Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Numero di risultati: 13 in 1 pagine

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Le belle maniere

180021
Francesca Fiorentina 1 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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E' vero che quest'ultime si ripagano spesso abbondantemente ne'crocicchi delle strade, o dall'erbivendola; ma, via, non è la stessa cosa. Le poverette non hanno gran possibilità di scelta nelle chiacchiere; la loro vita è così monotona! E' imperdonabile, poi, che di tal genere di persone, noi, che dovremmo essere gente educata, numeriamo sempre i difetti, senza trovare neppure un'attenuante. E pensare che gli avvocati ne inventano per gli assassini, perfino per i matricida! Io mi rivolgo soltanto una domanda:se noi, che siamo un po'più liberi di foggiarci la vita a modo nostro, e dovremmo avere un grado d'educazione superiore, manchiamo così spesso, perchè dovrebbero non mancare le persone di servizio, che ne hanno tante e tante occasioni? Che dite voi, figliole mie? Intanto sarete d'accordo con me su questo punto:che se voi non state bene, o siete contrariate in qualche vostro desiderio, sentite súbito i nervi tirare, e provate una voglia matta di ribellarvi a costo di non trattar bene le persone stesse che amate. E' vero? Sì, sì, confessatelo. Allora seguite con me, per un momento, questa disgraziata creatura, che si chiama"donna di servizio", nella sua giornata. La mattina, per quanto le palpebre siano appesantite, sien fiacche le membra e la notte sia stata insonne, le tocca alzarsi; chè, se tarda un po', sono richiami, scampanellate, grida. Chi vi pulirebbe le scarpe, chi vi preparerebbe la colazione? E poi ci sono i pavimenti da lustrare, i mobili da spolverare, forse le legna da spaccare o l'acqua da tirar su, poi c'è la spesa. Con quanta tremarella rientra in casa! Chi sa che ramanzina le farà la padrona! Infatti. . . . . - Credevo che tu ti fossi perduta nella nebbia! - Com'è tigliosa questa carne! - Ma questo cavolo è marcio ! - Non sei proprio capace di contrattare; già i soldi non sono tuoi! La poveretta inghiottisce la pillola, e indossa il grembiulone per mettersi attorno al fuoco. Si scalmana, suda, s'arrabatta, e poi. . . . Il lesso è scipito, l'arrosto sa di cipolla, l'umido è legnoso, l'intingolo non è ben legato. Altra pillola! La disgraziata tuffa le mani nell'acqua, e s'accinge a rigovernare. - In fretta, veh! perchè ci sono da lavare que'panni, che, se no, ammuffiscono. Poi c'è da rammendare qualcosa, poi da preparar cena, poi, poi. . . . E ogni sua occupazione può essere interrotta tre, quattro, dieci volte, se tale, per caso, è il vostro capriccio; e la spazzatura già ammucchiata può spargersi nuovamente sotto i vostri piedi che passano incuranti, o a un soffio di vento; e l'acqua unta della rigovernatura può freddarsi, e l'oscurità può scendere mentre pochi panni aspettano l'ultima risciacquatura. Non un minuto di respiro, non una parola buona, non un tender di mano, non uno sguardo pietoso, un atto che le dimostri che anche lei è una creatura umana, con un'anima viva, con un cuore che sente. . . nulla! Se voi, figliole, impallidite un istante, qualcuno súbito se n'accorge, si turba, vi domanda che cosa avete, vi forza al riposo, v'offre una medicina, vi circonda di cure. Ma la donna di servizio, abbia pur nel viso le tracce d'una vera sofferenza, deve seguitare indefessa il suo lavoro, senza un aiuto come se nulla fosse, perchè ogni sua ora, ogni suo minuto è pagatoe i padroni non vogliono rimetterci. Se poi il male è grave, se è costretta ad assentarsi, quanti rinfacciamenti, quanti lagni, quante parole pungenti, pronunziate a denti stretti nelle rarissime scappatine che si fanno nella sua camera, la quale, il più delle volte, è un oscuro stambugio! Per molto meno s'eccitano i vostri nervi; ma quelli della"serva" devono essere d'acciaio, nè hanno diritto di vibrare. Sul suo viso nessun'ombra deve scendere, nessuno scatto deve scoterle la persona; sarebbe un'offesa personale ai padroni. Gli uomini possono insultarla, perchè hanno gravi preoccupazioni, le donne perchè sono eccitabili, i bimbi perchè non capiscono; ma a lei non valgono per scusa il lavoro forzato, nè i malesseri comuni co'vostri, nè la vita randagia, nè la lontananza da'suoi, nè la pena per i dispiaceri della sua casa, di cui non fa più parte, ma a cui pensa spesso con nostalgico scoramento. Il quadro ch'io v'ho presentato sembra troppo fosco, ma ahimè! i miei occhi ne hanno potuto cogliere la realtà in certe famiglie, a cui non vorrei che somigliassero le vostre. E voi aspettate uno spirito di sacrifizio da persone che, generalmente, sono trattate così? Voi dimenticate troppo spesso che la vostra "serva" - così la chiamate - prima d'esser tale, è un individuo della grande famiglia umana alla quale voi pure appartenete.

Pagina 141

Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180611
Barbara Ronchi della Rocca 2 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Naturalmente, è vietatissimo fumare in cabina e sconsigliato cospargersi abbondantemente di profumo.

Pagina 155

Sono quelli che, vantandosi di non «fare complimenti», si stiracchiano voluttuosamente e si grattano in pubblico, sbadigliano mostrando anche le tonsille, si toccano continuamente i capelli, starnutiscono senza proteggere gli astanti dalla «pioggia», controllano con cura nel fazzoletto i «risultati» dopo essersi soffiati il naso, siedono a gambe larghe, a tavola scelgono il meglio dal piatto di portata, o si servono così abbondantemente da non lasciarne a sufficienza per gli altri commensali... Dovrebbero avere più attenzione per chi guarda, e un po' meno invece per i propri vestiti, quelli che perseverano nell'antiestetica abitudine di sollevare il dietro del cappotto prima di sedersi - per non parlare di chi lo fa anche con la gonna. Non commento oltre.

Pagina 38

Il Galateo

181528
Brunella Gasperini 1 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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, ma sono generalmente disposti a raccogliere un'autostoppista femmina e carina (come se una ragazza carina non potesse essere abbondantemente fornita di esplosivi, marijuana e parassiti). A costo di passare per sconsiderata, devo dire che durante le vacanze noi di famiglia abbiamo spesso dato passaggi a questi variopinti ragazzi con lo zaino e il pollice alzato, maschi o femmine, con o senza bandierina nazionale infilata nello zaino, con o senza chitarre, barbe e capelli fluenti; ci siamo sempre divertiti (spiegandoci in miscugli orripilanti di lingue), abbiamo imparato da loro cose che non sapevamo, e loro da noi; alcuni, a distanza di anni, vengono ancora a trovarci in Italia. Nessuno ci ha mai rapinati, contagiati, drogati, o è stato villano con noi. Qualcuno dirà che siamo dei fortunati incoscienti. Può essere. E infatti siamo i primi a dire che, se non si ha simpatia per gli autostoppisti, o se ne ha paura, è molto meglio lasciarli a terra: anche perché, una volta che si ha un ospite a bordo, bisogna trattarlo con cordialità e fiducia, non con nervosismo o sospetto. Se per qualsiasi motivo un autostoppista non vi ispira fiducia, tirate dritto senza rimorsi: se è arrivato fin lì, se la caverà anche senza di voi. È largamente nel vostro diritto non accogliere sconosciuti nella vostra auto, neanche durante le vacanze: però è inutile che vi giustifichiate dicendo che tutti gli autostoppisti sono pezzenti, tossicomani, delinquenti. Tra quelli che abbiamo raccolto noi ricordiamo, per esempio, un professore universitario (americano), un missionario (francese) e un architetto (svedese) molto ricco, che viaggiava in autostop non già perché fosse tirchio, ma perché voleva fare esperienze nuove e dirette: viaggiando da ricchi, diceva, non si conoscono veramente né i paesi, né la gente, né i loro usi genuini: i grandi aerei e i grandi alberghi sono uguali in tutto il mondo.

Pagina 190

L'angelo in famiglia

182666
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Essi molto facilmente non saranno perfetti, ma Dio solo ha il diritto di sindacarli, di condannarli, perchè solo ha il volere e il potere di premiare abbondantemente le loro virtù ed i loro sacrificj. Oh! tu riverisci il padre tuo e la madre tua, poichè sulla loro fronte risplende l'autorità stessa di Dio, di quel Dio che ha voluto darti la vita per loro mezzo, che li ha incaricati del tuo allevamento, della tua educazione, ed ha loro scolpito nel cuore un affetto tenerissimo per te, affetto che li porta a sagrificarsi continuamente pel tuo bene. Ma la riverenza che tu porti ai tuoi genitori non dev'essere sterile; essa dev'essere mossa, accompagnata, indivisibile da un grande amore, da un amore che trae le sue fiamme dal cuore stesso del Dio di amore, da un amore che genera un'obbedienza pronta, cieca e costante. Questo io credo sia il punto più difficile, poichè quanto al rifiutare riverenza ed affetto ai genitori, questa è fortunatamente la triste prerogativa di non molti figli snaturati che tu non sei davvero tentata ad imitare. Pure l'obbedienza, che spontaneamente dovrebbe scaturire dalla riverenza e dall'affetto, come acqua dal fonte, pure l'obbedienza ci costa fatica, e tu pure, non vale dissimularlo, talora sei tarda, curiosa, instabile. Da che mai proviene questo strano disordine? Proviene, a mio credere non tanto dalla pervicacia del volere, quanto dalla debolezza nostra, da quella debolezza che ci fa ripetere col poeta: E veggio il meglio ed al peggior m'appiglio. Di solito l'obbedienza dovuta ai genitori è strettamente legata all'obbedienza della legge divina, poichè ordinariamente essi ci ordinano quello che Dio vuole da noi, ed essi non sono se non uno strumento, vorrei quasi dire, un portavoce della parola stessa del Signore. Ed allora perchè vorremo noi rifiutarci ad obbedire subito senza indugio, senza esame, e sempre? Molte volte invece gli ordini paterni ci appajono nudi nudi e privi d'ogni autorità superna; pure se apertamente non sono contrarj alla legge del Signore, nel qual caso noi siamo tenuti ad obbedire il Padre del cielo, perchè oltre che Egli è Padre a noi ed al padre nostro, è altresì nostro Creatore e Maestro e Sovrano; tranne questo caso difficile molto e molto raro, noi siamo tenute ad obbedire gli ordini paterni prontamente, cecamente, costantemente. Se la tua mamma ti comanda di coricarti o di levarti per tempo, di uscire o di restar in casa, di lavorare o di studiare, di fare questa o quella cosa, tu dai prova d'un amor molto fiacco se obbedisci lentamente, o di malavoglia, e la tua mamma sgradisce il servizio tuo e tanto più lo sgradisce se oltre la proroga che ti prendi in renderglielo, gliene domandi il perchè. Non è più obbedienza quando si conosce la ragione per cui ci viene ordinata una cosa; od almeno è un'obbedienza di second'ordine, un'obbedienza poco meritoria. Se la mamma ti proibisce di stringere confidenza con quell'amica, di parlare con quell'altra, certamente essa ha le sue buone ragioni che prudenza e carità le impediscono di comunicarti, e se anche te le comunicasse tu non le comprenderesti, perchè giovane ed inesperta. Credilo, la tua stessa convenienza t'insegna ad obbedire senza sottoporre ad esame l'ordine che ti viene impartito, e t'impegna ad obbedire sempre, oggi come jeri, domani come oggi. Un giorno tu stessa potresti diventar madre pur restando figliuola, e come potrai pretendere un'obbedienza maggiore di quella che tu presterai alla madre tua? Siamo all'ultimo dovere che ti obbliga inverso i tuoi genitori; ultimo di posto, ma non ultimo d'importanza. Esso è il soccorso. Sì, noi dobbiamo loro soccorso di consiglio, d'opera e di preghiera, lo dobbiamo se buoni o se cattivi, lo dobbiamo se le nostre membra hanno il vigore della giovinezza, o se sono intorpidite dal peso degli anni. Se il padre o la madre nostra per qualche circostanza hanno d'uopo del tuo consiglio, tu devi tenerti altamente onorata nel prestarglielo, e devi porre ogni studio perchè la tua parola non suoni rimprovero o mortificazione, ma riverenza ed affetto; quantunque la natura istessa del consiglio che devi prestare renda evidente la superiorità delle tue cognizioni, del tuo ingegno, o della tua esperienza, se tu pensi che Dio tutto ti ha procurato col loro mezzo, ti sarà facile farne ridondare ad essi, dopo che al Signore, quel merito qualsiasi che tu ne puoi avere. Così facendo non farai pagar caro l'ajuto tuo, chè se ad esso fosse unita una dose anche minima di orgoglio, anzichè ajuto, il tuo sarebbe un peso. Già ti ho dato un cenno essere tuo debito ajutare i tuoi genitori a liberarsi dai loro difetti; ora aggiungo che devi adoperare ogni mezzo per riconciliarli con Dio, se sventuratamente gli fossero nemici, e che prima di tutto devi predicar loro col tuo esempio, col tuo affetto, colla tua annegazione. Se tu hai la grande ventura di prestare le ultime cure al padre o alla madre tua, non ti contentare di procurar loro una o molte infermiere, pochi o molti comodi; ma tu stessa, fossi tu pure una principessa od una regina, presta loro tu stessa i servigi più umili e più faticosi per quanto il comportino la tua salute e la tua complessione, chè il tuo grado e la tua dignità, benchè altissimi, non ne patiranno nocumento od alterazione di sorta. Se il tuo fisico soverchiamente delicato ti toglie e ti impedisce l'adempimento di questo dovere 22 osservane almeno lo spirito, facendo tutto quanto ti è dato di poter fare. Ma oltre a quest'obbligo di materiale soccorso, ve n'ha uno di ben maggiore importanza, che ha di mira direttamente l'anima. Se i tuoi genitori, o qualunque altro di tua famiglia ammala gravemente, tu sei strettamente tenuta a procurar loro i conforti religiosi, senza attendere che l'agonia togliendo loro il possesso della vita, tolga insieme la serenità della mente indispensabile a prepararsi al grande passaggio. Molte persone soverchiamente delicate, temono di accelerare la morte delle persone carissime, coll' avvicinare al loro letto il Ministro di Dio. Temono di spaventarle; ma perchè non temono di mandarle per il loro stesso timore dritte dritte all'Inferno, oppure a giacere lungamente in Purgatorio? Insensate, snaturate! Non vedete che la vita sfugge, che un'ora od un giorno di più o di meno non aggiunge o diminuisce che un'ora od un giorno di cruccio e di tormento? Non vedete, non sapete che l'altra vita dura eternamente, e che dipende da voi chiamare a quel letto un prete il quale ha la rappresentanza e la potestà stessa di Dio, e che in suo nome potrà dire con verità, come Gesù alla Maddalena:Va, ti sono rimessi tuoi peccati? E poi non è, credilo, non è proprio vero che il confessore e la confessione abbrevino la vita; jeri stesso io ho sospeso lo scrivere per correre al letto di una signora mia conoscente che, repentinamente sorpresa dalla malattia, si trovava a fil di vita. I figli tutti volarono a quel letto, ma non tutti con uno stesso pensiero, perchè non tutti informati allo spirito di Dio. Una figlia, madre essa pure, gracile di fibre, ma forte di virtù, mandò tosto pel prete, il quale venne subito e ad onta che altri figli, liberi pensatori, vedessero di mal occhio la sua visita, la confessò e la riconciliò col Signore. Non si spaventò quella signora, benchè non molto usa alla Chiesa ed ai Sacramenti; no non si spaventò, nè è morta per le premure religiose della buona figliuola, chè anzi avendo tranquillato il suo cuore, e perdonato e chiesto perdono agli offensori ed agli offesi, superò la crisi del male, ed oggi migliorata di molto, ci lascia tutti nella speranza di una pronta guarigione. Ci resta ora a parlare del soccorso materiale e pecuniario da noi dovuto ai genitori nostri, e questo si può dire in poche parole, poichè ognuno di leggieri ne comprende l'importanza. Se essi si trovassero bisognosi ed affamati, e noi avessimo un pane, dimmi non saremmo noi obbligate a dividerlo con essi? Se poi noi ci trovassimo in condizione molto diversa dalla loro, noi non dovremmo pur mai vergognarci dei nostri genitori, ma dovremmo fare ogni sforzo perchè la loro condizione fosse il più possibilmente migliorata, secondo almeno il loro stato. Per quei figli che disprezzano o lasciano languire nella miseria i genitori, nei loro vecchi anni, mentre ne li potrebbero sollevare, sono terribili i flagelli minacciati dal Signore, e desolata quella generazione sulla quale è piombata, in un'epoca anche lontana, la maledizione paterna!... Ma scusami, io aveva un momento dimenticato che parlo ad una figlia modello, ed ho commesso l'indiscrezione di conturbare il tuo sguardo con uno spettacolo d'orrore. Tu invocherai, tu attirerai sul tuo capo e sul capo di tutti quanti verranno dalla tua famiglia la paterna benedizione, perchè dopo d'avere onorato il padre e la madre tua colla riverenza e coll'affetto, coll'obbedienza e col soccorso materiale e spirituale, sempre sempre li ajuterai colla preghiera, con quel profumo che partendo dal cuore s'innalza a Dio per presentargli le necessità proprie e le altrui. Sì, sì, la preghiera tu la leverai calorosa e costante specialmente pei tuoi genitori, affinchè, se vivi, si facciano o si mantengano fedeli al loro Signore, e, se morti, il perdono, la pace e la gioja sempiterna del Paradiso li accolga e li investa per tutta la beata eternità. Se tu sarai una figlia riverente, obbediente, soccorrevole, io ti predico le più elette benedizioni da quel Gesù che nella sua vita mortale insegnò coll'esempio e colla parola come si rispetti, si obbedisca, si soccorra chi ci ha dato la vita del corpo. Egli era Dio, e si fece obbediente a Maria ed a Giuseppe, il quale neppure era padre, ma solo ne fungeva le veci; e tu ed io crederemo di troppo umiliarci col prestare il nostro ossequio e la nostra devozione al padre ed alla madre nostri od a coloro che li rappresentano?...

