Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbondante

Numero di risultati: 69 in 2 pagine

  • Pagina 1 di 2

Per essere felici

179723
Maria Rina Pierazzi 5 occorrenze
  • 1922
  • Linicio Cappelli - Editore
  • Rocca San Casciano - Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Il corredo sia dunque composto di tela fine, ben cucito e abbondante. Ai merletti, quasi sempre di poca durata, è bene preferire dei ricami a mano, eseguiti alla perfezione, i quali hanno senza dubbio un pregio maggiore. Ho detto "abbondante„ ma anche su questo non bisogna esagerare; vi sono talune spose che si fanno tanta biancheria da averne per venti anni e che finisce poi con l'ingiallire e passar di moda stando inadoperata e chiusa negli armadi. La biancheria, del corredo deve, innanzi tutto, essere adatta alla nuova posizione della sposa; se non potrà permettersi il lusso di una cameriera abile nello stirare e nella conservazione della roba, farà cosa giudiziosa prepararla nel modo più semplice possibile, senza complicazioni di merletti e di nastri, perchè una donna da tutto servizio gliela stirerebbe come Dio vuole, e darla settimana per settima alla stiratora, è una spesa oramai divenuta proibitiva per tante borse, senza contare che il consumo sarebbe eccessivo, a meno che la signora non si adattasse a stirarsela da sè. In ogni modo la biancheria più apprezzata è quella fatta con buona tela finissima e lavorata con ricchezza e semplicità. Tutte le altre cianciafruscole di seta, crespo, "linon„ hanno la vita di un'ora e sono, quasi sempre, il patrimonio dei cenciauoli. Il corredo deve essere, naturalmente, marcato con le cifre da sposa. Se questa, col matrimonio, assume un titolo nobiliare potrà farvi ricamare la corona — ma non potrà ricamarla nel caso che da nobile passi a nozze con un non titolato. Su questo punto si commettono, spesso e volentieri, parecchie infrazioni al buon senso e alla praticità. Nei luoghi ove la sposa — per tradizione familiare — reca nel corredo anche una parte di biancheria da tavola, questa dovrà essere segnata con le esclusive cifre del marito.

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Nelle colazioni sono ammessi gli antipasti; questi però saranno assolutamente aboliti nel pranzo serale; i cibi del pranzo, inoltre, saranno più leggieri ed elaborati, mentre il servizio di "dessert„ dovrà essere abbondante e sceltissimo. I vini serviti in bicchieri colorati, a seconda della quanta: preferibilmente vini italiani: Barolo, Capri, Marsala, Vin santo; nel centro della tavola le fruttiere di porcellana o d'argento colme di primizie, fra anfore di fiori e "trionfi„ di dolci. Possibilmente i convitati saranno serviti da due domestici i quali comincieranno la distribuzione delle vivande dal lati opposti della tavola.

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Quello che ci si può permettere nell'intimità della nostra casa non è sempre accettabile in società ove spesso si trovano signore che soffrono il fumo, e a cui non basta l' animo di confessarlo per privare i vicini di quel piacere innocente ed inutile; gli uomini potranno ritirarsi in un salotto adibito a tal uso ove si troverà in permanenza uno svariato e abbondante servizio di liquori. Bisogna confessarlo: ai nostri giorni i signori uomini considerano un po' troppo i salotti come "fumatorî„. È raro che dopo pochi minuti che un visitatore è in conversazione — tra amici, s'intende — non chieda il permesso di fumare. E siccome agli amici non si dice di no, così avviene che dopo un'ora di amichevoli conversare la sala in cui si trovano radunati gli ospiti prenda l'aspetto d'una tettoia di ferrovia dello Stato... E parlo di sigarette; in quanto ai sigari nessun uomo educato si permetterebbe di accenderne uno in presenza delle signore, nemmeno trattandosi dei più fini — se mai potrà ritirarsi con qualche amico sul balcone o in giardino, se proprio non può fare a meno di abbandonarsi alle dolcezze della nicotina. V'è anche qualche signora che non si perita di fumare sigari fini... e non fini; ma sono fortunatamente delle eccezzioni; una donna con un "trabucos„ o un "virginia„ fra le labbra è paragonabile a un barrocciaio, e si arguisce subito qual'è il grado della sua finezza e della sua educazione.

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La lista delle vivande deve essere abbondante e varia perchè gli invitati possano scegliere a tutt'agio ciò che è di loro gradimento. Tocca ai cavalieri occuparsi delle dame, richiedendo alla servitù ciò che si desidera di cibi e bevande calde e fredde. Invece il servizio di thè e di rinfreschi sarà preparato in un'altra sala e potrà essere frequentato sin dal principio del ballo il quale però non è mai iniziato prima delle ventidue.

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Le riunioni di questo genere non richiedono servizio di buffet; ma verrà preparato nella sala da pranzo oltre che il thè di rito, un assortimento vario ed abbondante di rinfreschi e di dolci. Talvolta — e questa è un abitudine deliziosa di certe famiglie — la pasticceria, i "sanwichs„ i pasticcini salati, sono opera della padroncina o delle padroncine di casa. Una nobile signora ebbe a dirmi, appunto mentre le sue figliuole servivano dolci e torte in una festicciuola di famiglia: — Sono due giorni che lavorano in cucina. Quando desiderano ricevere le loro amiche sanno già che cosa devono fare. Preparare un servizio completo di pasticceria senza ricorrere al confettiere. E siccome ne va del loro amor proprio, le assicuro che ci si mettono di buona voglia e ogni volta imparano a fare qualche cosa di nuovo.

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Le belle maniere

179896
Francesca Fiorentina 3 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
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E l'acqua ch'entrerà abbondante in tutti i pori della persona vi rinfrescherà e rassoderà le carni, vi risveglierà un benefico calore, vi terrà lontana ogni pur lieve malattia della pelle e, per la reazione del sangue provocata dall'abluzione, vi rinvigorirà tutto il corpo e vi darà alle guance il bel roseo che vale ogni bellezza. Tutto questo per la salute, per la grazia, per il morale. E per la fortuna, nulla? Immaginatevi, tanto per dirne una, se vostra madre sceglierebbe come persona di servizio una che avesse un dito di ruggine sul collo, un altro d'unto sulle mani e frittelle sulla sottana. Con la debita differenza, immaginate di dovervi presentare voi come istitutrice, come maestra, o commessa o altro. Il vostro vestito, forse elegante, ma con un occhio di grasso proprio sul davanti della sottana, quel baffo nero dimenticato sulla fronte, quei guanti bianchi sfumati di grigio, saranno una meschina raccomandazione. Non temereste che l'esame del vostro esteriore v'attirasse uno scoraggiante:"Mi dispiace, signorina, ma per ora". . . ?

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Lo straccio dev'essere netto, l'acqua abbondante, non floscia la mano e il busto lontano dall'acquaio: come stridono lieti i piatti stropicciati ben bene, come scintillano i bicchieri, come luccicano le posate! L'asciugatoio non riceverà quelle brutte chiazze nere che sono il tormento delle buone massaie, nè servirà a togliere l'untume dimenticato sulle stoviglie e specialmente tra i denti delle forchette! Io scommetto che, anche in quest'atteggiamento, ispirereste a Omèro uno squarcio di vera poesia. Ma quanti Omèri moderni la pensano come l'antico! Quanti a una languida signorina strimpellante il pianoforte o abbandonata sul divano con un romanzo fra le mani o ascoltante con compiacenza un suo vago dolorino di stomaco, sempre preoccupata del"come far passare il tempo", quanti a tale signorina preferiscono una ragazza alla buona che riduce la casa uno specchio, che sa dire quale vernice meglio s'adatti a' pavimenti, che non si trova in impaccio davanti a una macchia d'inchiostro, che sa ripiegare una giacca da uomo, che, colta alla sprovvista, sa spiattellarti il prezzo di tutti i generi alimentari più comuni e che, nell'assenza della domestica - se pure è abituata ad averla, - sa tirarsi su le maniche e cavarsela col mestolo e col pennacchio! Le figliole della regina Vittoria d'Inghilterra, chiamate poi a reggere paesi, furono sorprese più volte da illustri personaggi con le mani imbrattate d'uovo e di farina. Nausicaa ha dunque avuto delle seguaci tra le famiglie reali. E voi. . . ? Lasciatemi credere che non manchino fra noi italiani di queste ideali creature, che sono fate benefiche nella piccola reggia abbellita dalle loro mani animate, e diffondono attorno grazia e sorriso, salute e benedizione.

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Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180391
Barbara Ronchi della Rocca 2 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Io mi limito a osservare che uno sparkling, cocktail a base di (abbondante) succo di frutta e spumante brut, e poi magari un bicchiere di Moscato per accompagnare il dolce danno, con un minimo di alcol, il massimo dell'allegria. E non fanno rimpiangere i superalcolici che, quelli sì, dovrebbero essere banditi. Responsabilizzare i figli significa anche accordarci sul fatto che toccherà a loro riordinare e ripulire gli ambienti dopo la festa, e ripagare eventuali danni. E poi usciamo, resistendo stoicamente alla tentazione di telefonare ogni mezz'ora per sapere «come va».

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Per mantenere il più serena possibile I'atmosfera di questa convivenza senza vera intimità, non alterniamo confidenza e sussiego, momenti di familiarità e di distacco: se si è deciso che i pasti vanno consumati separatamente, sarà sempre così (ma il menu sarà rigorosamente uguale, e ugualmente abbondante); non facciamo (e tantomeno sollecitiamo) c onfidenze e pettegolezzi su conoscenze comuni o precedenti datori di lavoro. Paghiamo sempre puntualmente quanto loro dovuto per legge, evitando commenti velenosi. In compenso, se non vogliamo accondiscendere a richieste di aumento di stipendio o di riduzione d'orario, non abbiamo timidezze: è un nostro diritto dire di no, ma è un dovere farlo senza arroganza né rabbia, motivandolo con frasi pacate: «In questo momento proprio non posso, perché....» (ma attenzione: non pretendiamo di essere creduti se ci concediamo a ogni piè sospinto acquisti folli e week-end dispendiosi: chi lavora in casa nostra conosce benissimo le nostre abitudini e il nostro guardaroba). E soprattutto, se vogliamo che l'altro accetti le nostre esigenze, mostriamo di capire il suo punto di vista: a chi non farebbe comodo più denaro, o più tempo libero? Quindi evitiamo di sminuire il suo lavoro con frasi del tipo: «In fondo non ha poi quel gran da fare» o di fare leva sull'affettività («Allora non vuole bene ai bambini»); eventualmente, per addolcire il rifiuto, si può lasciare aperta una possibilità: «Riparliamone fra qualche mese, quando spero migliorerà la mia situazione di lavoro».

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Il Galateo

181588
Brunella Gasperini 4 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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I ballerini d'ambo i sessi, sia in locali pubblici sia in case di amici, abbiano poi la compiacenza di: - non fumare ballando; - non masticare gomma; - non sgranocchiare caramelle, cra cra cra, nell'orecchio del partner; - non mangiare aglio, almeno quel giorno; - fare uso abbondante di dental spray e deodoranti, grazie.

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In caso di servitù abbondante, comunque, le suddivisioni del lavoro, i limiti, i diritti e i doveri di ognuno devono essere preordinati e non lasciati al caso o agli umori del personale. Anche così, è inevitabile che sorga ogni tanto qualche attrito e che la signora sia chiamata a far da arbitro. Nel qual caso, sogghignando un pochino, le auguriamo buona fortuna e la lasciamo lì alle prese con tutta la sua servitù in subbuglio.

