il suo tempo a deplorare l'abbandono in cui era lasciata, a lagnarsi del marito, della servitù e perfino della Provvidenza che le aveva tolto maggiori risorse, e che aveva formato la società con tante lusinghe e disinganni, quasi fosse questa opera della Provvidenza, e non degli uomini i quali l'hanno volta alla peggio; orbene quel mio congiunto, uomo che copre degnamente un bel posto nella magistratura, e non può essere sospetto di bigotteria, mi diceva essere per lui una gran pena veder sciupare tanto tempo ed una bella intelligenza in una vita così oziosa. Anzi aggiungeva che avrebbe amato meglio vedere quella signora occupata in fare una lunga calza, poi vedergliela a disfare e rifare all'infinito, anzichè vederla esposta o all'ipocondria ed al malumore, o ad avere bisogno di qualcheduno che le facesse passare o meglio ingannare il tempo; quello stesso tempo che per altri è si prezioso, e sì prodigiosamente fecondo. Non istar mai colle mani in mano; lavora, lavora sempre, ed il tuo riposo consista nel variare le tue occupazioni e prenderne anche di gradevoli se vuoi, come sono gli ameni studj, la musica, il disegno, e perfino il passeggio ed il divertimento. Purchè il divertimento sia onesto, meglio divertirsi che far nulla; però meglio di tutto è far qualche cosa, ma qualche cosa di utile e di concludente, affinchè si possa dire di te: quella damigella è simpatica, buona, amabile, ma soprattutto è operosa; e fortunata quella famiglia che sarà destinata a possederla!

Pagina 276

Galateo morale

197034
Giacinto Gallenga 1 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
  • paraletteratura-galateo
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l'istruzione che non s'identifica nella famiglia, che non premia le mosse dal sentimento morale e religioso non è feconda di bene a coloro che la ricevono, e servirà tutt'al più ad inspirare cupidigie di sensi, desiderio di lucri materiali, tendenze sfrenato di emancipazione, abborrimento a ogni genere di sottomissione. È questo un bene per coloro che sono costretti a guadagnarsi il pane col sudore della fronte? No, da ciò che i due terzi di malfattori sono analfabeti non si può trarre la conseguenza che il saper leggere e scrivere sia il termometro della moralità pubblica, che anzi l'istruzione quando è superficialmente impartita è causa influentissima di mal costume. E se consultiamo gli annali giudiziari, ci convinceremo che i birbi piu matricolati non solo hanno imparato a leggere e a scrivere, ma hanno appreso per di più qualche cognizione di scienza mercé la quale si sono resi abili a perpetrare i loro delitti. A certi operai poi e a certe operaie il saper leggere ha servito unicamente a pervertirsi colla lettura di giornali e di libelli in cui sono largamente diffuse la licenza, l'oscenità, lo schema contro i principii morali e la loro applicazione; ha servito a succhiare da turpi romanzi il disprezzo contro le più sante cose, e quello scetticismo desolante che dà luogo allo sconforto morale, al corrompimento dei cuori, al suicidio; ad attingere quelle aspirazioni per vivere alla libera che sono inconciliabili coll'amor di famiglia, coll'adempimento dei domestici doveri, con quella regolare e disciplinata attività che è madre della contentezza e del risparmio. Tutte cose di cui non si fa certo parola in quei giornali e in quei libercoli che insinuano scaltramente lo spirito di rivolta, contro ogni specie di autorità politica, domestica e religiosa, che adulano le basse passioni del popolo ed eccitano l'odio del proletariato contro le classi dei possidenti.

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