Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La fatica

169608
Mosso, Angelo 3 occorrenze
  • 1892
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
  • UNICT
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Questa mia supposizione spiega perchè l'afflusso più abbondante del sangue nel cervello non è sufficiente per farlo funzionare più attivamente. Basta fiutare i vapori del nitrito di amilo per produrre una forte iperemia del cervello; ma chiunque abbia fatto questa esperienza si sarà accorto che non per questo diventa più fervido il lavoro delle idee. Anche nelle ghiandole succede un fatto identico, non basta a promuovere una secrezione che cresca l'afflusso del sangue alla ghiandola, bisogna che vi sia un eccitamento dei nervi secretori: anzi questa è la condizione fondamentale, l'iperemia è un fatto secondario. La civilà differente delle razze umane, l'attitudine maggiore o minore che hanno i vari individui di una medesima razza, al lavoro intellettuale, dipenderebbe dalla facilità e dalla intensità colla quale per mezzo di quest'azione riflessa si riesce a modificare i processi chimici della vita ed ottenere che nelle varie parti del cervello, le sue cellule lavorino più attivamente e restino più impressi nelle medesime i fenomeni del mondo esterno. II nostro cervello è tanto più forte quanto più possiamo bruciarlo e distruggerlo rapidamente, e con altrettanta rapidità, ripristinare le condizioni della sua energia. Questi supposti nervi dell'attenzione avrebbero come i nervi secretori la potenza di attizzare i processi distruggitori nelle cellule degli emisferi cerebrali, per trasformarne l'energia e produrre il pensiero. L’attenzione sarebbe, come la funzione periodica delle ghiandole, un meccanismo diretto a risparmiare l'energia degli organi, che devono funzionare solo nel giusto momento in cui il loro consumo è necessario.

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Il fisiologo Exner, che si occupò di queste ricerche, aveva già notato come nel lavoro dell'attenzione si produca una secrezione più abbondante del sudoreS. EXNER, Hermann s Handbuch der Physiologie, II B., II Th.. pag. 288.. Mio fratello fece una serie di indagini sull'influenza che esercita la cocaina sui fenomeni dell'attenzione. Era già noto che alcune sostanze eccitanti come l'alcool ed il caffè, raccorciano il tempo della eccitazione latente. Mio fratello ha trovato che anche la cocaina produce questo effettoUGOLINO MOSSO, Azione della cocaina sull'uomo, R. Accademia di medicina di Torino, 1890.. Prendendo cinque a dieci centigrammi di cocaina, compare dopo circa mezz'ora un senso di eccitazione e di benessere che dura quasi un' ora. In questo frattempo si reagisce con maggiore prontezza agli eccitamenti esteriori, ed è più rapida la percezione. Per tali esperienze abbiamo potuto persuaderci che la fatica non scompare, e che a misura che uno va stancandosi si prolungava il tempo della reazione fisiologica e bastavano pochi minuti di riposo, perchè l'attenzione rendesse uno più pronto alla risposta, quando veniva eccitato da una corrente elettrica, che lo pungeva nella mano o nel piede. Fechner aveva già rilevato che l'attenzione non dipende da ciò che i nostri sensi funzionino meglio. L'occhio, come abbiamo detto, non diventa più sensibile per effetto dell'attenzione; gli oggetti non ci sembrano più chiari, nè le immagini successive, dovute alla stanchezza, non sono più durevoli. L'attenzione, come dice Exner, agisce sulle parti del cervello dove le impressioni dei sensi sono già elaborate psichicamente fino ad un certo punto.