Pagina 327

Come devo comportarmi. Le buone usanze

184934
Lydia (Diana di Santafiora) 1 occorrenze
  • 1923
  • Tip. Adriano Salani
  • Firenze
  • paraletteratura-galateo
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Si lavorava poco e con calma: l'industriale poteva fare il suo comodo, perchè era ignota la concorrenza; l'impiegato non aveva che poche ore da stare in ufficio per sbrigare le sue mansioni e l'obbligo dell'orario non era così ferreo come oggi; il medico, l'avvocato passavano le loro giornate chiacchierando coi loro pochi clienti, dai quali ricavavano abbondantemente di che vivere con decoro. Oggi, purtroppo, le cose sono cambiate: la giornata non basta più alle nostre occupazioni, e siamo costretti a sottrarre molte ore al riposo e al sonno; il nostro lavoro non ha tregua, ma ci consuma incessantemente il pensiero e il cervello. E la nevrastenia, questa malattia terribile e dolorosa, ha finito col diventare epidemica, mentre un tempo era, si può dire, ignota. Ora, una passeggiata giornaliera, che oltre a rinvigorire il corpo sia anche una tregua al nostro lavoro, è rimedio sovrano contro tanti mali. Un illustre igienista, e medico di gran valore, parlando del riposo necessario all'uomo, soleva dire: - Un'ora al giorno, un giorno alla settimana, un mese all'anno. - Consiglio veramente aureo, che noi proponiamo alla meditazione dei nostri lettori. A questo punto, qualcuno m'interrompe: - Ma come si fa? Le necessità della vita sono terribili, il tempo non basta, le spese crescono ogni giorno.... Come si può pensare al riposo, alle passeggiate? - Che dirti, povero infelice? Se veramente tu hai una famiglia numerosa, dei gravi doveri da compiere, che non ti lasciano un momento di libertà; se tu sei costretto a un lavoro improbo per dar da mangiare ai tuoi bambini, ai tuoi vecchi..., lavora, povero infelice; sarai uno di quegli eroi oscuri, uno di quei martiri ignorati dalla moderna società, che sacrificano la salute e la vita all'adempimento del proprio dovere. E se nessuno riconoscerà i tuoi grandi sacrifici, avrai almeno la coscienza e l'orgoglio d'aver fatto quello che dovevi, più di quello che dovevi. Ma, accanto a questi umili paria della società, c'è un'infinità di gente che lavora accanitamente non per vivere, ma per viver meglio; che sottrae parte delle ore di riposo per accumulare più denaro, per salire più in su, per raggiungere un posto ambito e agognato. Badino costoro a quel che fanno: non di rado, quando i denari sono finalmente accumulati, quando il posto è raggiunto, quando si crede di poter finalmente godere i frutti dell'improba fatica durata..., ecco che la vecchiaia è sopraggiunta, e non la vecchiaia vegeta e arzilla, ma la vecchiaia piena di acciacchi, l'indebolimento di tutto il corpo, la nevrastenia, l'arteriosclerosi, la paralisi. Allora, dando uno sguardo al passato, si vedono tutti gli errori commessi, si toccano con mano tutti i danni di quel lavoro insensato e continuo, che ha logorato i muscoli e il cervello. E si vorrebbe tornare indietro, per vivere una vita più regolare. Chi ha lavorato troppo è soggetto a rimorsi, come chi ha lavorato troppo poco! Abbiate dunque cura, anche se siete giovani e vi sentite forti, della vostra salute, alla quale oggi non pensate, ma che sarà un giorno la vostra preoccupazione. Lavorate; lavorate con impegno, con serietà, con intelligenza; il lavoro è, si sa, la più nobile occupazione dell'uomo, nè io intendo in alcun modo incitarvi all'ozio. Ma sappiate non esagerare, sappiate fermarvi a tempo; sappiate soprattutto intramezzare nel vostro lavoro periodi di riposo assoluto e completo, che vi ristorino a vi ricreino, come all'assetato viandante le oasi in un deserto. Soprattutto, non aspettate per riposarvi di non poterne più; chè allora il riposo dovrà essere infinitamente più lungo e potrà anche non essere più sufficiente. Il consiglio del mio amico igienista è probabilmente il più saggio di tutti: un'ora al giorno, un giorno alla settimana, un mese all'anno. È una pessima abitudine quella di render la domenica un giorno come tutti gli altri. Si pensi che in tutti i paesi, in tutti i tempi, in tutte le religioni, un giorno della settimana è dedicato al riposo. Gli ebrei avevano il sabato, e tutti conoscono a quali gravi punizioni andava incontro chi lavorava in quel giorno: Dio stesso, secondo la Bibbia, si riposò dopo sei giorni di lavoro. Sia dunque la domenica, anche per noi moderni, un giorno di riposo e di svago, nel quale la mente e il corpo si rafforzino per il lavoro che ci attende. E cerchiamo di passarla serenamente e senza preoccupazioni. Alcuni amano fare, la domenica, lunghe passeggiate, e quest'abitudine, veramente eccellente, va prendendo piede ogni giorno più. Si vedono giovinetti, signorine, uomini maturi, partire la mattina col loro sacco in ispalla, e ritornar la sera, sorridenti, ilari, disinvolti. Hanno fatto miglia e miglia in campagna; si son seduti a mezzogiorno in mezzo a un bel prato o nel folto d'un bosco, accanto a una sorgente d'acqua pura, e hanno mangiato allegramente le provviste portate con sè; hanno giocato, hanno cantato, hanno respirato dell'aria buona, si son divertiti: che volete di più? Quanto meglio hanno costoro provveduto alla loro salute, che non quelli che hanno passato ore e ore nella sala buia d'un cinematografo, nella platea d'un teatro o in mezzo al fumo acre d'un caffè! Ci sono gli appassionati allo sport. Essi attendono con ansia la domenica per giocare la loro partita al calcio, al tennis, alla palla, per esercitarsi nel canottaggio, per andare a caccia. Siano benedetti anche loro! Ogni sport all'aria aperta è degno d'essere incoraggiato, senza eccezione. La gioventù che si dà allo sport, alle passeggiate, alla vita libera e allegra sotto il sole, non conosce il vizio, disprezza le sozzure della vita cittadina, rifugge dalle società equivoche, dai loschi raggiri, dai giuochi d'azzardo. Aria, luce, sole, moto: ecco gli elementi necessari alla vita del corpo e dell'anima; ecco i rimedi sovrani contro il sordo logorio della faticosa vita di tutti i giorni.

Pagina 70

Il pollo non si mangia con le mani. Galateo moderno

189053
Pitigrilli (Dino Segre) 2 occorrenze
  • 1957
  • Milano
  • Casa Editrice Sonzogno
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Se agli uomini molto vecchi fa piacere sentir parlare di quelli che hanno oltrepassato abbondantemente il secolo, alle mature signore che furono belle parlerai di Ninon de Lenclos che alla sua (della signora alla quale stai parlando) età fece di un astronomo, Huyghens, un poeta, e si rifiutò per tre giorni al canonico de Châteauneuf, per dirgli di sì il giorno in cui lei compiva settant'anni. A darle ragione, o a tacere davanti al suo pessimismo e alle sue nuvole nere, ti metti nelle condizioni di quel giovanotto precocemente filosofo, che ebbe il malgarbo di ascoltare, senza interromperla, una signora che si lagnava della propria decadenza. - Eh, signora - le disse - non si può essere ed essere stata. - Sì, giovanotto - rispose la vecchia signora - si può essere stato un villanzone e continuare ad esserlo.

Pagina 253

Se desidera fare carriera, lecchi, insalivandolo abbondantemente, il dorso del foglio protocollo, e mettendosi bene in vista davanti al suo capo ufficio. Ma il giorno che potrà sganciarsi da questa schiavitù, si ribelli spettacolarmente. Non prima, e se non è sicuro di trovare da vivere nelle vie laterali, se non ha raggiunto la certezza di essere un individuo al di sopra della mediocrità. Il poeta Enrico Heine, morto cento anni fa, aveva uno zio, Salomone Heine, ricchissimo banchiere in Amburgo. Sogno di costui sarebbe stato che il giovane Enrico, invece di scrivere frasi e versi, cose inafferrabili e inconcludenti, si fosse dedicato agli affari, ai numeri e alla banca. Ma Enrico preferiva vivere da artista, tanto che Thiers disse di lui: «Quel tedesco è il francese più spiritoso che ho conosciuto in vita mia». Alla morte dello zio banchiere, Enrico Heine fu convocato con altri parenti nello studio del notaio, il quale gli comunicò che il compianto zio gli lasciava appena sedicimila franchi. - Io pago oggi una quindicina di milioni il diritto definitivo di essere poeta - commentò Enrico Heine - e trovo che non è caro. Il fare o il non fare le stupidaggini che fanno tutti gli altri, il dire o il non dire le sciocchezze che dicono tutti, il parlare come tutti o l'esprimersi in modo diverso deriva dalla vostra disposizione a pagare, come il poeta ebreo-tedesco-parigino, una tassa di lusso di quindici milioni-oro su buon gusto e sull'intelligenza. Il galateo è una codificazione di leggi e di consuetudini Per ribellarsi alla legge bisogna essere intellettualmente e moralmente al di sopra della legge. Oppure essere in grado di fare un colpo di stato. Se siete il solito individuo che vuol vivere e morire tranquillo, sposare la figlia del droghiere, andare d'accordo col farmacista framassone e col rettore dei Salesiani, se siete di quei cattolici domenicali che nel momento dell'elevazione si mettono in ginocchio, ma con una mezza natica appoggiata al sedile, in questo caso non teniate nessun conto dei miei consigli di ribellione, e nelle circostanze più insulse della vita regolatevi insulsamente come gli altri. Non sbaglierete mai. La gente dirà che «sapete vivere». E ha ragione. Il non saper vivere è sinonimo di suicidarsi. E io vi auguro cento anni felici. FINE DEL GALATEO