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Ammetto che nei confronti dell'eternità quarantacinque minuti sono meno d'un attimo, ma nei confronti del telefono e di chi ha da fare sono un secolo abbondante. Intendiamoci: se siete soli in casa, e se l'altra persona è sola in casa, se siete certi che non ha niente da fare, e che nessuno abbia bisogno di telefonare a voi o a lei, non staremo qui a contarvi i minuti. Ma: come fate a esserne certi? Di solito non si tratta di certezza, ma di scarsa considerazione per il resto del mondo in generale, e per le linee telefoniche in particolare. Dunque. Primo, chiariamo cosa si intende, oggettivamente, per «telefonata breve»: si intende una telefonata di pochi minuti, non di pochi quarti d'ora. Secondo, stabiliamo i casi in cui è veramente obbligatorio essere brevi (sotto i cinque minuti): Quando si è a un telefono pubblico. Quando si ha un duplex. Quando si è in casa d'altri o l'altra persona è in casa d'altri. Quando si è certissimi che la persona con cui parliamo abbia tempo (e voglia) di ascoltarci. Quando qualcuno in casa nostra o in casa dell'altra persona ha bisogno del telefono (a questo proposito si scatenano quotidiane risse nelle famiglie con figli in età d'amore: «Sbrigati! Sei al telefono da un'ora! Aspetto una telefonata! Piantala subito o ti spacco il ricevitore in testa!», e l'altro: «Un momento! Fammela almeno salutare! Non si può salutare una persona in questa casa?» Difficile far intendere a un giovane cuore che un saluto dovrebbe durare un po' meno di quaranta minuti). Infine, è obbligatorio essere brevi quando si è in teleselezione e le bollette non le paghiamo noi (in questo caso le risse familiari si scatenano trimestralmente: ma in modo molto più drammatico). È chi ha chiamato, di regola, che deve prendere l'iniziativa di chiudere la comunicazione. Ma se non lo fa o si dilunga oltre i limiti del lecito e della pazienza, il chiamato può dire con tono di rincrescimento: «Scusami, adesso devo andare, ci sentiamo nei prossimi giorni», o qualcosa di simile. Se chiamando un numero, lo si trova lungamente occupato, è lecito farlo interrompere dalla SIP? Si, in casi d'emergenza, o se siete stati autorizzati a farlo. Altrimenti, assolutamente no: è un atto di presunzione (chi vi dice che la vostra telefonata sia più interessante o importante?), di prepotenza, di scarso rispetto per gli altri.

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Tutto molto abbondante: il cocktail party va fatto senza economia, o non va fatto per niente. Come si servono gli ospiti. Anche se il cocktail dispone di numerosi camerieri e barman, gli ospiti, illustri o no, non si comporteranno come se fossero al bar, non ordineranno seccamente «un bitter! due negroni! un martini alla svelta!», non chiederanno bibite di cui non c'è evidentemente traccia nei dintorni, né si mostreranno irritati o delusi se la loro bibita manca; non monopolizzeranno il barman per farsi confezionare un complicatissimo intruglio dosato al milligrammo; non criticheranno l'abilità dei mescitori, non diranno con impazienza: «Dia qua, sarà meglio che me lo faccia da me». Ma chi credono di essere? Ai cocktail casalinghi, gli ospiti-amici possono anche servirsi da sé. Ognuno, uomo o donna che sia, faccia pure allegramente onore al bar e alla mensa: senza passare il segno, se è possibile, specialmente con l'alcol. Secondo il galateo di una volta, una signora non doveva mai bere liquori forti, considerati «da uomo»: le erano soltanto concesse alcune gocce di quei liquorini dolciastri che oggi sono praticamente snobbati da chiunque, indipendentemente dal sesso. Oggi le signore bevono impavide (reggendoli a volte meglio degli uomini) liquori forti e fortissimi, cognac, whisky, grappa, vodka, gin, misture micidiali in bicchieri alti così, in privato e in pubblico, prima e dopo cena, e ai cocktail non ne parliamo. Liberissime, se il loro fegato è d'accordo. E liberissimi i signori. Ma agli uni e alle altre si consiglia di non strafare. Sappiamo che, entro certi limiti, l'alcol può aiutare una persona timida ad acquistare euforia e disinvoltura: ma al di là di quei limiti, euforia e disinvoltura diventano vaniloquio, per usare un eufemismo. Sarebbe bene conoscere i propri limiti alcolici e non superarli. Neanche se si è timidissimi. Meglio timidi che (molto) sbronzi. Orari. Non esistono per il cocktail orari precisi (e questo è uno dei motivi della sua fortuna). In genere un cocktail party comincia tra le sei e le sette e finisce tra le otto e le dieci; ma non si è tenuti ad arrivare in orario e a fermarsi fino alla fine: ci si può fermare anche solo mezz'ora, o magari fare solo atto di presenza. È invece indiscreto arrivare in anticipo. Anzi: a meno che non si sia intimi, oggi è di prammatica lasciare ai padroni di casa un quarto d'ora accademico. Dopo, qualunque momento è buono per arrivare, purché non sia l'ultimo. Purtroppo parecchia gente non si fa scrupoli in proposito. L'invito, scritto o a voce, diceva «dalle sette alle dieci»? E loro ti capitano alle dieci meno cinque, o anche alle dieci suonate, quando tutti stanno per andarsene o se ne sono già andati, e la padrona di casa, che già pregustava il suo letto e la borsa del ghiaccio in testa, deve dire con un sorriso boccheggiante: «Oh, che bravi, siete venuti, non vi aspettavo più...» («e invece eccovi qui, accidenti a voi»). Per molta gente i cocktail sono una specie di porto di mare: tutti vanno e vengono a piacer loro, senza alcun riguardo per chi li ospita... A proposito, chi li ospita? «Mah, chi se ne ricorda, i cocktail sono talmente tanti di questi tempi, questo è il terzo oggi, figurati...»: e si vede. Non fate così. Andate a un cocktail per volta, e andateci civilmente. Entrando, si dovrebbe andare a salutare per primi i padroni di casa. Ma se questi al momento non sono visibili, si sconsiglia di andarli a stanare nelle retrovie. Ai cocktail, in genere, non ci si siede; si beve, si mangia, si parla stando in piedi. Non si formano coppie o gruppi fissi: si passa come suol dirsi di fiore in fiore, senza impiantare discorsi troppo lunghi o impegnativi: il cocktail non è la sede adatta a questo tipo di discorsi.

Pagina 86

L'angelo in famiglia

182261
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
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vedi l'acqua abbondante che zampilla dal fonte di vita che è la parola di Dio! Quest'acqua è carità e ci parla d'amore per tutti gli uomini vicini e lontani, amici e nemici, buoni e cattivi; ci parla di riparazione e vuole che noi ci presentiamo a Dio quasi ostaggio pei fratelli nostri traviati; ci parla di perdonare i torti che abbiamo ricevuto, e d'abbracciare i nostri offensori; ci parla di correre in aiuto dell'indigente, portargli il soccorso della parola, della mano e del cuore, perchè ci fa vedere nel selvaggio, nel traviato, nell'offensore e nel tapino niente meno di un fratello. Oh! Gesù buono, e dov'è l'ardito che scaglia quell'indegna bestemmia che voi non siete un Dio? E dunque chi mai poteva dettare una legge di tanto amore, una preghiera di così universale ed eroica carità, se non la legge e la preghiera che voi siete venuto a recare sulla terra? E mi pare proprio che la fratellevole carità sia come una condizione da voi posta alla preghiera, perchè non siete stato contento di darcela una sol volta; ma ce l'avete ripetuta per bocca di due Evangelisti, preparandoci in certo modo a riceverla ed a comprenderne l'alto significato:Quando pregate, dite così: Padre nostro, ecc. Non credere, giovinetta mia cara, ch'io ti voglia far qui una dissertazione sul Pater noster, perchè, dopo quanto ne hanno detto i Santi Padri, e più specialmente Santa Teresa, tutto ciò ch'io ne potessi dire sarebbe come una smorta scintilla rimpetto al sole. Però ho pure un grande vivissimo desiderio d'informare il tuo spirito allo spirito del Vangelo, ed il Vangelo è la parola rivelata dal Dio fatto uomo. L'orazione domenicale è appunto la parola del Verbo umanato, quindi capace a toccarci il cuore, a muovere la nostra volontà, ed io non posso passar oltre senza fartene almeno un cenno. Il cristiano non deve appartenere a verun altro partito se non a quello del Cristo, e tu ed io dobbiamo sforzarci di avere mai sempre la dirittura evangelica, che è quanto dire la rettitudine, la giustizia, la carità in fondo al nostro cuore, ed in cima a tutte le nostre opere. Così facendo, la vita ci correrà 5 serena, e si potrà dire di noi che siamo passati facendo il bene. E tu, figliuola buona, quando ti gunge nel cuore una certa ripugnanza pe' tuoi simili, per qualunque siasi ragione, o perchè di carattere che non si combina col tuo, o perchè di condizione molto più bassa e forse anche abbietta, o perchè hanno offeso te od i tuoi nella parte più delicata e con aperta ingiustizia, ed infine perchè dichiarati libertini od infami; pensa allora che Iddio ti ha insegnato ad invocarlo Padre non per te soltanto; ma altresì per essi, e che vuole che ogni giorno tu ne domandi la protezione sul loro capo come sul tuo, e su quelli che ami. Gli uomini cercarono, cercano e cercheranno di raggiungere la vera fratellanza fra di loro; l'acclamarono, l'acclameranno,... ma sempre inutilmente: ed essa non resterà che uno splendido ideale ineffettuabile. Il trionfo di ottenere la fratellanza vera non si apparteneva nè si appartiene che a Dio, il quale, padrone com'è dei cuori e delle menti, investe i suoi seguaci di tale una carità capace a superare ogni ripugnanza, ogni ostacolo e li fa tutti amici, tutti fratelli, perchè ne pone il germe fecondo nel loro medesimo cuore e nella loro coscienza. E noi ci rifiuteremo a seguire il vessillo glorioso di questo grande amante dell'umanità, del Dio fatto uomo per amor nostro? Oh! no, chè anzi quando ci sentiremo contrarietà con alcuni dei nostri prossimi, ci sforzeremo di richiamarci alla mente che anche i peccatori amino chi li ama ed obbedienti al comandoAmate i vostri nemici, fate del bene a quei che vi odiano, e siate adunque pietosi come anche il Padre vostro é pietoso, perdoneremo a chi ci ha offeso, ci agguaglieremo a coloro che si trovano in basso stato, e presteremo una mano soccorritrice all'infermo ed al tapino, senza curarci se la mano che stringiamo è rozza od incallita, ovvero tremante e macilente. Oh! la carità è pure una grande virtù, ed insieme una grande consolazione del nostro cuore! Quando all'avvicinarsi di alcune feste speciali il mondo ci si affolla intorno a presentarci un'infinità d'auguri, perchè non ci augura un po' di carità, di quella carità vera che beneficando gli altri benefica sè medesima? Lo dovremmo pur ricordare che l'Iddio nostro è tanto buono, che vuole sempre, o quasi sempre, premiarci colla soddisfazione del bene! Oh! io l'auguro ora e sempre a te la carità vera, sicura che questa ti porterà bene, non solo all'anima, ma altresì al corpo ed al cuore, perchè bramo che tu sii felice, e felice non puoi essere se il testimonio della buona coscienza non ti assicura di non aver lasciata sfuggire l'occasione di far del bene, ma che anzi ti sei sforzata di farlo il meglio che per te si possa.

