Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Come presentarmi in società

199972
Erminia Vescovi 2 occorrenze
  • 1954
  • Brescia
  • Vannini
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Il fanciullo deve avvezzarsi pulito e ravviato nella persona, e alla mattina e fra il giorno lavarsi abbondantemente. Anche alla sera, prima di coricarsi, si lavi il volto e le mani. Appena s'accorge di uno strappo o d'una macchia al suo vestito, sia pronto al rimedio. Una fanciullina deve saper fare da sè; il maschietto ricorra all'amorevolezza della piccola sorella, e non dimentichi mai di ringraziarla. Il primo saluto alla mattina e l'ultimo alla sera devono essere pei genitori. Una ragazzina di mia molto intima conoscenza era andata a letto, una sera, senza dar la buona notte. Si era appena stesa fra le lenzuola, quando si presentò a lei la domestica, avvertendola che i suoi genitori la chiamavano in salotto. Si rivestì subito, con un po' di sorpresa e di batticuore, si presentò ai genitori e chiese cosa desiderassero. Niente altro, le fu risposto, se non sentirci dare la buona notte! - La lezione fu indimenticabile. Essa ci ricorda quella del famoso scrittore inglese, Swift, il quale fece richiamare la sua giovane domestica, partita in tutta fretta per assistere alle nozze di sua sorella, perché venisse... a chiuder la porta che sbadatamente aveva lasciata aperta. Sicuro, anche questa della porta è una questione importante. C'è chi la lascia sempre aperta, e tocca poi al vento chiuderla rumorosamente, oppure alla persona che sedeva tranquilla alzarsi con suo incomodo: c'è chi la sbatacchia con mal garbo e fa tremare tutta la casa. Il ragazzo che entra od esce, per quanto in fretta, deve avvezzarsi a chiuder adagio e solidamente. Sulla soglia poi, se egli è colla sorellina (non occorre dire con persone superiori!) deve fermarsi e lasciarla passare. E mai deve trascurare le formule: con permesso, scusi, ecc. (evitando il francese pardon) tutte le volte che è costretto a recare altrui qualche lieve disturbo. E non si permetta ai maschi di far giuochi troppo rumorosi in casa, di alzar la voce soverchiamente, di cantare e strillare, di ridere sgangheratamente. Si frenino anche certe sgarbate dimostrazioni d'affetto: quel buttarsi scompostamente al collo di una persona, e sia pure la mamma, per tenerla sotto una pioggia di baci, quell'arruffarle i capelli, quel tirarla per le mani, quell'abbandonarsele addosso. L'affetto deve manifestarsi in modi più ragionevoli e gentili, senza perder nulla della sua intensità. Le femmine, colle loro tendenze più tranquille, e colle loro mosse naturalmente più composte, riescono, in generale, assai più facili a educare. Ma vi sono però delle fanciullette che hanno una vivacità straordinaria, veri maschietti, veri demonietti, si soglion dire. Ebbene, la brava mamma non incoraggerà e non tollererà queste tendenze. Per quanto i tempi moderni inclinino all'abolizione di ogni differenza tra i due sessi, ricordiamo che la gentilezza e la modestia rimangono sempre il pregio più caratteristico della donna. La fanciulletta maschilizzante nella voce, nei modi, nei salti deve dunque essere frenata a tempo, e siccome ciò accade specialmente quando, essendo unica femmina di casa, si diverte abitualmente coi fratelli e coi loro piccoli amici, la mamma cerchi di procurarle qualche compagna adatta, o la tenga molto presso di sè, occupandola piacevolmente. I giuochi tra compagni, giù nel cortile, o nella piazza vicina a casa, o nei giardini pubblici, vanno talvolta a finire in qualche lite. Allora volano le parole insolenti, si mena anche qualche pugno e alla fine i piccoli nemici si staccano malvolentieri dal campo di battaglia, per ritirarsi a casa a raccontar le cose come la passione loro suggerisce, e far nascere spesso disgusti, malumori e inimicizie tra le famiglie. Bisogna impedir questo, ad ogni modo. I fanciulli devono essere cortesi ed arrendevoli nel gioco: devono saper compatirsi a vicenda e non turbare la gioia comune per qualche puntiglio o qualche dispettuccio. I genitori hanno poi l'obbligo di formare nell'anima