Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abboccarsi

Numero di risultati: 4 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Il tesoro

182099
Vanna Piccini 1 occorrenze
  • 1951
  • Cavallotti editori
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Ove occorra un consulto, converrà sempre abboccarsi prima col medico curante, accettare le sue proposte o cortesemente discuterle. Il consulente dovrà essere di pari grado o di grado superiore al curante. Col malato occorre esercitare la virtù della pazienza, ma anche quella della fermezza affinchè esso si sottoponga di buon grado, a diete, privazioni, cure talvolta dolorose o in contrasto con la sua sensibilità fisica. La stanza sarà mantenuta nell'ordine più perfetto: accuratamente spolverata e arieggiata per modo che non si avverta quell'odore di rinchiuso e di medicinali che talvolta serbano le camere in cui I'aria (anche indiretta) non fu convenientemente rinnovata. Purtroppo avviene qualche volta che un'indisposizione apparsa leggera si aggrava a un tratto, e si muta in malattia seria. Il degente non ha forze nè voglia di ricevere, la febbre gli arde nelle vene e rimane assopito per molte ore nel suo letto nitidissimo, ma dal quale ogni superfluità è stata tolta. Nelle ore di sollievo il malato, con l'aiuto di chi l'assiste, cura la pulizia della persona: si lava il viso, le mani con acqua tiepida e sapone antisettico; si fa pettinare leggermente i capelli e, se si tratta di una signora, questa li raccoglierà in una reticella. Le persone amiche si contentano di chiedere ogni giorno le notizie per telefono o alla porta. I più intimi, salgono un momento nell'ora che la febbre scema e si trattengono pochi minuti, il tempo di stringere la mano al malato, di mormorare qualche parola di conforto. I familiari non lasciano mai solo il sofferente, e si alternano nell'assistenza amorosa, della quale la persona inferma saprà mostrarsi grata. Il sentimento deve sempre rivelarsi nella forma più gentile, anche se il corpo è travagliato dal male: giacchè nulla di più penoso e triste che l'ingratitudine, le cattive maniere, i capricci per ricompensa alla fatica e all'ansietà d'una assistenza. Anche con l'infermiera, la suora, se furono chiamate, la persona inferma deve mostrarsi cortese e soprattutto docile: in quel periodo si considererà come inferiore e soggetta ad esse che sono le sostitute del medico e seguono le sue prescrizioni.

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La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192088
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 1 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
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Se ode, pertanto che due si bisticcino insieme, s'affretta a parlare coll'una, ad abboccarsi coll'altra, spiega, appiana, concilia le opposte ragioni; e le rivali, che non guardavansi in faccia, si abbracciano pacificate, contente. Scusa colla maestra le scappatelle delle piccine, nasconde que' lor mancamenti a cui possa riparare da sè ; per tutte perora, prega, intercede. Angelo vero di pace, è adesso l'amore del collegio in cui vive; diverrà un giorno la benedizione di casa sua.