Pagina 342

IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

191017
Schira Roberta 1 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Nei ristoranti ho visto di tutto: chi si è bevuto il contenuto della ciotola contenente acqua e limone, chi si è lavato abbondantemente il viso, chi ha guardato l'oggetto con aria interrogativa, chi ci ha spento una sigaretta (quando si poteva fumare). In realtà, questo contenitore che, di norma, è deposto in alto a sinistra dal cameriere dopo un piatto di pesce o che prevede l'uso delle mani, è destinato al lavaggio delle dita che poi andranno asciugate con il tovagliolo. In molti ristoranti si servono salviettine dall'orribile profumo di limone (sintetico), meglio acqua nella quale siano state dissolte alcune gocce di olio essenziale o petali di rosa. Meglio ancora: non usate affatto le mani oppure alzatevi e lavatele in bagno, anche perché il galateo non ne prevede l'uso. Bagno. È il buon rifugio per tutte le situazioni di emergenza: qualsiasi fatto anomalo accada a tavola, nell'incertezza recatevi in bagno. Prima di alzarsi da tavola, ci si accomiata con uno «Scusate». Bambini. Abituare i bambini a stare fermi e seduti al ristorante è una buona cosa, ma sino a che non si è riusciti nell'intento è pura crudeltà e una forma di egoismo obbligarli a seguirci al ristorante. La stessa cosa vale per le cene formali: diciamo che sino ai dodici anni i bambini o ragazzini cenano prima o in un tavolo a parte. Non solo è una sofferenza per loro stare seduti troppo a lungo, ma è anche una limitazione per gli invitati e per chi ospita adattare le portate e i discorsi in funzione della loro presenza. Banane. La banana non è consigliabile in una cena formale. Si tiene ferma con la mano sinistra, e dopo averla sbucciata si appoggia sul piatto, si taglia e si porta alla bocca con la forchetta. Vietato dal galateo sia per gli uomini sia per le donne succhiarla come un ghiacciolo con sguardi maliziosi, cosa invece permessa in privato. Bar. Evitiamo di dare del tu a camerieri e baristi solo perché li abbiamo visti un paio di volte. Non ingombriamo il banco con nostri pacchetti e borse o peggio con i gomiti. Evitiamo di fare «zuppetta» nella tazza del cappuccino. Non monopolizziamo i quotidiani messi a disposizione dai locali pubblici. Nell'ora di punta evitiamo di indugiare davanti al bancone mentre altre persone aspettano il loro turno. All'ora dell'aperitivo non dimentichiamo un minimo di etichetta: prendiamo le olive con l'apposito stecchino per portarle alla bocca e sputiamo il nocciolo con discrezione, nel palmo della mano, per poi buttarlo nel cestino porta-rifiuti (i noccioli rosicchiati nel piattino accanto alle olive offrono uno spettacolo poco piacevole). Le noccioline si prendono con un cucchiaino e si depositano nel palmo. Barzellette. Raccontare barzellette è una vera arte, quindi non cimentatevi se non siete davvero un fuoriclasse, eviterete di vedere i vostri commensali sforzarsi di sorridere alla battuta finale o ancora peggio dire «Non l'ho capita». Per quanto riguarda i contenuti, controllate alla voce «Conversazione». Bere. Bere con moderazione non è solo un fatto di salute, ma anche una forma di rispetto nei confronti degli altri. L'alcol, notoriamente, disinibisce e slatentizza (che non è una parolaccia, ma significa semplicemente che l'alcol fa uscire allo scoperto tutti quei piccoli disturbi della personalità che altrimenti se ne starebbero tranquilli e ben nascosti). Quindi lasciamo tutto com'è, non è piacevole scoprire che potenzialmente siamo dei serial killer, e non lamentatevi se la mattina dopo vi ritrovate in un letto che non è il vostro. Bicchieri. Versando da bere non si deve riempire il bicchiere fino all'orlo, mai, sia per l'acqua che per il vino, il tè, il caffè o i liquori, ma solo un terzo. Quando ci versano da bere il bicchiere non va tenuto in mano, ma poggiato sempre sul tavolo. Sempre. Prima di bere, ci si pulisce le labbra con il tovagliolo, così come dopo aver bevuto Biglietto da visita. Una volta le signore non lo potevano dare a un uomo, adesso c'è la massima elasticità. Evitate per favore di scrive Marchesa o Cavaliere e altri titoli, meglio semplicemente nome e cognome. Non risparmiate sui biglietti da visita: sono il vostro primo lasciapassare per il bel mondo. Un buon biglietto si riconosce dallo spessore del cartoncino. Bottiglia. In una cena formale le bottiglie andrebbero sistemate su un ripiano a parte, e non sulla tavola. La regola è che non compaiano etichette di nessun tipo (sui grissini, purtroppo, ci cascano tutti, soprattutto i ristoratori, che li portano a tavola confezionati), tranne quella del vino, quindi la padrona di casa provvederà a versare in una caraffa anche l'acqua minerale e a predisporre un tavolino di appoggio per le bevande. Si può fare un'eccezione per certe splendide bottiglie di acqua minerale di design. Briciole. È bene toglierle dalla tavola prima di servire il dessert con le apposite spazzoline d'argento o di metallo o, ancora meglio, con un tovagliolo pulito ripiegato si pulirà la tavola facendole cadere in un vassoio. No a tutti gli orribili attrezzi elettrici. Brindare. Non si dice cin cin né si fanno tintinnare i bicchieri se non durante una festa di famiglia senza formalità. Si brinda semplicemente alzando verso l'alto i bicchieri con un sorriso. Brodo. Senza risucchio, please. Nelle tazze a due manici si sorbisce silenziosamente e il cucchiaio, che servirà solo a mescolare all'inizio, si adagia sul piattino sottostante. Buffet. Orribile avventarsi sul buffet sgomitando. Se organizzate un buffet in casa fare attenzione che tutto sia disposto su un tavolo abbastanza lungo affinché si possa avvicinare più gente possibile. Piatti, posate, tovaglioli, bicchieri e bevande vanno sistemati in un altro tavolo. Prevedete anche molti piani d'appoggio, gli ospiti ve ne saranno grati. Buio. Una cena al buio in due è vivamente consigliata dallo Sgalateo. Attenzione! In certi ristoranti per coppie le luci soffuse, anche se hanno la virtù di mitigare le rughe, sono le responsabili dello smascheramento dell'età: chi non riesce a leggere il menu ha bisogno degli occhiali da presbite. Buon appetito. Non si dice. È un'abitudine molto dura a morire, ma benché sia una forma augurale sembra sottolineare che si è a tavola solo per mangiare e non per più nobili fini conviviali. Se qualcuno dei commensali lo pronuncia, si sorride e si risponde grazie. Burro. Se si porta a tavola si sistema alla sinistra accanto al piattino del pane. In genere, non si serve la sera, ma in alcuni ristoranti si usa proporlo aromatizzato. Non si imburra tutta la fetta, ma solo una piccola parte per volta; se vi capitasse di fare colazione in un albergo stellatissimo fateci caso: questa regola la conoscono in pochi. Il coltellino da burro è a lama piatta e corta. Cachi. Sconsigliabile servirli durante una cena formale, in tutte le altre situazioni sistemateli in una ciotola raccogliendo la polpa con un cucchiaino. Caffè. Il caffè precede sempre l'acquavite e viene dopo i liquori. Il caffè, ancora nella caffettiera, viene portato e servito preferibilmente in salotto. La padrona di casa lo versa nelle tazzine, quindi l'ospite si servirà dello zucchero. Lo zucchero si mescola muovendo il cucchiaino dall'alto in basso, e viceversa. Si beve tenendo la tazza con il pollice e l'indice, mentre l'altra mano sorregge il piattino. Da evitare: lo zucchero nella tazza prima della bevanda; succhiare il cucchiaino più o meno rumorosamente; alzare il dito mignolo e lasciare il cucchiaino nella tazza invece che sul piattino. Cameriere. L'approccio con il personale di servizio dirà molto di voi agli altri. Da evitare ogni tono sgarbato o di sufficienza, il tu dato senza chiedere il permesso, il tono confidenziale. Il cameriere da parte sua evita di prendersi qualsiasi libertà nei confronti del cliente, sorride e non interviene assolutamente nella conversazione. Cameriera. Vale tutto come sopra. Si eviti di fare richieste impossibili e soprattutto di gigioneggiare facendo apprezzamenti sulle cameriere sia in presenza di signore sia, e soprattutto, tra uomini. Evitate toni di superiorità con qualsiasi cameriera dando per scontato che sia ignorante come una capra, anche perché spesso dietro le timide ragazze che portano i vassoi ci sono laureande in ingegneria nucleare che parlano benissimo almeno un paio di lingue, mentre qualcuno dei commensali ha ancora difficoltà con il congiuntivo. Candele. Attenzione alle candele a tavola. È vero, scaldano l'ambiente in tutti i sensi e regalano quella calda luce offuscata che mitiga le magagne su cibo, occhiaie e stoviglie asciugate male. Importante, però, è non abusarne e soprattutto in casa vanno sistemate in sicurezza, lontano da pericoli e soprattutto dai capelli dei commensali. Capello. Come già detto la prima regola del galateo è quella di non mettere a disagio nessuno. Se capita di trovare un capello, un insetto o qualsiasi altra cosa nel piatto lo si toglie il più discretamente possibile, facendo in modo che gli altri commensali non lo notino. Dovrebbe essere la padrona di casa ad accorgersi che c'è qualcosa che non va, in quel caso provvederà rapidamente a sostituire il piatto. Al ristorante si può indicare discretamente l'intruso in mezzo al cibo. Importante: gli altri convitati faranno finta di nulla e non indagheranno sull'accaduto. Carciofo. Un ospite attento non servirà i carciofi senza essersi prima assicurato che siano privi delle foglie più coriacee, in questo modo sarà semplice gustarli solo con la forchetta, come prevede il bon ton. Carta. Buona occasione per distinguere la carta dal menu. La carta è quella che chiediamo al cameriere quando ci sediamo in un ristorante e comprende tutti i piatti serviti dalla cucina, mentre il menu (per favore, senza accento), che trova spazio all'interno della carta, è l'insieme delle portate servite in sequenza logica e studiate appositamente dallo chef. Quindi, una cosa è la carta e un'altra è il menu. Caviale. Si serve in una coppa di cristallo adagiata su ghiaccio tritato. L'importante è non usare posate di metallo, meglio di osso, tartaruga o ancora meglio madreperla: le fragili uova di storione non devono rompersi assolutamente. Gli eccentrici miliardari usano cucchiaini d'oro, ma se vi siete svenati per l'oro nero e non vi restano soldi per quello a 24 carati, va benissimo anche un cucchiaino di plastica. Durante le cene private a due, copiamo gli esperti di caviale che lo mangiano appoggiandone una piccola quantità nell'incavo dove si incrociano pollice e indice. Il gesto è molto sensuale. Centrotavola. Mai troppo alto, troppo voluminoso e troppo profumato. Perfetta una piccola composizione di fiori freschi dentro l'apposita spugna da fiorista. Champagne (e bollicine). Oggi c'è libertà nello scegliere dove servirlo, personalmente amo ampi bicchieri da rosso invecchiato. La flûte, il bicchiere dal lungo stelo dalla forma allungata, è un po' superata, mentre è ancora gradevole la coppa da champagne, oggi introvabile. Occhio alla temperatura di servizio, va servito dai 5 agli 8 gradi. Lo Sgalateo prevede, per definizione, una tale dose di creatività che sorbire champagne da un scarpa rosso fuoco con tacco 12 potrebbe sembrare banale. A fine pasto, meglio un vino dolce, ma sono la prima a trasgredire. In tutti i casi, la bottiglia non si stappa rumorosamente, ma si accompagna il tappo delicatamente fuori dal collo della bottiglia. Se volete servirlo prevedete un secchiello da tenere colmo di acqua e ghiaccio. Mai mescolare il prezioso liquido per eliminare le bollicine: sarebbe un sacrilegio. Ciliegie. Meraviglioso frutto per giocare per amore e con i bambini. Il galateo, invece, sconsiglia di servirle in occasioni formali. In tutti gli altri casi si mangia il frutto, si mette il nocciolo nella mano chiusa a pugno, poi si adagia sul piatto. Cioccolatini. Abbiamo visto che regalare cioccolato in gran parte del mondo è un buon modo per fare omaggio alla padrona di casa. Oggi ne esistono decine di varietà e prezzi. I puristi del galateo sconsigliano di regalarli per una cena poiché devono essere per forza aperti in presenza degli ospiti e questo potrebbe disturbare la sequenza dei piatti prevista da chi ha ideato il menu. Se ve li offrono in una scatola non toccateli tutti e scegliete velocemente. Cioccolato sfuso a fine pasto? Sì, se lo avrete già spezzato in comode scaglie monoporzione. Cocktail. Per qualche strana ragione una donna che sa preparare un cocktail Martini comme il faut sale immediatamente nelle quotazioni degli invitati maschi. Conosco pochissime donne che ne sappiano preparare almeno un tipo con disinvoltura, a meno che non sia per professione, quindi esercitiamoci, signore: tutte abbiamo un amico barman condiscendente che ci farà da maestro. Se facciamo un invito per un cocktail ricordiamoci di disporre tutto l'occorrente su un tavolo in modo da non correre continuamente in cucina. Sistemate la casa anche in modo da prevedere alcuni piani d'appoggio: è triste non poter dare la mano a un fascinoso sconosciuto perché abbiamo tra le mani un piatto di vitello tonnato e un prosecco. Comunque fate sempre in modo di avere la destra libera e soprattutto di non farvi beccare con un mostruoso boccone in bocca: c'è sempre un maniaco di Facebook dietro una colonna e voi potreste essere immortalati sullo sfondo. Non voglio entrare nel dettaglio su cosa preparare a un cocktail, non è la sede. Posso solo dire che ciò che rende davvero squallido un cocktail party e infelici gli ospiti più esigenti non è tanto la qualità o quantità di cibo, ma ciò che si beve. In decine di presentazioni, buffet, vernissage, matrimoni, celebrazioni e pranzi in piedi ricordo con piacere soprattutto quelli in cui il vino superava almeno i cinque euro a bottiglia. Chi organizza, anche nelle sedi più prestigiose, commette un errore madornale, se pensa alla cucina e cerca di risparmiare sulla cantina. Se invece siete voi a essere invitati a un cocktail party, evitate di fare come la mia amica americana Dorothy, esperta di finanza e assidua frequentatrice di eventi mondani. Non fermatevi, soprattutto a digiuno, per un drink lungo la strada. Potreste arrivare al cocktail party barcollando e da brilli è facile lasciarsi sfuggire qualche segreto aziendale. Pare che a New York la cosa sia piuttosto diffusa tra i timidi. Non date l'impressione di trovarvi lì solo per riempirvi la pancia, ma siate gentili e sorridenti e approfittatene per aumentare la vostra popolarità. Colazione. Solo in Italia si fa un po' di confusione sul nome dei pasti, dove «colazione» è intesa come veloce pasto del mattino. Poi per influenza anglofona si è cominciato a far slittare il pranzo alla sera, anche perché durante il giorno chi lavora spesso consuma pasti leggeri. Tutto questo genera una gran confusione, quindi sempre meglio quando si invita specificare l'ora e quando si riceve un invito informarsi. Oppure, perché in un rigurgito di nazionalismo non ritornare alla nostra cara ripartizione italiana: colazione, pranzo e cena? Coltello. Prima di addentrarsi nei dettagli d'uso ricordate che il coltello si usa solo se è necessario. È considerato una posata che serve solo per tagliare consistenze coriacee come la carne. Non si usa con uova e frittate, con le insalate e le verdure morbide, e, ovviamente non con il pesce se non quello apposito. Non si porta mai alla bocca, né tanto meno si lecca. Lo Sgalateo lo bypassa sostituendolo con le mani. Anche in caso di costolette d'agnello consigliamo di afferrare la carne con le dita e strapparla a morsi. Pochi impugnano il coltello nel modo corretto: l'indice non dovrebbe mai oltrepassare il manico e quindi non dovrebbe toccare la lama, il dorso della mano è rivolto verso l'alto. Coniglio. Raro e costoso quello di fattoria, non servitelo in cene e pranzi con un minimo di formalità. Il coniglio non è gradito neppure da molti stranieri non vegetariani, che lo considerano un animale domestico. Consommé. Non so perché ho inserito questa voce, in realtà sono decenni che qualcuno non mi serve un consommé. Ma il nome è così chic che non poteva mancare nell'elenco. Diciamo che la regola vale per la maggior parte delle pietanze brodose. Si serve nelle tazze con manici adagiate su un piattino. Si sorbisce silenziosamente e alla fine si lascia il cucchiaio sul piattino. Conto. Sembra superfluo, ma può trasformarsi nel momento più imbarazzante della serata, e proprio per questo è utile e educato evitare ogni fraintendimento. Urge essere subito chiari: chi invita paga il conto, uomo o donna che sia. Nelle cerimonie o cene d'affari, quando non è chiaro chi paga, evitate accuratamente le scene madri che spesso hanno il solo obiettivo di attirare l'attenzione. La persona galante, generosa e brillante si alza qualche secondo prima degli altri commensali, si allontana e va a pagare, poi torna a sedersi senza una parola. Non si fanno commenti sul prezzo e tanto meno discussioni con il proprietario. La cosa migliore è informarsi sui prezzi prima di invitare e, se non è possibile, ricordatevi che il modo migliore per punire un ristoratore disonesto è non tornare più. Oppure segnalatelo a un'amica che di professione fa la critica gastronomica, ci penserà lei. Conversazione. Non si parla di soldi, di sesso e di salute. Per tutto il resto vedi il capitolo dedicato. Lo Sgalateo invece prevede conversazione libera senza tabù. Cozze e vongole, ostriche, frutti di mare. Da evitare nelle cene formali, per quelle con gli amici è meglio corredare il piatto con una ciotola lavadita. Nel caso si tengono strettamente con due dita nella mano sinistra e si estrae il mollusco con la forchettina apposita. Critiche. Le critiche a un piatto non si fanno mai in pubblico a chi ha cucinato in una casa privata, né al ristorante se siamo ospiti. La regola è che si sorride anche per non rispondere negativamente a una domanda diretta. Invece si fanno sempre in tutti gli altri casi. Dal momento che se scrivo male un articolo me lo fanno rifare, perché devo pagare un piatto (spesso profumatamente) se non è all'altezza? Le lamentele si fanno educatamente, garbatamente, ma in maniera ferma. Crostacei. Meglio servirli sempre sgusciati per evitare imbarazzi. In caso contrario, dotatevi delle pinze apposite. Le chele non si portano mai alla bocca, né si succhia il contenuto. Per lo Sgalateo è tutta un'altra storia. Cucchiaio. In Italia, si posiziona con la parte concavo posta in su (in Francia si fa il contrario), a destra accanto al coltello. Non si usa più portare troppe posate in tavola e se servite un gelato o un dolce morbido portate la posata necessaria di volta in volta. Per