Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbominevole

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L'angelo in famiglia

183272
Albini Crosta Maddalena 4 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Per pietà, amica carissima, per pietà, non fare questo passo falso, o se sventuratamente lo hai fatto, ritirati prontamente, se non vuoi legare il tuo cuore vergine e libero al primo anello di quella catena, che, sotto il nome bugiardo di emancipazione, non è altro invece se non schiavitù e schiavitù abbominevole. Ascoltami, o anima sorella, perchè creata dallo stesso Iddio Padre, dallo stesso Gesù redenta, dallo stesso Spirito Santo illuminata; ascoltami, o cara; io non ti parlo per piacerti, o per dilettarti, io ti parlo solo per farti del bene, per rendere tranquilla e buona la tua vita, la tua morte, la tua eternità, e, lascia che tel ripeta, anche perchè serena ti scorra l'esistenza, e inalterata sia la tua pace. Io, prima di scrivere queste pagine, ho piegato le ginocchia davanti all'Immacolata, le ho chiesto d'inspirarmi quello che debbo dire a te per toglierti ai travagli delle passioni, per ajutarti a combattere e vincere la guerra terribile che il mondo, il demonio e la carne ti faranno, e la Madonna mi ascolterà. Non credere, sai, a quei cotali che ti van ripetendo che i libri di pietà ti renderanno uggiosa, melanconica, egoista: Oh! non creder loro; essi o sono ingannati, o sono ingannatori. Gli è appunto per recare al tuo labbro quel sorriso che tanto ti stupisce sul labbro di quell'anima afflitta, travagliata, ch'io ti parlo come faccio, e cerco di riverberare, sulla tua mente e sul tuo cuore la luce soave e smagliante del Vangelo. Allorchè io mi sento l'animo oppresso, mi reco appiè dell'altare, poi, sai dove vado? vado a ritemprare l'animo mio a fianco di una vecchia inferma che, caduta da condizione civile in bassa fortuna, conserva tra gli stenti e gli acciacchi de' suoi ottantotto anni un'inalterabile serenità. Essa ha trovato il segreto di tutto sopportare non solo coraggiosamente, ma allegramente, e da lei emana come un effluvio di pace che non può a meno di comunicarsi a tutti quanti la circondano. Allorchè esco da quell'umile cameretta mi trovo assai rincorata, ma vergognosa però d'essere tanto da meno di colei che mi ha sovranamente edificata. Sì, credilo, te lo dico in nome di Dio; io desidero vivamente di farti lieta e contenta; e per far ciò debbo metterti sull'avviso, affinchè quel brutto mondo, dal quale sei circondata, non ti prenda di sorpresa, non ti allucini co' suoi falsi splendori e ti rapisca quella cara serenità che ora allieta il vergine tuo cuore. Anche la mia cara inferma è vergine ancora, e pura è stata tutta la sua lunga vita: basta solo vederla per leggerglielo in fronte, in quegli occhi limpidi, in tutta la sua persona. Tempera adesso, mia cara, la foga della tua gioja, e non abusare di quel tanto di libertà che il tuo ritorno alla casa ti ha accordato, per non dover poi pentirtene più tardi. No, no, non abbandonarti soverchiamente alla gioja, se vuoi stare sollevata anche nei giorni tristi, se vuoi tenere un po' d'equilibrio. Sta tanto bene l'uguaglianza di umore, di carattere, che per acquistarla o mantenerla non è soverchio, nè ti deve parer grave alcun sagrificio. Tante e tante sono le cose che vorrei dirti e che mi fanno ressa alla mente, che non so veramente per ora a quale appigliarmi. Temo tu mi sfugga, temo di pesarti troppo addosso, ed io vorrei che la parola mia ti suonasse cara come quella di tua madre, dolce come quella della più cara amica della tua infanzia. Ebbene, non voglio affollarti la testa con troppe considerazioni serie; mi basta per oggi ripeterti di stare in guardia con te stessa, cogli altri, con tutto e con tutti, se non vuoi essere presa incautamente a qualche laccio. Ogni giorno io tornerò probabilmente su questo soggetto, e tu mi ascolterai sempre, n'è vero? Oh! quanto desidero che tu sii felice! ma per essere felice bisogna essere buona, dolce, pia, caritatevole, tollerante, anzi più, indulgente; bisogna insomma che tu sii veramente virtuosa e santa. Io pregherò sempre con gran cuore il buon Dio di renderti tale, e forse in fondo in fondo ci ho anche un po' d'egoismo; mi lusingo che quando la mia parola ajutata, anzi inspirata da Dio stesso, avrà cooperato a renderti virtuosa, allora tu pure pregherai per me, affinchè io divenga un po' buona; e mi dimentichi una volta di me medesima, per non ricordarmi che degli altri.