loro il senso della più scrupolosa lealtà nelle gare di forza o di abilità, il che costituirà un prezioso fondamento a ben altre applicazioni nella vita; gioverà inoltre a impedire molte questioni e dispute. Ma se queste accadessero i genitori impongano riconciliazione pronta, e scuse a chi si deve. Ho sempre nell'orecchio il tono grazioso con cui un fanciullo romano, a Villa Borghese, diceva a un suo piccolo amico: - Bene, ora perdonami, e giochiamo. - Eran da soli; l'imposizione non era dunque partita da nessun superiore, ma la parola onesta e gentile fioriva evidentemente sul labbro di quel ragazzetto per opera di una educazione domestica sollecitamente curata. Non si deve mai permettere a un ragazzo di usar soprannomi o parole offensive verso nessuno. Ma quante volte i genitori son colpevoli essi medesimi a questo riguardo! Quante volte parlano dell'assente con superbia o con sprezzo! Quante volte riferiscono, vantandosene, qualche tratto d'insolenza che a loro sembra giustizia! E non si permetta nemmeno che il fanciullo si avvezzi a trinciar sentenze su uomini e cose, e faccia osservazioni non competenti alla sua età. E, per carità, si freni la mania dei saputelli e, peggio ancora, delle saputelle, a voler mettere in mostra, a tutti i patti, il loro piccolo corredo di scienza! Verso i vecchi di casa i nipotini devono usare ogni riguardo. E' vero che l'affezione dei nonni e degli zii, affezione talora cieca e idolatra, basta talvolta a mettere tra loro la massima cordialità di relazioni. Ma talvolta i poveri vecchi sono un po' di cattivo umore, talvolta sono indisposti: allora bisogna impedire che la vivacità infantile li disturbi, allora bisogna che i fanciulli, e specialmente le fanciulle, sian più che mai affettuosi e servizievoli. Guai ai genitori che osassero dar l'esempio di qualche parola poco riguardosa, di qualche segno di dispetto! Coi domestici, i fanciulli stanno spesso e volentieri, e la cosa non è senza pericolo. Dai servitori potrebbero imparare parole sconce, dalle cameriere vanità e pettegolezzi. E' vero che oggi il personale di servizio va riducendosi tanto, che questi pericoli anch'essi gradatamente scompaiono. Tuttavia, in campagna e nelle famiglie agiate e numerose, il caso può darsi ancora. I savi genitori non lascino che i loro figli si trattengano in compagnia dei domestici più di quanto è necessario, anche se fossero persone (se ne trovano ancora, benchè troppo poche), di tutta loro fiducia. Nell'antichità classica la vecchia nutrice, il servo fidato era l'amico del giovane f atto adulto, era il confidente obbligatorio delle sue passioni nelle tragedie. Ora i servi si soglion dire nostri nemici pagati. Ma in presenza dei figli i bravi parenti non fanno mai sfoghi di cattivo gusto contro la servitù. E devono anche avvezzarli a trattar con bel garbo la persona di servizio, a usar anche con essa le formule usuali della cortesia: per piacere, grazie, scusa, ecc. Troppo spesso i ragazzi inclinano alla prepotenza e allo sgarbo, e le prime vittime ne sogliono essere i domestici. Se poi questi hanno l'ardire di difendere i loro diritti naturali, di risentirsi un po' ecco il prepotentello tramutarsi in delatore, e correr dalla mamma, e lamentarsi che gli è stato mancato di rispetto. E la mamma, si sa, inclina in generale a dar ragione al suo rampollo, e non risparmia la sgridata. Così non fa peraltro una donna, saggia e cristiana, la quale deve intendere come si faccia un pessimo regalo al fanciullo con quella momentanea soddisfazione data al suo orgoglio e alla sua vendetta. Ricordiamo, al contrario, la marchesa d'Azeglio che costrinse il suo piccolo Massimo a chiedere scusa ginocchioni al vecchio servo cui aveva menato, forse senza gran cattiveria, una bacchettata! Anche verso le povere bestie di casa il fanciullo deve essere amorevole e premuroso. E' buona abitudine dar loro in custodia qualche uccelletto, affidar alle bimbe il nutrimento delle galline, far che prestino qualche cura al vecchio cane o all'asinello o al puledro. E non si permettano mai le barbarie contro gli insetti, le frustate inutili ai cavalli, e si