il gelato quella più adatta ha la forma di una palettina. Il cucchiaio si impugna tra pollice e indice e si porta alla bocca o di lato, evitando i risucchi, oppure introducendolo alla francese, di punta. Non soffiate sulle pietanze nel cucchiaio e non usatelo per gli spaghetti. Denaro. Non se ne parla a tavola, come non si dice mai il prezzo degli oggetti, a meno che non siamo in confidenza con i commensali, ma anche in questo caso non è gentile. Potete vantarvi con le amiche di un bel diamante ricevuto in dono dal fidanzato, senza ovviamente dire il costo. Schiatteranno ancora più d'invidia. Desinare. I toscani lo chiamano desinare, dall'antico francese disner derivato dal latino popolare disiunare, cioè rompere il digiuno; nel francese d'oggi è diner, in inglese dinner. Dessert. Con questo termine si indica l'ultima parte del pasto. Il nome deriva dal francese desservir, che significa «sparecchiare» e raggruppa tre categorie: formaggio, dolce, frutta e quindi non sta a indicare, come si crede comunemente, solo una portata dolce. Ricordatevi che l'invitato non porta il dessert, salvo che non l'abbia preannunciato al momento dell'invito oppure se chiesto espressamente dalla padrona di casa. Prima del dessert si sparecchia la tavola e si tolgono pane, piatti sporchi e bicchieri, eventuali briciole dalla tovaglia e si porta vasellame pulito. Décolleté. Bandito agli incontri professionali e con la futura suocera, alle cene all'oratorio e gite familiari. Consentito in tutti i casi in cui si deve essere dressed to kill, espressione inglese che rende bene l'idea. Dieta. Un consiglio su tutti: se siete a dieta stretta non invitate né accettate inviti, statevene a casa tranquilli. Non c'è cosa peggiore che dividere una cena con compagni immusoniti dalle costrizioni alimentari. Mai pronunciare la fatidica parola a un incontro amoroso: avrebbe un effetto raggelante. Fagiolini. Essendo un ortaggio non si tagliano con il coltello, ma si mangiano solo con la forchetta. Fazzoletto. A tavola si cerca di non soffiarsi il naso, se è necessario lo si fa con discrezione, quando si sente che si sta per starnutire ci si gira di lato, possibilmente lontano da ogni commensale, e si preme il fazzoletto sul naso a protezione. Ancora meglio sarebbe allontanarsi dal tavolo dopo aver chiesto il permesso. Non usate mai il tovagliolo. Fichi freschi. Si mangiano tenendoli con la forchetta nella mano sinistra, si tagliano in quattro spicchi, poi si pelano aiutandosi con il coltello e la polpa si porta alla bocca con la forchetta. I fichi secchi si mangiano con le mani. Figuraccia. L'abbiamo già detto molte volte, le figuracce dei commensali a tavola non vanno sottolineate, anzi sarà premura della padrona di casa stemperare gli imbarazzi. E se siete voi a fare la figuraccia, usate l'arma imbattibile di uno «scusate» accompagnato da un sorriso. Se la figuraccia è rivolta ai padroni di casa un bel mazzo di fiori il giorno dopo sarà di grande aiuto. Fine pasto. Alla fine del pasto si lasciano le posate sul piatto accostate con i manici sul bordo tra le ore 16.20 e le 18.30. Non c'è cosa peggiore che un piatto abbandonato con le posate in disordine seminascoste dai rimasugli di cibo. Conoscere questa semplice regola vi permetterà di «fare la radiografia» ai vostri commensali e, in più, sarete in grado di valutare anche il personale di servizio. Infatti, solo un cameriere che conosce il suo lavoro sa che le posate sistemate in un determinato modo stanno a significare: ho finito, può portare via. Fiori. Ben accetti fiori e foglie come centrotavola, purché non siano troppo alti da oscurare l'altra parte del tavolo. Altrimenti si rischia di non vedere chi ci sta seduto di fronte, se non al termine della cena. È consigliabile che non siano troppo profumati per non interferire con l'aroma delle vivande. Sempre più è accettato e consigliabile utilizzare singoli fiori recisi o a mazzetti come segnaposto o come portatovagliolo. Come dono è meglio farli recapitare qualche ora prima o il giorno dopo; se portati all'ora di cena, infatti, possono creare disturbo alla padrona di casa che dovrebbe perdere tempo a cercare un vaso adatto mentre si occupa di ricevere gli ospiti. Forchetta. Si appoggia a sinistra del piatto e non si impugna come fosse una zappa. Formaggio. Ricordatevi che il formaggio precede il dolce. La regola prevede che sia servito solo a mezzogiorno, ma oggi sempre più spesso viene presentato pure la sera. Se si è avuta l'opportunità di acquistare alcune varietà di formaggio italiano o estero, magari inusuale o introvabile, si può imbandire una cena «a tema»; con composte, confetture o frutta abbinati. Il taglio deve essere fatto in modo che ogni commensale abbia una fetta con una parte di crosta (quando è presente), una parte del centro e del cuore; solo in questo modo non si altera l'aroma e si percepisce il gusto complessivo di ogni formaggio. La quantità servita deve tener conto del fatto che il formaggio, a differenza di altre portate, si dovrebbe offrire una sola volta. I formaggi duri richiedono il coltello e la forchetta; quelli molli la sola forchetta o il solo coltello se spalmati su bocconi di pane. Consiglio per gli intenditori: per gustarli al meglio toglieteli dal frigorifero almeno un'ora prima di consumarli. Purtroppo anche tanti ristoranti se lo dimenticano. Di norma, si inizia dal più dolce e fresco per concludere con il più saporito e stagionato. La mozzarella si consuma quasi tiepida e teme il frigorifero. Fragole. Se ve le propongono in una coppetta si mangiano con un cucchiaino, se su un vassoio intere si prelevano con il picciolo, si mangiano in due bocconi e si deposita il picciolo verde su un piattino. Per le signore e taluni giovanotti: vietato civettare con i commensali mangiando fragole ammiccando, consigliabile invece in un tête-à-tête tra mura sicure, dove potrete sbizzarrirvi. Frattaglie. La maggior parte degli esseri umani non sa neppure cosa siano e al semplice suono della parola scatta la smorfia di disgusto: non si fa. Vi basti pensare che il foie gras, in quanto fegato, è una frattaglia ed è considerato tra i più nobili piatti al mondo. Lo stesso vale per le animelle tanto care a Escoffier, il famoso cuoco francese, la finanziera preparata con le rigaglie di pollo e il rognoncino. Insomma, vale per le frattaglie come per altri ingredienti inusuali: non giudicate senza provare. Sappiate che c'è una stretta correlazione tra apertura mentale e disponibilità ad assaggiare cibi inusuali o appartenenti ad altre civiltà. Quindi se durante una cena privata vi vengono servite, assaggiatele senza prevenzioni. Frittata. Non si mangia mai con il coltello, così come le uova cucinate nelle loro infinite varianti. Frutta. Mangiare la frutta con le posate è assai complicato; se volete bene ai vostri ospiti servitela già pelata e tagliata a fettine. Nota di costume: la classica macedonia è terribilmente datata e quasi sempre si riduce a una poltiglia informe dove i sapori della frutta si mischiano irrimediabilmente. È molto più fresco e moderno servire della frutta già pelata e tagliata a tocchetti o fettine, e spennellata con un mix di zucchero, limone e anice stellato lasciato in infusione, così non diventerà nera. Frutta secca. Noci, mandorle e nocciole si consumano rompendole con lo schiaccianoci e si portano alla bocca. È assolutamente vietato spaccarle con i denti in pubblico, mentre in privato le signore trovano molto virile che vengano aperte da una sfilza di denti bianchissimi. Fumo. Non si fuma sino a dopo il secondo e mai se la padrona di casa non concede apertamente il permesso. I recenti provvedimenti vietano giustamente di fumare a tavola nei locali pubblici, ma la cosa ha risvolti positivi: vuoi mettere quante persone interessanti si possono conoscere nelle sale fumatori o sul marciapiede fuori dal ristorante? Garden party. Se ne organizzate uno, fate attenzione alle temperature tropicali per salse e cibi deteriorabili. Procuratevi del ghiaccio e tenete a disposizione lo spray antizanzare. Gelato. Per gelato e creme, sorbetti e semifreddi si utilizza il cucchiaio. Il «vero» cucchiaino da gelato è una sorta di palettina, ma andranno benissimo anche quelli normali. Gesticolare. Non fatelo davanti al naso degli ospiti, rischiate di essere importuni e di far cadere il vasellame sulla tavola. Giacca. Non si toglie mai nelle cene formali e tra amici si chiede prima il permesso ai padroni di casa; vietato anche togliersi la giacca e appenderla allo schienale della sedia, lo stesso per la cravatta. O si porta per tutta la sera o non si porta. Gironzolare. Quante volte si vedono al ristorante giovanotti e signore fermarsi ai tavoli degli amici abbandonando il proprio: non si fa, si saluta con un cenno della mano discretamente e senza sbracciarsi né urlare da un punto all'altro della sala. Gomiti. Mai sul tavolo e, se è possibile, teneteli stretti al dorso, anche se è difficile allargarsi nei minuscoli tavolini delle tavole urbane. Gossip. Meglio evitarlo a cena, a meno che non siate tra amiche o amici di vecchia data: la gaffe è sempre in agguato. Granchio. Vera crudeltà servirlo agli ospiti con il carapace e non già aperto con la polpa a portata di mano, che si preleva con l'apposita forchetta a tre denti. Grissini. È sempre più diffusa l'abitudine di offrirli ai propri ospiti; in questo caso, vanno tolti dalla confezione e sistemati in un cestino con il pane o da soli sulla tavola. Al ristorante è proibito avventarsi sulle confezioni di grissini senza tener conto degli altri commensali. In tutti i casi non si mangiano a bocconi, ma si spezzano e si portano alla bocca. Imboccare/si. Non si dovrebbero imboccare bambini o anziani in pubblico o al ristorante, ma ricordiamo che dipende sempre dal tipo di locale. Di norma, è meglio non portare alle cene formali i bambini sotto i dodici anni. Non si imbocca mai la fidanzata o l'amico a una cena o un pranzo dove si rispetta l'etiquette. Meglio evitare questa pratica, invece consigliatissima dallo Sgalateo. Se vedete un amico sposato imboccare un'altra donna al ristorante, state alla larga. Insalata. Si serve dopo aver passato due volte il piatto di portata principale per eventuali bis. Si adagia in un piatto o in una ciotola a sinistra del piatto. Come tutte le verdure si mangia con la sola forchetta, però è consentito usare il coltello per tagliare le foglie. Meglio comunque servire l'insalata in modo che possa essere portata alla bocca senza essere tagliata. Invito. Si risponde sempre a qualsiasi tipo di invito e si ricambia entro due mesi. Negli inviti indicate chiaramente il luogo, l'ora e il tipo di abbigliamento richiesto. Si conferma entro tre giorni al massimo e si disdice facendosi perdonare con un piccolo dono floreale. Per gli uomini andrà bene anche una pianta. Invitati. Anche per gli invitati le regole sono molte, limitiamoci riassumere dicendo che si acquista il titolo di invitati ideali quando: non si mettono a disagio gli altri ospiti, quando si contribuisce al divertimento e al piacere di tutti e quando si dimostra gratitudine ai padroni di casa per l'invito. Anche se si viene invitati al ristorante valgono le stesse regole, in più si cerca di non ordinare i cibi più costosi, ma neppure solo i più economici. Se il menu è già stato fissato e vi sono piatti che proprio non potete mangiare per ragioni di salute, chiedete di sostituirli con qualche cosa di semplice, come riso, una bistecca o un pezzetto di formaggio. Un invitato perfetto al ristorante si comporta come se fosse in casa del proprio anfitrione e quindi evita critiche alla cucina o al locale e cerca anzi un motivo per esprimere il proprio gradimento della serata. Chi invita non paga il conto a tavola, ma si alza regolando ogni cosa in privato. Se avvenisse al tavolo, si cerca di ignorarlo, limitandosi a fine serata a ringraziare con qualche commento tipo: «Siamo stati davvero bene» oppure un «Grazie di tutto». Deve essere l'anfitrione e mai l'ospite a concludere la serata; darebbe l'impressione di non gradire la compagnia. Attenzione, quindi, padroni di casa: sta a voi chiudere le danze con garbo. Jeans. In molti paesi del mondo andare a cena o in una casa privata indossando i jeans è sgradito, anche se certe marche costano centinaia di euro. Kiwi. Si taglia a metà e si consuma con un cucchiaino. Legumi. Si tratti di fagioli, piselli, fave o lenticchie i legumi si mangiano con la forchetta. Non si servono fagioli alle cene formali. Liquori. Si servono a tavola o ancora meglio in salotto dopo il caffè. Lisca. Se una vi si conficca in gola non stramazzate al suolo con le mani alla gola, ma alzatevi e andate in bagno dopo aver mangiato un boccone di pane. Ecco perché per evitare imbarazzo è opportuno servire pesce perfettamente pulito. Lumache. L'unica condizione per servirle con il guscio è fornire ai commensali le apposite pinze, in tutti gli altri casi si propongono sgusciate e in umido nelle diverse varianti. Nel primo caso, pinza nella mano sinistra e forchettina nella destra per estrarre la polpa. Make-up. Sì, è vero, non ci si rifà il trucco a tavola e confermo, ma davanti al rossetto non resisto. Mi piace vedere una bella donna tirar fuori dalla borsetta lo specchietto gioiello di famiglia e stendersi un rossetto rosso sulle labbra. C'è chi lo sa fare e chi no: mai durante un pranzo di lavoro. Mancia. In Italia la mancia non è obbligatoria come negli Stati Uniti o nel mondo anglosassone, ma gradita. Si lascia sempre a chi porta i bagagli e a chi vi parcheggia la macchina, al personale di servizio della casa che ci ospita e a tutti coloro che hanno svolto un servizio che non era nelle loro competenze. La cifra deve essere compresa almeno tra il 5 e il 10 per cento del conto totale. Al ristorante non si dà in mano al cameriere, ma è preferibile lasciarla sul piattino con il quale è stato consegnato il conto; se non è possibile si farà scivolare nella mano del destinatario senza farsi notare. Mandarino. Si sbuccia con il coltello tenendolo fermo con la mano sinistra e poi si mangia uno spicchio per volta. I maschi, di norma, non mangiano frutta perché sono maledettamente pigri, ma provate a sbucciargli un mandarino o una fetta di mela, vedrete che apprezzeranno molto il gesto materno! Ricordate però la Teoria del Precedente. Lo Sgalateo consiglia la «sbucciatura della frutta» come merce di scambio: tu fai una cosa per me e io in cambio ne faccio una per te. Mandorle. Vale la stessa regola dell'altra frutta secca. Una raccomandazione: chiudete la sinistra sulla mano destra a protezione, prima di premere le due parti dello schiaccianoci. Si sono visti pezzi di gusci schizzare nei décolleté e colpire il lampadario. Dai latin lover sono considerate cibo afrodisiaco. Mani. Si tengono sulla tavola in Italia e in grembo, nelle pause, se seguite la scuola britannica. Nel mondo occidentale non si mangia nulla con le mani tranne il pane, i pasticcini, l'uva, il cioccolato e il sushi. Sciocco ricordarlo? Prima di andare a tavola bisogna lavare mani e unghie. Lo Sgalateo prevede e consiglia di usare mani e dita quando e come si vuole. Marmellata. Solo quella di agrumi si può chiamare così, è chic sapere la differenza; tutte le altre sono confetture. Non servitevi dal barattolo, è cafone. Mettetene una piccola quantità sul piatto e poi spalmatela sul pane con un cucchiaino o con un coltello da frutta. Mele e pere. Si tagliano in quattro parti sul piatto con il coltello e la forchetta. Le parti si infilzano con la forchetta e con il coltello si eliminano prima la buccia e poi il torsolo, poi si tagliano in pezzi più piccoli e si portano alla bocca con la forchetta. Melone. Dovrebbe essere servito a fette e già sbucciato, se piccolo e maturo può essere servito tagliato a metà, in questo caso si consuma con un cucchiaino. Menu. È cortese, quando si invita a casa, scrivere su un cartoncino la data, i piatti e i vini serviti, sarà utile agli invitati per regolare il proprio senso di sazietà. Quando siete al ristorante chiedete la carta e non il menu. Non soffermatevi su ogni portata un'ora prima di decidere cosa ordinare: è irritante, per il cameriere e per gli altri ospiti. Minestra. Senza rumoracci e senza soffiarci sopra, si sorbisce con il cucchiaio. Non si serve se non per la cena e mai due volte, così recita il cerimoniale. Nel servirla è facile sporcare la tovaglia, quindi è opportuno o tenere a portata di mano un piattino dove appoggiare il mestolo nel tragitto zuppiera-fondina, oppure, ancora meglio, fare le porzioni in cucina e portare a tavola ciascun piatto con grande attenzione. Evitate di offrire una minestra a una cena organizzata per fare conquiste: a meno che non sia una sofisticatissima vellutata di crostacei, ogni altra preparazione in brodo rischia l'effetto «minestrina da ospedale», il che non è affatto sexy. Mollica. Chi non mangia la mollica o la crosta, la ripone in un angolo del proprio piatto; guai a lasciarla sulla tovaglia. Vietato fare pupazzetti con la mollica o, peggio, proiettili da tirare al commensale più odioso. Lo Sgalateo vi lascia liberi di creare con la mollica piccoli cuori da regalare al vostro partner durante la cena. Musica. In casa, una musica di sottofondo è piacevole mentre si aspettano gli ospiti, ma durante la cena dovrete abbassare il volume. Nella scelta, sbizzarritevi: oggi ci sono cd di accompagnamento per ogni esigenza, chiedete in un negozio specializzato. Personalmente adoro, dal tramonto in poi, il vecchio Frank. Per un cocktail in piedi o un garden party, la musica è sempre fondamentale. Una domanda: vi siete mai chiesti dove vanno a prendere quei terribili cd nelle hall di certi alberghi paludati? Naso. Ovviamente ogni operazione di pulizia è vivamente sconsigliata. Nel linguaggio del corpo ogni volta che si toccano le zone periferiche intorno al naso il nostro commensale potrebbe mentire. Attenzione, potrebbe. È il retaggio di un comportamento infantile che porta a mentire coprendosi la bocca con le mani; visto che l'amministratore delegato di una multinazionale non può coprire con entrambe le mani la bocca spalancando gli occhi, ecco che l'inconscio si accomoda sfregando il naso o con movimenti simili. Noccioli. I noccioli della frutta o le parti di scarto, inavvertitamente messe in bocca, non si lasciano cadere direttamente nel piatto. Se sono stati portati alla bocca con una posata si fanno scivolare su di essa e poi sul piatto, ma forse è più facile deporli nella mano chiusa a pugno e riportarli sul piatto. Noia. Sarebbe bello divertirsi follemente a ogni occasione conviviale: ma non è così. Se vi annoiate a morte perché il vostro vicino di destra parla solo di insetti in via di estinzione e