Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Come presentarmi in società

199930
Erminia Vescovi 2 occorrenze
  • 1954
  • Brescia
  • Vannini
  • paraletteratura-galateo
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Chi non ricorda il povero Don Abbondio, quando si stava stillando il cervello per trovare una frase adatta per l'Innominato convertito? Ebbe però il buon senso di respingere quella che gli era venuta in mente: «Me ne rallegro» perché era come dire «che essendo stato finora un demonio vi siate finalmente deciso di diventar un galantuomo come gli altri». E pensa e ripensa gli venne in mente che poteva dirgli: «Non mi sarei mai aspettato questa fortuna d'incontrarmi in una così rispettabile compagnia». Ognuno vede come il complimento non fosse corrispondente allo speciale stato d'animo in cui il poveretto si ritrovava... ma via, dopo tutto non era mal rigirato. E sia detto a sua lode che seppe risponder molto bene alle umili parole del Cardinale Federico, il quale lo pregava di dirgli se nella sua condotta trovava eventualmente qualche cosa di riprovevole: «Oh, monsignore, che mi fa celia? Chi non conosce il petto forte, lo zelo imperterrito di vossignoria illustrissima?» - Benché il briccone aggiungesse poi tra sé: «Anche troppo!». E' un fatto che il complimento sgorga facilmente dal cuore e riesce bene quando si dirige a persona che veramente lo meriti. Ma talvolta invece i meriti sono scarsi, e nel complimento si pecca di enfasi, di esagerazione, e si cade anche spesso nell'adulazione. Se proprio non è necessario, allora è meglio tacere: se il dovere impone una frase cortese, si cerchi d'esser semplici il più. possibile. Riescono poi molto spiacevoli alle persone di buon senso quelle che si profondono in vani complimenti, senza misura, senza opportunità, e come spesso accade, senza sincerità. Le donne si lodano reciprocamente il vestire, la casa, i figli, i lavori femminili; fatte con garbo, queste lodi possono andare. Ma è brutto scaraventar in faccia frasi come queste: - Lei possiede perfettamente tutte le lingue. - Lei suona stupendamente. - Lei è un grande artista... - Quando non si tratti che di poveri dilettanti e di persone appena modestamente colte. Un genere di complimento molto volgare e molto usato è quello che riguarda l'aspetto esterno della persona. «Com'è ingrassata! - Come sta bene! - Che bel colorito! - Ha la faccia proprio tonda!..» - Molto usato, come ho detto, ma tutt'altro che fine, e spesso anche tutt'altro che opportuno. C'è chi lo dice per abitudine a persona che non vede da qualche tempo, c'è chi lo dice badando solo a un momento di apparente floridezza, c'è chi lo dice sempre. E allora c'è il caso che il complimento sembri ironia, o ferisca anche più direttamente le più delicate fibre dell'anima. A una signorina che aveva perduta la madre da quindici giorni, e si trovava in visita confidenziale presso un'intima amica, toccò sentirsi dire da una conoscente sopraggiunta a caso, la testuale frase seguente: Non l'ho mai trovata così bene... Alle signore, in generale, non piace mai di sentirsi dire che sono ingrassate, ad altre invece può dispiacere che si dica il contrario. Lasciamo dunque da parte simili osservazioni o limitiamole alle strettissime conoscenze di cui sappiamo il gusto. Chi poi riceve il complimento, deve mostrare garbo e modestia nella risposta. Certe lodi si possono gentilmente respingere: è opportuno poi, spesso, ricambiare al lodatore, e sviare il discorso riportandolo su di lui. Ad ogni modo si cerchi di rispondere più brevemente che sia possibile, e soprattutto di non far in modo che la risposta sia appicco a nuove lodi. Alle congratulazioni, alle condoglianze, è bene rispondere con affettuosa semplicità, affermando la propria gratitudine e mostrando di credere alla sincerità di chi parla. Talvolta il complimento è il preludio di una domanda di qualche servizio: talora consiste anche in un'offerta... Spiace anche qui l'affettazione e l'esagerazione, e ci ritiene dall'approfittar di quell'offerta che non riputiamo sincera. Benchè si sappia però, come dice il Manzoni, che ai complimenti bisogna far la tara... Un modello perfetto di cortesia è nello scambio di complimenti che il Divin Poeta pone sulle labbra reciprocamente di Beatrice e Virgilio. Ella che ha bisogno d'un favore lo interpella così:

Il precetto che dette Don Abbondio ad Agnese, mentre salivano l'erta del castello dell'Innominato, è ottimo per sè, anche spogliato di quella impronta paurosa che era nel carattere del brav'uomo. «Ricordatevi, le disse, che qui bisogna far sempre viso ridente, e approvare tutto quel che si vede». Naturalmente, una persona dabbene che si rechi presso i suoi amici non si ritroverà mai nel caso di veder cose che la sua coscienza non approva. Tutt'al più dovrà chiudere un occhio sulla petulanza d'un bimbo, sulla vanità d'una fanciulla, sulla negligenza di qualche servo. Un rimprovero non potrebbe esser permesso che nella strettissima intimità. L'ospite deve saper bastare a se stesso, nel caso che i suoi amici non potessero molto occuparsi di lui. Legga, passeggi, stia nella sua camera, non vada indagando le occupazioni e gli affari della famiglia o della servitù. Sfugga ogni cosa che possa sembrare curiosità indiscrezione: si offra invece, opportunamente, a qualche servizio. Una giovinetta, una signora giovane anche anziana, purchè goda buona salute, possono benissimo tener in ordine la camera loro, e dar aiuto nelle faccende domestiche, dove non c'è molta servitù. Possono anche, eventualmente e con discrezione, dar una mano in cucina, se ci fosse qualche invito straordinario. Appena spirato il tempo precedentemente stabilito, l'ospite si disporrà alla partenza. Naturalmente, i padroni di casa gli faranno cortese insistenza perchè si trattenga ancora, ma egli deve avere il buon senso di comprendere se tali insistenze vengono solo fatte a fior di labbra, o se rispondono a un sincero desiderio, e deve avere la fermezza di resistere assolutamente, se abbia ragione di credere che la sua permanenza, quantunque gradita sotto l'aspetto dell'amicizia, possa recar disturbo protraendosi ancora. In tutti i modi, è sempre meglio lasciar desiderio di sè, anzichè correre il pericolo di esser ritenuti indiscreti. In campagna, generalmente, ci si trattiene più che in città. Partendo, si scambiano calorosi ringraziamenti. Gli ospiti affettuosi e gentili ringraziano chi è venuto a far visita in casa loro: chi ha ricevuto le cortesie ringrazia ben più a ragione. In realtà egli rimane con un debito morale, e qualche volta anche con qualche obbligazione materiale. Alle persone di servizio deve dar una mancia proporzionata ai servizi ricevuti e alla durata dell'ospitalità: sarebbe molto sconveniente far questo in presenza dei padroni di casa. Ma non deve temer che essi lo abbiano poi ad ignorare: il viso ridente dei domestici nell'accompagnarlo alla porta sarà testimonianza sufficiente, e tanto più quanto sarà stata più larga la mancia. Giunto a destinazione, l'ospite dovrà scriver subito alla famiglia presso cui ha dimorato lettera a cui è obbligo di risponder subito, per non far nascere il dubbio fastidioso che non sia giunta e il timore d'aver fatto cattiva figura. In essa egli renderà conto del viaggio, e rievocherà i bei. giorni passati insieme, ripetendo i suoi vivi ringraziamenti. Chi credesse di cavarsela con una cartolina illustrata mostrerebbe di essere uno screanzato. Bisogna poi ch'egli pensi a un modo anche materiale per manifestar la propria riconoscenza: ma sarebbe indelicatezza mandar subito un regalo: si aspetti alla prima occasione, per la ricorrenza di qualche festa. Il regalo può essere di ogni genere, ma sempre proporzionato all'entità delle cortesie ricevute, e al gusto dei padroni di casa: un oggetto d'arte, un libro di valore, un lavoro eseguito di mano propria, qualche giocattolo, se vi sono bimbi. Una specialità gastronomica di qualche valore può essere pure molto gradita, ma solo fra persone di confidenza. Un'altra avvertenza è importantissima per chi è stato qualche tempo in casa altrui. Naturalmente egli è rimasto unito alla vita di famiglia, e ha veduto e sentito molte cose. Partendo, cerchi di dimenticarsi tutto quello che non potrebbe tornare se non a onore degli ospiti. Non si lasci vincere dalla voglia di dimostrarsi più informato degli altri, taccia gli interessi a cui fosse stato immischiato, i discorsi che potesse aver udito. E va da sé che si mostrerebbe sommamente villano e ingrato se osasse andar sparlando di loro, in qualsiasi maniera. Quando fosse richiesto delle sue impressioni, si limiti a parlare delle cortesie ricevute, del buon volere dimostrato, del piacere goduto, così genericamente, e scansi ogni inchiesta indiscreta. I precetti che qui sopra abbiamo esposti si applicano anche, con qualche lieve differenza, alle pensioni di famiglia. Chi tiene pensione deve cercare di accontentare in tutto i suoi clienti, che in fine son poi come ospiti, e di dar loro quegli agi e quel trattamento che si convengono ai patti stabiliti, mettendovi di più un'amorevolezza cordiale. E chi sta a pensione abbia riguardo anche al comodo e al gusto altrui: cerchi di essere puntuale ai pasti, non disturbi col rientrar troppo tardi in casa, non abbia esigenze irragionevoli. Gli è bensì consentito di esporre i suoi desideri e anche le sue preferenze: non gli è permesso brontolare e lamentarsi o per questo o per quello, ad ogni istante: piuttosto cambi pensione. Ha naturalmente l'obbligo di dar le mance usuali alla servitù, nelle solennità, e quando lascia la casa, e, se gli sembra opportuno, farà cosa gentile offrendo tratto tratto qualche dono alla padrona di casa. Lasciando la pensione, non mancherà di ringraziare per le cortesie ricevute (o poche o molte che siano state!) e se veramente ha avuto da lodarsi di chi la teneva, scriverà almeno una volta dalla nuova sede, e si ricorderà poi con qualche biglietto o cartolina illustrata nelle ricorrenze festive.