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Questo fior di sentenza, o guarire o morire, riduce il pover uomo, che si dice libero pensatore, alla più abbominevole schiavitù delle proprie passioni, della propria immaginazione esaltata, fino spesse volte a trascinarlo a violare i più sacri diritti di natura, a troncare una vita datagli per servir Dio, per procurargli una vita eternamente beata, a slanciarsi di propria deliberate volontà in quel baratro da dove non c'è più sortita, nè speranza alcuna... Il cristiano crede fermamente la salute del corpo infinitamente inferiore d'importanza a quella dell'anima, e sa che la prima gli è tolta spesse volte per dargli od accrescergli la seconda; quindi si rassegna volentieri alle sofferenze, avendo dinanzi a sè come in un quadro le promesse fatte da Cristo a coloro i quali sopportano in pace le sventure ed i dolori della vita, come triste retaggio del peccato primo, ed espiazione dovuta alle proprie colpe. Entra, mia cara, entra meco nella camera di un povero incredulo travagliato da una malattia forse poco grave e poco dolorosa; s'egli non è indebolito dalla febbre e gli resta ancora forza a parlare, dalla sua bocca non udirai che lamenti, atroci bestemmie contro un Ente supremo ch'egli pur negando sospetta, contro gli uomini, contro sè stesso, contro tutto e contro tutti. Io stessa ho inteso una morente dire le ultime parole per mormorare e lagnarsi delle persone che l'assistevano con tutta la premura... Buon Dio! abbiate pietà di lei!... È brutto, sì è brutto e straziante quello spettacolo, ed io voglio condurti per la seconda volta presso il letto della vecchia mia inferma, per mostrarti la serenità del suo volto, del suo cuore, in mezzo ai dolori, agli acciacchi della malattia e della vecchiaja, ed alle privazioni della miseria sotto una vernice di proprietà, avanzo unico degli agi d'altra volta. Ma questo non basta: la vecchia zitella desidera bene a tutti, parla bene d'ognuno, e ti racconta con voce intenerita come un ex Garibaldino che abita sotto di lei l'ha protetta e difesa contro gl'insulti di alcuni infelici i quali cercavano di proibirle perfino di recitare ad alta voce il suo Rosario, e la vessavano in ogni maniera. Essa ama con ardente carità cristiana il Maggiore che non conosce, e prega e fa pregare per lui. Egli ammala, e la povera inferma con santa industria invia al suo letto un Sacerdote, il quale non è respinto, ma però tenuto a certa distanza. La malattia aggrava, e la vecchia prega sempre con maggior ardore per lui il buon Dio; i Framassoni circondano il letto dell'infermo cercando di estorcergli un ultimo testamento in cui dichiari di non essere altrimenti cattolico, e di non voler essere avvicinato dal Prete; ma nella camera sovrapposta una donna vecchissima, appoggiata a due grucce dimentica i proprj dolori, i proprj bisogni per non pregare se non per lui. Oh! la grazia non può tardare, verrà!... La grazia è venuta. È il 12 marzo del 1880: l'infermo si solleva sull'origliere, chiede di essere lasciato solo dai compagni, ed all'unico rimasto rivolge la preghiera di correre pel medico, mentre sottovoce supplica con istanza la moglie di mandare pel Sacerdote, il quale viene, lo confessa, riceve l'abjura dei suoi errori, lo assolve, lo benedice, gli amministra l'Estrema unzione e si allontana per indi dalla chiesa recargli il Pane di vita. Arrestati, o Sacerdote! Il pietoso Iddio ti ha prevenuto: già lo sai, l'antico framassone era sparito; su quel letto giace adesso il fervoroso credente, il quale benedice i proprj dolori, le proprie pene; eccolo assorto in Dio rivolgersi a Lui con caldo