Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbisognano

Numero di risultati: 22 in 1 pagine

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Fisiologia del piacere

170683
Mantegazza, Paolo 2 occorrenze
  • 1954
  • Bietti
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
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Ai primi spettano tutti i lavori che si fanno sui libri e con le idee; ai secondi quelli che abbisognano dei numeri, della materia e della forma. I piaceri che spettano a queste due grandi classi sono molto diversi fra loro, e quasi sempre si escludono. Il letterato può essere filosofo, e questi può esser poeta o storico; ma ben di rado il matematico o il meccanico sa scrivere in poesia o sa essere eloquente in prosa. Non è che in pochissimi che tutti i poteri mentali si riuniscono entro un sol cranio; ma anche in questi un ordine di facoltà predomina sugli altri. Goethe volle esser naturalista, ma i botanici lo nominano appena; Haller fu poeta, ma i suoi versi non servono sicuramente di testo; Galileo fu letterato, ma le opere non scientifiche sono appena conosciute dagli eruditi. Leibnitz, Michelangelo, Leonardo da Vinci, Voltaire ed altri abbracciarono gran parte dello scibile umano, ma non furono ugualmente grandi in ogni scienza, nè sicuramente in tutte le arti. Fra i piaceri elementari della mente che derivano dall'esercizio delle singole facoltà, e le gioie complesse formate dall'azione simultanea e successiva di varie potenze mentali, stanno alcuni gruppi secondari più semplici, che sono costituiti dai piaceri dell'analisi, della sintesi, della comparazione, e di tutte le varie operazioni necessarie all'esercizio del pensiero.

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Si può appena accennare che essi abbondano nel regno vegetale e specialmente nei fiori, i quali ne abbisognano per attrarre gli insetti, che trasportando il polline facilitano la fecondazione del calice. Sono meno frequenti negli animali, e sono rari nel regno inorganico. Del resto non si potrà mai dire perchè l'umile violetta nasconda tra i suoi petali tanta soavità di profumo, mentre il bel fiore dell'Arum dracunculus spande un odore così fetido e ributtante. L'elemento fondamentale dei piaceri dell'olfatto ci è sconosciuto. Il più delle volte è un fenomeno semplicissimo di contatto fra le particelle odorose natanti nell'aria e i nervi olfattivi; ma qualche volta si associa a questo piacere anche una sensazione puramente tattile, la quale però difficilmente è la prima sorgente della sensazione piacevole. I piaceri dell'olfatto variano più di tutti gli altri nei diversi individui, appunto perchè le sensazioni che li producono sono assai delicate e spettano a un senso meno importante per la varietà scarsa delle impressioni che riceve. In generale, sugli odori più forti si accordano quasi tutti, mentre le preferenze sono tanto diverse quanto meno le sensazioni sono intense. In ogni modo i piaceri variano all'infinito, e se ne hanno ogni giorno le prove più ovvie nella vita familiare. Il piacere non diventa rigorosamente patologico che quando è prodotto da una sostanza che, inspirata, può riescire dannosa. Siccome però in tutte le questioni il consenso universale ha tanta importanza, io oserei chiamar malati quei nasi che sanno deliziarsi con l'assa-fetida, con l'aglio e col corno bruciato. I piaceri dell'olfatto sono, in generale, più squisiti nel sesso gentile, perchè la donna ha nervi più delicati. Queste labili gioie sono meno pallide nella media età della vita, nei paesi caldi, e quindi anche nell'estate e nelle classi elevate della società. Questi piaceri, esigendo un grado superiore di attenzione, educano allo spirito di osservazione, e facendo amare i fiori rendono delicate il gusto del bello. L'abuso di queste gioie rende molli ed effeminati. La fisonomia di questi piaceri è molto semplice, e negli infimi gradi non consiste che nella chiusura della bocca e nella inspirazione prolungata e ininterrotta. I lineamenti del volto esprimono una calma attenzione. Nei gradi più intensi del piacere l'inspirazione e molto profonda, e il torace si dilata al massimo, simulando un vero sospiro, a cui tien dietro una lunga e rumorosa espirazione, nella quale i tratti del volto si espandono ad esprimere un grande compiacimento. Gli occhi più d'una volta si socchiudono e si nascondono interamente sotto il velo delle palpebre. Esclamazioni e atti di sorpresa si associano qualche volta alle reminiscenze che vengono ridestate dall'odore piacevole e che ci tengono assorti per qualche tempo e muti, cogli occhi rivolti al cielo e la faccia atteggiata ad una espressione di grande solennità. Questi piaceri fanno sorridere qualche volta, ma non si esprimono mai col riso. I piaceri tattili dell'olfatto sono assai limitati, e non consistono, il più delle volte, che in una semplice irritazione o in un vero solletico dei nervi tattili della pituitaria. Talora anche la reazione è così forte da produrre uno starnuto, che, annullando a un tratto, con una specie di scarica nervosa, la soverchia tensione del senso, può essere molto piacevole. Se ne ha un esempio tirando tabacco, o fiutando aceto radicale, cristallini minutissimi d'acido benzoico od altre sostanze consimili. I piaceri specifici dell'olfatto non si possono suddividere che in due classi, a seconda che la sensazione è delicata o forte. Ai piaceri squisiti appartengono quelli prodotti dai profumi della viola, della rosa, della reseda, dell'ambra e di infiniti altri corpi. Ai piaceri intensi spettano i profumi della magnolia, della vaniglia, del muschio, ecc. Vi sono alcuni odori che piacciono per la loro delicatezza e per la studiata attenzione che si esige per gustarli, come avviene della rosa tea, del thè e di alcuni legni odorosi. Altre volte l'odore è forte, complesso, per cui dobbiamo impiegare un certo sforzo per educare i nervi a trovarlo piacevole. È una vera lotta nella quale riusciamo vincitori dell'odore colle armi del senso e della volontà. Gli odori virosi dell'oppio e di molte resine ci porgono un esempio di questo genere di sensazioni. Più d'una volta il piacere non è prodotto della sensazione specifica, quanto dalla lieta immagine che ci ridesta. Così il marinaio che sente l'odor della pece rammenta con gioia l'oceano e la nave prediletta; così il veterano carico di cicatrici e di gloria aspira con voluttà l'acre fumo della polvere; mentre il montanaro, trapiantato nelle monotone pianure, fiuta con delizia l'odore resinoso del pino. In tutti questi casi, come in molti altri consimili, il sentimento si associa al senso, producendo un piacere complesso, che può arrivare a un grado massimo di intensità.

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Il successo nella vita. Galateo moderno.

