Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbominevoli

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Cosima

243843
Grazia Deledda 1 occorrenze
  • 1947
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
  • verismo
  • UNICT
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Un terrore mai prima conosciuto invase Cosima, come se davvero la casa fosse piena di uomini neri e abbominevoli nascosti e pronti ad ogni crudeltà, e le pareti brulicassero di rettili velenosi. La madre credette che Santus fosse invaso dallo spirito maligno, e pensò di mandare a chiamare uno dei preti di casa per esorcizzarlo. Ma Andrea sogghignava; riuscí a far ritornare a letto il fratello, e lo vegliò tutta la notte. Notte di angoscia indimenticabile, durante la quale Cosima conobbe un'altra pagina del libro terribile della vita. Invece del prete venne il dottore, il quale consigliò che Santus e Andrea, il quale si offrí di sorvegliare il fratello, andassero ad abitare in una casupola che la famiglia possedeva in un orto non molto distante dalla casa. Furono riattate e ammobiliate alla meglio, le povere stanzette terrene, che di buono avevano solo alcune finestrine dalle quali si vedevano i monti lontani: e Santus vi si lasciò condurre docilmente: era buono e mite, in fondo, e il primo ad essere mortalmente triste del suo vizio, che il dottore aveva dichiarato essere null'altro che una malattia della quale il paziente non può, anche con tutta la sua volontà, mai guarire, era lui. Un dolore profondo gli si leggeva negli occhi chiari; di tanto in tanto pareva sollevarsi, smetteva, e tentava di lavorare: ma poi ricadeva, come un virgulto stroncato, non ancora morto nelle radici ma irrimediabilmente inutile a se stesso e dannoso agli altri. Nella casa delle fanciulle ci fu una relativa tranquillità: ma l'ombra del dolore la velava; e la madre si fece ancora piú silenziosa, pallida, e qualche volta inquieta, di quell'inquietudine di uno che ha smarrito qualche cosa di prezioso. Cominciò anche a diventare un po' strana: a volte usciva di casa furtiva con qualche oggetto o qualche pacco nascosto sotto lo scialle: andava nella casetta dei figli, a portar loro da mangiare e da vestirsi. Non che ad essi nulla mancasse, anzi, quando l'altro era tranquillo, Andrea tornava a mangiare con la famiglia, ed entrambi frequentavano giornalmente la casa: ma la madre aveva paura che essi mancassero del necessario: pensava a loro come a bambini smarriti nel bosco, e andava a cercarli, e si smarriva anche lei nelle ombre di una selva pericolosa: quella della disperazione. Attiguo alla casetta dei fratelli, c'era, anch'esso di proprietà della famiglia, un frantoio per olive: era un lungo stanzone irregolare, scuro eppure lucido, come scavato in una montagna di schisto: nero, come unto anch'esso, era il forte cavallo paziente che faceva girare la ruota dentro la vasca rotonda dove venivano pestate le olive: la pasta violacea di queste, versata entro sporte rotonde, la spremeva il torchio di ferro; ma il torchio, collocato in una specie di nicchia scavata nella parete, erano gli uomini che lo manovravano, con una stanga: il mugnaio e un suo aiutante. L'olio cadeva nero e grasso entro un grande paiuolo, e le sanse, finita di spremere la pasta, venivano buttate da una larga finestra giú nell'orto, formando un monticello odoroso che a suo tempo veniva acquistato dallo stesso negoziante che in estate comprava le mandorle della famiglia: ed era una discreta rendita, assieme con quella dell'olio, che i proprietari delle olive lasciavano in compenso per la manipolazione. Ma bisognava stare molto attenti, perché il mugnaio, un piccolo uomo religioso con due occhi di vero santo, che serviva da anni e anni la famiglia, e le era sinceramente affezionato, rubava a man salva, tanto ai clienti quanto ai padroni. Il luogo era sempre pieno di gente, anche perché in un angolo, tra la finestra e il torchio, ardeva sempre un grande fuoco con su un paiuolo d'acqua bollente, dove venivano immerse e lavate le sporte: e intorno a questo fuoco si riuniva un gruppo d'individui che, verso sera specialmente, formavano un quadro degno di Rembrandt. Erano tutti disoccupati e poveri, ma di una strana povertà dovuta piú a loro stessi che alla sorte: e venivano lí a riscaldarsi, a confortarsi l'uno col contatto dell'altro. Capo fila era un uomo rossiccio, che era stato ricco e aveva dilapidato la sua sostanza con le donne e il vino: poi un vecchione con la barba di patriarca, anche lui decaduto, che faceva il giardiniere a tempo perso e viveva con la caccia dei gatti, dei quali si nutriva; e altri reietti, che non sdegnavano di unirsi con i bravi contadini e i piccoli proprietari che portavano a macinare le loro olive, e lo stesso padrone del frantoio, Andrea, che capitava ogni tanto per sorvegliare il mugnaio. Santus, poi, non mancava mai, e quando appariva lui tutti si scostavano per fargli posto; camminava anche lui nella fatale scia dei miserabili compagnoni raccolti intorno al fuoco, ma tutti ancora lo rispettavano, perché ancora la sua famiglia lo sostentava ed egli aveva un rifugio e la protezione del fratello; anzi, sapendolo generoso, cercavano la sua amicizia per potergli spillare un po' di quattrini; ma egli, nonostante la torbida incoscienza in cui spesso affondava, capiva il suo stato, conosceva il cuore del prossimo, e amava solo la compagnia dei rinnegati del frantoio perché appunto si sentiva già loro compagno di fatalità. Non si creda che queste riunioni fossero melanconiche. Tutt'altro. Quando il fuoco aveva seccato addosso i poveri vestiti, spesso bagnati dalla pioggia, di questa specie di vagabondi, e, per benignità della

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