sospiro; ecco sciogliersi l'anima sua dal corpo di morte, riconciliata col suo Creatore, eccola volare in Cielo a ricevervi una Comunione santa che non avrà fine giammai... I settarj sbuffano, scalpitano alla porta dell' antico loro commilitone; finalmente la porta si apre, ma del povero Chiesa non trovano più che un cadavere!... E chi può misurare la misericordia di Dio? E chi può comprendere gl'imperscrutabili suoi disegni? Un sentimento di umanità piamente secondato dal valoroso Maggiore che aveva perduto una gamba in battaglia, attirò le benedizioni di Dio, e questi volle addolcire le sue agonie con una ferma speranza, con una forte promessa, accordando a lui quello che fu negato a Voltaire, quando al letto di morte richiesto con forza un Sacerdote, negatogli dagli Enciclopedisti che lo circondavano, moriva disperato divorando le proprie lordure! Mia buona figliuola, e dove t'ho condotta io mai? E perchè ti ho contristata con scene di tanto dolore? Ma se tu pensi alla vecchia quasi nonagenaria, al cinquantenne Garibaldino, il cui passaggio è allietato dal sorriso della fede, la calma ti tornerà al cuore e ti nascerà vivo il bisogno di pregare per i miscredenti più induriti, per tutti quanti gli uomini. Sì, prega, preghiamo per tutti; la preghiera affratella gli animi, li riunisce, li riconcilia con Dio, bene sommo, anzi unico cui può aspirare ed arrivare la creatura più perfetta dell'universo. Preghiamo anche per la salute del corpo, che pure è un gran dono del Signore; ma guardiamoci dal considerarla come bene sommo, poichè essa è un bene fugace e vale solo come mezzo conducente alla salute eterna: guardiamoci dal confondere il mezzo col fine, la via colla meta! Il buon Dio ad avvertirci di ciò, a ricordarcelo, permette che la malattia ci venga 49 a toccare, e forse tu pure, giovane diletta, sarai travagliata da qualche infermità; ma sia lode al Signore! tu sei credente, non basta; tu sei pia, tu sei fervorosa cattolica, tu sei figlia di una Madre addolorata, e le lacrime che ti sgorgheranno dagli occhi, strappate a viva forza dalle sofferenze corporali, rinchiuderanno la dolcezza che viene dalla fede, dalla pietà, dall'amor santo; e a somiglianza della verga colla quale Mosè percosse il monte, i tuoi dolori faranno scaturire un'onda purissima di sante virtù, di elette benedizioni, atte a spargere su tutta la tua vita una tinta benefica e meritoria. Proverai, lo so bone, grandi difficoltà nell' esercizio di una sì santa rassegnazione, poichè la carne si ribella, vuol prendere il sopravvento sullo spirito, e se il domarla ti costerà fatica, sarà altresì sorgente di gaudio e di benedizione non per te soltanto e per coloro che ti circondano, ma per tutti quelli cui sarà rivolta la tua caritatevole preghiera. Una falsa compassione od una fallace speranza potrebbe tener lontano dal mio e dal tuo letto i conforti cristiani nell'ultima nostra ora, ed allora, ahimè! ci saranno tolti gl'ineffabili conforti, le ineffabili consolazioni che speravamo compagni dell'ultimo nostro sospiro! Ma, io e tu, non potremmo fare fin d'ora un patto a noi medesime? Non potremmo fare un patto colla nostra volontà di far chiamare noi stesse il Ministro di Dio non appena ci minacci grave malattia, o ci tormenti una febbre cocente? Oh! sì, facciamolo assieme questo patto, questo fermo proposito, e Dio ce ne terrà conto, io spero, e nell'ultima nostra ora saremo allietate dalla riconciliazione con Lui, che ci verrà a visitare per farsi nostro alimento nel Sacramento dell'amor suo. Oh! Gesù, Ostia purissima di pace e di perdono, siate frequentemente il mio cibo corroborante nella mia