174746
Brelich dall'Asta, Mario 3 occorrenze
  • 1931
  • Palladis
  • Milano
  • Paraletteratura - Galatei
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Così per esempio hanno: 100 grammi di carne di manzo, magra .... 122 calorie 100 » di prosciutto............................ 397 » 1 uovo di gallina, di circa 47 grammi............ 73 100 grammi di burro......................................756 » 100 » di formaggio svizzero.............. 340 » 100 » di pane di frumento............ 229 » 100 » di pane di segala............... 203 » 100 » di piselli............................. 300 » 100 » di maccheroni.................... 340 » 100 » di patate.............................. 88 » 100 » di zucchero......................... 383 » 100 » di frutta fresche................. 60 » 100 centimetri cubici di latte...................... 67 » 100 centimetri cubici di birra stagionata........... 47 » Un uomo di circa 70 chilogrammi ha ogni giorno bisogno approssimativamente di: 1680 calorie - in stato di completo riposo e quiete 1890 » - in stato di riposo a letto 2100 » - in stato di riposo, nutrendosi normalmente; 2520 » - in stato di riposo, rimanendo a casa 3360 » - se lavora moderatamente; 6720 » - se occupato con un lavoro pesante Donne abbisognano in media del 10 per cento in meno. L'intensità però di assimilazione varia molto da individuo a individuo. Per pratica si sa, che vi sono forti mangiatori magri e viceversa persone che patiscono la fame e che nondimeno sono grasse, a seconda della disposizione individuale. Alcuni possono consumare moltissimo grasso, senza ingrassare, altri invece devono essere molto moderati nel consumo di grassi; ad alcuni le frutta sono ottimo ed efficace nutrimento, ad altri cagionano una digestione più rapida e perciò meno perfetta e conseguentemente li fanno dimagrire. Per quanto dunque la teoria delle calorie abbia in sè e nei riguardi della generalità un grande valore, nei riguardi di moltissimi singoli essa appare inapplicabile. A ciò va aggiunta la difficoltà di stimare e classificare gli alimenti secondo il loro valore di calorie. Specialmente in case private sarebbe molto difficile di far la cucina scrupolosamente a seconda delle calorie, perchè in tal caso prima di cominciare a preparare iI cibo, tutte le vivande nonchè gli ingredienti, dovrebbero venir pesati ancora in stato crudo. Fortunatamente esistono delle misure più pratiche e più comode, secondo le quali si può e si deve controllare le proprie condizioni di nutrizione, e queste sono precisamente la tensione dei nostri vestiti, la pesa e lo specchio. Con lo aiuto di questi semplici mezzi ausiliari ognuno è in grado di controllare de sè le proprie condizioni di nutrizione. Qui però si deve notare che quella norma molto conosciuta e diffusa, secondo la quale ogni persona deve pesare tanti chilogrammi, quanti centimetri è più alta di un metro (per esempio, un uomo di 165 centimetri dovrebbe pesare 65 chilogrammi), nei singoli casi è altrettanto inapplicabile, come la rigida teoria delle calorie. Perchè come l'assimilazione varia nei singoli individui, così differisce anche la costituzione dei diversi individui. Uno ha le ossa forti e pesanti e pochi tessuti congiuntivi, un altro invece ha la struttura ossea molto delicata e più contenuto grasso; questi ha le gambe corte, quegli le ha invece lunghe. Per un corpo medio, ideale, i numeri di cui sopra potrebbero corrispondere, ma volendoli applicare praticamente per ogni singolo individuo, potrebbero portare a risultati fallaci ed ingannevoli. Partendo ora dalle nozioni sopra esposte, l'antica disciplina considerava tutto il problema della nutrizione come un processo chimico ed ha immaginato che tutte le sostanze chimiche necessarie potessero venir prodotte artificialmente ed introdotte in brevissimo tempo nell'organismo in forma di pillole. Il fisiologo tedesco von Bunge fece anche esperimenti e nutrì alcuni animali con un « latte artificiale » ch'egli stesso aveva prodotto nel suo laboratorio. La conseguenza di quest'esperimento fu, che gli animali sottoposti a questa « cura del latte artificiale », in breve tempo perirono tutti uno dopo l'altro. Questo prova, che oltre all'albumina, agli idrati di carbonio, all'acqua e alle sostanze minerali, ci deve essere nel nutrimento ancora qualcosa che noi non possiamo produrre artificialmente, perchè è un prodotto della vita stessa. Il più importante di questi prodotti è quello ben noto sotto il nome di vitamina, la cui presenza sta in relazione con l'influenza della luce del sole. Le vitamine esistono soltanto dove vive la natura e vengono distrutte tostochè i mezzi commestibili in cui si trovano (legumi, frutta, latte) in seguito ad una prolungata cottura o scottata con acqua bollente, subiscano un mutamento, o anche se essi fossero conservati troppo a lungo. Quanto più un nutrimento è naturale, quanto meno i legumi, il latte, le frutta, vengono sottoposti a mutamenti, tanto più sono sani, tanto più la formazione delle cellule del nostro corpo procederà liscia e naturale, tanto più resistente sarà il nostro corpo e tanto più a lungo conserverà la sua giovinezza. Oltre alle vitamine, è di grande importanza per l'igiene dell'assimilazione - secondo le constatazioni di Ragnar Berg - la regolare provvista del nostro organismo di cosidetti sali basici. Questi sali sono contenuti abbondantemente in certe specie di legumi, per esempio nelle carote, nelle barbabietole, in tutte le insalate verdi, nei pomodori, in tutti i generi di cavolo, nei cetrioli, nei fichi, nelle prugne, nei limoni e nelle arance. Si trovano abbondanti anche nel pane di puro frumento e nelle patate, mentre invece si trovano appena, molto scarsi, negli asparagi e nei cavolfiori. Nelle lenticchie e nell'uva orsina mancano quasi del tutto. Viveri contenenti, rispettivamente producenti acidi nel senso di Ragnar Berg, sono la carne, il pesce e le nova. Se vogliamo mantenerci stabilmente sani, dobbiamo stabilmente consumare una maggiore quantità di alimenti che contengono sali basici e per non eliminare poi questi sali dai cibi e non distruggerli, bisogna cuocere i legumi nel proprio sugo non troppo a lungo e non su fuoco troppo caldo, in modo ancora da conservar loro in gran parte il sapore e la fragranza naturale. La preparazione industriale degli alimenti è spesso dannosa dal punto di vista igienico, inquantochè mediante la fabbricazione vengono allontanate dagli alimenti stessi parti preziose per la nutrizione, come ciò è il caso nella farina macinata molto finemente e nel riso brillato.Il ritorno alla farina più oscura, ruvida, ma più ricca di contenuto ed al pane nero od a quello di frumento granelloso, sarebbe quindi importante e molto raccomandabile. Tutti questi riconoscimenti, che a ragione tendono a rendere di nuovo l'alimentazione più naturale e più sopportabile, condussero nelle loro forme più acute alla cosidetta cucina cruda. I seguaci della cucina cruda, partendo dall'idea che l'energia del sole immagazzinata nelle piante, passa in questo modo nell'uomo, rispettivamente diventa energia umana, si nutrono principalmente di frutta e legumi crudi. Senza dilungarci in particolari, rammentiamo soltanto che la cosidetta cucina cruda è un sistema di nutrizione unilaterale, che, applicato ragionevolmente, può condurre allo scopo che si prefigge, però dovrebbe essere sempre accompagnato da un controllo medico. Sebbene anche la cucina cruda si astenga dal consumo di tarianismo, il quale ripudia bensì ogni sorta di carne ed anzi, nelle sue forme estreme, anche altri prodotti animali (uova, latte, formaggio), nondimeno si permette il consumo di frutta e legumi cotti. Il vegetarianismo è molte volte conseguenza di particolari concezioni del mondo e della vita, come lo è in misura speciale nel caso della dottrina indiana del Mazdaznan, la quale vuol far conseguire agli uomini la redenzione per mezzo della spiritualizzazzione e ripudia ugualmente il consumo di carne. Sebbene basati esclusivamente su principi etici, i precetti della dottrina del Mazdaznan hanno molta somiglianza con le nostre moderne vedute sulla assimilazione corrispondente alle norme igieniche. Prescindendo dalla parte qualitativa della nostra nutrizione, dobbiamo prendere in considerazione anche i suoi rapporti quantitativi. La maggior parte degli uomini mangiano troppo. La conseguenza di ciò è che essi non sono più capaci di sentire un sano appetito. Questo viene piuttosto costantemente eccitato o stuzzicato mediante cibi fortemente drogati e salati, ghiottonerie e cibi piccanti e pesanti, sicchè il palato non è più assolutamente capace di reagire a nutrimenti semplici. Anche in questo riguardo molto si può migliorare con una nutrizione naturale e non eccitante. Soltanto coloro il cui appetito viene stimolato già dalla vista di un pezzo di pane asciutto, sono in questo riguardo perfettamente sani. Compendiamo ora queste nostre considerazioni nella seguente domanda:

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Persone d'età avanzata naturalmente abbisognano d'una calzatura più calda. Un difetto di bellezza, ch'è in pari tempo un molto importuno disturbo del benessere generale, sono i cosidetti « occhi pollini » (calli dei piedi). Questi sono causati da scarpe troppo strette o male adatte al piede, che mediante una costante pressione sugli stessi punti producono delle callosità cornee della pelle. Gli « occhi pollini » sono dei coni cornei rigidamente circoscritti, che sono piantati con la punta all'ingiù. nelle dita dei piedi. Questi coni cornei premono direttamente sul sensibilissimo periostio, ciò che è molto doloroso. Se ad eliminare questo male si vuol intraprendere un trattamento efficace, bisogna anzitutto eliminare la causa del male, e procurarsi delle calzature ben adatte e non strette. Allora si riescirà in generale ad eliminare anche i calli più ostinati, e precisamente mediante caldi bagni saponati ripetuti due volte alla settimana dopo i quali si deve man mano allontanare la pelle cornea, però scorzandola e non tagliandola a fondo, volendo estirparne la « radice ».Dopo questi bagni si possono applicare sul calli anche impiastri che promuovono il distacco della pelle cornea (p. e. impiastro salicilico al 20 percento). Anche i geloni sono spesso la conseguenza di scarpe strette. Quando fa freddo, i vasi sanguigni si restringono, per poi di nuovo dilatarsi e portare il sangue nella pelle. Ma se ciò viene impedito dalla pressione della scarpa, i rispettivi punti del tessuto si raffreddano sempre più, sinchè infine vengono danneggiati dal gelo. I vasi sanguigni interessati s'infiammano, assorbono molto sangue, che in parte passa anche nel tessuto, e così si sviluppa il gelone. Oltre alla pressione delle scarpe possono causare la formazione di geloni anche l'anemia, la debolezza di cuore, la nervosità ed un insufficiente attività dei muscoli. Poichè dunque si tratta sovente d'un indeficiente funzionamento dell'apparato regolatore del calore, è molto importante un corrispondente allenamento di questo. Lavoro fisico e ginnastica, nonchè massaggio e bagni alternati apportano, specialmente se usati preventivamente, maggior successo che unguenti e tinture. Nondimeno possono venir usate anche queste, e precisamente il meglio dopo i bagni alternati, quando mediante movimenti di massaggio possono venire inseriti nella pelle. La cura delle unghie non è tanto importante al piede come alla mano. In ogni caso però molto può guadagnare in bellezza un piede mediante un assiduo pedicure. E' da porsi attenzione anzitutto al pericolo dell'incarnamento delle unghie. Le unghie del piede devono anzitutto venir tagliate non in forma di arco, ma diritto. Tagliando le unghie fortemente agli angoli, esse si incarnano e producono dolori. Questi si possono lenire con bagni, cui si aggiunge acqua borica o thé di camomilla. L'incarnamento può spesso venir impedito anche mediante un taglio applicato nel mezzo dell'unghia. Se subentrano forti dolori, arrossamenti o suppurazioni, si ricorra al medico. Persone che devono star molto in piedi, come camerieri, barbieri, ecc. sono in maggior grado esposti al pericolo di procurarsi un abbassamento della pianta dei piedi. Si può prevenire quest'inconveniente con opportuni esercizi ginnastici. Per esempio: alzarsi sulle punte dei piedi sollevando i calcagni; poggiarsi sull'orlo esterno della pianta del piede, e precisamente poggiandosi alternativamente prima sulle dita del piede e poi sulle calcagna; camminare, correre in punta di piedi e simili. E' anche consigliabile a tutti coloro, che per la loro professione corrono il pericolo di procurarsi un abbassamento della pianta del piede, di tenere camminando i piedi paralleli, con le punte dei piedi piuttosto rivolte verso dentro, che all'infuori. Poichè l'abbassamento della pianta del piede consiste in un doloroso spostamento della struttura ossea, si può fortunatamente controbilanciare l'inconveniente collocando nella scarpa, aderente alla suola, una suola ausiliare che serva di sostegno alla pianta del piede.