Pagina 62

Il saper vivere

185703
Donna Letizia 1 occorrenze
  • 1960
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
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Chiameremo B la dotazione per una famiglia più numerosa, o anche un corredo più abbondante, che costituirà una maggiore spesa iniziale, ma libererà almeno per qualche anno gli sposi dal pensiero di nuovi acquisti. Chiameremo C un corredo ricco, un po' all'antica, o la dotazione per una numerosa famiglia. Le misure date sono quelle normali: qualche modifica potrà essere necessaria, specialmente nel tovagliato, a seconda della tavola da pranzo (tonda, ovale, rettangolare). Articoli Misure Quantità PER LETTO MATRIMONIALE : A B C paia lenzuola di lino 2,40 x 2,90 o x 3,00 2 6 12 paia lenzuola di misto lino 2,40 x 2,90 o x 3,00 4 6 6 traverse di misto lino 0,80x 2,50 2 4 6 federe di lino 0,85x 0,50 4 12 24 federe di misto lino 0,85x0,50 8 12 12 sovraccoperte di misto lino 2,80 x 3,00 2 3 4 coperte di lana 2 3 4 imbottite di piuma o lana o cotone 2,20x 2,45 1 1 2 PER LETTO SINGOLO: A B C paia lenzuola di misto lino 1,80 x 2,90 4 6 12 traverse di misto lino 0,80 x 1,70 2 4 6 federe di lino 0,85 x 0,50 4 8 16 federe di misto lino 0,85 x 0,50 2 4 6 coperte di lana 1,80 x 2,20 2 4 6 plaid di lana 1,60 x 1,90 1 2 3 imbottite 1,40 x 2,20 1 1 2 PER IL BAGNO: A B C asciugamani di lino 0,60 x 1,10 - 12 18 asciugamani di misto lino 0,60 x 1,00 12 12 12 asciugamani di spugna 0,60 x 0,40 6 12 12 asciugamani di lino (ospiti) 0,40 x 0,60 6 12 24 lenzuola bagno, di misto lino o di spugna 1, 20 x 1,50 4 6 12 tappetini bagno 0,50 x 0,70 2 6 8 PER LA CUCINA: A B C asciugamani di misto lino 0,60 x 0,80 4 6 12 asciugabicchieri di lino 0,60 x 0,80 4 12 18 asciugapiatti di misto lino 0,60 x 0,80 6 12 18 asciugapentole di canapa 0,60 x 0,80 6 12 18 strofinacci per cucina 0,60 x 0,60 6 6 12 strofinacci da polvere 0,40 x 0,80 6 12 12 strofinacci per pavimenti, di cotone o di lana 0,80 x 0,80 6 6 12 PER LA TAVOLA: servizi per 6 bianchi di lino 1,50 x 1,60 (A) 1 2 4 oppure 1,40 x 1,70 servizi per 6 colorati di misto lino 1,50 x 1,50 2 4 4 oppure 1,40 x 1,70 servizi per 12 di lino damascati o ricamati 1,40 x 2,40 - 1 2 servizi per 12 colorati di misto lino 1,40 x 2,40 - 1 4 servizi per carrello di lino 0,40 x 0,70 2 4 6 tovagliette da tè di lino 110 x 110 (B) 1 1 2 tovagliette da tè di misto lino 110 x 110 1 2 2 (B) misure per tovaglioli 0,45 x 0,45 (A) misure dei tovaglioli 0,15 x 0,15 PIATTI: 12 piatti piani 6 o 12 piatti fondi 6 o 12 piatti piccoli da formaggio e frutta 6 o 12 tazze da brodo con sottotazza 4 piatti da portata 6 o 12 tazze da tè con sottotazze 6 o 12 piattini da dolci 6 o 12 tazze da caffelatte (ma quelle da tè possono eventualmente sostituirle) con sottotazze 6 o 12 tazzine da caffè con sottotazze 1 o 2 caffettiere 1 o 2 teiere 1 o 2 bricchi da acqua calda 1 o 2 lattiere 1 o 2 zuccheriere 1 o 2 insalatiere 1 o 2 fruttiere 1 o 2 portalegumi 1 o 2 salsiere 1 o 2 formaggiere 1 o 2 piattini da burro 1 o 2 portamarmellata CRISTALLERIA: 6 o 12 bicchieri da acqua 6 o 12 bicchieri da vino (bianco e rosso) 6 o 12 bicchieri da aperitivo e liquori 6 o 12 bicchieri da cognac 6 o 12 bicchieri da champagne 6 o 12 bicchieri da spremute, bibite e whisky 6 o 12 coppette lavadita 1 o 2 bottiglie per vino 1 o2 caraffe 1 o 2 secchielli portaghiaccio 1 o 2 bicchieri per servire l'aperitivo ghiacciato ARGENTERIA : 6 o 12 cucchiai da minestra 12 forchette 6 o 12 coltelli 6 o 12 forchette da pesce 6 o 12 coltelli da pesce 6 o 12 cucchiai da dessert 6 o 12 forchette da dessert e frutta

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Il galateo del campagnuolo

187471
Costantino Rodella 3 occorrenze
  • 1873
  • Collegio degli artigianelli
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
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La moglie che ha la dignità, che le si conviene, conserva la casa in bell'assetto e pulitezza, che è un gusto l'entrarvi, ordine per tutto, la biancheria abbondante, i letti puliti e ben rifatti, le camere spazzate, la cucina lucente, le vivande ammannite a tempo, e condite sì che vanno in sangue. La mensa, che raduna tutta la famigliuola, è un tesoro di cordialità, la moglie si fa bella d'aver allestita la vivanda più appetitosa al marito; e questi contento discorre de' lavori fatti e da farsi, delle speranze nutrite; i figli garruli ritornano puliti dalla scuola, mangiano e raccontano cento storielle. Lì la tranquillità, l'affetto, l'abbondanza e la benedizione del cielo; perchè dove è pace domestica sorride Iddio. E il signor Dottore tirava in mezzo alcune di queste famiglie, e le dava ad esempio del retto vivere. E quando qualcheduno si doleva del mettere attraverso del figlio; di chi è la colpa, dimandava egli? Avete voi dato l'esempio del rispetto e della benevolenza? Alla prima monelleria, l'avete voi convenientemente corretto? Vi siete adoperato per dargli quell'istruzione a lui necessaria? Se tutto ciò non faceste, la colpa è vostra come è vostro il danno.

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La lettiera era sempre abbondante, costruita in modo che presentava una pendenza all' infuori, onde le urine colassero del continuo in un canaletto coperto, che era al margine, e di qui scorrevano in una vaschetta fuori della stalla, di costa al letamaio; dove andavano tutti gli scoli della stalla, con un po' dell'acqua piovana; qui le lasciava fermentare due o tre mesi, e poi con tinozzi le andava a spandere sui trifogli, sulle mediche; che vi dico io come ne godessero e venissero su rigogliose! Qualche volta a queste urine mescolava un po' di gesso, il che serviva a fissar meglio l'ammoniaca, che è un gaz utilissimo alla vegetazione.

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Nel sesto anno da capo all'aratura profonda, alla concimazione abbondante. Con quest'avvicendamento rimaneva meglio diviso il lavoro, perchè di 5 lotti ne aveva soltanto uno da concimare, e poteva fare una letaminatura copiosa; come anche uno solo ne aveva a scavare a profondità.

Pagina 43

Galateo per tutte le occasioni

187582
Sabrina Carollo 1 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
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Se per esempio in alcune regioni del mondo lasciare qualcosa nel piatto significa complimentarsi per l'ospitalità abbondante e confortevole dei padroni di casa, in altri è segno di mancato apprezzamento per la qualità del cibo servito. Allo stesso modo, se monsignor Giovanni della Casa nel Cinquecento si scandalizzava nel suo Galateo «di chi alza il piede in su la tavola? O di chi si sputa farfalloni fra le gambe? Et di chi si sputa in su le dita?», oggi è (forse/si spera) ormai inutile ragguagliare i più su questo tipo di grossolani errori, focalizzandosi piuttosto sulle - chiamiamole ottimisticamente così - limature. In effetti, dal tempo in cui Baldassar Castiglione trovava necessario specificare che non si comportavano da cortegiani - ovvero da perfetti gentiluomini - coloro che «a tavola poi, minestre, sapori, gelatine, tutte si danno nel volto, e poi ridono», ai nostri giorni è forse più utile ricordare come disporre le posate, cosa scrivere su un biglietto da visita oppure come comportarsi a un battesimo. La variabilità delle cosiddette regole societarie dipende inoltre anche dal contesto e dalle libere scelte personali: c'è chi ama cerimonie sfarzose così come chi preferisce la sobrietà e la semplicità, ma entrambe le alternative vanno rispettate e hanno un loro valore. Esiste poi una sorta di sgradevole uso metropolitano secondo cui i modi garbati sono utili solo in occasioni particolari, in cui sfoderare tutto il proprio savoir faire, argenteria e tovaglioli in grembo compresi. Errore. Se aspettate di essere al ristorante per evitare di sdraiarvi sulla tavola, se durante le solitarie navigazioni automobilistiche in notturna non vi esimete - complice il buio - da macchinose estrazioni nasali, se preparate i regali di Natale solo per chi siete assolutamente certi che li ricambierà, correte almeno un paio di rischi. Il primo è di non godervi le occasioni speciali perché troppo tesi e attenti a non commettere sbagli nel modo di comportarvi - risultando oltretutto goffamente innaturali - se non proprio quello di uscirvene con qualche clamorosa gaffe da dimenticanza. Il secondo è che manchiate di rispetto a voi stessi nella vita di tutti i giorni. Usare accortezze come apparecchiare con attenzione e piacevolezza anche se siete da soli, o curare il proprio aspetto, sono gesti di gentilezza nei confronti di una delle persone più importanti della vostra vita. E un atteggiamento generosamente disponibile nei confronti di se stessi e degli altri non farà che migliorare la vostra vita, rendendola meno afflitta da calcoli e meschinerie. Le buone maniere non sono apparenza da indossare come l'abito scuro nelle occasioni in cui è esplicitamente richiesto per scritto. Sono uno stile di vita da adottare quotidianamente, come biancheria intima morbida e di ottima fattura che (quasi) nessuno vede, ma che vi rende più comodi e a vostro agio in ogni momento. In qualunque caso, e a qualunque modo siate avvezzi, più o meno raffinato, è importante ricordare che la vera eleganza sta nel cuore prima ancora che nei gesti. Per cui se non avete mai usato un coltello da pesce e vi trovate in una lussuosa circostanza in cui la lucente palettina fa la sua prima apparizione nella vostra vita, è cortese nei confronti di chi cena con voi, e che magari è normalmente avvezzo a simili distinzioni, utilizzarla correttamente, senza contare che con un minimo di pratica vi renderete conto di quanto è più comoda. Allo stesso tempo però è ancora più importante che mani da sempre abituate a cristallerie di Boemia o tovaglie di lino candido e porcellane di squisita fattura, siano comunque disponibili a maneggiare piatti di carta e bicchieri di plastica, quando gliene vengono offerti. Per fare un esempio cinematografico, chi non ricorda la scena del convito serale nella sala ristorante del Titanic - nell'omonimo successo cinematografico -, con un Di Caprio impomatato ma pur sempre estraneo al cerimoniale da tavola della buona società, che cerca di orientarsi tra uno stuolo di bicchieri e posate scintillanti, costantemente messo alla prova dal geloso e altezzoso fidanzato della sua bella innamorata? A niente valgono i modi raffinati del fidanzato, di fronte al suo grossolano disprezzo verso il giovane rivale, e al suo tentativo di metterlo a disagio sottolineandone la mancata abitudine alle buone maniere. Il vero gentiluomo non è chi afferra la posata giusta ostentando la propria educazione per distinguersi, ma chi è capace di mettere a proprio agio il commensale. Se qualcuno pensa che le buone maniere siano uno strumento per emergere, si mostra immediatamente in tutto il suo dubbio gusto. Dopo questa premessa, inoltriamoci nella pratica. Anzitutto facendo amicizia con gli esercizi fondamentali, quelli su cui si basa tutto l'incontro. Poi imparando gli schemi. Per essere pronti a giocarsi la partita in società, e possibilmente a vincerla.

Nuovo galateo

190019
Melchiorre Gioja 1 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Il complimento vuol esser piuttosto abbondante che scarso. Monsignor della Casa dice: » Tu farai dei complimenti » come fa il sarto de'panni, il quale » piuttosto li taglia vantaggiati che scarsi; ma non » però si che dovendo tagliare una calza ne riesca » un sacco, nè un un mantello. E se tu userai » in ciò un po' di convenevole larghezza verso coloro » che sono meno di te, » sarai chiamato cortese. » E se tu farai il somigliante verso i maggiori , » sarai detto costumato e gentile; ma chi » fosse in ciò soprabbendante e scialacquatore, sarebbe » biasimato siccome vano e leggiero; e forse » peggio gli avverrebbe ancora, ché egli sarebbe » avuto per malvagio e per lusinghiero ».

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La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192550
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 1 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
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A mezza cottura vi si aggiunga formaggio grattugiato abbondante, ed uva passola, avvertendo di ben dimenarlo, perchè non si attacchi al fondo del vaso ; indi si aggiunga sempre brodo in proporzione del bisogno, e si faccia cuocere perfettamente. Si potranno poi ad arbitrio aggiungervi tartufi triti, poca acciuga, od una cipolletta, e riescirà un riso squisito.