avvezzino a considerare il cane e il gatto, quali veramente sono, cioè amici discreti e sicuri, e servizievoli, ma della cui pazienza non bisogna poi abusare. Durante l'infanzia e alla fine di essa i fanciulli fanno due grandi passi nella vita religiosa: la Cresima e la prima Comunione. L'una e l'altra sono due solennità che la famiglia celebra con tutta la pompa che le è possibile; ma genitori dal retto sentire cercheranno che questa pompa esterna non sia mai a danno del raccoglimento interno. Ai due grandi sacramenti deve precedere una conveniente preparazione, e per la Comunione, specialmente, sarebbe desiderabile un ritiro. Che l'idea dei regali, delle vesti eleganti, degli svaghi e dei complimenti non profani la sacra purezza del senso religioso! E in quel giorno, dopo una intima e soave festività, tra parenti e amici, si tengano ben lontani i fanciulli da ogni distrazione mondana. In certi luoghi, purtroppo, non si fa così, e dalla mattina alla sera i cresimati e i neo-comunicati si vedono girar la città, vestiti ancora cogli abiti e cogli ornamenti della sacra cerimonia; e si conducono al passeggio pubblico, e in visite, e al caffè... e anche al cinematografo e al teatro. Che impressione può loro restare di questa giornata, e specialmente se è quella della Comunione, che suol essere detta «la più bella della vita»? Perchè sia tale, bisogna formare tutto intorno al fanciullo, un'atmosfera di pietà, di raccoglimento, di dolcezza e di affetti domestici, e custodirvelo scrupolosamente.

Essa dev'essere abbondantemente illuminata, adorna secondo il gusto della padrona di casa. Nessun mobile, se non divani e sedie lungo B. muro: una tela stesa a terra a guisa di tappeto. In un angolo, dissimulata tra i fiori e gli arbusti, l'orchestrina. Si capisce che in una vera festa da ballo si chiamano suonatori di professione, e non si pensa neppure d'inchiodar al piano qualcuno della famiglia, o magari di pregare qualche invitato. Al giorno d'oggi però, quando il ballo non debba avere un carattere speciale d'ufficialità o etichetta, l'orchestrina è spesso sostituita da un radiogrammofono con buoni dischi, sempre s'intende se è ballo in casa privata. La seconda sala è ad uso delle mamme che non ballano, e in generale delle persone mature che stanno a discorrere fra di loro: qui vengono anche i danzatori a riposarsi. Abbandoneranno poltrone, sedie, divani e ogni comodità. Per gli uomini però sarà meglio, potendo, preparar una saletta apposita, perchè vi stiano a fumare e trattenersi a loro agio; tanto meglio, se c'è, il bigliardo. Finalmente c'è la saletta del buffet, che deve rimaner chiusa sin verso mezzanotte. Essa avrà una lunga tavola centrale su cui stanno disposti cibi freddi e bevande, e, se vi è spazio sufficiente, piccole tavole ove siederanno gli invitati. Il trattamento deve essere finissimo: pollo in galantina, sformati, crostini assortiti, pesce in mayonnaise, arrosto di vitello ecc.; paste, dolci in quantità, biscotti e confetture, aranci e mandarini. Per bevande, vini bianchi, asciutti e dolci, e lo champagne che può benissimo essere sostituito dal nostro spumante d'Asti. Generalmente gl'invitati si servono da loro, o per meglio dire i cavalieri servono le loro dame, dopo averle fatte sedere. Ci devono però essere almeno due domestici al servizio generale. E s'intende che, anche prima o dopo la cena, devono circolare altri rinfreschi: limonate, aranciate, gelati, ecc. I padroni di casa debbono essere pronti qualche tempo prima dell'ora fissata, per ricevere i loro ospiti. Indosseranno l'abito prescritto: se gli invitati devono portare la marsina sarebbe una grave sconvenienza che il padrone di casa avesse la giacchetta o l'abito chiuso, per le signore sarebbe poi una mortificazione assai grande giungere, per esempio, con un vestito di mezza gala, e trovar la padrona scollata e tutta scintillante di gioielli. Il padrone di casa, sua moglie, gli altri della famiglia devono dedicarsi esclusivamente ai loro ospiti. Se sono in età ancor giovane, aprono il ballo rispettivamente coll'ospite di maggior riguardo: se così non è, tale ufficio spetta ai