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Le buone maniere

202652
Caterina Pigorini-Beri 1 occorrenze
  • 1908
  • Torino
  • F. Casanova e C.ia, Editori Librai di S. M. il re d'Italia
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La filosofia e l'umanità reclamano contro la cavalleria; ma noi sappiamo quel che diceva il Cardinale Federigo a don Abbondio: c'è dei violenti a cui è diritto il sangue. Ora se v'hanno obblighi riconosciuti per la cavalleria, ve ne possono essere anche per la spiritualità dei nostri sentimenti, per il dolce richiamo alla vita, di cui i padrini e i figliocci non debbono dimenticarsi, non foss'altro che per una poesia gentile ed amorosa. I padrini e le madrine tanto del battesimo come della cresima (cerimonia presso a poco uguale perchè è una conferma), sono tenuti ad interessarsi del fanciullo che hanno presentato alla vita. Per l'anno nuovo, per la prima comunione, pel suo matrimonio, pel suo primo successo o grado accademico, tesi di laurea o spalline militari, gli debbono un regalo in relazione alla loro fortuna. Il figlioccio scrive o fa la sua visita al capo d'anno e per l'onomastico; sarà di buon gusto non ricordare il compleanno, il quale è una data che dà malinconia, specie alle signore. Se l'intimità, la quale può talvolta rallentarsi pei casi della vita, continua, il figlioccio scriverà loro avvertendoli de' suoi successi e delle sue fortune, senza far mai allusione alla sua qualità, per evitare l'impressione che egli creda di avere diritto a credersi spiritualmente affine; e sopratutto se il compare e la comare fossero in posizione elevata, si imporrà il riserbo di mostrare che egli si è dimenticato di essere figlioccio, salvo la gratitudine e il rispetto. La prima comunione importerebbe pure un cerimoniale ormai invalso in tutte le condizioni della società. E perciò, per quel tanto in cui il cerimoniale esteriore della vita mondana può accordarsi colla religione, si deve esigere che i fanciulli non escano di casa durante gli ultimi otto giorni che precedono questa cerimonia, meno per le cure dell'igiene e per le preparazioni ad una festa così solenne. Il grande apparato che attualmente si dà a quest'ultima cerimonia, suggerirebbe un mucchio di riflessioni melanconiche. I libri di costumi, le osservazioni degli psicologi e dei moralisti sono concordi nell'asserire che le mamme e le maestre, le direttrici di educandati e le istitutrici sono in una falsa via, quando fanno celebrare la prima comunione alle fanciulle vestite con abiti troppo sfarzosi, alla presenza di un popolo che accorre numeroso più per curiosità che per devozione. Anche questo sarà oggetto di speciale attenzione, perchè la fede, che è una virtù, sia esercitata con umiltà e discrezione, e che l'accessorio non diventi il principale. La delicatezza dell'argomento non concede un più lungo esame della quistione: essa però non vieta di notare che le troppo forti commozioni morali a cui vengono esposte le anime delle fanciulle, nel giorno in cui la pace dovrebbe scendere consolatrice nei loro vergini cuori, sono ben lungi dal determinare in esse quei sentimenti pii a cui la cerimonia pubblica della prima comunione parrebbe dovesse mirare.

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