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Viceversa abbisognano spesso di una correzione i cosidetti nasi a sella. L'operazione di questi consiste nel sollevare l'osso nasale. Per render le guance liscie, il medico chirurgo fa un'incisione dietro all'orecchio, che così resta quasi invisibile, e tende la pelle. Se una delle guance è più infossata, vi si può trapiantare del grasso da qualche altra parte del corpo. Orecchie a ventaglio o pendenti possono ugualmente venir portate nella posizione desiderata in via operatoria. Un altro mezzo per eliminare deformità del naso di grado leggero e di cicatrici che giacciono molto profonde, sono le

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Enrichetto. Ossia il galateo del fanciullo

179196
Costantino Rodella 1 occorrenze
  • 1871
  • G.B. PARAVIA E COMP.
  • Roma, Firenze, Torino, Milano
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Pagina 85

Le belle maniere

179946
Francesca Fiorentina 1 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
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La forchetta si tiene con la sinistra, fra il pollice e le altre quattro dita, con la punta all'ingiù:qualche volta passa all'altra mano per le vivande - - come la verdura e il pesce - che non abbisognano di coltello; ma questo sta sempre alla destra, e s'appoggia con la punta sul piatto ogni volta che si deve mettere il pane in bocca. Anche il cucchiaio si tiene sempre nella mano destra, non impugnato malamente, ma con tre dita sole. Ho già veduto alcuni portare la lama alla bocca. Brrr, che brutto vizio! A quanti fa venir la ghiaccina ai denti! Nemmeno il formaggio si porta alle labbra col coltello:tutt'al più, si può posare sul pane e morderlo insieme. Non ti dimenticare ch'è pessima abitudine tagliare il pane a mo' de' contadini; bisogna spezzarlo a bocconi, volta per volta, con le mani, che però, oltre il pane, toccheranno soltanto la frutta, non il salame, non la verdura in pinzimonio. La forchetta, che può servire a puntino, se n'offenderebbe. Nè devono, le mani, ricevere i nòccioli, o le squame del pesce, o gli ossetti minuti del pollame; che, coperti dalla palma ad arco, scivoleranno sul piatto, lievemente. Se per caso dovrai tagliare una pietanza che debba passare ad altri, pulisci prima con una midolla il tuo coltello, se non ne hai pronto uno apposta. Nel porgere a un commensale una posata, vòltane verso di lui la parte più comoda:non dico la posata tua, che non offrirai ad alcuno. Potrebbe darsi che la padrona di casa, per trattare con maggior intimità i suoi invitati, faccia girare fra questi il piatto comune; tu allora prendilo con la destra dal tuo vicino di sinistra, sèrviti come se ci fosse il cameriere, e poi porgilo dalla parte più comoda, con garbo e precauzione, all'altro vicino. Nè farai male, se è bandita l'etichetta, a versar da bere a una signora che ti sia accanto; ma guàrdati dall'empir il bicchiere fino all'orlo o con foga eccessiva. Non osservare il piatto degli altri, nè fissare con avidità la pietanza ch'è portata in tavola, come se tu la volessi mangiare con gli occhi; non ti chinare ad annusare il cibo, non ti rimpinzare la bocca, non trangugiare i bocconi interi, non tracannare, non ti stropicciare a più riprese le labbra, ma suzzale leggermente, non introdurre fra i denti i rebbi della forchetta, la punta del coltello, o uno spillo, o, peggio, le unghie, ma, tutt'al più, lo stecco. Trattienti, quanto puoi, dal tossire, dallo starnutire, dal soffiarti forte il naso o con troppa frequenza; avendone necessità, non ti mettere in mostra. Un'altra osservazione:ho veduto persone già mature pulire il piatto col pane. Tu non lo fare:te ne sarebbe grata la domestica, a cui la fatica della rigovernatura sarebbe per metà risparmiata; ma non l'educazione, certamente. Non bocche larghe, per carità! Chi vede non se ne compiace, mentre invece si può conciliare l'estetica con la creanza, socchiudendo appena le labbra. Non ripiegare mai il tovagliolo in casa d'altri; tocca meno che t'è possibile la tovaglia comune, non v'appoggiare i gomiti, ma soltanto l'avambraccio; non lasciare bocconi di pane al tuo posto, e neanche troppi minuzzoli.

Pagina 102

Nuovo galateo

189394
Melchiorre Gioja 3 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Due macchine di fuoco artifiziale benchè diverse in grandezza, non abbisognano, per accendersi in un istante, di diversa quantità di fuoco; una semplice scintilla basta si all'una che all'altra. Per consimile ragione il più piccolo atto è capace di eccitare le rimembranze più dolorose. Allorchè Dionigi, caduto dal trono di Siracusa, faceva il maestro di scuola a Corinto, un abitante di questa città andò da lui, e fermatosi sulla soglia della sua casa, affettò di scuotere la veste per dimostrare che non portava ascoso alcun pugnale. Ora, siccome era questo l'atto con cui si abbordavano i tiranni, perciò ricordava a Dionigi l'esercitata tirannia, l' abbominazione de'popoli, il trono perduto e la presente abbiezione. Siccome lo stesso atto e lo stesso detto risvegliano memorie gradite in alcuni e dolorose in altri, quindi si scorge la necessità, di conoscere i sentimenti delle persone colle quali si conversa, per non esporsi al pericolo di offenderle o amareggiarle anche non volendo. Chi guardava Caligola in fronte, suscitava in lui subito e mortale sdegno, perchè quell' atto gli rammentava la calvezza ch'egli avrebbe voluto nascondere a tutti. Chi guardava in fronte Scipione l'Africano, di magnanimo piacere colmavalo, perché sulla sua calvezza si vedeva una cicatrice marziale, monumento di valore e di gloria. Finalmente la pulitezza vieta di far rivivere e rinfacciare ad altri que'loro privati vizi che un lungo pentimento ha cancellati. Le stesse leggi civili, a fine di serbare la pace tra i cittadini, condannano questi rimproveri, benchè fondati sul vero; e stabiliscono, sebbene troppo assolutamente, il principio veritas convinci non excusat a convincio; la verità dell' ingiuria non scioglie da colpa.

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Dando prova d'ignorare che nell'uso delle cose comuni, l'inurbanità cresce a misura che la parte da noi presa supera la parte che resta individualmente agli altri, si piantano nel bel mezzo del comune focolare, e ne occupano un terzo, mentre saranno dieci quelli che abbisognano di riscaldarsi; lo stesso si dica di tutte le altre cose a cui più persone hanno diritto, per esempio, delle gazzette, che, a comodo comune, si trovano sui tavolini de'caffè, e che costoro leggono sbadatamente, poscia bevono, e tornano a leggere, quindi parlano cogli astuti, ecc., senza che il comun foglio esca loro di mano. Sul camino d'un gabinetto di lettura a Londra si legge: Le persone che imparano a compitare, sono invitate a non prendere che i fogli di ieri. Ne'caffé della stessa città ove si uniscono tante, persone per leggere le gazzette , non si parla che, sotto voce. Consulltando soltanto il loro piacere, non invitano ma sforzano a sonare, a cantare, a ballare chi realmente non è dotato di queste abilità o non vi si sente disposto, e lo pongono nella necessità o di dire un no assoluto, o di farsi compatire. Se devono sonare o cantar essi, eccoti mille mendicate scuse, interminabili affettate proteste d'ignoranza, ecc. Il più bello talvolta si é che, dopo d'avere cominciato con apparente contrarietà d'animo, non la finiscono più. Talora par che sprezzino tutti e vogliano con certa austerità molesta dar legge a ognuno; ed oltre all'essere contenziosi in ogni minima cosa e fuor di tempo, riprendono ciò ch'essi non fanno; e sempre cercano appicchi di lamento cogli amici. Talora per irriflessione, talora per curiosità si fermano a leggere le altrui carte, custodi de'segreti delle famiglie, e che ciascuno cerca di sottrarre agli altrui sguardi. Molesti vicini spiano i vostri andamenti e prestano orecchio a vostri discorsi; ora v'importunano, aciocchè entriate nella loro conversazione che non v'aggrada; ora frappongono ostacoli sovra passaggi che sono comuni; talvolta vi cagionano timore con improvviso strepito d'armi; e quando la notte è avanzata, col frastuono delle loro grida e risse