loro figli o nipoti. Avranno cura che nessuna signorina resti a sedere troppo a lungo, invitando e facendo invitare quelle che non avessero molti cavalieri desiderosi di loro: faranno buona compagnia alle mamme sedute, gireranno per le sale, osservando che tutto vada bene e incoraggiando con piacevole serenità il divertimento comune. Avranno poi d'occhio la sala del buffet perché ognuno si serva e sia servito agiatamente, e avranno anche pensato - cosa indispensabile - a un gabinetto di toilette dove una cameriera stia pronta a rimediar qualche guasto accaduto durante il fervor delle danze. La festa suol finire generalmente verso le quattro o cinque del mattino, dopo il cotillon nel quale saranno distribuiti doni graziosi ed eleganti: talvolta anche di qualche valore. Invitando a un trattenimento serale con musica, è bene dar anche il programma dei pezzi che saranno eseguiti. Non si faranno cantare e suonare solo dei dilettanti, ma ci vorrà anche qualche artista. Si badi però che il programma musicale non sia troppo denso... perché molti amano più conversare che ascoltare, e nemmeno troppo grave, perché la musica classica non è da tutti. Anche per questo, sarà cura degli invitanti preparare una o più sale ampie e ben illuminate, ornate con eleganza severa, e disporre perché circolino abbondanti rinfreschi. L'abbigliamento può essere di gran gala (e allora i padroni avvertiranno) oppure di mezza gala, non mai da visita o da passeggio, ed essi ne daranno l'esempio. I tè sono riunioni che tengono la mezza via tra gli inviti di lusso e quelli intimi, e terminano a volte con quattro salti. Si svolgono fra le cinque e le otto del pomeriggio. La prima cosa per offrire bene un tè... è farlo buono, il che non è sempre facile. Un buon tè dev'essere biondo, chiaro, caldissimo. La padrona di casa serve il tè ella stessa, facendosi aiutare dalle signorine o anche da qualche giovanotto intimo di casa. Sulla tavola coperta di una finissima tovaglietta stanno la teiera, il bricco del latte, il limone o la caraffa del liquore; tartine, dolci e biscotti svariati e abbondanti. Soltanto se il numero degli invitati fosse molto grande, si serve a gruppi, su piccoli tavolini, altrimenti ciascuno rimane al suo posto. Ad ogni persona si chieda, servendola, se gradisce limone, panna o liquore coll'aromatica bevanda, si ripete poi il giro, offrendo una seconda tazza e magari anche una terza. Ma siccome non tutti hanno pel tè una grande simpatia, sarà bene aver anche pronto un bricco di ottimo caffè, nonché vermouth e aperitivi per chi arriva sul tardi. Oltre ai biscotti, ai crostini (non mai paste con crema o panna) si suol mettere sulla tavola, seguendo l'uso inglese, un dolce di larghe proporzioni: torta, marzapane, plum cake o simili, che si taglia per ultimo. Si faranno poi circolare bibite svariate, caramelle e cioccolatini in eleganti coppe. La padrona di casa che offre un tè riceve con un abito elegantissimo, non però scollato; le visitatrici in abito da visita con qualche ricercatezza. Non si toglieranno il cappello. In questo dopoguerra sono venuti di gran moda, sulla scia dell'uso americano, i cocktails, che permettono di invitare anche gli uomini, i quali, essendo occupati durante la giornata, difficilmente possono intervenire a un tè. Si tratta di riunioni che iniziandosi verso le sette di sera, dovrebbero di regola durare due tre ore, ma volendo si possono anche protrarre (comunque, non oltre la mezzanotte) assumendo un po' il tono di cena in piedi, e che possono essere anche danzanti. Ai cocktails non si offre tè, ma aperitivi, vermouth, bibite varie e soprattutto quelle misture di liquori che danno il nome alla riunione: il tutto accompagnato da tartine, pasticcini salati e dolci come per il tè, ad esclusione delle torte. Se la riunione assume il tono di cena si offrirà anche una tazza di brodo, o un risotto, e qualche piatto freddo. Le signore indosseranno per questi inviti un abito più elegante che non per i tè, da mezza sera, che può essere un po' scollato ma non lungo; gli uomini un abito normale grigio scuro o blu. I pranzi di gran lusso, quelli a cui si