l'altro è un distinto ottantenne ma con problemi di udito, tenete duro. Non si guarda l'orologio, né le vie di fuga come la porta d'uscita, né si parla con un tizio nell'altro tavolo escludendo i commensali vicini a voi. Odore. Gli odori di cucina se si invita a casa vanno eliminati azionando le ventole o ancora meglio aprendo le finestre prima che arrivino gli ospiti. Al ristorante sarebbe obbligatorio non narcotizzare i clienti con odori molesti, d'altra parte una stanza completamente asettica non fa buona impressione. Signore, non profumatevi troppo. Olive. Si portano alla bocca con gli stuzzicadenti (unico utilizzo ammesso degli odiosi aggeggi), ma se vengono servite come aperitivo sono consentite anche le mani. Il nocciolo si pone nella mano e poi si lascia in un apposito piattino. In realtà spero sempre di trovare cibo più originale come aperitivo, sia in casa che nei bar, o almeno se volete offrirmi delle olive devono essere buonissime. Ossi. Si lasciano nel piatto e non si toccano con le mani. Evitate, nel tentativo di staccare un pezzo di carne rimasto attaccato all'osso, di farlo schizzare in testa a qualche malcapitato. Lo Sgalateo prevede il contatto con gli ossi da scarnificare e succhiare a piacere come per rivivere un rituale primitivo. Ostriche. Se le offrite voi dovete essere sicuri della qualità superiore, fatele aprire e non gettate via, per carità, la loro acqua di vegetazione. Esistono delle speciali forchettine a tre denti per molluschi che potete usare per estrarre la polpa, in caso contrario potete usare la mano destra evitando il più possibile ogni risucchio. I puristi le degustano assolutamente nature. Nello Sgalateo, ca va sans dire, se ne fa grande uso, sarà per l'alto valore simbolico del mollusco considerato afrodisiaco. Padroni di casa. Dovrebbero essere sorridenti e freschi, anche se in realtà sono stravolti dalla stanchezza. Mai iniziare a mangiare prima della padrona di casa, ma attendere un suo cenno per cominciare. Pane. Una delle poche cose che si possono toccare con le mani, ma non si spezza con i denti. Si fa a pezzi con le mani e poi si porta alla bocca a piccoli bocconi. Evitate di tagliarlo a tavola a meno che non si tratti di un rarissimo pane toscano che desiderate far vedere in tutto il suo splendore, in tutti gli altri casi si taglia in cucina e si porta a tavola in un cestino oppure in un vassoio d'argento. Il piattino del pane, gradito nelle cene formali, si mette in alto a sinistra di ogni commensale. Pasticcini. Si prendono dal vassoio con le mani, insieme alla carta pieghettata che li avvolge. Vietato indugiare nella scelta e soprattutto toccarli tutti prima di sceglierne uno. Pâté. Si mangia con la forchetta e, se accompagnato dai crostini, non viene spalmato ma mangiato separatamente. Pausa. Quando si smette di mangiare per fare una pausa, si mettono le posate con le punte del coltello e della forchetta che si incrociano, con i rebbi della forchetta all'ingiù e la lama del coltello verso il centro del piatto. Come già detto, in questo modo il cameriere o chi per esso dovrebbe, dico «dovrebbe», capire che non deve portar via il piatto. Per piacere e grazie. Ricordiamoci di pronunciarli sempre, ogni volta che chiediamo di passarci qualcosa, quando veniamo serviti a casa o al ristorante, quando chiediamo qualcosa al cameriere. Pesce. Prima il pesce e poi la carne, questa è la regola. Qualsiasi portata di pesce si serve con le posate apposite, se non avete le posate adatte usate solo la forchetta. Pesche. Mangiare frutta intera (purtroppo) con le posate non si fa quasi più, perché difficilmente i ristoranti metropolitani la propongono. È considerata ancora una portata in certe pensioni familiari sull'Adriatico o sulle coste ioniche. Se a una cena formale decidete di mangiare una pesca che vi viene servita intera consideratela una faccenda seria. Si puntano (non infilzano!) i rebbi della forchetta sul frutto e si incide la polpa col coltello per tagliare uno spicchio alla volta, quindi si ferma con la forchetta lo spicchio e lo si sbuccia con il coltello. Si tiene lo spicchio sbucciato sulla punta della forchetta, si taglia un boccone (massimo 2 centimetri) e lo si porta alla bocca senza cambiar di mano alla forchetta, che quindi rimane nella sinistra. Piatti. Quando il cameriere si avvicina per portarci i piatti, e soprattutto per toglierli, non va aiutato. Allo stesso modo, non si impilano i piatti sporchi: perché volete intralciare il lavoro del personale di servizio? Rilassatevi, se pagate il conto avete il diritto di farvi servire. Si può aiutare il personale perché distante, solo se ce lo chiede, anche se non dovrebbe mai farlo. Picnic. Che bello vedere un po' di galateo anche sull'erba, basta poco: piatti di cartone, fazzolettini e tante torte salate. Unica eccezione, mai i bicchieri di carta, mettete dentro un bel cesto di vimini tante flûte di vetro, di certo qualche partecipante al picnic sarà felice di aiutarvi. Il bon ton si rilassa sotto il cielo e diventa più elastico, ma ritorna rigidissimo al momento del dopo picnic. Vietato lasciare mozziconi, plastica e rifiuti abbandonati sull'erba, e vi assicuro che questo è ben peggio che dire «Buon appetito». Piedi. In teoria dovrebbero stare sotto la sedia del proprietario, e questo vuol dire non allungarli incivilmente sotto il tavolo intralciando le estremità altrui e tanto meno lateralmente provocando involontari effetti «piedino». Lo Sgalateo permette di sbirciare sotto il tavolo per, studiare la posizione dei piedi: incrociati, ci sono ancora un po' di riserve. Con le punte all'interno? È rimasto un pizzico di infanzia. Accavallate? C'è ancora qualche resistenza nel vostro commensale. Piedino. Sono due le regole fondamentali da rispettare per il seduttore (uso il maschile, ma vi sono signore grandi esperte nel campo) che usa il piedino come arma di seduzione. 1. Si fa solo se si è certi di non ricevere un rifiuto. 2. Si fa solo se si è certi di non essere scoperti dal resto dei commensali. Pinzimonio. Uno dei pochissimi casi nei quali è permesso usare le dita per mangiare. Le verdure vengono servite già tagliate e ogni commensale ha una scodellina dove intingere carote e sedani. Piselli. È esilarante vedere, come è capitato a me, schizzare i piselli dal piatto come proiettili. Se accade significa che il cuoco era pessimo: dovrebbero essere morbidi. Di norma, basterebbe raccoglierli con la forchetta. Pollo. Anche se un commensale vi ricorda il detto popolare secondo cui pure la regina Margherita mangiava il pollo con le dita, lasciate perdere e continuate a usare forchetta e coltello. Il pollo è difficile da tagliare in tavola anche con il trinciapollo, fatelo in cucina dopo averlo mostrato, se volete, ai commensali. Polpette. Per qualche inspiegabile motivo servire polpette a una cena formale è considerato scorretto, probabilmente perché si può sospettare che siano preparate con gli avanzi. Quindi evitatele, anche se sono un piatto straordinario, in primis quelle di bollito. Sono vivamente consigliate dallo Sgalateo, che incoraggia il consumo di polpettine, cibo da mangiare con le mani e soprattutto da imboccare. Pompelmo. Si serve tagliato a metà e si consuma prelevando la polpa con un cucchiaino. Posacenere. Non si mette in tavola, mai, se non a fine pasto e dopo aver chiesto il permesso di fumare agli altri commensali. Al ristorante non si può più fare, ma non lamentatevi. È così bello ritrovarsi fuori sul marciapiede: si fanno molte conoscenze interessanti. Vietato però abbandonare il proprio ospite o accompagnatrice per interminabili pause. Posate. Oggi si tende a snellire il più possibile il numero delle posate. L'ideale è il tris: una forchetta, un coltello e un cucchiaio, se serve; man mano che si susseguono le portate si cambiano le posate. Posti. L'uomo siede alla destra della donna, le riserva il posto lungo la parete o che comunque le permetta di vedere la sala. Ogni uomo siede a fianco di una signora che non sia sua moglie (o compagna). Nel caso di due coppie, ogni signora siederà alla destra dell'uomo che non è suo marito. Se invece l'uomo e la donna siedono da soli, ai due lati consecutivi di un tavolo quadrato, lui siederà alla sua destra per poter utilizzare il braccio destro e quindi versarle da bere con più agio. I signori siedono un attimo dopo le signore. Lo so, non lo fa quasi più nessuno tranne che in certi adorabili ambienti. Durante il pasto se una signora si allontana dal tavolo, per qualunque motivo, gli uomini si alzano contemporaneamente a lei, si risiedono appena si allontana e si rialzano appena riappare. A una cena in casa privata, ricordate, l'ospite d'onore uomo si siede alla destra della padrona di casa, mentre l'ospite d'onore donna si siede alla destra del padrone di casa. Prenotazioni. Se avete prenotato in un ristorante e poi per qualsiasi motivo cambiate idea, soprattutto se il locale possiede coperti limitati, telefonate sempre per disdire. All'estero nei ristoranti stellati si lascia il numero di carta di credito perché in caso di mancato avviso viene addebitata una mora. Presentazioni. Prima di imparare qualsiasi altra regola, la buona educazione ci impone di presentarci ogni volta che ci troviamo a dividere una tavola. In teoria dovrebbero pensarci i padroni di casa, ma se chi ospita è assente lo faremo noi dicendo il nostro nome con un sorriso accompagnato da un buongiorno o da un buonasera. Prezzemolo. Che dilemma, dire o non dire della fogliolina di prezzemolo tra i denti del nostro commensale. Sì, meglio dirlo. Basta sussurrarlo discretamente in un orecchio. Ribes e frutti di bosco. Si servono in coppette con il cucchiaio da frutta. Reclami. Nel caso di un cibo malcucinato, di un vino che sa di tappo o di una posata o un piatto non pulitissimi, ci si limita, senza recriminazioni, a chiedere che vengano sostituiti spiegando il problema con gentilezza. Con educazione e garbo è giusto sottolineare gli errori da parte della cucina o del servizio, nei locali pubblici. È peraltro di cattivo gusto mostrarsi incontentabili, critici, polemici, commentare la scelta dei piatti al cameriere o parlare dei propri disturbi intestinali agli altri ospiti. Ricci di mare. Solo se volete male ai vostri ospiti li servirete a una cena formale. Meglio lasciare questo ingrediente sensuale per uno spaghetto a due, magari cucinato insieme e consumato su una terrazza al tramonto. Riso e risotto. Si mangia con la forchetta, non si soffia sul risotto e non si allarga nel piatto come si vede fare. Ritardo. Mai arrivare in ritardo a un appuntamento galante, anche se alla signora è permesso un indugio di dieci minuti. Se arriviamo in ritardo in una casa privata o al ristorante è d'obbligo telefonare per avvisare. Sale e pepe. Non si chiede al ristorante di classe se non strettamente necessario, è come sottolineare che il piatto non era perfetto. In casa, durante i pasti quotidiani si mette in tavola, ma è meglio non farne uso. Salame. In una cena formale non si serve. Con gli amici e in famiglia ben venga qualche fetta di salame. Si può prendere con le mani e mangiarlo accompagnato dal pane; si eviti il classico panino, a meno che non ci si trovi a un bel picnic. Salmone. Si consuma con le posate da pesce, se accompagnato da crostini non va messo sul pane ma consumato a parte. Salse. Le salse non si raccolgono se non con il salsacoltello, una posata a forma di cucchiaio, ma con un lato tagliente creata apposta per tagliare e tirar su ciò che rimane nel fondo del piatto. Scampi. Serviteli già sgusciati quando è possibile. Consigliati per le cene private a due. Scarpetta. Mi dispiace, ma il galateo non ammette scarpette di sorta e soprattutto non tollera surrogati, e cioè tutte quelle pratiche che i commensali ingegnosi si inventano per raccogliere un buon sugo dal fondo del piatto. Non esistono deroghe. Via libera alla scarpetta, invece, nelle riunioni familiari e per lo Sgalateo. Segnaposti. È un bel gesto predisporre i segnaposti quando si hanno tanti ospiti e soprattutto se vogliamo mantenere la regia a tavola. Potete sbizzarrirvi con oggetti di ogni genere, che servano da supporto al cartoncino sul quale sarà scritto il nome. Soffiare. È molto maleducato soffiare sul cucchiaio o sul piatto per raffreddare il cibo. Sottopiatti. Sono utili e doverosi nelle cene formali, belli quelli in argento, ma sono ammessi tutti i materiali. Spaghetti. Si mangiano arrotolandoli alla forchetta, che non va puntata sul piatto, ma tenuta leggermente inclinata, quasi orizzontale. Si raccolgono pochi fili di pasta per volta, in modo da portare alle labbra un boccone piccolo. Evitate accuratamente risucchi di ogni tipo e rimasugli di sugo sul mento. Orribile l'utilizzo del cucchiaio o, peggio ancora, del coltello per tagliarli! Spumante. Quello secco non si serve mai a fine pasto insieme ai dolci. Se volete mostrarvi esperto di vino, dite «metodo classico», oggi lo spumante si chiama così. «Bollicine» pare sia superato, ma rende l'idea. Quando si stappa tenete la mano destra sopra l'imboccatura della bottiglia per evitare che il tappo colpisca qualcuno nella stanza e soprattutto cercate di essere silenziosi. Starnuto. L'ideale sarebbe reprimerlo, soffocarlo, ucciderlo, specialmente durante cerimonie e pranzi formali. Quando vi accorgete che lo starnuto sta arrivando, conviene alzarsi e procurarsi un fazzoletto pulito. Se proprio dovete restare seduti, voltate il viso all'esterno del tavolo e starnutite dentro il fazzoletto, badando di fare meno rumore possibile. In Giappone è considerato ripugnante starnutire a tavola. Stuzzicadenti. Come tutte le operazioni riguardanti il proprio corpo, stuzzicarsi i denti a tavola non è ammesso. In realtà i ristoratori dovrebbero mettere il contenitore degli stuzzicadenti in bagno. Se il fastidio è insopportabile, alzatevi dal tavolo. Sushi. Se non sapete usare le bacchette, non pasticciate inutilmente. Usate le mani, che è consentito, oppure chiedete una forchetta. Ogni pezzo di sushi va intinto nella soia dalla parte del pesce, mai dal riso. Le bacchette si appoggiano all'apposito utensile che assomiglia a un poggiaposate, e quando avete finito si mettono allineate sulla ciotola che contiene la salsa di soia. Al sushi bar, se sedete al bancone, non date soldi al maestro sushi presi dall'entusiasmo: non può toccarli. Tavola. Sulla tavola non si appoggia nessun oggetto, niente chiavi, occhiali, portafogli o telefoni. Tè. Si beve sorseggiando dalla tazza senza sollevare il mignolo, per carità. Non vi si inzuppano dolci o tartine, ma si alternano piccoli bocconi e sorsi di bevanda. La padrona di casa che invita per il tè predispone zucchero, latte e fettine di limone, qualche biscotto ed esorta gli ospiti a servirsi da soli dopo aver versato il tè nelle tazze. Toilette. Non c'è bisogno di annunciarlo rumorosamente, se si vuole andare in bagno ci si alza con un semplice «Scusate». Alle signore consiglio di non abbandonare per ore il proprio cavaliere ad aspettare al tavolo. Torta. Si mangia con l'apposita forchetta a tre punte. Tovaglia. La tovaglia, di qualsiasi colore sia, dovrà essere stirata alla perfezione e questo va fatto una volta che viene stesa sulla tavola, sopra un «mollettone», così si chiama il telo morbido di protezione alla superficie del tavolo. Scegliete tessuti naturali in colori contrastanti con i piatti la cui base, sarò tradizionalista, deve essere rigorosamente bianca. Tovagliolo. Solitamente piegato e posato sopra il piatto o il sottopiatto va a destra, ma si può semplicemente piegare a triangolo e adagiare sul piatto. Evitate piegature fantasiose e laboriose. All'inizio del pasto va steso sulle ginocchia, sempre dopo la padrona di casa o, al ristorante, dopo la persona che ha invitato. Non va mai legato al collo. Si usa prima di bere, sempre, e dopo aver appoggiato il bicchiere. Alla fine del pasto si lascia alla sinistra del piatto. In alcuni ristoranti di alto livello, prima del servizio del dolce, il tovagliolo viene cambiato con uno più piccolo. È un atto di grande cortesia. Signore, cercate di non lasciare vistose impronte di rossetto, signori non usatelo per detergervi il sudore dalla fronte. Ubriachezza. Può succedere che un ospite esageri con l'alcol: che fare? Un bravo anfitrione cerca di arginare come può la serata, ma di certo non lo abbandona fuori dalla porta a fine cena. Si preoccupa di accompagnarlo a casa e di assicurarsi che stia bene. Uomo. Uomini, ricordate! Basterà un gesto come aprirle la portiera o alzarsi nel momento in cui lei lascia il tavolo per farsi ricordare a lungo. Insomma, vi verrà perdonato anche qualche sbaglio, se saprete usare qualche galanteria al momento giusto. L'uomo entra per primo in un locale, comunica con i camerieri, versa da bere, si dimostra più interessato alla compagnia che al cibo, conversa e dovrebbe pagare il conto. Uova. Non si usa mai il coltello, in qualsiasi modo siano cucinate. Lo si può usare solo per tagliare il prosciutto o la pancetta che le accompagna. Uva. Va tenuta con la mano sinistra, mentre con la destra si staccano gli acini che andranno alla bocca. Verdure. Non si tagliano mai con il coltello. Vino. Non si versa mai sino al collo del bicchiere. Si stappa sempre davanti agli ospiti, e così pretendete al ristorante. Si fa scegliere alla signora e se questa si rifiuta si prende l'iniziativa chiedendo almeno «bianco o rosso». Chi invita, sia a casa sia al ristorante, propone i vini e chiede se gli invitati sono d'accordo. Il vino non si mescola con l'acqua e non deve essere raffreddato con il ghiaccio. Si lascia in un secchiello di qualsiasi materiale, possibilmente su un tavolino a parte. Zotico. È l'epiteto che si merita chi a tavola pecca di prepotenza e maleducazione. Per neutralizzare lo zotico recidivo è necessaria più fermezza che ironia, la seconda non la coglierebbe. Un seccato richiamo ha più probabilità di venire accolto. Zuppa, zuppiera. Non si soffia sulla minestra o la zuppa. In Inghilterra, il cucchiaio non viene introdotto in bocca di punta, ma appoggiato lateralmente alle labbra. In Italia il cucchiaio viene introdotto in bocca di punta. Ma ciò non vuol dire, beninteso, che lo si debba inghiottire fino al manico. È tollerato che, arrivati agli ultimi cucchiai di minestra, si sollevi appena il piatto inclinandolo verso il centro della tavola. Zuzzurellone. Avete presente quei soggetti che pur essendo adulti si comportano come ragazzini e si divertono a fare i giocherelloni? È il buontempone, il burlone che a tavola gioca con il cibo, estenua i commensali con storielle imbarazzanti, indovinelli, racconti di vita privata e via discorrendo. Basterà ignorarlo senza ridere delle sue battute pesanti per neutralizzarlo.