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Si dice però che non siano ugualmente cortesi co'loro simili se questi me abbisognano. In Atene ciascun convitato, in un pranzo d' invito, poteva torre alcuni piatti e spedirli a'suoi amici. Sembra ancora che i commensali, finito l'ordinario pranzo, trasportassero seco quanto rimaneva: specie d'indiscrezione lontana da'nostri costumi. L'uomo selvaggio è il solo, nella specie umana, che non conosca pe'suoi pasti un'ora determinata. Sottomesso, come i bruti, ai soli bisogni della natura egli mangia, come essi, quando la fame glie lo ordina, ed aspetta per mangiare di nuovo un nuovo ordine. Non succede lo stesso nello stato incivilito. Dacché supponete una famiglia riunita, delle vivande preparate, e quindi una spesa, degli uomini che ritornano dal lavoro dopo certe ore, finalmente degli amici che si raccolgono insieme, è necessario un tempo fisso, e sono anco necessari più pasti. L'agricoltore, il muratore, il facchino ecc., ne esigettero quattro, che servirono a dividere in quattro epoche la giornata. Le professioni meno laboriose poterono diminuire i pasti e alterarne le epoche giornaliere secondo la durata degli affari, la ricchezza delle società, ad anco i capricci della moda. L'uso generale del Giappone si è di mangiare tre volte al giorno, cioè alle ore otto del mattino, alle due dopo mezzodì, ed alle otto della sera. Sino al XVI secolo in Francia si pranzò alle ore dieci antimeridiane, e si cenò alle sei pomeridiane. Un vecchio proverbio diceva: » Lever a siz, disner dix, » Souper a six, coucher à dix, » Fair vivre l'homme dix fois dix Levarsi a sci, desinare a dieci, Cenare a sei, coricarsi a dieci, Far viver l'uomo dieci volte dieci. Sul principio del secolo XVIII, Luigi XIV pranzava alle 12 ore. Verso il 1750 si fece una colazione più copiosa, onde poter ritardare il pranzo dopo d'avere seguito il corso degli affari pubblici , divenuti più numerosi e complicati. Il pranzo fu ritardato in modo che in più capitali europee cessò il bisogno di cenare, e si pranza attualmente all' ora in cui cenavasi per l'addietro. Infatti nel XV secolo la maggior parte degl'Italiani, dice Machiavelli, avevano per consuetudine di cenare di giorno. L' uso di bere nello stesso vaso, richiesto dapprima dalla ristrettezza delle finanze, motivo per cui sussiste presso le famiglie povere, divenne poscia un segno d'affezione. In Grecia e a Roma, allorché facevasi un brindisi a qualcuno succhiavasi un sorso dalla tazza, quindi gliela si trasmetteva, acció ne bevesse, egli pure. Era questo un favore segnalato quando dal labbro del sovrano la tazza passava a quello del suddito. Non dimenticò quest'uso l'imperatore Massimo, allorché (nel IV secolo) ammise alla sua mensa S. Martino. Se non che erasi già introdotto il costume di far passare la tazza da un commensale all'altro, e ciascuno v'applicava il labbro in segno di comune affezione ed allegrezza. A Nicaria (isola greca) conservasi tuttora quest'uso: la padrona di casa beve per la prima nel bicchiere, quindi lo manda intorno, come fa Didone in Virgilio. In generale i Greci bevono tutti nella stessa tazza e si fanno molti augurii di salute. Questa usanza, che l'autorità di Didone non basta ad ingentilire, sussiste in Inghilterra nelle case che gli usi più antichi religiosamente conservano: la birra va in giro, non in distinti bicchieri, ma in un solo fiasco, e ciascuno vi appone la bocca. Due negri d'Adra, quando vogliono darsi segni non fallibili di calda amicizia, bevono insieme nello stesso tempo e nella stessa tazza.L'usanza di toccare a vicenda i bicchieri coi bicchieri, e quindi bevere, fa circolare ne' commensali il sentimento dell'affezione e dell'allegrezza comune, senza frammischiarvi immagini schiofose e ributtanti. Del costume di bere alla salute de'commensali scorgesi traccia nella più remota antichità, e differenti origini gli si assegnano. Qualcuno l'attribuisce al desiderio di levare l'intemperanza nel bere; si ebbe vergogna, dicesi, di bere oltre misura, e, a colorire questo vizio s'inventò la falsa pulitezza di bere alla salute del vicino, quindi degli assenti, pratica che dagli Inglesi e dai Francesi chiamasi toaser. Altri additano un'origine religiosa. Gli antichi, dicesi, collocavano presso alla mensa le immagini de' loro. Dei domestici e tutelari, facevano loro delle libazioni, e bevevano salutandoli. In processo di tempo bevettero alla conservazione e prosperità delle persone più care, parenti, amici padroni, ecc. I Franchi, divenuti cristiani, credettero di fare un atto di religione bevendo in onore de'morti, e soprattutto in onore di quelli che erano saliti in fama di santità. Ma quest'uso fu riguardato come un'idolatria, una profanazione; un concilio di Nantes anatematizzò; Carlomagno lo proibì ne' suoi Capitolari. Le persone allegre in Francia conobbero facilmente che era cosa ragionevole d'abbandonare i morti, e siccome credevano pure ragionevole l'uso d'onorare il merito bevendo, quindi i viventi rimasero oggetto delle libazioni, e particolarmente gli amici e le amanti. I moderni Greci, volendo far onore ad una persona, bevono tre o quattro bicchieri in suo nome. I Greci suddetti tra un servizio e l'altro s'abbandonano al canto. L'uso di cantare ne'pranzi sale in Francia ai tempi della cavalleria, e continuò sino a Luigi XV. Se non che i Francesi negli ultimi tempi non cantavano che al dessert: ciascuno intonava una canzone allegra, della quale ripetevasi in coro il ritornello. Dal XVI al XVIII secolo regnò in Francia l'uso d'accumulare molte vivande sul medesimo piatto ed in modo da formare una piramide. L'altezza di questa essendo divenuta la misura dell'abilità di chi la costrusse e delle lodi che gli tributavano i commensali, la faccenda si complicò; si posero sulla stessa base vivande e piattelli, confetture e porcellana, frutti e figure, sicché ne risultavano de'campanili si alti che, giusta l'espressione di madama Sevigné, fu talvolta necessario alzare le porte. Per lo passato, allorchè avevate ricevuto un pranzo da qualche amico in una città della Gran Bretagna, eravate sicuro di ritrovare, partendo, disposti a spalliera nell'anticamera o lungo le scale tutti i servi che vi avevano servito a tavola, cominciando dal maggiordomo sino al guattero, e dovevate porre nelle mani di ciascuno una moneta proporzionata al suo ufficio. Quest'uso che riscoteva un dazio sul commercio dell'amicizia, che poneva ostacoli all'ospitalità, che nella casa d'un amico faceva pagare un pranzo al prezzo quadruplo di quello che si sarebbe pagato in casa d'un locandiere, quest'uso incivilissimo obbligava molte persone a dichiarare che non erano abbastanza ricche per accettare pranzo da tale o tal altro milord. Questo dazio, che era in vigore nello scorso secolo anche in Olanda, si pagava sotto gli occhi del padrone, il quale non s'accorgeva o non voleva accorgersi che era cosa sommamente inurbana il volere alimentare de'servi con contribuzioni forzate imposte all'ospitalità ed all'amicizia. Gli Scozzesi furono i primi ad abolire quest'uso nel 1760, con grande scandalo de'servi, i quali non mancarono d'invocare le venerate pratiche de'maggiori, e declamare contro la corruzione del secolo, e ripetere nel loro gergo » Declina il mondo e peggiorando invecchia ».