va in marsina e abito scollato, sono, più che altro, noiose parate di convenienza. Chi è al caso di offrirne ha generalmente a sua disposizione anche un maggiordomo e un capo cuoco coadiuvato da numerosi vassalli (come dice Dante) e non ha bisogno dei consigli di questo libro. La sala ove si darà il pranzo dovrà essere ampia in proporzione degli invitati, riscaldata moderatamente nell'inverno, aereata nell'estate. L'illuminazione deve essere abbondante. Generalmente pendono dal soffitto le eleganti lumiere o circondano i doppieri le pareti, ma qualcuno usa anche mettere bei candelabri con candele di cera. Questione di gusti. La tavola ampia, in modo che ognuno disponga almeno di sessanta centimetri di spazio, sarà coperta da una tovaglia ricadente ai lati: la tela damascata di Fiandra, benchè ancora usata dalle famiglie che ne hanno guarniti gli armadi, non è più moderna, e viene sostituita piuttosto da altre tele di lino, purchè finissime, variamente lavorate. Sotto la tovaglia ci deve però essere una grossa coperta, bianca o di colore adatto alla trasparenza se la tovaglia è traforata, per attutire i rumori e preservare il tavolo dalle eventuali macchie. La decorazione di fiori si può fare in vario modo: grandi coppe larghe e basse, per non impedire la vista, ricolme di fiori variopinti, o vasetti di fino cristallo o di metallo collocati presso ogni convitato, o ghirlandine leggere che corrono lungo la tovaglia. Si badi però di evitare ogni ingombro soverchio. Per questo sono state abolite anche le grandi alzate di frutta e dolci che una volta solevano guarnire le mense. Il tovagliolo va messo alla sinistra del piatto, piegato in quattro, semplicemente: a destra coltello e cucchiaio, a sinistra la forchetta. La piccola posata per frutta e dolce si colloca orizzontalmente davanti al piatto. Tre calici di varia dimensione servono per l'acqua, pel vino da pasto e pel vino bianco. Le coppe dello spumante si possono portare al momento. Sulla credenza e sopra una piccola tavola, ambedue coperte di fini tovagliette, staranno pile di piatti, posate di ricambio, tovaglioli di riserva, bicchieri, boccie di acqua e di vino già pronto, oltre alle bottiglie che vanno sturate al momento. L'argenteria abbondante e massiccia, la fine porcellana, i cristalli delicati sono la gloria e l'eleganza della mensa, oltre la biancheria. E' troppo giusto che gli invitanti sfoggino quanto hanno di meglio in queste occasioni, e non lo fanno certamente per vanità, ma pel desiderio di onorare gli ospiti. I posti sono talvolta indicati da cartelli, e così pure si suol collocare vicino ad ogni piatto la lista dei cibi, in elegante cartoncino fregiato da decorazioni artistiche. Ma questa usanza sa troppo di albergo... o di banchetto diplomatico. Il padrone e la padrona di casa siedono l'uno di fronte all'altro ai due capi della tavola, avendo ciascuno ai lati le persone di maggior importanza. Se vi è un sacerdote, spetta a lui il posto d'onore che è quello a destra della padrona di casa. Il servizio comincia il suo primo giro dalla signora che sta a destra del padrone, il secondo dalla signora che sta a sinistra, il terzo dal signore che sta a destra della padrona, il quarto da quello che le sta a sinistra. Ad ogni portata, si deve far girare due volte il vassoio. Le persone che fanno il servizio devono essere addestrate a farlo con precisione e disinvoltura; la padrona le tenga d'occhio, ma se qualche principiante commettesse una svista, non metta in evidenza la cosa, e si riservi a far dopo le sue avvertenze. Nulla è più spiacevole di sentir a tavola, una signora dar lezione alla cameriera, e peggio ancora se la rimproverasse o mortificasse. La scelta delle portate dev'essere varia e gustosa per avere il gradimento generale. Ora non si usano più, grazie al cielo, i banchetti pantagruelici a cui resistevano, e non si capisce come! gli stomachi dei nostri avi. Ma non bisogna esagerare nell'altro senso. Chi si reca alla mensa altrui ha diritto che sia soddisfatto ampiamente il suo appetito, e il numero e la varietà dei cibi deve in certo modo compensare la libertà ch'egli avrebbe