mortale carriera; siate il mio conforto, il mio sostegno nei dolori dell'estrema malattia, siate il mio Viatico al grande passaggio! Gesù buono, accordatemi Voi una santa pazienza, cementatela coll'amor vostro purissimo, ed io dimentica di questo corpo di peccato sopporterò coraggiosamente i dolori, le pene, pensando al premio eterno, ineffabile che Voi stesso ci apprestate in Paradiso. Madre mia, Maria Santissima, conducete Voi al mio letto il vostro divin Figliuolo, e, come con esso chiudeste gli occhi al purissimo vostro sposo, chiudete pure gli occhi miei, quando l'anima mia si scioglierà dai lacci corporei. Oh mio caro S. Giuseppe, protettore dei moribondi, io V'invoco adesso che sono nella piena vigoria delle mie facoltà per quegli estremi momenti, e fidente nella promessa che verrà aperto a colui che picchia, e sarà dato a chi chiede, imploro con tutto l'ardore di cui sono capace l'ajuto vostro, ed esclamo dal più profondo del cuore: Gesù mio, misericordia! Madonna, ajutatemi! S. Giuseppe, protettore degli agonizzanti, pensateci Voi, sì, sì, pensateci Voi!

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Basti questo ad infonderci un salutare orrore contro l'ipocrisia, la quale ha pure in sè stessa un marchio di viltà, fino d'infamia, poichè niente è più abbominevole che di volersi far credere migliori di quello che si è infatti. Oh! la bella sincerità quanto è preziosa e cara! No, sotto verun pretesto, non t'indurre mai a fare un solo segno di croce senza accompagnarlo col cuore, altrimenti quello che dovrebb'essere profumo dolcissimo, diventerà fetore venefico che non piega a nostro vantaggio, ma irrita il nostro Creatore e Padrone. Amiamo Iddio nostro nella verità del nostro cuore; serviamolo fedelmente, e provvedendo ad edificare il nostro prossimo, guardiamoci di essere di dentro differenti da quello che appariamo al di fuori.

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I Gentili erano logici trattando brutalmente gli schiavi, poichè li credevano di una natura diversa, d'una razza abbominevole su cui era piombata l'ira degli Dei. Ma noi, Cristiani, sappiamo e crediamo fermamente che tutti gli uomini hanno la loro origine da un solo uomo, plasmato con poca creta dalla mano stessa di Dio; che su tutti cade ugualmente come il raggio del sole, così la grazia celeste; che il sovrano Creatore ha permesso e voluto la differenza delle classi per creare fra di esse i diversi rapporti di re e di suddito, di benefattore e di beneficato, di chi comanda e di chi obbidisce, e via dicendo di tutte le condizioni sociali. Ecco il ricco vivere del frutto del lavoro del povero, ed il povero del guiderdone del ricco; ecco l'agricoltore, l'operajo, fino l'artista, piegarsi alle necessità del facoltoso per averne di che campare la vita a sè ed alla famigliuola. Oh! non vogliamo essere ciechi! entriamo per poco nell'economia della Provvidenza, e ci accorgeremo di leggieri essere l'orgoglio l'unico dilapidatore o dispregiatore dei rapporti che legano gli uomini alto locati a quelli appartenenti all'infima classe. Ma oltre ai rapporti di necessità materiali, vi hanno rapporti di necessità morali che altamente reclamano i loro diritti, e guai a chi li viola! L'uomo è sì deviato dalla semplicità natia che crede perdere qualche cosa della propria dignità, confessandosi legato in parentela con persone di basso stato, ed havvi chi perfino arriva a disconoscerle ed a rifiutar loro il proprio ajuto. Conosco pur troppo una signora favorita di largo censo, senza verun impegno di famiglia, la quale negava essere sua zia la poveretta che veniva a bussare alla sua porta, e