Pagina 233

Saper vivere. Norme di buona creanza

192917
Matilde Serao 1 occorrenze
  • 2012
  • Mursis
  • Milano
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Tutto era già mutato, prima della guerra, nel corredo di biancheria di una sposa, importantissimo elemento di un buon matrimonio: l'antico abbondante, abbondantissimo, solidissimo, pesantissimo corredo, sessanta camicie da giorno, sessanta da notte, dodici dozzine di paia di calze, eccetera, eccetera, era già trasformato in un molto minor numero di capi, ma molto più fini, molto più leggeri e molto più costosi... Ma dopo la guerra! La trasformazione è anche più profonda: la tela di Olanda, fondo antichissimo, del corredo, o non esiste più o è costosissima: la battista, non si chiama più battista: la mussolina, non si chiama mussolina: e i corredi di biancheria si fanno, oramai, di linon, di nansouk, e di crespo della Cina, tutto à jour, ricamato, ricamatissimo con merletti finissimi, con applicazioni pompadour. Un corredo molto ricco, è fatto da trentasei parures complete, camicia da giorno, camicia da notte e copribusto con pantaloncini: dodici parures di linon, dodici di nansouk, dodici di crespo della Cina: un pò meno ricco, ma sempre molto chic è di trenta parures, limitando a sei quelle di crespo della Cina. Un corredo buono, diciamo così, è di ventiquattro parures, cioè dodici di linon e dodici di nansouk, senza le sei di seta, salvo qualche parures, una o due di seta. E in questi corredi così evanescenti, ogni madre prudente, deve introdurre un pò di biancheria seria, diciamo così, camicie da notte con colletto chiuso e le maniche lunghe, camiciuole accollate, per quando la figliuola sia sofferente o puerpera; e unirci delle calze di lana, allo stesso scopo e dei grandi fazzoletti di tela, per quando si ha il raffreddore! Su tutta la biancheria della sposa si ricama l'iniziale del suo nome di battesimo: è roba sua: lei la deve indossare e il suo nome di battesimo non cambia, in casi funesti di separazione, di vedovanza. Qualche sposa, per convenzione di famiglie, porta anche la biancheria da letto e da tavola; non è suo obbligo, ma, certe volte, si stabilisce così. Allora bisogna far ricamare, sulla biancheria da letto e da tavola, la iniziale del cognome della sposo. Bisogna considerare che egli è il capo della casa; che tutta la roba di casa gli appartiene; che, in caso di separazione o di vedovanza, egli lascia alla sposa o restituisce alla famiglia della sposa, solo il corredo personale di biancheria, mai quello di casa; che in caso di morte dello sposo, egli può disporre della biancheria di casa, come crede! Quindi, iniziale del nome della sposa, sul corredo personale di lei: iniziale del cognome dello sposo, sulla biancheria di casa. Quando il corredo di biancheria della sposa, è molto importante, se ne inserisce il valore di costo e la nota, nella scritta nuziale, dove s'inserisce anche il valore e la nota dei gioielli che porta la sposa e che sono suoi.

Pagina 27

Nuovo galateo. Tomo II

194966
Melchiorre Gioia 2 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Il concilio d'Aix la Chapelle, a fine di prevenire gli abusi ai quali potrebbe in seguito dar luogo, regolò nel 817 la quantità dell'uno e dell'altro liquore che si potrebbe dare ogni giorno alle persone d'ambo i sessi, come segue: In un monastero ricco e situato in un paese abbondante di vini, ciascun canonico regolare avrà giornalmente cinque libbre di vino, Una libbra era allora di 12 once. e la canonichessa tre. Se i vigneti sono rari, otterrà Il canonico lib. di vino 3, di birra 3 La canonichessa .» 2 » 2 Se mancano i vigneti, avrà Il canonico »1 » 5 La canonichessa » 1 » 3 Il concilio segue un'altra proposizione pe' monasteri mediocremente ricchi. Il regolare, se abita in un paese abbondante di vino, ne otterrà 4 libbre al giorno; se il vino è raro, riceverà di vino... lib 2, birra lib. 3, Se il paese manca di viti » 1 » 4 Finalmente se il monastero è povero ed è basso il prezzo del vino, il concilio ne assegna ai monaci lib. 2; ma se non esistessero viti nel paese, i monaci otterranno 1 lib. di vino e 3 di birra. (VIII, VII, VI secolo). Era talmente estesa l'ubbriachezza, che leggi ordinarono ai giudici di non comparire in tribunale se non digiuni. Una legge lombarda dice: Ut nullus ebrius suam causam in malun possit conquirere, nec testimonium dicere, nec comes placitum habeat nisi ieiunus. Nel capitolare di Carlo e Lodovico si legge: Rectum et onestum videtur ut iudices ieiuni causas audiant et discernant. Enrico Spelman aggiunge: Non exolevit hactenus mote antiquus, nam in mallis seu placitis, quae assisae vocantur, vice-comites provinciarum bis quod annis magnam exhauriunt vim pecuniae in iudicibus nobilibusque patriae convivandis. I celebri eroi della Tavola Rotonda, della quale si fa salire l'origine sino all'ottavo secolo, ci ricordano l'uso loro prediletto in questa stessa denominazione; giacché altro non fu la famosa Tavola rotonda fuorché un'ampia mensa a cui accorrevano que' guerrieri per cibarsi, sedendo in circolo, onde sfuggire le gare della preminenza. (V. secolo) Il sommo Pontefice Zosimo fu obbligato di vietare agli ecclesiastici l'uso di bere in pubblico e frequentare le osterie. I pranzi sembrano essere stati il principale piacere de' Germani, de' Galli, de' Bretoni e degli altri popoli Celtici, i quali ai più grandi eccessi si abbandonavano tutte le volte che presentavasi loro il destro. Presso queste nazioni, dice Pellontier, non si teneva pubblica assemblea regolare, sia per oggetti civili, sia per motivi religiosi; non succedeva matrimonio né convoglio funebre; non celebravasi un giorno di nascita, nè trattato di pace o d'alleanza credevasi stabile, senza un pranzo clamoroso. L'ubbriachezza era talmente innestata nelle abitudini di que' popoli, che l'abbondanza della birra e degli altri liquori non veniva giammai dimenticata nella descrizione de'beni che la loro religione prometteva ai guerrieri. Robertson, descrivendo i costumi degli Americani, dice: «Qualunque sia l'occasione o il pretesto » per cui gli Americani si radunano insieme, » l'assemblea va sempre a finire nello stravizzo. Molte » delle loro feste non hanno altro oggetto, e si » dà il ben venuto al ritorno delle medesime con » trasporto di gioia. Non essendo eglino avvezzi a » raffrenare alcun appetito, non pongono limiti nè » anche a questo. La gozzoviglia continua spesso parecchi » giorni senza intermissione; e per quanto » siano funesti gli effetti della sregolatezza, non » lasciano mai di bere finché di quel liquore ne rimane » una goccia. Le persone del più alto rango, » i più distinti guerrieri e i capi più rinomati per » la saviezza, non sanno vincer sè stessi più che » gli oscuri individui delle comunità. La loro smania » pel godimento presente li rende ciechi alle » funeste sue conseguenze; e gli uomini stessi, che » in altre occasioni mostrano d'essere corredati di » una forza di mente più che umana, sono in questo » frangente da meno dei fanciulli in antivedimento » e considerazione, e meri schiavi d'un brutale » appetito. Quando le loro passioni naturalmente impetuose » sono riscaldate dalle bevande, essi si fanno » rei de'più enormi oltraggi, festa di rado » finisce senza qualche atto di violenza o senza spargimento » di sangue» In tutti i tempi, in tutti i luoghi l'intensità delle passioni cresce a misura che scema il loro numero; e le passioni animali si mostrano tanto più forti, quanto è più languido l'esercizio delle forze intellettuali. Sovente, dice Diodoro Siculo parlando dei Galli, sorgono contese mentre essi stanno bevendo, e allora si battono col massimo furore. Tacito dice lo stesso de' Germani (V. la pag. 228 nota (1)). Nell'attuale incivilimento ci restano certamente degli ubbriachi; ma il vizio si è concentrato ne' più miserabili individui della plebaglia, almeno se si eccettuano i paesi freddi, ove la forza del clima rispinge tuttora gli effetti dell'incivilimento. E' questo il luogo di far osservare la sublime acutezza de' moralisti pedanti. Essi fanno rimprovero all'attuale incivilimento d'avere esteso il numero de' cibi e delle bevande:

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Terrai presente allo spirito la massima d'Esiodo, Che si debbono pagare i benefici con usura; quindi la tua riconoscenza sarà piuttosto abbondante che scarsa; ma non essere imprudente nel ricevere beneficii, e guarda bene e più volte in faccia a chi vuole beneficarti; giacché si danno non di rado persone indiscrete che con tenue beneficio pretendono acquistarsi non un amico ma un servo; e se non ti fai servo, ti sentirai tacciato d'ingratitudine, e il danno nell'opinione supererà il vantaggio che ricevesti. Spera dunque più nella tua attività che nell'altrui benevolenza, il primo sentimento ti farà amare il lavoro e ti renderà indipendente; il secondo ti disporrà all'ozio e ti vorrà ligio agli altrui capricci. La più bella idea che si trova in Omero è la seguente:Dacché un uomo perde la sua libertà, perde la metà della sua anima. Non sarai che mediocremente pulito se non conoscerai che mediocremente gli usi, i costumi, le passioni, le convenienze, e ciò che in linguaggio volgare mondo si appella. Va dunque ne' crocchi sociali e gentili, onde spogliarti a poco a poco di quella rozzezza che é la veste dell'uomo solitario. Vi imparerai a frenar l'impazienza che vorrebbe interrompere l'altrui discorso, ad ascoltare senza dar segno di noia, a non irritarti per uno sgarbo irriflessivo, a regolare i tuoi detti giusta il carattere delle persone e la situazione del loro animo; diverrai meno ostinato nel tuo parere, presterai maggior attenzione alle idee altrui, contraddirai con minor calore, ti guarderai dalle censure pedantesche, e non farai dei nemici alla verità con tuono presuntuoso e dogmatico. Ricordandoti quante volte t'ingannasti, tollererai facilmente gli altrui errori, e lascerai agli imbecilli il diritto di credersi infallibili. La violazione di questi precetti comuni dimostrerebbe che non coltivasti la bontà dell'animo, e che, vago di comparir saccente, dimenticasti di renderti socievole: il volgo ti paragonerebbe agli alchimisti che muoiono di fame pretendendo di possedere il segreto di fare dell'oro, o a quei cerretani che crepano di tosse vendendo de' rimedi infallibili per guarirla. La bontà dell'animo riuscirti a procurarti l'altrui stima senza ingannarne la vanità, a dissimulare le altrui debolezze e non ad accrescerle con false lodi, a velare le tue antipatie in vece d'essere gratuitamente offensivo, a chiudere gli occhi sopra difetti che agl'individui riescono innocui ed al pubblico, a conciliare la voce della tua coscienza colla voglia d'accondiscendere agli altrui gusti e alle esigenze sociali. Saggiamente libero saprai rispettare gli altrui pregiudizi senza esserne ligio, e, concedendo a ciascuno i suoi titoli, riserverai la tua stima pel merito. Ora serio, ora scherzevole, non mai buffone né affettato, unirai la prudenza alla semplicità, la franchezza alla modestia, l'eguaglianza dell'umore agli slanci del genio. Persuaso dell'altrui vanità, non farai pompa di sapere alla dimanda soltanto cedendone parte, lungi dal farne esibizione. Ma anche interrogato allontana l'aria e il tono magistrale dalle risposte: e fra paragoni triviali avvolgi le idee più sublimi, e nascondi la morale sotto i fiori del piacere. Ti é permesso di tacere e dissimulare le tue opinioni in mezzo a persone che le condannano, ma otterresti fama di vil mentitore o d'infame adulatore se spacciassi idee che la tua coscienza rigetta. Se desio ti punge d'acquistarti rinomanza, il mezzo è pronto:Sia realmente ciò che tu brami di comparire. Ricordati che chi fa spesso il proprio elogio dispensa gli altri dal ripeterlo, e che lo sforzo visibile per procurarsi degli ammiratori ne diminuisce il numero. Il linguaggio dell'uomo modesto procaccia maggiori seguaci alla verità, e la diffidenza che egli mostra di sè stesso, serve in qualche modo di scusa a' suoi errori. Quando avrai ben frugato nel sacco della miseria e dell'ignoranza umana, non ti lascerai invadere, e, molto meno, dominare dall'orgoglio: non intendo però che tu non senta la nobiltà de' tuoi sentimenti a fronte di chi fa traffico di menzogne per salire in alto, o la superiorità delle tue idee sopra quelle della ciurma plebea; ma il sentimento di questa distanza più compassione deve inspirarti, che albagia. Non ti lasciar avvilire dal biasimo nè insuperbir dalla lode.