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Donnine a modo

193935
Camilla Buffoni Zappa 1 occorrenze
  • 1897
  • Enrico Trevisini - Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Vestita così può recarsi in stanza dei genitori a dar loro il buon giorno e vedere se di nulla abbisognano. 3. Lesta come una gazzella, che son così pochi quei poveri annetti che tiene sulle spalle, la mia piccola amica rientra nella sua stanza, rifà il letticciuolo accuratamente, dispone gli oggetti di vestiario che deve indossare per recarsi alla scuola, sul letto istesso, spolvera i mobili, e mette a posto tutto quello che potesse trovarsi in giro per la sua stanza. Ordine, fanciulle mie! l'ordine è un'altra preziosa dote delle persone bene educate, ed è apprezzatissima nelle donne. I vostri studi non vi permettono di occuparvi ora molto della casa, specialmente nelle ore del mattino, ma in ogni modo dovete sempre trovare il tempo di riordinare la vostra stanza. Perciò trovo che la fanciulla che impigrisce nel letto, dal quale balza solo allora che ha i minuti contati per la toletta e la colazione, e lascia tutto in disordine per recarsi alla scuola, non è una fanciulla educata. Un noto proverbio dice:« La brava donnina fa il letto la mattina, una così così lo fa il mezzodì, farlo la sera è cosa da versiera». E voi lo sapete, i proverbi sono la scienza dei popoli. 4. Nella vostra casa avrete certo una stanza dove si spazzolano gli abiti, pigliate i vostri e portateveli; spolverateli per bene con la spazzola ogni mattina, e ogni otto giorni batteteli. Queste occupazioni vanno disimpegnate a finestra spalancata, perchè la polvere è dannosa alla salute. Molte di voi avranno una o più donne di servizio, e penseranno che ciò le dispensi di occuparsi della loro cameretta, e dei loro indumenti. Niente affatto, mie belle pigrette: alle persone di servizio tutt'al più potete dare da pulire i vostri stivaletti, ma tutto il resto dovete imparare a farvelo da voi, se volete essere poi in grado di ordinare quando sarete padrone di casa. 5. Rientrata nella sua stanza la mia lettrice chiuderà i vetri, si spoglierà dell'abito da mattina, si laverà per bene le mani, badando specialmente alle unghie che devono essere pulitissime, il viso, il collo, le orecchie e i denti. La pulizia scrupolosa della propria persona è cosa sommamente necessaria a tutti, ma se è possibile, ancora di più ai fanciulli che trovano sempre mille modi di insudiciarsi. Indi si pettinerà, o si farà pettinare, a seconda dell'età e della capigliatura. 6. Quando siete veramente pulite, e pettinate indossate l'abito per la scuola; debbo raccomandarvi di bandire gli spilli dalla vostra toletta, prima perchè pericolosi, poi perchè sono un incentivo al disordine. È tanto comodo, pensa qualcuna, riparare alla mancanza di un bottone con uno spillo; si può tanto bene con esso celare uno strappo, dice un'altra; d'accordo, ma questo metodo qualifica la fanciulla disordinata; ago, filo, ditale, e forbici, non debbono mai mancare nella stanza di una brava fanciulla, e se la disgrazia successa al vostro abito si limita a cosa che potete riparare con le vostre mani, fatelo subito, senza indugio; non rimettete al domani quello che potete far oggi, per non correre il rischio di non farlo mai più. Se invece si tratta di uno strappo troppo difficile ad accomodarsi portatelo dalla mamma, e pregate che ci pensi lei. 7. Un'altra cosa che evita la brava fanciulla è quella di mutare ogni secondo giorno abito e grembiale di scuola lasciandoli poi in giro nè puliti, nè sporchi. Anche questo è disordine bello e buono. 8. Fazzoletto, colletto e altri accessori della vostra toletta debbono anche per la scuola essere pulitissimi. 9. Così riordinate potete recarvi a far colazione. La colazione della mattina, specialmente per chi deve recarsi alla scuola non presenta molti lati a' consigli di educazione; il più delle volte nelle famiglie la fanno alla spicciolata i diversi membri, così che mi limito per essa a esortarvi di non insudiciarvi nè gli abiti, nè le mani. Non così gli altri pasti che vi riuniscono alla mensa di famiglia. 10. Non sedete ad essa prima che vi abbiano preso posto i vostri maggiori, e non l'abbandonate sotto nessun pretesto prima che il pasto abbia termine. 11. Non incominciate a mangiare prima di essi. 12. Potete, sebbene non si usi più, augurare in famiglia il buon appetito: farà sempre piacere ai vostri cari. 13. Non mangiate male: cioè non battete la bocca in modo da produrre rumore, non prendete sul cucchiaio tanta minestra da doverne poi lasciare la metà per un secondo boccone; non vi portate alla bocca ossa da spolpare, non intingete il pane nel sugo del vostro piatto, in modo da ripulirlo come fanno il gatto ed il cane. Non immergete pane nel vino, non sbucciate le mela, le pera, le pesche tenendole con le mani, ma sibbene con la forchetta; non le sbucciate a spira, ma verticalmente dopo averle divise in quattro parti. Aiutarsi, per mangiare la minestra, della forchetta è cosa lecita solo allora che si tratta di pasta molto lunga. Per tagliare e portarsi il cibo alla bocca si tiene la forchetta nella sinistra, nella destra il coltello, ma non si porta mai questo alla bocca. Se si mangia pollo o selvaggina è permesso(badate dico che è permesso, non già che sia bello) portare le ossa alla bocca, servendosi per tenerle di un angolo del tovagliolo. Non s'ha a tagliare tutta la vostra parte in pezzetti come fa la madre amorosa per la sorellina minore, ma boccone per boccone. II pane si spezza, non si taglia, a meno si tratti di pane raffermo o di quello che accompagna il tè. L'insalata, la pasta asciutta, insomma i cibi che fanno molto volume, debbono essere messi in bocca a piccole dosi. 14. Le più giovani delle mie lettrici si vedranno mettere sul piatto dalla madre o da qualche altro della famiglia la loro porzione. Si ricordino bene che il lagnarsi su tale distribuzione è mancanza di educazione. Se proprio quanto si ha ricevuto sembra poco rispetto al proprio appetito potranno poi, quando tutti i maggiori che siedono a mensa avranno preso per la seconda volta, chiederne un pochino anch'essi, ma ciò senza insistere, persuasi che se vien loro rifiutato è unicamente perchè potrebbe esser nocevole alla loro salute. Io vorrei qui aprire una parentesi e dire a tutte le fanciulle buone che mi leggono, che se volessero proprio tutti togliere ogni giorno un bocconcino non all'appetito ma alla gola, unicamente a questo brutto viziaccio che ci conduce tanto facilmente alle più volgari indigestioni, e si volesse regalarne i bimbi poveri che vediamo ogni giorno, ci sarebbero al mondo tanti infelici di meno. 15. Debbo dirlo alle mie lettrici che ogni critica sulle persone che intervengono alla loro tavola è per lo meno inurbana? Che il ridere di un difetto o di un vizio altrui indica poco cuore e poca educazione? 16. Che ogni loro apprezzamento sulla bontà dei cibi, è per lo meno intempestivo? 17. Che l'interrompere il discorso dei grandi per esprimere una loro opinione qualunque è un procedere villano? 18. Che l'appoggiare i gomiti sulla tavola, il battere la bocca, il dondolarsi sulla sedia, o fare di questa una specie di altalena sono tutte cose contro il galateo? 19. Nè mi pare necessaria l'avvertenza che prima di bere si abbiano a pulire la bocca, perché lo spettacolo dei bicchieri orlati di grasso, è per sè cosa talmente disgustosa da ricordare quest'avvertenza alle mie lettrici. 20. E che dirò di quelle di voi che di sotto la tavola urtano i piedi dei vicini o fanno giuochetti con le gambe? 21. E delle altre che si permettono di asciugarsi la bocca nella tovaglia, o peggio nel fazzoletto, anzichè servirsi del tovagliolo ? 22. Nè posso dire a chi mi interroga che sia permesso a reclamare questa o quella parte di ciò che sta in mezzo alla tavola col pretesto che è il loro boccone preferito. 23. E vorrei dire ancora che è ottima pratica di fine educazione il pulirsi il meno possibile il naso durante il pasto, o se vi si è costretti, farlo con il minor rumore possibile, senza mettere in mostra il fazzoletto anche se pulitissimo. 24. Se siete obbligate di assentarvi un momento da tavola per ragioni più forti della volontà, muoversi con modi tranquilli, dicendo un «permesso» a mezza voce, senza lasciar intravedere che miseria di cosa vi chiama altrove. Questo pudore delle cose meno belle che abbiamo nella nostra natura è un sentimento ch'io vorrei coltivato assai nelle mie giovani amiche. Dissimuliamo tutto ciò che è necessità di natura, ma che può in qualche modo urtare a schifo, a nausea, a disgusto. 25.In altri tempi si voleva che le signorine, i poeti, e tutte le altre persone che avevano una pretesa all'idealismo si vergognassero di mangiare con buon appetito, quasichè fosse bello, fosse poetico lo stare a tavola come tanti infermi cui il cibo ripugna. Questa è una esagerazione: mangiate pure volontieri, ciò fa piacere a chi vi vede, ma di ogni altra necessità della vita siate guardinghe a far mostra; perciò se la sete v' incalza preferite l'acqua al vino; se sentite il bisogno di sbadigliare celate la bocca dietro la mano, se lo starnuto sta per vincervi nascondete il naso nel fazzoletto, se tossite portatevi la mano alla bocca; se avete sonno andate a letto. È cosa tanto brutta dar spettacolo del proprio riposo su sedie, poltrone, o peggio con la testa e i gomiti sulla tavola.... 