a casa sua, di scegliere e mangiare comodamente, nonchè il sacrifizio delle sue abitudini e dei suoi gusti personali. Bisogna dunque usare una certa larghezza. Francesco Petrarca si compiaceva per conto suo dei pesciolini che gli riusciva di pigliare nelle «chiare, fresche e dolci acque» della sua Sorga, e del pane scuro che si faceva dare dall'ortolano, ma quando riceveva ospiti li trattava splendidamente. Un pranzo di gala è composto di tre o quattro portate oltre la minestra e il dolce. Dopo la minestra si avrà un primo piatto leggero, generalmente pesce con salsa; anche un fritto variato può andar bene. Indi un piatto di carne con contorno, uno sformato o pasticcio, l'arrosto di pollo o vitello con insalata, e finalmente il dolce e le frutta. In pranzi più semplici si sopprimerà il primo piatto di carne e magari anche il piatto di mezzo. Una colazione sarà sempre molto più semplice di un pranzo, poiché si suppone che gli invitati debbano andarsene presto avendo altri impegni per il pomeriggio: in generale avrà al massimo una portata di carne ed una di verdura, oltre, si capisce, dolce e frutta. Alla minestra asciutta si potrà sostituire un antipasto variato (prosciutto, burro, acciughe, sottaceti, insalata alla russa, ecc.), accompagnato magari da una tazza di brodo. Si tenga comunque presente, nell'organizzare un pranzo, che in nessun caso la durata di esso dovrebbe superare l'ora. La minestra non si porta in tavola, ma si serve da un lato, o si fa trovar pronta nelle scodelle. La prima portata deve sempre essere presentata da sinistra, mentre il piatto usato si porta via da destra: le posate si cambiano ogni volta. A tavola non si scalca: i polli devono comparire già fatti a pezzi e la carne tagliata a fette. L'insalata si presenta già condita. Per evitare la sbucciatura delle frutta è molto elegante l'uso della cosidetta macedonia, molto impropriamente chiamata, all'inglese, insalata di frutta. Zucchero e vino bianco finissimo si versa nelle coppe ove prima saranno disposte sbucciate e tagliate a spicchi o a fette le frutta più delicate. Se si serve il gelato, vi deve sempre essere unito un piatto di pasticcini leggeri. Il caffè dev'essere aromatico, caldissimo, abbondante: si serve in eleganti tazzine che sono di stile speciale, oppure analoghe al servizio già usato per la mensa. I vini si servono gradualmente secondo i cibi, dai più leggeri ai più forti. Ogni regione di questa nostra fertilissima Italia ha i suoi, sicché si potrà pasteggiare con Chianti e il Barbera, servir il Capri dopo il pesce, il Barolo dopo l'arrosto, il vin Santo e lo Spumante d'Asti in fine di tavola. Ma nessuna eleganza di preparativi, nessuna squisitezza di cibi o bevande potrà valere quanto la cordiale cortesia degli invitanti. Essi devono tener presente che tutto, in quelle ore, deve contribuire alla gioia e alla serenità dei loro ospiti. L'accoglienza dovra dunque essere improntata al desiderio di compiacerli e rallegrarli in tutto. Essi li attenderanno in una sala attigua, vestiti con eleganza, e pronti un quarto d'ora almeno prima dell'invito; faranno festa ad ogni arrivante e lo presenteranno agli altri, trattenendo la compagnia in piacevole conversazione, sino a che non viene dato l'annunzio che il pranzo è servito. Allora il padrone di casa offre il braccio alla dama più ragguardevole: vengono poi gli altri, a coppie, e ultima la signora di casa col suo cavaliere. Durante il pranzo gli anfitrioni devono vigilare che tutti siano ben serviti. Toccherà a loro mantener nutrita la conversazione, proponendo piacevoli argomenti, ed eliminando avvedutamente ogni soggetto meno che conveniente. Se c'è un festeggiato, il padrone di casa farà, alla fine del pranzo, un breve brindisi in suo onore; se il brindisi è fatto da altri, si alzerà a rispondere in nome di tutti. Avvertiamo che ora, nei brindisi, non si usa più toccare i bicchieri: basta alzarli moderatamente. E dopo tanta... prosa, non dispiaccia la poetica descrizione d'un banchetto, dovuta a quell'impareggiabile artefice di versi che fu Ugo Foscolo:

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