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La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192718
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 1 occorrenze
  • 1888
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Voi potete mangiare fintantoché siete sazie, cioè finchè avete appetito: mangiate solamente adagio, ma non tanto da recar nausea a chi vi vede; il cibo acquista il primo grado di digestione in bocca, purchè lo mastichiate bene e sia abbondantemente inzuppato di saliva; se l'appetito vi manca non mangiate nè bevete, imperciochè il vostro corpo allora non ne ha bisogno; non è ciò che mangiate che vi dà la vita, ma ciò che digerite. Talora avete un appettito morboso che potete distinguere facilmente dalla difficoltà che troverete a digerire; in questo caso dovete essere moderatissime e consultare il medico. Procurate di serbare un certo ordine nei vari pasti che fate nella giornata, e di noi mangiare tutti i momenti come fanno i polli, razzolando ogni ora, perciocchè questo vi gioverà molto per conservarvi in salute. Non mangiate subito dopo che avete sofferto un dispiacere, o l'animo vostro è agitato per qualche altra causa, ne dopo un esercizio corporale un po' violento, ma aspettate prima che ritorni la calma. Dopo il pasto astenetevi per un po' di tempo da ogni esercizio intellettuale o corporale troppo attivo: dopo il pranzo o la cena è buon costume lo stare in piedi o passeggiare lentamente e lietamente conversando: del resto il miglior moto é quello che si fa prima di pranzo e tre ore dopo. Chi non mastica bene il cibo difficilmente digerisce; le lente digestioni non solamente sconcertano lo stomaco, ma producono ancora certe esalazioni che imbiancano la lingua ed infettano i denti di certa materia detta tartaro o gromma, il quale li investe e nuoce allo smalto di essi; esso si forma pure nelle lunghe diete e quando per alcuna causa non si mastica che da un lato. Ma il tartaro non è la sola causa del guasto dei denti, sonovi altre ancora, come il rompere noccioli e simili, lo stuzzicarli con spilli acuti di ferro è peggio di ottone, si che talora le gengive sanguinano; e così gli acidi, come l'agro del limone, l'agresto, le frutta immature, tutto ciò insomma che vi allega i denti. Essi ne tolgono il liscio, ne lasciano aspra la superficie e la corrodono. Aggiungete ancora il masticare spesso confetti, e specialmente quelli che sono mescolati con materia tenace, e lo zucchero a lapilli, l'abuso dei liquori fermentati e dei cibi troppo salati, il bere freddo o ghiacciato, che mozza i denti dopo aver mangiato vivande calde; l'andare al freddo e prender aria fredda quando la testa cola di sudore. Per conservare adunque i denti bisogna che vi guardiate dalle dette cause, che togliate assiduamente col dentelliere i residui degli alimenti rimasti frammezzo di essi, perché non si putrefacciano; che ve li laviate sovente adoperando anche la setolina che conoscete, particolarmente al mattino e dopo il mangiare, non con quei certi specifici da cerretani, che sono o inutili o nocivi, ma con acqua pura; potete anche stropicciarveli colla polvere di carbone, purché essa sia finissima sì, che non possa rigarli. Se con tutte queste precauzioni v'avviene che si formino tuttavia concrezioni, bisognerà che ricorriate a quei dell'arte, perché esse non sieno causa di certo gemitio che li distacca dalle gengive e che gli scalza cagionando fetore di fiato ed altri malanni. Lo stomaco, perché adempia perfettamente al suo ufficio, non bisogna dargli di più di quello che, giusta le leggi di natura può contenere; sforzandolo smoderatamente s'indebolisce, non può consumare a dovere il di più che ricevette, quindo ne nascono crudezze e cattivi umori elle vie degl'intestini, per cui bisogna prendere purgativi, i quali indeboliscono di loro natura. Il ghiottone dopo il pasto sente un peso nello stomaco, una voglia vomitare, di sbadigliare, di dormire, e la testa grave ed ottusa : che tristo stato è questo! Oh, le mie ragazze, siate adunque temperanti, perchè non lo abbiate a provare.