26. Nè dovete passare il tovagliuolo sui piatti, o nei bicchieri, come usasi all'albergo e alla trattoria; nè ridurre così sporco questo arnese da mettere nausea a chi lo vede, nè di esso s'avrà a far mostra spiegandolo, come paludamento reale, sul proprio petto. 27. Guardatevi, lettrici mie, di non pulire il coltello e la forchetta con un pezzo di mollica di pane; e anche dal brutto vezzo di battere le posate sul piatto statevi in guardia. 28. Di cibo, specialmente di minestra pigliatene sulla posata quel tanto che basta per un boccone. 29. Empirsi il bicchiere fino all'orlo non é da persona bene educata; nè lasciare interi i gusci delle uova; s'hanno invece a frangere. 30. Mangiando bisogna osservare che la sedia sia collocata in modo da non trovarsi nè troppo vicini, nè troppo lontani dalla tavola; di non star curvi sul piatto, di non soffiare sulle vivande perché si raffreddino. 31. È necessario ricordarsi che il coltello deve servire soltanto per tagliare, e che il fargli fare talvolta le veci di forchetta è mostrarsi digiuni di ogni uso di mensa; un'altra avvertenza importantissima è da osservare la regola di non toccare il pesce col coltello. È questa una importazione dall'Inghilterra, che sulle prime parve strana ma che venne poi senz'altro adottata con tanti altri usi d'oltre Manica; e ciò non senza ragione; il pesce a contatto con l'acciajo piglia un sapore sgradevole; quindi, poiché veramente l'inglese è il popolo che può darci dei punti anche pel modo di comportarsi a tavola, seguiamo il suo esempio, e mangiamo il pesce servendoci della forchetta e di un pezzo di pane. 32. Ognuna delle mie lettrici avrà sentito ripetersi più di una volta che parlare a bocca piena è mancanza di educazione; se lo ricordino sempre perché questo è uno dei piu frequenti malvezzi dei giovanetti e delle giovinette. 33. Alcuna fra le più grandi di voi dovrà qualche volta versar da bere alla mamma, al babbo, alla nonna, al nonno, ai fratellini e sorelline minori, ebbene ricordatevi che la bottiglia va presa nel suo mezzo e non già pel collo come usano gli osti. Versar poi da bere tenendo la mano capovolta è la maggiore inurbanità, ricordando questo il modo di mescere l'ultimo bicchiere di vino che si dà al condannato a morte nei paesi dove l'estrema pena è ancora in uso; badate anche di non far cadere il vino sulla tovaglia. 34. Bevendo portarsi colla mano il bicchiere all'altezza della bocca, e non già curvarsi su di esso: non esagerate questa altezza col rovesciarvi all'indietro, né specchiatevi nel liquido come fanno i bambini più piccoli; dopo bevuto asciugatevi la bocca. 35. Mangiando la bocca resti chiusa, poiché come è brutto sentir rumore da chi prende cibo, non è tampoco bello a vedersi. Non stritolate coi denti né ossa, nè nocciuoli, e dalle ossa non succhiate il midollo. Se dovete prendere un po' di sale adoperate la punta del coltello, mai la forchetta nè il cucchiaio. Per servirvi dal piatto comune non adoperate la vostra posata. 36. Se mangiate frutta provvista di nocciuoli guardatevi bene dal mandarli direttamente dalla bocca sul piatto, ma invece raccoglieteli nel pugno socchiuso, per lasciarli poi cadere sul piatto. Così dicasi per le buccie dell'uva. 37. Degli asparagi si taglia quel tanto che si mangia e lo si porta alla bocca con la forchetta e non già interi e con le mani come usano ancora parecchie persone e che ci tengono a una fine educazione; con ciò voglio dirvi che il primo modo è il migliore. 38. Mangiate adagio, è più salutare e più distinto. 39. Per un sentimento di buon gusto proibisco alle mie giovani lettrici l'uso degli stuzzicadenti, anche se alcuno in casa loro ne adoperasse. È brutto veder frugarsi nella bocca, e d'altronde i giovani non ne devono aver bisogno, anche per amore dei loro denti che gli stecchini rovinano; peggio poi far servire la forchetta a questo uso. 40. Se desiderate levarvi da tavola quando il pasto è finito, e gli adulti rimangono per il caffè o far quattro chiacchiere, chiedetene il permesso, e allontanatevi compostamente, non sbrigliandosi come cane sciolto allora dalla catena; se poi vi trovaste a un pranzo d'invito non vi muovete senza esserne invitati dai padroni di casa o dai loro figli. 41. Alle frutta non è permesso, nemmeno nell' intimità di famiglia, che i ragazzi se ne mettano una parte in tasca, e così dicasi del pane, cosa contraria anche alla salute. 42. Vi sono fanciulle alle quali certe qualità di cibo non piacciono. Senza usare del rigorismo antico che non concedeva altro alla figliuola che rifiutava una data qualità di cibo, io prego le mie lettrici di non cedere troppo ai capricci del loro palato. Devono da sè stesse, e con un po' di buona volontà, vincere a poco a poco certe ripugnanze. Se il grasso ripugna, la giovinetta che ogni giorno s'imporrà di mangiarne un pezzetto mescolato all'altra carne, vedrà che in breve tempo lo sopporterà senza disgusto. E cosi di molte altre cose delle quali si direbbe a bella prima: non ne voglio! 43. A proposito: la parolavoglio" e qualsiasi altro imperativo assoluto sia bandito dal linguaggio di una ragazza educata. Voi lo conoscete, è vero, il vecchio aneddoto dell'erba voglio?No? Ebbene, eccovelo: «In tempi remoti quell'erba cresceva quasi dovunque, ma ognuno tentava di distruggere quella degli altri, e di far prosperare la propria. E fecero tanto che di quella povera pianta che dava tanta potenza a chi la possedeva, ne rimase un solo esemplare nel giardino del re. Quando il popolo seppe la cosa, fu una sommossa, una rivoluzione. Si sarebbe giunti a uccidere il sovrano per impadronirsi di quell'erba. Quando il clamore della rivolta fu così vicino che il re lo potè udire dalle sue stanze, per aver salva la vita e il potere si presentò al popolo tenendo nelle mani la pianticella che gettò sopra il falò improvvisato dalla ciurmaglia. Così anche nella reggia l'erba voglio venue distrutta; non vo' a dire che cosa effimera divenne poi la potenza sovrana, finché all'erba voglio non immaginò quel re sostituire l'erba dolcezza che gli ridonò il suo potere sul popolo.» Per ciò anche voi siate dolci nei modi con tutti, sopratutto con gli inferiori. Siate dolci coi fratelli e con le sorelle di voi minori che hanno duopo del vostro affetto; siate dolci colle compagne di condizione inferiore alla vostra; siate dolci con le persone di servizio. 44. Se nella vostra casa ne avete alcuna cercate di farvi servire il meno possibile; se avete qualche cosa da far fare non dimenticate il tradizionale: fate il favore, che non costa nulla a chi lo dice, e fa tanto piacere a chi lo sente, togliendo al comando quell'asprezza che umilia. Se di questi servi ne avete alcuno vecchio e per di più invecchiato nel servire la vostra famiglia, potete dimostrargli un po' di affetto, senza però accordargli soverchia confidenza. 45. Chiamerò maleducata la fanciulla che per trastullo o per ira mette le mani addosso a qualcuno, specialmente a un servo; quella che riderà se uno di essi viene ripreso; che metterà in burla il modo di gestire o di parlare di essi. 46. Non date deltuai domestici, ma ilvoi,perchè iltuè troppo confidenziale. 47. Non criticate la loro ignoranza, anche perchè l'avere servi analfabeti è una vera fortuna per chi li possiede. 48. Non irridete le loro superstizioni, che per essi sono come un patrimonio di tradizioni popolari che è degno di qualche riguardo. 49. Siate docili con essi per non sentirvi dire quell'umiliante: «lo ripeterò alla sua mamma » che tante signorine ricevono ogni giorno senza badare, mentre se avessero un po' di puntiglio cercherebbero evitarselo. 50. So di molte fanciulle che commessa qualche marachella ne fanno confidente la domestica dicendole: «non dirlo alla mamma.» Questa è un'abitudine pessima, prima per l'inopportuna confidenza che si dà alla persona di servizio, secondo perchè per la giovanetta per bene la prima, l'unica amica è la madre. Potessi dire e far comprendere a tutte le figliole che mi leggono quanto profondo è l'affetto delle madri per le sue creature.... sono persuasa che non una di esse le farebbe più il torto di scegliere una compagna o peggio una domestica per confidente. No, fanciulle mie, non dovete credere che perchè l'amica, o la persona di servizio sorridono a una vostra mancanza, e la mamma vi corregge, questa vi voglia meno bene di quelle. Povero affetto materno, come male lo apprezzate, lettrici mie! se sapeste che inesauribili tesori di indulgenza cela il dolce rimbrotto materno; se sapeste che abissi di biasimo, di critica e di maldicenza sta sotto il sorriso della compagna e della donna di servizio. 51. La signorina cui sta a cuore di crescere educata sta il meno possibile a contatto con i servi; non va in cucina a scoperchiare le pentole, nè a frugare nei cassetti, non si siede, nemmeno per burla, alla loro tavola, non dà mai loro l'umiliante titolo di serva o di servo. Nel caso che uno di essi risponda in cattivo modo alla mia giovane amica essa serba laserenità dei forti,e invece d' ingiuriarlo gli dice con molta dolcezza: «se il babbo o la mamma sapessero che mi rispondete così ne avrebbero dispiacere.» E basta: non si deve discutere con le persone di servizio, nè permettere ch' esse discutano con noi. 52. Le mie simpatiche fanciulle ricordino sempre che non si deve esigere dai domestici ignoranti una perfezione dalla quale anche noi malgrado la nostra educazione siamo ben lungi. Pensiamo spesso che la loro condizione impone la continua assoluta negazione della propria volontà, e compatiamo molto. 