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Tuttavia come effetti dell' attività dello spirito si presentano la secrezione più abbondante dei sali dell'orina, l'aumento della temperatura del corpo ed un bisogno maggiore di nutrimento. Ed è un fatto conosciuto da tutti che gli artisti e gli scienziati, malgrado la loro vita sedentaria, solo in rarissime eccezioni soffrono di pinguedine." La medesima distinzione che abbiamo fatta per l'appetito, dobbiamo pure fare per il sonno; cioè un lavoro moderato, che ci affatichi senza però stancarci, ci dispone al sonno: lo strapazzo del cervello invece produce l'insonnia. Dopo una giornata passata in un lavoro intenso, se alla sera ci mettiamo ancora a tavolino, ci accorgiamo che le nostre idee sono confuse, che lavoriamo con svogliatezza , che anche la memoria non ci serve bene. Un mio amico poeta, mi raccontava che non trova più le rime quando alla sera si mette a comporre, mentre è stanco. Tutti alle volte proviamo una certa difficoltà a seguitare un ragionamento; tutti sentiamo un tal quale torpore della intelligenza, un che di vago e di indefinito che ci avverte della stanchezza del cervello. Alcune difficoltà, che al mattino ci sarebbero parse risibili, alla sera non sappiamo come vincere; perdiamo ogni fiducia nella forza della nostra mente; e anche la volontà, diviene fiacca. Le lettere dello scritto o dello stampato ci ballano dinanzi agli occhi. Le palpebre ci si fanno pesanti, gli occhi ci dolgono e fra gli sbadigli cessiamo di lavorare. Fr. Galton in uno scritto assai pregevole sulla fatica mentaleFR. GALTON, Recherches sur la fatigue mentale - "Revue scientifique" 1889, I, pag. 98., raccolse delle esperienze dalle quali risulta che alcuni scolari non scrivono più con buona ortografia quando sono stanchi, e che saltano delle parole scrivendo. Nella fatica del cervello osservansi del fenomeni che hanno una certa rassomiglianza con quelli che si verificano nei muscoli dopo una lnnga marcia. Tutti abbiamo provato quell'indolenzimento delle gambe, che ci impedisce di camminare dopo che ci siamo seduti per riposarci. Così è del cervello, chè, quando siamo stanchi di un lungo lavoro, ci costa una grande fatica il riprenderlo. Un mio amico che fece un corso sulla poesia drammatica, mi raccontava che spesso dovendo lavorare fino ad ora inoltrata della notte si accorgeva di essere stanco dalla crescente difficoltà nel leggere l'inglese; e che talora dopo di aver scorso qualche pagina di un autore spagnuolo, rimaneva come inceppato e trattenuto nella lettura, se prendeva in mano un autore tedesco od inglese. Il male di capo che succede ad un intenso lavoro cerebrale, corrisponde all' indolenzimento che proviamo nei muscoli delle gambe, dopo una lunga marcia o all' irrigidimento e alla molestia che proviamo nei muscoli del braccio, dopo un primo esercizio del giuocare al pallone. Vedremo più tardi che basta un leggero edema e un piccolo disturbo nella circolazione linfatica, per produrre l'incapacita a pensare. In me la fatica degli occhi precede la fatica del cervello, e non reggo ad un lavoro intenso al tavolino che quattro o cinque giorni di seguito. Scrivendo questo libro ho avuto più volte occasione di ripetere la prova. Fino a che dura la scuola, le lezioni di ogni giorno e le occupazioni del laboratorio, colla loro varietà, fanno che non mi stanchi molto il cervello: perchè studio rarissime volte la notte. Ma se in una settimana di vacanza, io mi abbandono alla foga del lavoro per dieci o dodici ore di seguito, dopo tre o quattro giorni devo fermarmi. La sera del terzo o quarto giorno soffro di mal di capo, e mi accorgo nel camminare di una leggera incertezza di movimenti delle gambe, benchè i muscoli si contraggano spediti come al solito. L'appetito mi si conserva buono. Ho caldo alla testa e in varie parti del corpo sento come un leggero formicolio e delle vampe fugaci di caldo e freddo appena riconoscibili. Provo una leggera stanchezza ai lombi. Alla sera, coricandomi, devo aspettare mezz'ora, ed anche un'ora talvolta, prima di addormentarmi, il che per me è moltissimo, e dormo male e mi sveglio sognando. Alla mattina, alzandomi, ho gli occhi rossi e cisposi: mi sento stanco, il riposo della notte non è bastato per rimettermi bene. I muscoli in varie parti del corpo sento un po' indolenziti, la mano si affatica facilmente nello scrivere ed ho sempre una tal quale pesantezza al capo. Chiudo i libri, metto da parte i miei scartafacci, e dopo ventiquattro ore di svago sono guarito.

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