Pagina 288

Le buone usanze

195425
Gina Sobrero 1 occorrenze
  • 1912
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
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Il corredo di biancheria per i bambini varia certo secondo le fortune, per tutti però è pratico non farlo molto abbondante; crescono ogni giorno e, potendo, assai più piacevole far roba nuova che non scucire calze, allungare, rattoppare continuamente. Fino ai dieci o dodici anni sono indicatissime, tanto per i maschi che per le femminuccie, le lunghissime camicie da notte, igieniche e decenti. E' una importazione inglese, che tutte le mamme italiane vanno adottando.

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Galateo morale

196565
Giacinto Gallenga 2 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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Che mèsse abbondante non si raccoglierebbe di questa vergognosa merce in Italia, quando la polizia, secondata dai cittadini onesti, si mettesse per davvero a far guerra a queste turpitudini! e facesse insieme scomparire dai luoghi pubblici quelle certe suonatrici ambulanti che accompagnano le graffiature e gli strappi delle loro stuonate chitarre con certe laide canzoni, eruttate dalle fauci affaticate dall'acquarzente!

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Né i mobili appariscenti, né lo sfarzo degli addobbi, né il lusso di numerosi servi ponno supplire alla mancanza della pulizia e dell'ogni cosa a suo luogo; qualunque più modesta abitazione può diventar leggiadra mediante quelle attenzioni che sono il segreto della grazia femminile: la più meschina soffitta co'suoi pochi mobili convenientemente disposti, ripuliti a dovere, co'suoi modesti arnesi rilucenti di nettezza ti dà miglior profumo d'onestà, e ti rallegra assai più il cuore che non un dorato appartamento in cui il sudiciume e la scompostezza, si riflettano negli ampi specchi che adornano le pareti: «Il più lieve suono della casa — scrive l'impareggiabile Dickens —governata dalla moglie con quella savia ed elegante economia che è più abbondante di ogni scialacquo, è una soave musica per l'onesto marito». Una donna senza ordine, trascurata nelle faccende domestiche è la rovina d'una casa; e non v'e fortuna così solida che possa resistere allo sperpero prodotto dalla incuria. Povere quelle case in cui le donne si alzano da letto e si accingono a far toeletta quando il marito e già di ritorno stanco del mattutino lavoro! «L'amore alla casa - ve lo confermano queste belle parole del dottor Chiavacci - la sua mondezza, la osservanza fra le domestiche mura delle norme d'igiene privata sono l'esatto termometro della salubrità, della civilizzazione d'una città: e quando vi venga fatto di trovare una casa, in ogni riposto cantuccio della quale, né l'occhio, né il naso nulla incontrino di che chiamarne in colpa gli abitanti, voi potete liberamente allargare il cuore ad una dolce compiacenza, perocché siate sicuri di avere scoperto un piccolo mondo di proprietà, di buon ordine, di salute; fattori questi, il prodotto dei quali è sempre, se non l'assoluta felicità troppo rara fra noi, certo almeno la pace, quella tranquilla serenità di spirito che è premio a se stessa, che dà invidiabile saldezza di tempra all'anima e sa trovare un raggio di confortevole luce anche in mezzo allo squallore di non meritate privazioni».

Pagina 64

Signorilità

198994
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 8 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
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Questo fegato va cotto al giusto punto in abbondante burro, dove sia stata rosolata una cipolla, e a cui si aggiungono, a metà cottura, due cucchiai grandi di Marsala. Poi si passa tutto al setaccio con della «bèchamelle», vi si uniscono due tuorli d'uova e un albume montato a neve, si mescola delicatamente il tutto, e si cuoce per circa mezz'ora in uno stampo da budino a bagnomaria. Quando il pasticcio, rovesciato su di un piatto, è diventato freddo, lo si adagia in abbondante gelatina rappresa a metà, in uno di quei speciali stampi a cerniera, e si mette a gelare, contornato tutto da gelatina. Le cuoche improvvisate, che non possiedono stampo, per facilitare l'immersione del pasticcio nella gelatina, possono tagliarlo in tre strati orizzontali e ricomporlo subito per intero; infine riempiano il vuoto con abbondante gelatina liquida, che deve sormontare il pasticcio di due dita; lo mettano in ghiaccio e lo sformino al momento di servire; esso apparirà contornato da ogni parte da ottima, profumata e trasparente gelatina. Se poi invece del pasticcio di fegato, si vuole la schiuma di fegato, che è un composto finissimo di alta cucina, basterà sostituire l'albume a neve con una grande tazza di panna montata. Tutte le pietanze fredde sono generalmente gradite e hanno anche il vantaggio di poter essere preparato il giorno prima, con tutta calma ed attenzione. E qui la padrona di casa ricordi che, per non arrivare all'ora di colazione stanca e nervosa, deve fare gli acquisti e preparare quanto più è possibile il giorno avanti, deve prevedere tutto... anche un guasto della luce elettrica che, nei mesi invernali, in certe giornate buie e piovose, in certe cucine oscure, nuocerebbe alla rapidità del servizio, anche a mezzogiorno. Una buona insalata mista, di verdure fini e primaticcie, seguirà il piatto forte; se non si è abusato di uova, e se il dolce non sarà a base di uova, si può offrire un'insalata russa coperta di maionese, per cui si possono adoperare fondi di carciofo, cavolfiore, fagiolini, asparagi e «giardiniera» in scatola, prodotto di apprezzate ditte italiane, o meglio, preparata in casa. Adesso va molto un'insalata formata da un cuore di lattuga bianca, con qualche fetta di arancio liberata dalle pellicole, e tagliata sottilmente. In quanto ai vini, ad una colazione o ad un pranzo ELEGANTI vanno serviti così: Con le ostriche o antipasti: Capri bianco secco o frizzante, Frascati gelato; dopo la minestra: Marsala, Porto; al primo servizio: Chianti, Grignolino; all'arrosto: Barbera, Barolo, Pommard; al dessert: Moscato, «Champagne», Spumante. I vini devono essere tolti dalla cantina qualche ora prima di consumarli; le bottiglie vanno tenute in piedi e sturate con precauzione; lo «Champagne», gli spumanti e i vini bianchi vanno tenuti sotto ghiaccio negli appositi secchi; i vini neri non vanno gelati. Per colazioni senza pretese, basta del buon vino bianco e nero posto in tavola nelle bottiglie eguali al servizio dei bicchierini od anche in anfore di cristallo o di maiolica, eguali, quest'ultime, al servizio dei piatti. Il formaggio ora si serve nei pranzi eleganti sotto forma di qualche ghiottoneria calda o fredda, «tartelettes», piccoli «soufflés», pasticcini, pasta sfoglia, in cui esso entra con altri elementi. Ma, nelle colazioni e nei pranzi accurati, pur essendo senza pretesa, esso sia sempre servito nell'apposito piatto, sbucciato dalla sua crosta, dopo il dolce e prima delle frutta, o assieme alle frutta. Se il pasto è stato leggero, la padrona di casa scelga il «Gorgonzola» o il «Roquefort», o la «gruviera»; se è stato sostanzioso, scelga lo stracchino, la mozzarella, o una specialità recentemente inventata, chiamata «Cacio Reale». In inverno, il dolce sia caldo e appetitoso; in estate, può venir sostituito dal gelato, servito in piattini d'argento o di cristallo, con pasticcieria o biscotteria leggera da thè. Le frutta siano servite in artistici canestrini o in belle fruttiere; insieme ad esse è elegante offrire, nelle coppe da spumante o in coppe di artistica ceramica, una «Macedonia». Il caffè può essere servito in tavola, o, uscendo di tavola, nel salotto o nel «fumoir». Esso deve essere bollentissimo. E questo anche per il motivo che non è solo il caffè che aiuta la digestione, ma anche il fatto che esso è una bevanda calda. Il caffè deve essere di almeno tre qualità: Moca, Portorico e S. Domingo, ed è migliore quando è tostato razionalmente in casa, fatto cadere dal tostino in un vassoio e coperto immediatamente. Le dosi sono circa queste: caffè gr. 120, acqua litri uno, caffè olandese gr. 15. Le migliori caffettiere sono le napoletane e quelle elettriche, che hanno il filtro da caffè montato sul coperchio al pari delle theiere (vedi pag. 111). Parecchie signore hanno l'abitudine di preparare da sè, dopo il pranzo e dopo la cena, il caffè turco per i loro ospiti... e leggeranno volentieri questa prosa di un brillante giornalista reduce da Costantinopoli, a cui una fattucchiera diede importanti insegnamenti nella delicata materia. « - Quando il caffè - diceva la vecchia - è ben macinato, e sembra la cipria turchina che si mettono s ulle chiome le belle del deserto, metti al fuoco un cuccumino di acqua inzuccherata, e fa riscaldare lentamente. Ma se puoi, non servirti dell'acqua di questi acquedotti moderni; prendi acqua di nubi, la lieve acqua di pioggia, che è quella di cui si fabbricano le perle. E guai a te se lasci bollire! Ci sono tre gradi di bollore, ha detto il saggio LU YU. Nel primo grado, le bollicine salgono alla superfice come occhi di pesce ammiccante nel plenilunio; nel secondo, le bollicine tenzonano come perle in una coppa d'argento; nel terzo l'acqua ondeggia e borbotta come una suocera. Ma tu sta attento al primo stadio, e, quando le prime bollicine si radunano sugli orli, togli il bricco dal fuoco e buttavi dentro la polverina di caffè, agitando bene che non si formino grumi. Dovresti qui recitare un esorcismo che m'insegnò un santone d'Arabia; ma giurami che non lo ridirai a nessuno. - «Qui naturalmente, giurai; e l'esorcismo lo so sempre bene, e lo borbotto ogni volta che preparo il caffè con le mie mani. Ma ho giurato, signore, e non ve lo posso rivelare. Ingegnatevi con qualche cosa d'altro. «c'è per esempio, una filastrocca che mi pare serva benissimo allo scopo (uno due e tre, caffè, caffè, caffè, quattro cinque sei, lei, lei, lei, sette otto nove, piove, piove, piove, zero, nero). Chissà? Io ci proverei. « - Rimescolato che tu abbia - continuava la vecchia - rimetti al fuoco, ma sempre attento a non far bollire la mistura. Quando vedrai di nuovo che le prime bollicine, simili a cristallini neri, s'adunano sull'orlo del liquido, togli dal fuoco; e versaci subito dentro un cucchiaino di acqua fredda, affinchè, come dice il poeta, la giovinezza dell'acqua si rinnovi. Attendi un mezzo minuto, e poi mesci nella tazzina; e vedrai, premio del tuo lavoro, il fiore bruno della schiuma, il kaimaki, distendersi sulla negra bevanda, a testimoniare che il caffè è stato fatto secondo il rito». Col caffè si servono dei liquori, non senza dimenticare, però, che il tremendo vizio d'abusare d'alcoolici s'infiltra subdolamente con i bicchierini di profumata miscela. Uno ottimo, con poco alcool, ricostituente, è quello di zabaglione, tipo vov, che si ottiene così: Sbattete 3 tuorli d'uovo con g. 200 di zucchero, e fate bollire g.400 di latte con g. 200 di zucchero. Unite il tutto e fate raffreddare. Quando il composto è freddo, unitevi g.100 di Marsala, g.100 di alcool purissimo e 1 grammo di vaniglina. Anche il liquore nocino si può fare da sè. Eccone la ricetta: Noci acerbe (tolte dall'albero dalla fine di maggio alla metà di giugno), N° 25, zucchero kg. uno; alcool puro un litro, acqua g. 250, cannella in piccoli pezzetti (una stecca g. 5), chiodi di garofano, una stecca di vainiglia. Si chiude ben bene tutto in un bottiglione e si espone al sole per una quarantina di giorni, scuotendo il bottiglione varie volte al giorno. Si ritira dal sole e si lascia riposare il tutto in dispensa almeno per un mese. Infine si filtra e s'imbottiglia. Per poi utilizzare le noci rimaste, si mettono in un litro di buona Marsala, in cui siano stati sciolti g. 200 di zucchero; vi si lasciano, sbattendole spesso una quindicina di giorni, e si ottiene un altro liquore... mentre le noci stesse sono ottime a mangiarsi. Un altro preparato, che è servito nelle grandi case verso la mezzanotte, prima che gli ospiti si separino, si prepara così, secondo la ricetta del famosissimo cuoco Escoffier. Si batte un tuorlo d'uovo freschissimo con un cucchiaio di zucchero, tre cucchiai di latte, e vi si unisce poi una coppa di «Champagne».