53. Se sono malati interessatevi alla loro salute, e se potete, risparmiate loro qualche fatica. In tal modo ve ne guadagnerete l'anima. 54. So di alcune brave mammine che esigono dalle loro figliuole una regolare prestazione alle occupazioni di casa. Vorrei che le mie lettrici avessero tutte una di tali mammine. Per esempio, sono in più di una le fanciulle in una casa: ebbene, la mamma vuole che durante una settimana per ciascuna, abbiano a rifare le stanze, preparare e sparecchiare la tavola, mescere il caffè dopo il pasto, ecc. Questa occupazioni mettono in continuo rapporto la signorina con la donna di servizio. Come è necessario che essa sappia serbarsi signora anche nelle umili faccende domestiche! Non ciarle inutili, buoni modi nel comando, ma sopratutto perfezione nel disimpegno di tali occupazioni. L'impazienza, l'ira, il rimbrotto acerbo sono procedere da fanciulla educata malamente. Il farsi ripetere più volte dalla mamma di fare questi semplici servigi è cattiva educazione, e cattivo esempio per i domestici. Siate sempre sollecite al dover vostro sia che si tratti di cosa che ha tutta la vostra simpatia, come di cosa che non vi piace fare. 55. Non permettete mai che la donna si offra di supplirvi in simili occupazioni, commettereste una disobbedienza alla mamma, e un atto umiliante verso voi stesse. 56. Non permettete alla domestica di entrare nella vostra camera senza bussare prima alla porta, e non lasciatela entrare se non siete completamente vestite. 57. Non vi lasciate nemmeno pregare d'aiuto in alcuna faccenda, e se richieste rispondete che si rivolga alla mamma per averne il permesso. 58. Non scrivete lettere per i vostri domestici senza avere l'autorizzazione dai vostri genitori. 59. In Germania le fanciulle, anche se ricchissime, vanno, dopo finita la loro educazione, a passare qualche mese in un albergo dove devono imparare la cucina, tanto in quel benedetto paese si stimano le qualità domestiche nella donna. In Italia molte signorine che sanno cincischiare il francese, e strimpellare sul piano e sul violino, non saprebbero nemmeno mettere al fuoco il bollito. Fra le due cose attenetevi al giusto mezzo, e cercate di imparare almeno le coserelle più semplici. Ma badate, veh; stare qualche ora in cucina non significa avere poi l'abito pieno di macchie, né le mani nere, nè il viso unto. 60. Non vi fate sorprendere mai dalle persone di servizio a dire una bugia, nè a rubare una zolletta di zucchero; se lo ridicono alla mamma voi siete umiliate, se taciono stabilite con esse una specie di complicità che finisce col degenerare in confidenza. 61. Se qualche cosa che non sapete, è a loro conoscenza, non crediate di umiliarvi col chieder loro il modo col quale potete disimpegnarvi. 62. Vi parrà strano che vi abbia parlato prima dei vostri rapporti con i domestici, che di quelli con i parenti; non pensate che sia stato un caso; tutt' altro: ho voluto mettere questi rapporti in capo-linea, perchè cosa più importante di quanto non crediate: i parenti sono pieni d'indulgenza per i fanciulli, ma le persone di servizio sono i loro giudici. Per ciò ho creduto diffondermi in proposito. 63. Mi si chiede se i riguardi che una fanciulla deve ai genitori siano identici per l'uno e per l'altro. Ecco: con la mamma si può essere più espansive, ma l'affetto e la deferenza debbano essere eguali per entrambi. 64. Se alcuna delle mie piccole amiche ha l'uno o l'altro dei genitori più indulgente del compagno non ne abusi per carità! Dimostrerebbe cattivo animo e mancanza di educazione se riserbasse le sue impertinenze per l'ora in cui la presenza del genitore più debole (badate dico più debole, non già più buono) la incoraggia. 65. I comandamenti d'Iddio dicono« Onora tuo padre e tua madre » ma non fanno parola dei sentimenti dei genitori verso i figli. Eloquente silenzio della legge divina che sa i tesori d'affetto che i genitori hanno per la propria prole. Se giovanetti e giovanette fossero persuase di questo affetto, il mondo camminerebbe assai meglio. E infatti come non amare, non rispettare, non obbedire chi dopo averci data la vita, si sagrifica tutto per noi ? Se sapeste quanto costi ai vostri genitori sgridare, castigare i loro figli sono persuasa sareste tutti più buoni. 66. Amore, obbedienza, rispetto, ecco il vostro galateo verso i vostri cari. 67. L'amore vi suggerirà di salutarli con un bacio e un «buon giorno» quando vi levate la mattina; di chieder loro se hanno passata bene la notte; vi dir che quando non stanno bene, la casa deve essere tranquilla, tacere ogni schiamazzo; se sono tristi vi farà intuire che hanno qualche affanno e senza chiedere ragione della loro tristezza vi stimolerà ad essere verso di loro più teneri per confortarli. L'amore vi dirà che essi soffrono se non studiate, se non dimostrate di crescere buone e saggie, e perciò anche la fatica vi sembrerà lieve, fatta in loro nome; l'amore vi ricorderà sempre la loro presenza anche se sono lontani, e perciò non farete, o direte cosa alcuna che sappiate contraria alla loro volontà, anche se non vi possono vedere nè udire. Sarà ancora l'amore per i vostri genitori che vi spronerà ad essere previdenti così da indovinare quasi i loro desideri; e che a tempo e a luogo vi suggerirà di gettar loro le braccia al collo come se foste sempre bambine. 68. L'obbedienza vi farà dimenticare la vostra volontà ogni volta che essa non è conforme a quelle dei vostri genitori, vi farà sfuggire quelle persone e quei luoghi ch'essi non stimano adatti a voi, ecc. Sempre per obbedirli non vi farete pregare se essi vi chiamano per salutare persone che fossero da loro in visita, non rifiuterete di farvi vedere dal medico, nè di prendere medicine se siete malate. 69. II rispetto vi porterà innanzi a loro sempre linde e ravviate; vi inculcherà l'ordine in tutto ciò che vi riguarda; vi impedirà di parlare scorretto, o di leticare tra voi come ciane. È rispettando i genitori che non farete mai cosa contraria all'educazione, come una scortesia, un'alzata di spalle, una risposta arrogante, uno sbadiglio rumoroso, un'osservazione al loro operato, una critica al loro modo di dire o di fare. 70. La fanciulla ben educata cerca di essere un aiuto alla madre, un conforto per il babbo: so di fanciulle che vedono la loro genitrice lavorare come una macchina, e desse fanno le signorine, leggono, suonano il piano, ecc. Come danno esempio di poca educazione e di poco cuore queste signorine! Nessuna occupazione é umiliante quando fatta nel santuario delle pareti domestiche. Certo che non è bello farsi vedere da tutti con la scopa o lo strofinaccio della polvere nelle mani; ma dall'innalzare in aria la granata, proclamandola «l'arma di famiglia» come faceva una signora che ho conosciuta, a restarsene a dipingere o a leggere come fanno certe fanciulle mentre la mamma riordina la casa, ce ne corre! L'intenzione nobilita ogni cosa, e io stimo di più la fanciulla che obbliga la mamma a starsene tranquilla e la supplisce magari nel lavare i piatti, che quella cui accennavo. 71. Un' occupazione che piace poco alle ragazze quella di aiutare a ripassare il bucato, così che cercano di esimersene, o se lo fanno, riesce cosa da chiodi. Signorine care, anche quest'occupazione fa parte di quell'ordine indispensabile a ogni fanciulla per bene, e io vi esorto a interessarvi al suo disimpegno. E quando avrete in bell'ordine la vostra biancheria, disponetela ben divisa nei cassetti tenendo ogni singolo oggetto diviso da quello di un'altra specie. Esprimo qui un giudizio che vi potrà sembrare esagerato e non lo è: vorrei dire che aprendo il cassettone di una signorina si conosce se la sua educazione è profonda o superficiale. 72. Mi raccomando a quelle signorine che hanno il babbo il cui impiego lo tiene assente di casa meno l'ora dei pasti, di evitare in quelle ore qualsiasi cosa poco piacevole, in modo che quel povero uomo che lavora tutto il giorno per la sua famiglia non trovi nella casa un pandemonio, e possa dire veramente, entrando fra le pareti domestiche, di trovarsi inpiù spirabil aere. 73. Alcuna di voi avrà la sventura di esser orfana d'uno dei genitori, inutile vi dica che dovete al superstite tutta l'obbedienza, l'amore, il rispetto che avreste avuto per entrambi. 74. Se avete una matrigna o un patrigno siate rispettosi verso di loro come lo siete col vostro vero genitore, anzi, se è possibile, siatelo maggiormente, considerando che il babbo e la mamma vi amano spontaneamente, mentre l'affetto del patrigno o della matrigna fa duopo conquistarselo. 75. Così non vi lagnate col genitore vostro dell'altro che tiene luogo di quello perduto; ogni lagno è cosa puerile, e può suscitare fra essi deplorevoli discordie. 