che pure era l'unica sorella della morta sua madre; essa le ha rifiutato un soccorso, fino un tozzo di pane!... e so altresì che pochi mesi or sono la povera donna, prima di giungere alla vecchiaja, sfinita dagli stenti, nella più estrema miseria, fu trovata un mattino morta nel povero suo abbaino dai vicini, i quali non vedendola comparire andarono in cerca di lei. La signora fornita di largo censo ha appena saputo il duro caso; ma, a somiglianza della dama del Parini, non volle contristarsi per le altrui miserie, ed ha continuato e continua nella sua egoistica esistenza, senza pensare che essa, senza il benchè minimo sacrificio, avrebbe potuto prolungare quella vita, o rendere meno penosa quella morte. Mia cara damigella, se ora, o quando sarai più inoltrata negli anni, avrai parenti o nati o caduti in povertà, ricorda l'obbligo tuo di sollevarli, e vedrai che la beneficenza produce lacrime consolanti, immensamente consolanti. Se tu mi dici di non aver parenti poveri, guarda che non ti credo, poichè tutti gli uomini ci son fratelli; quindi tuoi e miei fratelli sono i poveri che lavorano alla campagna, negli opifizj, nei fondaci, nelle miniere, in ogni mestiere più faticoso: tuoi e miei fratelli sono i poveri buoni ed i tristi, quelli ricoverati in povere capanne o nelle soffitte delle grandi città, in quelle soffitte in cui si gela l'inverno, si cuoce la state: tuoi e miei fratelli sono i poveri che giaciono negli spedali e quelli che campano la vita accattando. Oggidì si agita una grande questione, quella del pauperismo, e vi ha chi pretende trovar modo di eliminarlo dalla società, togliendo quelle barriere che Iddio vi ha posto per separarne le classi e produrre l'umiltà e la generosità, la povertà e la beneficenza. Alcuni mesi or sono a riparare la miseria dei poverelli nella eccezionalmente rigida stagione, si apriva al nostro teatro della Scala una veglia così detta di beneficenza, e vi si vendeva al prezzo di una lira, al medesimo scopo filantropico, un giornale intitolato Milan Milan, dov'erano state raccolte le firme dei principali uomini i quali avevan creduto prestarle ad esso, come poco tempo prima avevano fatto col Paris Murcie. Le firme erano sottoposte ad un detto, ad una sentenza, ad una freddura, e in mezzo a quella roba mi parve quasi giojello un motto di un uomo non certamente sospetto di bacchettoneria, Paolo Ferrari, il quale scriveva di proprio pugno: La più completa soluzione del pauperismo è:Quod superest vobis date pauperibus. Ecco gli uomini grandi attingere al Vangelo, inspirarsi al Vangelo, additarci il Vangelo: e i Cristiani cattolici rifiuteranno di assoggettarsi a lui, di agire secondo esso consiglia e comanda? Vedi tu, mia cara donzella, quella dama vestita modestamente, accelerare il suo passo e dirigersi verso una casa di bell'apparenza? Seguiamola; forse essa si recherà a qualche visita di confidenza, forse a qualche visita in cui campeggerà la mormorazione, la civetteria, o peggio... No? E perchè arricci il naso e corrughi la fronte? Hai ragione, t'intendo. Quella dama ha un'apparenza troppo buona e semplice, e le sue visite non ponno avere uno scopo che non sia buono, santo e benefico. Essa mette in pratica quanto l'abate Mullois insegna nel suo Manuale di caritá; essa sale fino al quinto ed al sesto piano per una scala angusta, bussa ad una porta che tosto si apre, ed una scena di pietà si presenta al suo sguardo. È un camerone ampio, ma il di cui soffitto va abbassandosi tanto da toccar quasi il pavimento, dalla parte in cui alcune sottili feritoje apron l'unico passaggio alla luce ed all'aria pregna delle miasmatiche esalazioni