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Pulizia delle parti lese con abbondante sapone bianco; non rompere le vesciche che potessero essersi formate; applicazioni di olio e acqua sbattuti insieme, oppure olio e acqua di calce. Se le scottature sono estese e il malato è abbattuto, somministrare vino, caffè forte, brodo, ecc.

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Quella carne brutta, scura, a pezzi, con abbondante osso, che il macellaio mette con sveltezza nel cesto della bella servotta, aggiungendo una parolina galante... non ha nulla a che fare con ottimo bollito grasso e magro che si mangia negli alberghi e nelle trattoria buone... Quindi, la padrona di casa istruisca la domestica, oppure ordini telefonicamente al macellaio una certa quantità di copertina, spalla, costata o petto. Per avere un ottimo brodo, conviene mettere la came in acqua fredda; per avere un buon lesso, la came va calata quando l'acqua bolle. Per avere buono l'uno e l'altro, si metta la carne quando l'acqua è tiepida. Bisogna calcolare un chilo di manzo su due litri di acqua e unirvi abbondante verdura, oppure un pizzico di «julienne» (vedi cap. XVI). Per poter poi, a tavola, «fare la parte» di bollito a parecchie persone, è consigliabile comperare carne senz'osso (girello, piccione, nasello) e unirvi un po' di osso ricco di midollo; oppure, per la minestra, si può insaporire un brodo leggero con gli estratti di carni di gran marca italiana.

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Infine si passa tutto al setaccio, si versa la purée che ne risulta su pane abbrustolito, o fritto nel burro, e si serve con abbondante Parmigiano. Altre minestre, per cui non occorre il brodo, sono purées diverse (ottime, pratiche ed economiche sono quelle di piselli, pomidoro, asparagi e sedani, che si trovano belle e pronte in commercio, che si preparano con un'aggiunta di burro, in cui sia imbiondita un po' di farina, latte e acqua), minestrone e poi tutte quelle fatte col battuto, col brodo di pesce, col latte, ecc...

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Quando esse fossero molto macchiate, allora converrà lavarle immergendole intieramente in abbondante acqua tiepida, (con gr. 12 di carbonato di soda per ogni litro d'acqua), sfregarle con garbo, risciacquarle, farle asciugare all'ombra in ambiente caldo; infine poi batterle e ripettinarle. Le pelliccie vanno pure battute per rovescio e tenute per qualche ora al sole; quando fossero macchiate o, comunque, sgualcite, converrà farle pulire dal pellicciaio o dalla tintora. Poi esse vanno messe in tela di bucato, con sacchetti di velatino pieni di naftalina, canfora o pepe, e poi in giornali. I bauli o cassoni in cui la roba va riposta, debbono stare per una giornata al sole e all'aria, poi essere spolverizzati di «Flit» e foderati di giornali: qua e là vanno pure messi dei sacchetti di velatino con naftalina, un po' di pepe e un po' di canfora. Poi ogni cassone va sigillato con una striscia di carta e segnato con un numero progressivo; del suo contenuto vanno fatte due copie, di cui una dentro al baule, e una in mano alla padrona di casa, la quale deve unirle tutte in un quaderno. Le scarpe da sera dorate si debbono ripassare con apposita crema, a base di polvere d'oro, e mettere in carta velina scura; le scarpe d'argento in carta velina nera, e tutte colla loro forma, oppure fortemente imbottite con vecchie calze e vecchi stracci leggeri. Il «lamè» di vestiti e di mantelli si deve mettere fra carta di seta, in luogo asciuttissimo, perchè esso annerisce, se è riposto dove ci sia traccia di umidità.

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.; nel pomeriggio, una bella tazza di caffè e latte bollente, con abbondante pane e, se è possibile, con un po' di miele. Anche il cacao al latte è indicatissimo; per avere pronto un ottimo concentrato di cacao che, sciolto in latte o in acqua, dà un risultato particolarmente adatto per ristorare lo stomaco nel più freddo inverno, ecco la ricetta della signora Ada Boni: «Riscaldare un etto di cioccolata, rammollito con un po' di acqua e frullarlo a fuoco debole, fino a che esso abbia l'aspetto di una crema vellutata. Unirvi allora, sempre mescolando, gr. 400 di zucchero, e sciogliere poi il tutto con due bicchieri di acqua. Mescolare bene e scaldare il composto senza però farlo bollire. Lasciarlo raffreddare e unirvi un bicchiere di alcool purissimo, in cui sia stato sciolto mezzo grammo di vaniglina. Uno o due cucchiai di questo composto danno un ottimo cacao igienico e corroborante». In qualche sera particolarmente fredda, quando si torna da teatro, può riuscire utile e piacevole trovare pronta, prima di andare a letto, una tazzina di punch... Spesso un raffreddore o un piccolo malanno sono evitati, prendendo qualcosa di forte e di bollente e ficcandosi poi sotto le coperte, con un fazzoletto in testa. Per ottenere in casa un buon sciroppo di punch, sempre secondo la ricetta della signora Ada Boni, bisogna far macerare per dieci giorni la buccia di un grosso limone in mezzo litro di alcool a 90 gradi, dove sia stata tagliata a pezzetti una stecca di vaniglia. Bisogna poi unire questo alcool aromatizzato a un litro di buon rhum, e all'infusione di gr. 10 di thè fatto in un bicchiere d'acqua bollente, quando questa infusione sia divenuta fredda. Infine unire due chili di zucchero sciolti in un litro di acqua calda e un grammo di acido citrico sciolto in un cucchiaio di acqua. Chiudere il tutto e lasciar riposare per tre giorni; indi filtrare e riporre. Con la spesa di circa 50 lire si possono quindi avere quasi tre litri di una composizione perfetta e profumata, atta a dare del punch eccellente, se sciolta in acqua calda, in proporzione d'un cucchiaio per tazza. Altra ottima ricetta pel punch, sia da bersi a bicchierini, sia da mettere nel thè, è la seguente: Lasciare in fusione per tre o quattro giorni una buccia di arancio e una buccia di limone (tagliata sottile e a pezzetti) dentro 1 / 2 litro di alcool e un litro di buon rhum. A parte preparare a caldo uno sciroppo con un chilo di zucchero in un litro di acqua; unire il tutto a freddo.

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Gare sportive in casa privata Quando una signora vuol indire delle gare con premii, inviti giocatori della stessa forza o quasi della stessa forza, prepari un bell'ambiente, un abbondante rinfresco e dei doni. Ce n' è di molto graziosi, intonati o mono all'ambiente sportivo, a seconda della spesa che la signora voglia fare: p. e. una racchetta, un copricapo originale, un lapis d'oro o d'argento, un piccolo «nécéssaire» da unghie (vedi pag. 104) un accendi-sigarette, un porta-sigarette, una borsetta, un portafoglio, un notes, una bambola Lenci ecc. ecc.

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Come presentarmi in società

200258
Erminia Vescovi 4 occorrenze
  • 1954
  • Brescia
  • Vannini
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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A conservar fresca e abbondante la chioma, giova molto il lasciarla esposta all'aria; si osservi come i marinai e i contadini divengano calvi ben raramente, a differenza di chi per tante ore sopporta un pesante copricapo. E tra uomini e donne, si vede come in queste la calvizie sia più rara. Dopo i capelli i denti. E se guardassimo alla funzione che loro è assegnata dalla natura, per ordine di importanza, dovremmo dire: prima i denti che i capelli. Ma, lasciando stare l'interesse di una regolare digestione, che è la metà della nostra salute, consideriamo la cosa soltanto dal lato del decoro e della convenienza. Il volto più bello perde la sua attrattiva, quando i denti non siano ben tenuti: e non è da credere che sia cosa che passi inosservata. Quando parliamo con una persona il nostro sguardo non è diretto solo

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Le ricche famiglie che tengono ancora una abbondante schiera di domestici, possono applicare al caso loro i versi del Petrarca:

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L'illuminazione deve essere abbondante. Generalmente pendono dal soffitto le eleganti lumiere o circondano i doppieri le pareti, ma qualcuno usa anche mettere bei candelabri con candele di cera. Questione di gusti. La tavola ampia, in modo che ognuno disponga almeno di sessanta centimetri di spazio, sarà coperta da una tovaglia ricadente ai lati: la tela damascata di Fiandra, benchè ancora usata dalle famiglie che ne hanno guarniti gli armadi, non è più moderna, e viene sostituita piuttosto da altre tele di lino, purchè finissime, variamente lavorate. Sotto la tovaglia ci deve però essere una grossa coperta, bianca o di colore adatto alla trasparenza se la tovaglia è traforata, per attutire i rumori e preservare il tavolo dalle eventuali macchie. La decorazione di fiori si può fare in vario modo: grandi coppe larghe e basse, per non impedire la vista, ricolme di fiori variopinti, o vasetti di fino cristallo o di metallo collocati presso ogni convitato, o ghirlandine leggere che corrono lungo la tovaglia. Si badi però di evitare ogni ingombro soverchio. Per questo sono state abolite anche le grandi alzate di frutta e dolci che una volta solevano guarnire le mense. Il tovagliolo va messo alla sinistra del piatto, piegato in quattro, semplicemente: a destra coltello e cucchiaio, a sinistra la forchetta. La piccola posata per frutta e dolce si colloca orizzontalmente davanti al piatto. Tre calici di varia dimensione servono per l'acqua, pel vino da pasto e pel vino bianco. Le coppe dello spumante si possono portare al momento. Sulla credenza e sopra una piccola tavola, ambedue coperte di fini tovagliette, staranno pile di piatti, posate di ricambio, tovaglioli di riserva, bicchieri, boccie di acqua e di vino già pronto, oltre alle bottiglie che vanno sturate al momento. L'argenteria abbondante e massiccia, la fine porcellana, i cristalli delicati sono la gloria e l'eleganza della mensa, oltre la biancheria. E' troppo giusto che gli invitanti sfoggino quanto hanno di meglio in queste occasioni, e non lo fanno certamente per vanità, ma pel desiderio di onorare gli ospiti. I posti sono talvolta indicati da cartelli, e così pure si suol collocare vicino ad ogni piatto la lista dei cibi, in elegante cartoncino fregiato da decorazioni artistiche. Ma questa usanza sa troppo di albergo... o di banchetto diplomatico. Il padrone e la padrona di casa siedono l'uno di fronte all'altro ai due capi della tavola, avendo ciascuno ai lati le persone di maggior importanza. Se vi è un sacerdote, spetta a lui il posto d'onore che è quello a destra della padrona di casa. Il servizio comincia il suo primo giro dalla signora che sta a destra del padrone, il secondo dalla signora che sta a sinistra, il terzo dal signore che sta a destra della padrona, il quarto da quello che le sta a sinistra. Ad ogni portata, si deve far girare due volte il vassoio. Le persone che fanno il servizio devono essere addestrate a farlo con precisione e disinvoltura; la padrona le tenga d'occhio, ma se qualche principiante commettesse una svista, non metta in evidenza la cosa, e si riservi a far dopo le sue avvertenze. Nulla è più spiacevole di sentir a tavola, una signora dar lezione alla cameriera, e peggio ancora se la rimproverasse o mortificasse. La scelta delle portate dev'essere varia e gustosa per avere il gradimento generale. Ora non si usano più, grazie al cielo, i banchetti pantagruelici a cui resistevano, e non si capisce come! gli stomachi dei nostri avi. Ma non bisogna esagerare nell'altro senso. Chi si reca alla mensa altrui ha diritto che sia soddisfatto ampiamente il suo appetito, e il numero e la varietà dei cibi deve in certo modo compensare la libertà ch'egli avrebbe a casa sua, di scegliere e mangiare comodamente, nonchè il sacrifizio delle sue abitudini e dei suoi gusti personali. Bisogna dunque usare una certa larghezza. Francesco Petrarca si compiaceva per conto suo dei pesciolini che gli riusciva di pigliare nelle «chiare, fresche e dolci acque» della sua Sorga, e del pane scuro che si faceva dare dall'ortolano, ma quando riceveva ospiti li trattava splendidamente. Un pranzo di gala è composto di tre o quattro portate oltre la minestra e il dolce. Dopo la minestra si avrà un primo piatto leggero, generalmente pesce con salsa; anche un fritto variato può andar bene. Indi un piatto di carne con contorno, uno sformato o pasticcio, l'arrosto di pollo o vitello con insalata, e finalmente il dolce e le frutta. In pranzi più semplici si sopprimerà il primo piatto di carne e magari anche il piatto di mezzo. Una colazione sarà sempre molto più semplice di un pranzo, poiché si suppone che gli invitati debbano andarsene presto avendo altri impegni per il pomeriggio: in generale avrà al massimo una portata di carne ed una di verdura, oltre, si capisce, dolce e frutta. Alla minestra asciutta si potrà sostituire un antipasto variato (prosciutto, burro, acciughe, sottaceti, insalata alla russa, ecc.), accompagnato magari da una tazza di brodo. Si tenga comunque presente, nell'organizzare un pranzo, che in nessun caso la durata di esso dovrebbe superare l'ora. La minestra non si porta in tavola, ma si serve da un lato, o si fa trovar pronta nelle scodelle. La prima portata deve sempre essere presentata da sinistra, mentre il piatto usato si porta via da destra: le posate si cambiano ogni volta. A tavola non si scalca: i polli devono comparire già fatti a pezzi e la carne tagliata a fette. L'insalata si presenta già condita. Per evitare la sbucciatura delle frutta è molto elegante l'uso della cosidetta macedonia, molto impropriamente chiamata, all'inglese, insalata di frutta. Zucchero e vino bianco finissimo si versa nelle coppe ove prima saranno disposte sbucciate e tagliate a spicchi o a fette le frutta più delicate. Se si serve il gelato, vi deve sempre essere unito un piatto di pasticcini leggeri. Il caffè dev'essere aromatico, caldissimo, abbondante: si serve in eleganti tazzine che sono di stile speciale, oppure analoghe al servizio già usato per la mensa. I vini si servono gradualmente secondo i cibi, dai più leggeri ai più forti. Ogni regione di questa nostra fertilissima Italia ha i suoi, sicché si potrà pasteggiare con Chianti e il Barbera, servir il Capri dopo il pesce, il Barolo dopo l'arrosto, il vin Santo e lo Spumante d'Asti in fine di tavola. Ma nessuna eleganza di preparativi, nessuna squisitezza di cibi o bevande potrà valere quanto la cordiale cortesia degli invitanti. Essi devono tener presente che tutto, in quelle ore, deve contribuire alla gioia e alla serenità dei loro ospiti. L'accoglienza dovra dunque essere improntata al desiderio di compiacerli e rallegrarli in tutto. Essi li attenderanno in una sala attigua, vestiti con eleganza, e pronti un quarto d'ora almeno prima dell'invito; faranno festa ad ogni arrivante e lo presenteranno agli altri, trattenendo la compagnia in piacevole conversazione, sino a che non viene dato l'annunzio che il pranzo è servito. Allora il padrone di casa offre il braccio alla dama più ragguardevole: vengono poi gli altri, a coppie, e ultima la signora di casa col suo cavaliere. Durante il pranzo gli anfitrioni devono vigilare che tutti siano ben serviti. Toccherà a loro mantener nutrita la conversazione, proponendo piacevoli argomenti, ed eliminando avvedutamente ogni soggetto meno che conveniente. Se c'è un festeggiato, il padrone di casa farà, alla fine del pranzo, un breve brindisi in suo onore; se il brindisi è fatto da altri, si alzerà a rispondere in nome di tutti. Avvertiamo che ora, nei brindisi, non si usa più toccare i bicchieri: basta alzarli moderatamente. E dopo tanta... prosa, non dispiaccia la poetica descrizione d'un banchetto, dovuta a quell'impareggiabile artefice di versi che fu Ugo Foscolo:

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E il vestire della ciclista sia pratico, sia corretto, sia modesto, sia... più abbondante che scarso. Pensino ai movimenti che devono fare e alla necessità d'esser convenientemente coperte. In campagna, e specialmente in montagna, si fanno anche gite a piedi, oppure aiutandosi con muli, asinelli, ecc. Sono piacevolissime quando sono ben organizzate, e vi prendon parte persone valide, allegre e ben affiatate fra loro. Coloro dunque che non si sentono in forze, e non vogliono assoggettarsi a qualche disturbo, o hanno delicatezze eccessive, rimangano a casa e non disturbino il piacere degli altri. Coloro poi che vi prendono parte, uomini e donne, devono stare al programma fissato dal capo gita, presentarsi vestiti ed equipaggiati secondo che vien loro prescritto; portar nella compagnia tutta la migliore disposizione per contribuire all'allegrezza comune, ad esser tolleranti e servizievoli reciprocamente. Al capo gita si deve ubbidienza cortese e cooperazione in quello che egli domanda. Siccome poi l'organizzare una gita di qualche importanza richiede spesso tempo, preoccupazioni, ricerche, fatiche, è giusto che gli venga testimoniata riconoscenza da chi ne ha profittato. Ed é anche doverosissimo pagare colla massima sollecitudine la quota di spesa. I gitanti hanno il diritto e il dovere di essere allegri. Possono dunque ridere, scherzare, cantare all'aria aperta. Ma negli alberghi, nei ristoranti, nei rifugi, devono astenersi dalle chiassate che fanno distinguere la gente per bene da quella che non è tale. E si ricordino anche che la familiarità dei due sessi durante questi innocenti piaceri non deve mai trasmodare in confidenze e contatti biasimevoli. Ciò vale naturalmente anche per ogni altro genere di sport, nel quale la persona veramente fine ed educata saprà sempre conservare, nel modo di vestire come nel contegno, una linea ed una misura di equilibrio lontane da ogni eccentricità e da ogni eccesso.

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Come si fa e come non si fa. Manuale moderno di galateo

200569
Simonetta Malaspina 3 occorrenze
  • 1970
  • Milano
  • Giovanni de Vecchio Editore
  • paraletteratura-galateo
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Benissimo, poiché il gelato è più leggero di altri dolci e più indicato dopo un pasto abbondante. Dunque diamo dieci con lode al gelato, servito non soltanto a fine pasto ma anche adattissimo in altre occasioni: perfino il pomeriggio al posto del solito tè (specialmente se è estate). È di buon gusto dare al gelato un minimo di "personalità". Per esempio decoratelo con canditi, con fragole (fresche o surgelate), con lamponi o mirtilli se è la stagione, con panna montata, con graniglia di cioccolato. D'inverno potete servirlo con una cucchiaiata di cioccolata calda (anzi caldissima) da versare all'ultimo momento, magari a tavola. Il gelato può servirvi inoltre a dare vivacità a una banale macedonia: in questo caso dovrete mettere nella coppetta individuale non più di una o due palline (esistono strumenti appositi per farle). Se si tratta poi di un gelato in mattonella o addirittura di una torta gelata, servitelo come dessert a tavola su un normale piatto da dolce: le varie porzioni verranno divise con la solita paletta da dessert. Come si mangia il gelato? Con il cucchiaino a paletta; ma potete benissimo adoperare il normale cucchiaino da dessert (più o meno grande come quello da tè, ma più maneggevole). Raccomandiamo poi a tutti i golosi di non raccogliere il gelato fino alle ultime gocce, come fosse un brodo. Al bar il gelato si mangia allo stesso modo. Una parola a parte meritano le granite di cioccolato o di caffè con panna, e i coni gelati. Per le granite diciamo che è sbagliato mescolare panna e gelato col cucchiaino. Quanto ai coni gelati e ai vari gelati da passeggio, diremo soltanto che questi si addicono unicamente ai bambini e ai ragazzi.

Se si è abituati la mattina a un breakfast (e cioè a una prima colazione molto abbondante), si servono le nova fritte con la pancetta, strapazzate, o alla coque. Per la merenda si trasformano in un gustosissimo zabaione o in crema per i pin golosi. Per la cena della mezzanotte o semplicemente per un pranzo o colazione rustica, si possono servire sotto forma di una saporita frittata, la quale potrà essere semplice (e cioè fatta di sole uova) o a base di prosciutto, salsicce, formaggio, cipolle, pomodoro, e qualsiasi altro tipo di verdura: c'è una ricetta per tutti i gusti. Le uova possono far parte di un antipasto come di un'insalata. Molti piatti a base di uova o di sole uova vengono serviti individualmente, a ognuno cioè, va il suo tegamino singolo (con l'uovo fritto, magari), o la sua frittata o il suo portauovo, o la sua piccola pirofila. Così ognuno avrà la sua porzione pronta e calda. Dopo una portata di uova, è assolutamente necessario cambiare piatto anche nelle circostanze più semplici e familiari; bisogna cambiare anche la forchetta. Il sapore dell'uovo infatti è molto resistente e potrebbe rovinare il gusto delle vivande successive. Come si mangiano le uova? Essendo un cibo molle, esigono l'uso della sola forchetta. Al massimo aiutatevi con un pezzetto di pane. Una parola a parte per l'uovo alla coque. Le uova alla coque, anzitutto, non devono essere portate a tavola nel portauovo: servitele invece su un piatto coperto da tovagliolo. Il portauovo, con relativo cucchiaino, sarà posato vuoto sul piatto di ogni commensale. Guardatevi dall'aprire il guscio dell'uovo alla coque con la lama del coltello: si apre sempre e soltanto col cucchiaino. Il già citato pezzetto di pane potete intingerlo, se la colazione è in famiglia: altrimenti usate il solo cucchiaino. Le uova sode vanno servite già sgusciate e tagliate.

Si tratta però di una prima colazione molto abbondante che comincia con un succo di frutta e continua con corn flakes, uova (cotte in vari modi), salsicce, bacon, tè o caffelatte, pane con burro e marmellata. In pratica è un vero e proprio pasto. Gli inglesi lo consumano con calma, prima di andare in ufficio, e la tavola è apparecchiata come per una colazione del mezzogiorno. In Italia quasi nessuno segue quest'abitudine, ma molti italiani che si sono recati in Inghilterra se ne sono dichiarati entusiasti. Non ci si presenta mai al breakfast in vestaglia e con gli occhi ancora appannati dal sonno. La famiglia inglese che vi ospita potrebbe offendersi.

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Eva Regina

204048
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 7 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
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Cosi il buffet deve essere abbondante e fine. Se non offre un cena a metà del ballo, la signora disponga dei tavolinetti graziosamente apparecchiati dove gli invitati possano rifocillarsi a gruppi. Ma in questo lasci ad essi la maggior libertà: affetti anzi di non osservare nè se alcuni prendono di frequente o se taluni non approfittano di quasi nulla. Verso la fine della festa si collochi in un luogo fisso, bene in evidenza, per non costringere gli intervenuti a cercarla per prendere congedo. Lasci al marito o alle figliuole l' ufficio di accompagnare chi esce fino alla soglia; essa non si muova dal suo posto finchè l'ultimo ospite non sia uscito. È molto gentile per parte di una padrona di casa, di esaminare nella sala e nei salotti, a festa finita, se nessun oggetto o gioiello vi sia rimasto, e trovatolo per caso, occuparsi in persona, il giorno dopo, della restituzione.

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Le persone che soffrono facilmente di emicrania congestionale faranno bene a dormire con la testa rialzata in modo da evitare un troppo abbondante flusso di sangue al cervello. Vi è anche l'emicrania proveniente da anemia, che è per solito accompagnata da un senso di debolezza nervosa e di vertigine. È utile il massaggio della testa, ma si dovrà curare sopratutto l'intero organismo.