Pagina 75

Il Plutarco femminile

217987
Pietro Fanfano 1 occorrenze
  • 1893
  • Paolo Carrara Editore
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
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Quando poi fu il tempo, palesò ogni cosa a madonna Clarice sua moglie, la quale, non pure gliene diè lode, ma volle essa medesima aver parte efficace nel salvare la libertà della sua patria, al qual fine cominciati già in Firenze i tumulti contro la famiglia de' Medici, ella venne a posta da Roma, per abboccarsi con tutti gli amici e aderenti, e per confortargli nel proposito di salvare la libertà, promettendo loro ogni ajuto. Anzi non dubitò di presentarsi ella medesima ai suoi ambiziosi congiunti, e dir loro: Che i suoi antenati avevano tanto potuto in Firenze, quanto aveva lor conceduto il popolo; e alla volontà di quello avevano ceduto quando se ne andarono l' altra volta: così facessero adesso, che sarebbe il loro meglio. Intanto i tumulti si facevano maggiori in Firenze, dove già era tornato anco Filippo Strozzi: e radunatosi il Consiglio grande, si deliberò che i Medici dovessero andarsene; e lo stesso Filippo significò a quegli ambiziosi tal decreto, i quali presero tempo a rispondere. Ma la risposta facendosi troppo aspettare, madonna Clarice andò animosamente nelle loro stanze, e fatto ad essi acerbo rimprovero per il mal governo loro, e per la loro smoderata ambizione, tanto gli sbigottì, che gli indusse a partire, il che fu a dì 17 di maggio del 1527. Madonna Clarice sopravvisse poco; e morì nell' anno seguente, compianta da ogni buon cittadino. "Dal libro che mi ha dato e leggere la signora direttrice non ho potuto raccogliere altro che queste notizie di madonna Clarice; ma queste mi pajono più che sufficienti a provare la grande prudenza e l'animo virile di quella donna; r quanto può produrre di splendidi effetti la nascita illustre e la buona educazione. Donne volgari e senza buona educazione, fanno come abbiam veduto fare alle donne di Messina, delle quali ci parlò la Nina; e come le donne francesi della Rivoluzione, delle quali ci parlò la signora direttrice: la nostra, con la prudenza, con l' autorità, e con ardite e gravi parole agli oppressori della libertà, liberò la sua patria." "La signora Rosina, disse qui la direttrice, almanacca sempre con la nobiltà, con la nascita illustre e con altre simili cose; ma chi le ha detto che il generoso atto di madonna Clarice procedesse solo da ciò? Basta, non rientriamo in questa materia della nobiltà; e facciamo piuttosto notare a queste signorine come la città di Firenze, e la fiorentina Repubblica, quello che acquistò per la prudenza e per l' animo virile di una donna, lo perdè ben presto per il poco senno de' Fiorentini, e per la sventura sua propria. I Medici furon cacciati, è vero; ma partirono col pensiero al ritorno; e tra perchè i Fiorentini si perdevano in vane dispute, e perchè non pensarono di proposito ad assicurare la fresca liber si trovaron poi addosso quella spietata guerra di papa Clemente VII, ajutato dall' imperatore Carlo V, per la quale Firenze fu assediata, la Repubblica uccisa e ricondotti i Medici, non più come cittadini ma come principi assoluti. E quel Filippo Strozzi, marito della Clarice, dopo aver barcamenato in mille maniere, si unì all' ultimo co' fuorusciti fiorentini, i quali tentarono, parecchi anni dopo, di liberar Firenze con l' ajuto di Francia; ma fu preso insieme con gli altri a Montemurlo, dopo aspra battaglia; e chiuso in una fortezza, vi finì miseramente la vita, chi dice ammazzatosi da sè, e chi fattovi ammazzare dal duca Cosimo de' Medici allora regnante." Veduto che la direttrice si taceva, la signora Alisa disse: "Questo ragionamento tutto storico mi fa venire in mente un pensiero: come mai, tra tante donne illustri da noi ricordate, nè meno una ce n' è che abbia scritto istorie? "A questa domanda, disse la direttrice, potrà forse più acconciamente di me rispondere il signor maestro." Ed il maestro: " Che io il sappia fare più acconciamente di lei, ne dubito forte; nondimeno, se a lei piace che la risposta si faccia da me, io la farò. Le ragioni perchè non ci sono storie gravi scritte da donne sono su per giù quelle medesime assegnate qui altra volta per rendere ragione della rarità delle donne scienziate, rispetto alle letterate o alle artiste. Lo scrivere istorie non è opera di semplice fantasia nè a ciò basta il solo pronto ingegno; ma ci vogliono molte qualità che una donna non può avere oltre a quella che ha raramente, di una mente disposta agli studj più gravi e speculativi: ci vuole, diceva, lunga pratica di negozi pubblici; lungo ed assiduo studio degli storici di ogni tempo e di ogni nazione; andare a passare il più del tempo per le biblioteche ed archivi, frugando, interpretando vecchi documenti, facendo spoglj sopra codici di materie diverse: ci vuole una lunga contuetudine del trattare materie politiche; conoscenza perfetta del diritto pubblico, delle leggi che governano la diplomazia, e sottili investigazioni di ogni maniera. Tutte cose aliene troppo dalle consuetudini di una donna, ed alcune anche non possibili alle donne. Ecco perchè non ci sono donne che abbiano composte istorie da potersi veramente dir tali il che per altro non significa che non ce ne possa essere nel tempo avvenire; e che una di queste non possa essere anche la signora Elisina, sol che voglia barattare le cure gentili e benigne proprie delle donne, con le gravissime e laboriosissime degli uomini, anzi lasciando quasi di esser donna e facendosi uomo." Qui le altre alunne fecero una bella risata; e la signora Elisina, ridendo insieme con esse, protestò di voler rimaner donna coni' era: e così di un piacevole ragionamento in un altro venne l' ora del doversi partire, e partirono.

Pagina 217

Caracciolo De' Principi di Fiorino, Enrichetta

222803
Misteri del chiostro napoletano 1 occorrenze
  • 1864
  • G. Barbèra
  • Firenze
  • Paraletteratura - Romanzi
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Sembrò a quel vescovo stesso tanto capricciosa tale esigenza, che alle mie sorelle, trasferitesi in Castellamare per abboccarsi con lui: "Contentatelo.......," disse; "aspettate vostra sorella a' Granili, e quando passerà, unitevi a lei." Il 4 novembre del 1854, dopo tre anni e quattro mesi di crudele prigionia rividi la luce del giorno. Una monaca di quelle che vivono fuor del monastero e si chiamano di casa, fu mandata dal vescovo per accompagnarmi: atte a quest'ufficio (secondo il parere di Riario) non essendo state giudicate nè le mie sorelle nè la vecchia dama che veniva con me. Che ne avvenne? Cotesta monaca, perchè sofferente d'oppressione, venne non in carrozza chiusa, ma aperta: terribile contravvenzione! A Resina incontrammo per caso Sua Eminenza. Il cocchiere si levò il cappello, egli alzò la mano per benedire; senonchè, stupefatto di vedermi seduta in carrozza proibita, rimase colla mano sospesa.

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