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Signorilità

198577
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 1 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
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Una cura speciale della padrona di casa deve essere rivolta alle spazzole, che vanno lavate spesso con un granello di soda nell'acqua calda, facendo in modo che solo le setole vi vengono immerse, e che vanno poi abbondantemente risciacquate. A capo del letto deve, naturalmente, pendere un'imagine sacra. L'arte italiana possiede Madonne magnifiche e Cristi e Santi di tutti i tempi e di tutti i Sommi, ciò che rende facile la scelta. Per camera di sposi, la più adatta è una Vergine col bambino; ben a ragione è molto diffusa quella di Nicolò Barabino, «quasi oliva speciosa in campis», suggestiva e deliziosa. Anche il quadretto-ricordo della prima Comunione è un ricordo caro ai cuori femminili, che lo tengono volentieri accanto al loro letto per tutta la vita. E per questo esso dovrebbe esulare dalle solite volgari litografie, avere un carattere d'arte, ed essere bene incorniciato. In quanto alle acquasantiere, esse sono un po' passate di moda e si vedono soltanto nelle camere in stile; ora vanno anche in cuojo. E il cuojo è trattato in modo che appare dorato, bronzato, colorato in mille toni pastosi, pieno di luce e di duttilità. L'acquasantiera che l'Artigiano italiano regalò a Romano Mussolini, ideata e eseguita da Antonietta Cesa, ha, in alto, la forma di un capitello con due nicchie: nel capitello spicca una croce d'oro sfumato, adorna di rose sotto cui un pettirosso canta... grazioso richiamo alla leggenda dell'uccello gentile che, posando sul cuore di Gesù in Croce, ebbe macchiato il petto del Sangue divino. Le due nicchie contengono un cero benedetto e un ramo d'olivo. In basso, il cuoio è foggiato a piccolo recipiente per ricevere l'acqua lustrale, e dei fiori balzano a circondarlo con i loro steli rosati. In quanto ai tappeti, è inutile ripetere quanto fu scritto a proposito di quelli da salotto. Raccomando alle amabili lettrici di farne qualcuno da sè, lavorando sul canovaccio con grossissima lana, oppure lavorandoli con enormi ferri, e scegliendo belle tinte e bei disegni.

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Come presentarmi in società

199972
Erminia Vescovi 2 occorrenze
  • 1954
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Il fanciullo deve avvezzarsi pulito e ravviato nella persona, e alla mattina e fra il giorno lavarsi abbondantemente. Anche alla sera, prima di coricarsi, si lavi il volto e le mani. Appena s'accorge di uno strappo o d'una macchia al suo vestito, sia pronto al rimedio. Una fanciullina deve saper fare da sè; il maschietto ricorra all'amorevolezza della piccola sorella, e non dimentichi mai di ringraziarla. Il primo saluto alla mattina e l'ultimo alla sera devono essere pei genitori. Una ragazzina di mia molto intima conoscenza era andata a letto, una sera, senza dar la buona notte. Si era appena stesa fra le lenzuola, quando si presentò a lei la domestica, avvertendola che i suoi genitori la chiamavano in salotto. Si rivestì subito, con un po' di sorpresa e di batticuore, si presentò ai genitori e chiese cosa desiderassero. Niente altro, le fu risposto, se non sentirci dare la buona notte! - La lezione fu indimenticabile. Essa ci ricorda quella del famoso scrittore inglese, Swift, il quale fece richiamare la sua giovane domestica, partita in tutta fretta per assistere alle nozze di sua sorella, perché venisse... a chiuder la porta che sbadatamente aveva lasciata aperta. Sicuro, anche questa della porta è una questione importante. C'è chi la lascia sempre aperta, e tocca poi al vento chiuderla rumorosamente, oppure alla persona che sedeva tranquilla alzarsi con suo incomodo: c'è chi la sbatacchia con mal garbo e fa tremare tutta la casa. Il ragazzo che entra od esce, per quanto in fretta, deve avvezzarsi a chiuder adagio e solidamente. Sulla soglia poi, se egli è colla sorellina (non occorre dire con persone superiori!) deve fermarsi e lasciarla passare. E mai deve trascurare le formule: con permesso, scusi, ecc. (evitando il francese pardon) tutte le volte che è costretto a recare altrui qualche lieve disturbo. E non si permetta ai maschi di far giuochi troppo rumorosi in casa, di alzar la voce soverchiamente, di cantare e strillare, di ridere sgangheratamente. Si frenino anche certe sgarbate dimostrazioni d'affetto: quel buttarsi scompostamente al collo di una persona, e sia pure la mamma, per tenerla sotto una pioggia di baci, quell'arruffarle i capelli, quel tirarla per le mani, quell'abbandonarsele addosso. L'affetto deve manifestarsi in modi più ragionevoli e gentili, senza perder nulla della sua intensità. Le femmine, colle loro tendenze più tranquille, e colle loro mosse naturalmente più composte, riescono, in generale, assai più facili a educare. Ma vi sono però delle fanciullette che hanno una vivacità straordinaria, veri maschietti, veri demonietti, si soglion dire. Ebbene, la brava mamma non incoraggerà e non tollererà queste tendenze. Per quanto i tempi moderni inclinino all'abolizione di ogni differenza tra i due sessi, ricordiamo che la gentilezza e la modestia rimangono sempre il pregio più caratteristico della donna. La fanciulletta maschilizzante nella voce, nei modi, nei salti deve dunque essere frenata a tempo, e siccome ciò accade specialmente quando, essendo unica femmina di casa, si diverte abitualmente coi fratelli e coi loro piccoli amici, la mamma cerchi di procurarle qualche compagna adatta, o la tenga molto presso di sè, occupandola piacevolmente. I giuochi tra compagni, giù nel cortile, o nella piazza vicina a casa, o nei giardini pubblici, vanno talvolta a finire in qualche lite. Allora volano le parole insolenti, si mena anche qualche pugno e alla fine i piccoli nemici si staccano malvolentieri dal campo di battaglia, per ritirarsi a casa a raccontar le cose come la passione loro suggerisce, e far nascere spesso disgusti, malumori e inimicizie tra le famiglie. Bisogna impedir questo, ad ogni modo. I fanciulli devono essere cortesi ed arrendevoli nel gioco: devono saper compatirsi a vicenda e non turbare la gioia comune per qualche puntiglio o qualche dispettuccio. I genitori hanno poi l'obbligo di formare nell'anima loro il senso della più scrupolosa lealtà nelle gare di forza o di abilità, il che costituirà un prezioso fondamento a ben altre applicazioni nella vita; gioverà inoltre a impedire molte questioni e dispute. Ma se queste accadessero i genitori impongano riconciliazione pronta, e scuse a chi si deve. Ho sempre nell'orecchio il tono grazioso con cui un fanciullo romano, a Villa Borghese, diceva a un suo piccolo amico: - Bene, ora perdonami, e giochiamo. - Eran da soli; l'imposizione non era dunque partita da nessun superiore, ma la parola onesta e gentile fioriva evidentemente sul labbro di quel ragazzetto per opera di una educazione domestica sollecitamente curata. Non si deve mai permettere a un ragazzo di usar soprannomi o parole offensive verso nessuno. Ma quante volte i genitori son colpevoli essi medesimi a questo riguardo! Quante volte parlano dell'assente con superbia o con sprezzo! Quante volte riferiscono, vantandosene, qualche tratto d'insolenza che a loro sembra giustizia! E non si permetta nemmeno che il fanciullo si avvezzi a trinciar sentenze su uomini e cose, e faccia osservazioni non competenti alla sua età. E, per carità, si freni la mania dei saputelli e, peggio ancora, delle saputelle, a voler mettere in mostra, a tutti i patti, il loro piccolo corredo di scienza! Verso i vecchi di casa i nipotini devono usare ogni riguardo. E' vero che l'affezione dei nonni e degli zii, affezione talora cieca e idolatra, basta talvolta a mettere tra loro la massima cordialità di relazioni. Ma talvolta i poveri vecchi sono un po' di cattivo umore, talvolta sono indisposti: allora bisogna impedire che la vivacità infantile li disturbi, allora bisogna che i fanciulli, e specialmente le fanciulle, sian più che mai affettuosi e servizievoli. Guai ai genitori che osassero dar l'esempio di qualche parola poco riguardosa, di qualche segno di dispetto! Coi domestici, i fanciulli stanno spesso e volentieri, e la cosa non è senza pericolo. Dai servitori potrebbero imparare parole sconce, dalle cameriere vanità e pettegolezzi. E' vero che oggi il personale di servizio va riducendosi tanto, che questi pericoli anch'essi gradatamente scompaiono. Tuttavia, in campagna e nelle famiglie agiate e numerose, il caso può darsi ancora. I savi genitori non lascino che i loro figli si trattengano in compagnia dei domestici più di quanto è necessario, anche se fossero persone (se ne trovano ancora, benchè troppo poche), di tutta loro fiducia. Nell'antichità classica la vecchia nutrice, il servo fidato era l'amico del giovane f atto adulto, era il confidente obbligatorio delle sue passioni nelle tragedie. Ora i servi si soglion dire nostri nemici pagati. Ma in presenza dei figli i bravi parenti non fanno mai sfoghi di cattivo gusto contro la servitù. E devono anche avvezzarli a trattar con bel garbo la persona di servizio, a usar anche con essa le formule usuali della cortesia: per piacere, grazie, scusa, ecc. Troppo spesso i ragazzi inclinano alla prepotenza e allo sgarbo, e le prime vittime ne sogliono essere i domestici. Se poi questi hanno l'ardire di difendere i loro diritti naturali, di risentirsi un po' ecco il prepotentello tramutarsi in delatore, e correr dalla mamma, e lamentarsi che gli è stato mancato di rispetto. E la mamma, si sa, inclina in generale a dar ragione al suo rampollo, e non risparmia la sgridata. Così non fa peraltro una donna, saggia e cristiana, la quale deve intendere come si faccia un pessimo regalo al fanciullo con quella momentanea soddisfazione data al suo orgoglio e alla sua vendetta. Ricordiamo, al contrario, la marchesa d'Azeglio che costrinse il suo piccolo Massimo a chiedere scusa ginocchioni al vecchio servo cui aveva menato, forse senza gran cattiveria, una bacchettata! Anche verso le povere bestie di casa il fanciullo deve essere amorevole e premuroso. E' buona abitudine dar loro in custodia qualche uccelletto, affidar alle bimbe il nutrimento delle galline, far che prestino qualche cura al vecchio cane o all'asinello o al puledro. E non si permettano mai le barbarie contro gli insetti, le frustate inutili ai cavalli, e si avvezzino a considerare il cane e il gatto, quali veramente sono, cioè amici discreti e sicuri, e servizievoli, ma della cui pazienza non bisogna poi abusare. Durante l'infanzia e alla fine di essa i fanciulli fanno due grandi passi nella vita religiosa: la Cresima e la prima Comunione. L'una e l'altra sono due solennità che la famiglia celebra con tutta la pompa che le è possibile; ma genitori dal retto sentire cercheranno che questa pompa esterna non sia mai a danno del raccoglimento interno. Ai due grandi sacramenti deve precedere una conveniente preparazione, e per la Comunione, specialmente, sarebbe desiderabile un ritiro. Che l'idea dei regali, delle vesti eleganti, degli svaghi e dei complimenti non profani la sacra purezza del senso religioso! E in quel giorno, dopo una intima e soave festività, tra parenti e amici, si tengano ben lontani i fanciulli da ogni distrazione mondana. In certi luoghi, purtroppo, non si fa così, e dalla mattina alla sera i cresimati e i neo-comunicati si vedono girar la città, vestiti ancora cogli abiti e cogli ornamenti della sacra cerimonia; e si conducono al passeggio pubblico, e in visite, e al caffè... e anche al cinematografo e al teatro. Che impressione può loro restare di questa giornata, e specialmente se è quella della Comunione, che suol essere detta «la più bella della vita»? Perchè sia tale, bisogna formare tutto intorno al fanciullo, un'atmosfera di pietà, di raccoglimento, di dolcezza e di affetti domestici, e custodirvelo scrupolosamente.