delle stalle che vanno a sfogare in un angusto cortile. Alcuni pagliericci sono distesi là in terra, ed un branco di figliuoli sta avidamente attendendo che la madre versi sul tagliere la scarsa polenta che sta rimestando; mentre il padre, seduto, o piuttosto accovacciato su di uno sgabello, si copre il viso colle mani per nascondere la pena straziante che in esso traspare. Allorchè la porta si è aperta e sulla soglia è apparsa, quasi visione consolatrice, una gentile figura di donna sconosciuta, tutti si sono levati in piedi, per un movimento simultaneo, imbarazzati e confusi, e solo la maggiore figliuola si fa animo, presenta alla dama una rotta seggiola e la invita a sedere. La dama saluta con garbo, e dopo d'averle stretto la mano, interroga la povera donna della salute sua, del marito e dei figli, ed a menomare la meraviglia e lo smarrimento della famigliuola, si dice inviata dal Parroco o dalla società di S. Vincenzo de' Paoli, o di qualche anima benefattrice, per portarle il soccorso della sua amicizia e del suo appoggio. Mentre essa parla, i figliuoli le si vanno accostando, finchè le son vicini vicini, la guardano ammirati, pendono dalle sue labbra, la toccano e si consolano di venire da lei carezzati, mentre la mamma affettando severità cerca di allontanarli. La dama cava dalla piccola borsa sospesa al suo braccio alcuni biglietti o boni di pane e di minestra che i giovani della Gioventù Cattolica distribuiscono pubblicamente; poscia prende nota del numero e dell'età dei figliuoli per trovare agli uni un posto presso qualche onesto bottegajo o lavorante, e collocare i piccini agli asili di carità, dove avranno un po' di cibo all'anima, alla mente ed al corpo. Ma il padre di famiglia conserva un profondo silenzio e sembra annichilito sotto il peso della riconoscenza; ecco la dama rivolgersi a lui, chiederlo del suo mestiere, e sentito che il suo faticoso e lungo lavoro è insufficiente a procurare il vitto alla famiglia, s'intrattiene con lui amorevolmente, ne provoca e riceve le confidenze, si offre ad interessare il suo padrone a voler migliorare la condizione sua, e... volere o non volere essa è l'angelo della consolazione inviato dal Signore in quella povera casa. Il pover uomo è intenerito, e con voce rozza ma commossa, alieno com'è dalle usanze sociali, stringe nelle sue mani callose le mani della dama, la quale ha pur essa rigato il volto di caldissime lacrime, ma non lacrime di dolore, sibbene di lacrime consolanti! Tu, mia cara e tenera amica, che mi sei stata compagna fin qui nella lunga lettura, non respingere la mia preghiera, te ne supplico pel tuo bene: procurati tu pure molte lacrime consolanti colle visite ai poveri, agl'infermi, nelle case o negli spedali, e se i tuoi mezzi non ti permettono d'offrire un soccorso materiale ai tuoi fratelli indigenti, offri loro almeno il soccorso morale della tua persona, del tuo cuore, della tua volontà. Oltre alle lacrime consolanti, indivisibili dalla cristiana beneficenza, ne avrai mille altri grandissimi vantaggi, e non ultimo quello d'imparar a sopportare con rassegnazione le proprie miserie toccando le altrui. All'aspetto del dolore si migliora e perfeziona l'uomo non interamente guasto di mente o di cuore, e se tu non vuoi che il dolore venga lui a trovarti, vagli tu stessa incontro; va tu a guardarlo in faccia nelle case in cui regna, sovrano, portavi il balsamo della pietà, della religione; parlavi di affetto, di Dio, e le lacrime tue e dei tuoi beneficati, sarei tentata di ripetertelo all'infinito, saranno sempre lacrime consolanti. 54

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