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Nella stagione fredda far uso abbondante di cibi produttori di calorico. Le persone soggette a tossi ed infreddature dovrebbero prender ogni giorno un po' d' olio di fegato di merluzzo. 2. Badate di non cambiare le ore dei pasti, specialmente se dovete star esposti al freddo o alle inclemenze del tempo. È più facile prendersi un raffreddore quando si è digiuni, che quando il corpo ha ricevuto il necessario alimento. 3. Evitate i cambiamenti repentini di temperatura; come per esempio quello di passare da una stanza calda a un'altra fredda ; oppure di mettervi al fuoco, poi di lasciarlo spegnere. Evitare pure gli appartamenti mal ventilati e quelli troppo riscaldati. 4 Prendete dell'aria fresca e fate dell' esercizio, ma non eccitate troppo il corpo. I vetturali, i portalettere, i macchinisti ferroviari ed altri che sono esposti ad ogni sorta d'intemperie, sono meno suscettibili al raffreddore, perchè vivono sempre al-l' aria aperta. 5. Non portare mai fazzoletti od altro intorno alla gola. 6. Tenere i piedi asciutti. Lo stesso medico consiglia di curare il raffreddore con una passeggiata di alcune ore, di giorno, all'aria aperta: con pediluvio lievemente senapato, la sera, prima di coricarsi, e una tazza di latte con lichene o tiglio per provocare la traspirazione. Egli raccomanda pure di non aver riguardo di lasciare la finestra aperta un poco, in alto, nella stanza, affermando che l'aria fresca, purchè non vi siano correnti, non ha mai fatto male a nessuno.

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Ma l' igiene è intervenuta a spiegarne i benefici effetti, a vantarne le qualità preziose anche per la bellezza e la civiltà : ed è a sperarsi che il moltiplicarsi dei pubblici stabilimenti, delle case operaie, possano renderlo sempre più comune fra il popolo e le classi medie che per mancanza di tempo o delle comodità opportune non ne fanno ancora abbondante e assiduo uso. L'ideale per una signora è di possedere accanto alla sua camera da letto un camerino per il bagno, dalle pareti nitide, dalle stuoie giapponesi, dalla comoda tinozza di marmo entro cui piovono a un lieve tocco della mano, getti d'acqua calda e fredda. Una tavoletta dal piano pure di marmo, per i saponi, le essenze, i cosmetici, larghi bacini per le abluzioni : un meccanismo per le doccie, grandi spugne, soffici accappatoi candidi, e infine un ' armeria di quei piccoli utensili d' avorio e d' acciaio di cui la cura minuziosa del corpo abbisogna. Ecco l'ideale. Ma, specie nei quartieri delle grandi città, non è facile possedere questo ambiente prezioso ; però una tinozza si può sempre procurarsela, e col soccorso di qualche metro di tela impermeabile e d' un paravento ci si può creare un gabinetto da bagno in qualunque angolo, ed abbastanza pratico. L' importante è di dare acqua al nostro corpo, in abbondanza e con frequenza. Il bagno freddo è buono per rendere l'organismo resistente all' azione dell' atmosfera, ma non serve per la pulizia, mentre il bagno tiepido, saponoso, è eccellente sotto tutti i riguardi per la conservazione della pelle, per l' igiene e per la nettezza. All'acqua si può associare della crusca, dell'amido, del borace, o della gelatina. Il bagno di gelatina, per cui occorrono 500 gr. di glicerina neutra per bagno, si consiglia alle pelli rugose, alle carnagioni che invecchiano, a quelle che sono la sede di pluriti o che hanno tendenza alla congestione. I bagni acidi, alcalini, solforosi, dissipano le efflorescenze cutanee, le desquamazioni superficiali, ma l'uso di questi bagni deve essere strettamente subordinato alle prescrizioni mediche. I bagni di piante aromatiche, di acqua di Colonia, di tintura di benzoino, di essenza di timo, di borato di soda, sono eccellenti per combattere igienicamente le secrezioni esagerate e nauseanti della pelle. Il bagno di tiglio, poi, ha fama di essere un calmante ideale. Viene consigliato in particolare alle persone nervose ed è uno dei più piacevoli. Si impiega circa un chilogramma di tiglio che si lascia in fusione per un'ora in dieci litri di acqua bollente. Le frizioni e il massaggio debbono sempre seguire il bagno tiepido per facilitare la reazione generale. Inoltre eccitano il buon funzionamento della pelle e la normale nutrizione del tessuto cellulare. I bagni caldi, i bagni russi, bagni di vapore, l'idroterapia, l'abuso dei bagni di mare, sono piuttosto sfavorevoli alla bellezza femminile. Anticamente le dame dell'impero romano e della Grecia usavano bagni d' olio, di vino e di latte. Madame Tallien faceva, bagni di fragole e di lamponi ; qualche altra bellezza celebre s' immergeva nello Champagne : ma questi pretesi segreti di forza e di seduzione sono affatto privi d' ogni importanza scientifica che ne giustifichi il valore.

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Ad alcuno potrà piacere più una capigliatura bruna che una bionda, ma per essere bella, in entrambi i casi dovrà essere abbondante, fine, lucida, ondulata. A nessuno potrà piacere una chioma scarsa e ispida, di qualunque colore essa sia. Così per il resto. Intanto la qualità della carnagione, l'espressione dello sguardo, i denti candidi e serrati, le linee ben proporzionate della persona, sono caratteri indiscutibili ed essenziali di bellezza. Uno spirito arguto volle darci una specie di decalogo d' estetica femminile, e la compendiava così: « I trenta grani di bellezza che costituiscono una donna perfetta, sono : Tre cose bianche : la pelle, i denti, le mani. — Tre cose nere: gli occhi, le sopracciglia e le ciglia. — Tre cose rosee : le labbra, le guancie e le unghie. — Tre cose lunghe: i capelli, il corpo e le mani. — Tre cose corte: i denti, gli orecchi e i piedi. — Tre cose larghe : il petto, la fronte e le ciglia. — Tre cose strette la bocca, la vita e il collo del piede. — Tre cose grosse : le spalle, le braccia e le gambe. — Tre cose sottili : le dita, i capelli e le labbra. — Tre cose piccole: la testa, il mento, il naso. » Fra tutte queste terzine non ha messo quella delle tre età di bellezza della donna che trovo in un libro inglese. La prima va dalla nascita fino alla pubertà: uno stadio di formazione e se non vi domina la stabile regolarità delle forme, vi domina la freschezza. La seconda età si estende dal pieno sviluppo femminile fino ai quarant'anni. « A questo punto, dice l' autore, il cuore della donna cresce in grossezza, la voce assume un timbro diverso, gli occhi si fanno più lucenti, la bellezza diviene più impressionante ed attraente. » La terza età va dai quaranta ai sessanta. Questo periodo suole chiamarsi « età di ritorno » per significare che accade in esso quasi un rifiorimento. Così nella natura, in autunno si rivedono le violette, le margherite, e gli alberi mettono gemme in primavera. Non si può negare che lo scrittore inglese sia un perfetto cavaliere, poichè estende l' età della bellezza femminile per la durata di tutta la vita, o almeno sino ai limiti in cui la donna è suscettibile ad annettervi importanza. Del resto la storia ci ricorda che le donne celebri per la loro bellezza e gli amori che suscitarono non erano più molto giovani nel momento del loro maggior trionfo. Elena greca aveva quarant'anni; Aspasia, l'amante di Pericle, ne aveva trentasei quando lo sposò; Cleopatra aveva passato i trenta quando si incontrò con Antonio; Diana di Poitiers ne aveva trentasei quando vinse Enrico II, assai più giovane di lei; Anna d'Austria aveva trent'ott'anni quando si diceva che era la più bella d' Europa. Madame de Maintenon contava quarantatrè anni allorchè si uni al Re Luigi, e Caterina di Russia ne aveva trentatrè quando salì al trono che occupò per altri trentatrè anni. Infine la famosa Madame Rècamier, ebbe il suo massimo grado di splendore dai trentacinque ai quarantacinque.

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Ma viene un momento doloroso in cui qualche filo bianco comincia a serpeggiare fra il bruno ed il biondo; e poi il bianco cresce cresce, fino a dominar tutta la massa ancora abbondante. Che fare ? Inutile negarlo: i capelli grigi invecchiano terribilmente, precipitano giù per la china della maturità nella vecchiaia. Vi sono oggi dei preparati innocui per ridonare ai capelli il colore primitivo, e non so perchè una signora non ne dovrebbe approfittare. Soltanto che la consiglierei a farsi fare l'applicazione da un parrucchiere nei gabinetti appositi, dove si possano digrassare i capelli, asciugarli con maggior prontezza e miglior risultato che in casa, dove una mano inesperta può danneggiare. In Francia le signore d' una certa età adottano il biondo, ma chi non è nata bionda difficilmente evita la stonatura fra il colore dei capelli e il proprio tipo. Le bionde hanno una carnagione speciale: la pelle delle brune appare sempre o troppo pallida o grossolana a confronto dei capelli biondi. Meglio dunque serbare il proprio colore naturale. Alcune signore sfoggiano una finissima capigliatura candida che le fa somigliare alle leggiadre figurine dell'epoca di Luigi XVI. Ma è molto difficile arrivare a far diventare i capelli di un candido perfetto: inoltre bisogna che siano di qualità assai fine e soffice. Coi capelli bianchi gioveranno le sopraciglia nere e il volto un po' roseo.

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Visite di amiche, un pranzo di parenti, qualche pio pellegrinaggio su una tomba cara, se la fanciulla ha il dolore di non aver accanto a lei tutti i suoi, o qualche visita a un santuario della città o dei dintorni verso cui abbia speciale devozione ; un'elemosina abbondante, se è ricca ; qualche buon atto di carità, se è di condizione modesta ; qualche coraggioso atto di riparazione, o con una visita o con una lettera, se la sua coscienza le rimproverasse torti o rancori; e l' inaugurazione, con la data solenne di quel giorno, dell'album dove amiche e conoscenti scriveranno un loro pensiero, e dell'intimo Diario dove la giovinetta imprenderà a notare sera per sera gli avvenimenti della giornata, i progressi dei suoi studi, le impressioni di lettura, le sue riflessioni sulla vita che le si apre dinnanzi sempre più multiforme. Fiori e sorrisi e benedizioni e teneri baci, non di più. E l' abito sia bianco completamente e semplicissimo. Di lana, a molli pieghe, un po' più lungo degli altri, senza guarnizioni. Non nastri nei capelli sciolti trattenuti dal lungo vaporoso velo e dai fiori : o due gigli, o una ghirlandetta di rose bianche, o mazzolini di gelsomino. Un giglio o un mazzo di fiori, ma senza nastro, sia pure fra le manine guantate di fini guanti di pelle bianca, della piccola sposa mistica. Nessun gioiello, all' infuori d'una crocetta d'oro al collo o d'una medaglia sacra, od anche un ritratto del babbo o della mamma morti, se la sua vita ha già questo dolore. Anche le scarpine devono essere bianche e le calze, di seta. Il babbo e la mamma avranno regalato alla loro bambina il libro da messa, semplice ma grazioso, tutto bianco. Potrà avere le sue cifre d'argento, piccine, in un angolo ; un bel segnalibro ricamato o dipinto, con motti ed emblemi opportuni, e dovrà sempre poi recare sulla prima pagina alcune parole scritte dai genitori che la fanciulla, fatta donna, rileggerà commossa e, più tardi ancora, bacierà come una reliquia. Gli altri parenti dovranno tutti, a seconda del grado e della posizione sociale, far qualche regaluccio alla comunicanda: un ventaglio, un ombrellino, un fazzoletto ricamato, un astuccio da lavoro, qualche libro, una cartella da scrivere, un semplice gioiello. Il giorno della prima comunione, la signorina riceve o dai genitori o da qualche parente il primo orologio, che sarà d'argento, piccolo e modesto, giacchè più che come ornamento dovrà servirle per regolare le sue ore d'occupazione e di studio. A tavola, per quel giorno, la mamma le cede il posto d'onore e si mette alla sua destra, per dimostrare che la investe di un'autorità, ed è servita per la prima, anche se vi fossero alla mensa persone di riguardo. Nel ricevere le amiche, i parenti, e a pranzo, la fanciulla avrà conservato il suo abito bianco, non togliendone che il velo.

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