Essa dev'essere abbondantemente illuminata, adorna secondo il gusto della padrona di casa. Nessun mobile, se non divani e sedie lungo B. muro: una tela stesa a terra a guisa di tappeto. In un angolo, dissimulata tra i fiori e gli arbusti, l'orchestrina. Si capisce che in una vera festa da ballo si chiamano suonatori di professione, e non si pensa neppure d'inchiodar al piano qualcuno della famiglia, o magari di pregare qualche invitato. Al giorno d'oggi però, quando il ballo non debba avere un carattere speciale d'ufficialità o etichetta, l'orchestrina è spesso sostituita da un radiogrammofono con buoni dischi, sempre s'intende se è ballo in casa privata. La seconda sala è ad uso delle mamme che non ballano, e in generale delle persone mature che stanno a discorrere fra di loro: qui vengono anche i danzatori a riposarsi. Abbandoneranno poltrone, sedie, divani e ogni comodità. Per gli uomini però sarà meglio, potendo, preparar una saletta apposita, perchè vi stiano a fumare e trattenersi a loro agio; tanto meglio, se c'è, il bigliardo. Finalmente c'è la saletta del buffet, che deve rimaner chiusa sin verso mezzanotte. Essa avrà una lunga tavola centrale su cui stanno disposti cibi freddi e bevande, e, se vi è spazio sufficiente, piccole tavole ove siederanno gli invitati. Il trattamento deve essere finissimo: pollo in galantina, sformati, crostini assortiti, pesce in mayonnaise, arrosto di vitello ecc.; paste, dolci in quantità, biscotti e confetture, aranci e mandarini. Per bevande, vini bianchi, asciutti e dolci, e lo champagne che può benissimo essere sostituito dal nostro spumante d'Asti. Generalmente gl'invitati si servono da loro, o per meglio dire i cavalieri servono le loro dame, dopo averle fatte sedere. Ci devono però essere almeno due domestici al servizio generale. E s'intende che, anche prima o dopo la cena, devono circolare altri rinfreschi: limonate, aranciate, gelati, ecc. I padroni di casa debbono essere pronti qualche tempo prima dell'ora fissata, per ricevere i loro ospiti. Indosseranno l'abito prescritto: se gli invitati devono portare la marsina sarebbe una grave sconvenienza che il padrone di casa avesse la giacchetta o l'abito chiuso, per le signore sarebbe poi una mortificazione assai grande giungere, per esempio, con un vestito di mezza gala, e trovar la padrona scollata e tutta scintillante di gioielli. Il padrone di casa, sua moglie, gli altri della famiglia devono dedicarsi esclusivamente ai loro ospiti. Se sono in età ancor giovane, aprono il ballo rispettivamente coll'ospite di maggior riguardo: se così non è, tale ufficio spetta ai loro figli o nipoti. Avranno cura che nessuna signorina resti a sedere troppo a lungo, invitando e facendo invitare quelle che non avessero molti cavalieri desiderosi di loro: faranno buona compagnia alle mamme sedute, gireranno per le sale, osservando che tutto vada bene e incoraggiando con piacevole serenità il divertimento comune. Avranno poi d'occhio la sala del buffet perché ognuno si serva e sia servito agiatamente, e avranno anche pensato - cosa indispensabile - a un gabinetto di toilette dove una cameriera stia pronta a rimediar qualche guasto accaduto durante il fervor delle danze. La festa suol finire generalmente verso le quattro o cinque del mattino, dopo il cotillon nel quale saranno distribuiti doni graziosi ed eleganti: talvolta anche di qualche valore. Invitando a un trattenimento serale con musica, è bene dar anche il programma dei pezzi che saranno eseguiti. Non si faranno cantare e suonare solo dei dilettanti, ma ci vorrà anche qualche artista. Si badi però che il programma musicale non sia troppo denso... perché molti amano più conversare che ascoltare, e nemmeno troppo grave, perché la musica classica non è da tutti. Anche per questo, sarà cura degli invitanti preparare una o più sale ampie e ben illuminate, ornate con eleganza severa, e disporre perché circolino abbondanti rinfreschi. L'abbigliamento può essere di gran gala (e allora i padroni avvertiranno) oppure di mezza gala, non mai da visita o da passeggio, ed essi ne daranno l'esempio. I tè sono riunioni che tengono la mezza via tra gli inviti di lusso e quelli intimi, e terminano a volte con quattro salti. Si svolgono fra le cinque e le otto del pomeriggio. La prima cosa per offrire bene un tè... è farlo buono, il che non è sempre facile. Un buon tè dev'essere biondo, chiaro, caldissimo. La padrona di casa serve il tè ella stessa, facendosi aiutare dalle signorine o anche da qualche giovanotto intimo di casa. Sulla tavola coperta di una finissima tovaglietta stanno la teiera, il bricco del latte, il limone o la caraffa del liquore; tartine, dolci e biscotti svariati e abbondanti. Soltanto se il numero degli invitati fosse molto grande, si serve a gruppi, su piccoli tavolini, altrimenti ciascuno rimane al suo posto. Ad ogni persona si chieda, servendola, se gradisce limone, panna o liquore coll'aromatica bevanda, si ripete poi il giro, offrendo una seconda tazza e magari anche una terza. Ma siccome non tutti hanno pel tè una grande simpatia, sarà bene aver anche pronto un bricco di ottimo caffè, nonché vermouth e aperitivi per chi arriva sul tardi. Oltre ai biscotti, ai crostini (non mai paste con crema o panna) si suol mettere sulla tavola, seguendo l'uso inglese, un dolce di larghe proporzioni: torta, marzapane, plum cake o simili, che si taglia per ultimo. Si faranno poi circolare bibite svariate, caramelle e cioccolatini in eleganti coppe. La padrona di casa che offre un tè riceve con un abito elegantissimo, non però scollato; le visitatrici in abito da visita con qualche ricercatezza. Non si toglieranno il cappello. In questo dopoguerra sono venuti di gran moda, sulla scia dell'uso americano, i cocktails, che permettono di invitare anche gli uomini, i quali, essendo occupati durante la giornata, difficilmente possono intervenire a un tè. Si tratta di riunioni che iniziandosi verso le sette di sera, dovrebbero di regola durare due tre ore, ma volendo si possono anche protrarre (comunque, non oltre la mezzanotte) assumendo un po' il tono di cena in piedi, e che possono essere anche danzanti. Ai cocktails non si offre tè, ma aperitivi, vermouth, bibite varie e soprattutto quelle misture di liquori che danno il nome alla riunione: il tutto accompagnato da tartine, pasticcini salati e dolci come per il tè, ad esclusione delle torte. Se la riunione assume il tono di cena si offrirà anche una tazza di brodo, o un risotto, e qualche piatto freddo. Le signore indosseranno per questi inviti un abito più elegante che non per i tè, da mezza sera, che può essere un po' scollato ma non lungo; gli uomini un abito normale grigio scuro o blu. I pranzi di gran lusso, quelli a cui si va in marsina e abito scollato, sono, più che altro, noiose parate di convenienza. Chi è al caso di offrirne ha generalmente a sua disposizione anche un maggiordomo e un capo cuoco coadiuvato da numerosi vassalli (come dice Dante) e non ha bisogno dei consigli di questo libro. La sala ove si darà il pranzo dovrà essere ampia in proporzione degli invitati, riscaldata moderatamente nell'inverno, aereata nell'estate. L'illuminazione deve essere abbondante. Generalmente pendono dal soffitto le eleganti lumiere o circondano i doppieri le pareti, ma qualcuno usa anche mettere bei candelabri con candele di cera. Questione di gusti. La tavola ampia, in modo che ognuno disponga almeno di sessanta centimetri di spazio, sarà coperta da una tovaglia ricadente ai lati: la tela damascata di Fiandra, benchè ancora usata dalle famiglie che ne hanno guarniti gli armadi, non è più moderna, e viene sostituita piuttosto da altre tele di lino, purchè finissime, variamente lavorate. Sotto la tovaglia ci deve però essere una grossa coperta, bianca o di colore adatto alla trasparenza se la tovaglia è traforata, per attutire i rumori e preservare il tavolo dalle eventuali macchie. La decorazione di fiori si può fare in vario modo: grandi coppe larghe e basse, per non impedire la vista, ricolme di fiori variopinti, o vasetti di fino cristallo o di metallo collocati presso ogni convitato, o ghirlandine leggere che corrono lungo la tovaglia. Si badi però di evitare ogni ingombro soverchio. Per questo sono state abolite anche le grandi alzate di frutta e dolci che una volta solevano guarnire le mense. Il tovagliolo va messo alla sinistra del piatto, piegato in quattro, semplicemente: a destra coltello e cucchiaio, a sinistra la forchetta. La piccola posata per frutta e dolce si colloca orizzontalmente davanti al piatto. Tre calici di varia dimensione servono per l'acqua, pel vino da pasto e pel vino bianco. Le coppe dello spumante si possono portare al momento. Sulla credenza e sopra una piccola tavola, ambedue coperte di fini tovagliette, staranno pile di piatti, posate di ricambio, tovaglioli di riserva, bicchieri, boccie di acqua e di vino già pronto, oltre alle bottiglie che vanno sturate al momento. L'argenteria abbondante e massiccia, la fine porcellana, i cristalli delicati sono la gloria e l'eleganza della mensa, oltre la biancheria. E' troppo giusto che gli invitanti sfoggino quanto hanno di meglio in queste occasioni, e non lo fanno certamente per vanità, ma pel desiderio di onorare gli ospiti. I posti sono talvolta indicati da cartelli, e così pure si suol collocare vicino ad ogni piatto la lista dei cibi, in elegante cartoncino fregiato da decorazioni artistiche. Ma questa usanza sa troppo di albergo... o di banchetto diplomatico. Il padrone e la padrona di casa siedono l'uno di fronte all'altro ai due capi della tavola, avendo ciascuno ai lati le persone di maggior importanza. Se vi è un sacerdote, spetta a lui il posto d'onore che è quello a destra della padrona di casa. Il servizio comincia il suo primo giro dalla signora che sta a destra del padrone, il secondo dalla signora che sta a sinistra, il terzo dal signore che sta a destra della padrona, il quarto da quello che le sta a sinistra. Ad ogni portata, si deve far girare due volte il vassoio. Le persone che fanno il servizio devono essere addestrate a farlo con precisione e disinvoltura; la padrona le tenga d'occhio, ma se qualche principiante commettesse una svista, non metta in evidenza la cosa, e si riservi a far dopo le sue avvertenze. Nulla è più spiacevole di sentir a tavola, una signora dar lezione alla cameriera, e peggio ancora se la rimproverasse o mortificasse. La scelta delle portate dev'essere varia e gustosa per avere il gradimento generale. Ora non si usano più, grazie al cielo, i banchetti pantagruelici a cui resistevano, e non si capisce come! gli stomachi dei nostri avi. Ma non bisogna esagerare nell'altro senso. Chi si reca alla mensa altrui ha diritto che sia soddisfatto ampiamente il suo appetito, e il numero e la varietà dei cibi deve in certo modo compensare la libertà ch'egli avrebbe a casa sua, di scegliere e mangiare comodamente, nonchè il sacrifizio delle sue abitudini e dei suoi gusti personali. Bisogna dunque usare una certa larghezza. Francesco Petrarca si compiaceva per conto suo dei pesciolini che gli riusciva di pigliare nelle «chiare, fresche e dolci acque» della sua Sorga, e del pane scuro che si faceva dare dall'ortolano, ma quando riceveva ospiti li trattava splendidamente. Un pranzo di gala è composto di tre o quattro portate oltre la minestra e il dolce. Dopo la minestra si avrà un primo piatto leggero, generalmente pesce con salsa; anche un fritto variato può andar bene. Indi un piatto di carne con contorno, uno sformato o pasticcio, l'arrosto di pollo o vitello con insalata, e finalmente il dolce e le frutta. In pranzi più semplici si sopprimerà il primo piatto di carne e magari anche il piatto di mezzo. Una colazione sarà sempre molto più semplice di un pranzo, poiché si suppone che gli invitati debbano andarsene presto avendo altri impegni per il pomeriggio: in generale avrà al massimo una portata di carne ed una di verdura, oltre, si capisce, dolce e frutta. Alla minestra asciutta si potrà sostituire un antipasto variato (prosciutto, burro, acciughe, sottaceti, insalata alla russa, ecc.), accompagnato magari da una tazza di brodo. Si tenga comunque presente, nell'organizzare un pranzo, che in nessun caso la durata di esso dovrebbe superare l'ora. La minestra non si porta in tavola, ma si serve da un lato, o si fa trovar pronta nelle scodelle. La prima portata deve sempre essere presentata da sinistra, mentre il piatto usato si porta via da destra: le posate si cambiano ogni volta. A tavola non si scalca: i polli devono comparire già fatti a pezzi e la carne tagliata a fette. L'insalata si presenta già condita. Per evitare la sbucciatura delle frutta è molto elegante l'uso della cosidetta macedonia, molto impropriamente chiamata, all'inglese, insalata di frutta. Zucchero e vino bianco finissimo si versa nelle coppe ove prima saranno disposte sbucciate e tagliate a spicchi o a fette le frutta più delicate. Se si serve il gelato, vi deve sempre essere unito un piatto di pasticcini leggeri. Il caffè dev'essere aromatico, caldissimo, abbondante: si serve in eleganti tazzine che sono di stile speciale, oppure analoghe al servizio già usato per la mensa. I vini si servono gradualmente secondo i cibi, dai più leggeri ai più forti. Ogni regione di questa nostra fertilissima Italia ha i suoi, sicché si potrà pasteggiare con Chianti e il Barbera, servir il Capri dopo il pesce, il Barolo dopo l'arrosto, il vin Santo e lo Spumante d'Asti in fine di tavola. Ma nessuna eleganza di preparativi, nessuna squisitezza di cibi o bevande potrà valere quanto la cordiale cortesia degli invitanti. Essi devono tener presente che tutto, in quelle ore, deve contribuire alla gioia e alla serenità dei loro ospiti. L'accoglienza dovra dunque essere improntata al desiderio di compiacerli e rallegrarli in tutto. Essi li attenderanno in una sala attigua, vestiti con eleganza, e pronti un quarto d'ora almeno prima dell'invito; faranno festa ad ogni arrivante e lo presenteranno agli altri, trattenendo la compagnia in piacevole conversazione, sino a che non viene dato l'annunzio che il pranzo è servito. Allora il padrone di casa offre il braccio alla dama più ragguardevole: vengono poi gli altri, a coppie, e ultima la signora di casa col suo cavaliere. Durante il pranzo gli anfitrioni devono vigilare che tutti siano ben serviti. Toccherà a loro mantener nutrita la conversazione, proponendo piacevoli argomenti, ed eliminando avvedutamente ogni soggetto meno che conveniente. Se c'è un festeggiato, il padrone di casa farà, alla fine del pranzo, un breve brindisi in suo onore; se il brindisi è fatto da altri, si alzerà a rispondere in nome di tutti. Avvertiamo che ora, nei brindisi, non si usa più toccare i bicchieri: basta alzarli moderatamente. E dopo tanta... prosa, non dispiaccia la poetica descrizione d'un banchetto, dovuta a quell'impareggiabile artefice di versi che fu Ugo Foscolo:

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