76. Spesso le fanciulle che hanno una matrigna si atteggiano a vittime, e naturalmente essa deve far la C. BUFFONI-Z APPA parte del carnefice. Come vorrei poter dissipare dalla mente delle mie giovani amiche questa cattiva prevenzione del volgo contro la matrigna; come vorrei poterle persuadere che spesso un semplice malinteso genera discordie irritanti e deplorevoli. Dimenticate, amiche mie, che non è la vostra vera mamma; il pensiero della vostra povera morta s'innalzi sine a considerarla come una santa, alla quale chiedete protezione, ma non confrontate con essa la donna che ne tiene le veci. Non pigliate in mala parte le correzioni che è obbligata a farvi; non permettete a nessuno di chiedervi se vi vuol bene, come non vorreste ve lo si chiedesse trattandosi di vostra madre; siate orgogliose di poter mostrare che le volete bene, e che vi vuol bene, a differenza delle ragazze del volgo che con la matrigna sono sempre in lotta. I suoi figli trattateli da fratelli e non da nemici; obbeditela, rispettatela, e io vi prometto che il vostro buon cuore e la vostra buona educazione potranno evitare contese indegne di persone per bene. 77. Forse in casa vostra si trovano anche i nonni? Quali i doveri della fanciulla educata verso quei cari vecchi, ch'io vorrei considerati come il buon genio della casa? Tutti i riguardi che vi ho consigliati verso i genitori, più tutto ciò che vi può suggerire la considerazione della loro età. Tante volte essi sonnecchiano e vi è forza rinunciare a aprire il pianoforte; dà loro noia l'aria, e voi dovete rinchiudere quella finestra che vi dava un'arietta deliziosa; vorreste leggere un libro che vi interessa e l'ava vi invita a leggerle una pagina che vi fa sbadigliare; vorreste correre in giardino e il nonno vi racconta per la centesima volta un fatterello de' suoi vent'anni. Ebbene,fa duopo che vi prestiate, senza far capire che vi costa noia, alla lettura ad alta voce di un libro che magari non vi piace; fa duopo che rinunciate senza rincrescimento alla passeggiata in giardino, e ascoltiate invece attentamente un racconto che forse sapete a memoria. Non dovete credere, del resto, che questa lettura che siete costrette a fare sia inutile per voi; vi abitua a leggere ad alta voce, cosa necessaria per una fanciulla educata, e cosa che far bene non è facile come pensate. Per leggere bene conviene avere una pronuncia chiarissima, ciò che si ottiene solo da un lungo esercizio; non balbettare; dare ad ogni vocale il suono giusto; far spiccare nettamente le doppie consonanti; e prender fiato senza far subire a chi ascolta impressione di una grave fatica. Bisogna capire il senso di ciò che si legge per dare quell' intonazione di voce, quelle cadenze, e osservare scrupolosamente quella punteggiatura che sole possono far risaltare la bellezza di una pagina. Fa duopo anchesentireciò che si legge, per far gustare a chi ci ascolta le emozioni che la lettura procura ad ogni anima eletta. Leggere con giusta misura, cioè nè troppo in fretta, perchè chi ascolta non potrebbe afferrarne il senso, nè troppo lentamente, dando noia e monotonia. L'enfasi è pure nocevole a una lettura ben fatta, che deve essere improntata a naturalezza e semplicità. Una signorina che sa leggere bene è un tesoro per la società; ma credete a me: come è un tormento sentir strimpellare e stuonare sul pianoforte, è pure un tormento sentir leggere male. La lettura ad alta voce, come dice Legouvé, è più adatta alla donna che agli uomini, e queste hanno più di quelli occasione di adoperarla come sollievo in famiglia. Il modo più proficuo per imparare a leggere bene è di prestare molta attenzione a chi emerge per la lettura ben fatta; quest'insegnamento pratico vale più d'ogni lezione teorica. Il nonno vuol ripetervi un suo vecchio racconto? come deve comportarsi la fanciulla che ci tiene a una squisita educazione? «Ascolta» mi rispondete in coro. D'accordo, ma c'è modo da modo di ascoltare. Chi si occupa d'altra cosa mentre ascolta, chi giuoca con i piedi o con le mani, chi sbadiglia, chi si rovescia sulla sedia, chi interrompe il narratore non si può dire che ascolti. Bisogna che tutto l'esteriore della nostra persona lasci indovinare che prendiamo interesse a quanto ci viene narrato. L'arte d'ascoltare non è più facile di quella di parlare e di leggere, e io ho conosciute parecchie fanciulle che leggevano bene, parlavano meglio, suonavano a perfezione, ma in quanto ad ascoltare non sapevano nemmeno il principio. Eppure avviene spesso a una fanciulla di mettere a profitto questa che chiamo una virtù. 78. Anche ai nonni dovrete dare il buon giorno appena levate, e interessarvi della loro salute. Offrirete sempre in modo premuroso ad essi i vostri servigi, che disimpegnerete volontieri. 79. Se non sono istruitissimi (settanta o ottanta anni or sono l'istruzione era assai più limitata, specie per le donne) guardatevi bene dal farglielo sentire. Con ciò voglio dire di non contraddire le loro osservazioni anche se esse non vi sembrassero troppo giuste; di non intrattenerli in argomenti dei quali sono ignari, di non ridere di qualche sproposito che potessero dire; di non mettere in ridicolo le loro idee, o il loro modo di parlare, di vestire, di porgere. 80. Obbedienza ad essi, e premure affettuose non meno che ai genitori. 81. Ascoltate e seguite i loro consigli che sono spesso il risultato dell'esperienza, e cioè più apprezzabili ancora degli altri. 82. Alle più adulte fra voi incombe, se siete loro vicini di mensa, di versar loro da bere; ma ciò con bel garbo, badando di non versare il liquido sulla tovaglia; è pure vostro obbligo di tenere il piatto mentre si servono, porger loro la sedia, offrire il posapiede all'ava, incontrarli quando entrano in una stanza dove vi trovaste; badare alle correnti d'aria delle quali hanno tanta paura i vecchi; infine aver sempre presente che la loro età abbisogna di una continua vigilanza d'amore. 83. Badate di non parlare mai in loro presenza di morte non solo, ma badate anche di non farvi sentir dire di qualche loro coetaneo che é vecchio. Vi farà ridere, ma essi si credono sempre giovani, e se qualche volta accennano essi stessi alla loro vecchiaia, credete a me, è per il bisogno di sentirsi smentire. Mi ricordo un giorno che a casa nostra si era ricevuta una partecipazione di morte di una signora. La nonna mia, allora di ottan- tasei anni, si rivolse a un amico di casa che pure conosceva la defunta: «povera signora Margherita!... non era nemmeno vecchia.» A una specie di obbiezione dell'amico essa soggiunse: «avrà avuto cinque o sei anni più di me!» Ci volle del bello e del buono per non scoppiare in una risata. 84. Nella famiglia si possono trovare altri parenti, siate con tutti rispettosi e affettuosi. Specialmente con i congiunti dovuti al caso, cioè con quelli venuti in casa nostra da famiglie estranee, grazie a un matrimonio, raddoppiate di cortesia. 85. Avete dei fratelli, delle sorelle facilmente. Ai primi protezione e compatimento se di voi minori, rispetto e obbedienza se maggiori. Verso le sorelle affettuosa compiacenza, e non già litigi continui come usano molte fanciulle di mia conoscenza. 86. Se aveste perduto il padre e aveste un fratello maggiore ricordatevi che dovete ad esso quel rispetto e quella obbedienza che avreste avuto pel vostro caro defunto. 87. Ai fratelli e alle sorelle minori siate larghi di aiuti negli studi, ma in modo di far quasi loro una ripetizione di ciò che sentirono alla scuola, anzichè dettare il compito che non sapessero fare. 88. Non vi fate l'una l'altra delatrice dei falli dei fratelli e delle sorelle, che anzi dovete cercare di coprire e scusare, a meno che il vostro buon senso non vi dica che si tratta di cosa grave, e per la quale l'intervento dei genitori sia più che necessario. 89. Amatevi fra voi, anche se i vostri caratteri fossero assai diversi, e compatitevi. 90. Ora che credo avervi parlato abbastanza dei vostri rapporti con le persone della famiglia, vediamo alcune regole generali dalle quali non vi dipartirete mai nè in casa nè fuori. 91. Non canterellate fra i denti, non alzate le spalle, non fate delle dita scopetta al naso, non vi rodete le unghie, cosa contraria all'educazione a alla salute; non strappate le pipite coi denti, non parlate all'orecchio di una persona in presenza di un'altra, non dite bugie, non fate scricchiolare i denti nè le dita. 92. A'miei tempi quando una fanciulla aveva ricevuto un castigo si faceva un dovere di chiedere scusa a chi l'aveva rimproverata; oggi è tutt'altro: pare che il domandar perdono avvilisca; tornate al vecchio uso, fanciulle mie, e sentirete che la piccola umiliazione inflitta al vostro amor proprio, sarà ben compensata dalla gioia che sentirete dopo esser state perdonate. 93. Non vi mettete in ginocchio sulle sedie, non appoggiate i piedi sulla sedia occupata da un altro, non gridate nelle orecchie alle persone, parlate adagio in modo chiaro sì da non obbligare chi vi ascolta a farvi ripetere quanto avete già detto; parlate sempre la lingua nazionale, e non già i dialetti che vi abituerebbero a cadenze di voce, a un gergo che difficilmente riuscirete poi a perdere. 93. Non tenete una gamba accavallata sopra l'altra, nemmeno per lavorare. 94. Non vi mettete a leggere ad alta voce in presenza altrui se non ne siete state invitate. 95. Debbo ancora parlarvi di una circostanza nella quale vi potrete trovare di frequente: trovarvi sole in salotto quando la donna di servizio introduce una visita.Come vi diporterete? Trattandosi di un'amica di vostra madre, tanto più se ha con sè qualche bambina o bambino, vi consiglio di fermarvi, rispondendo graziosamente alle sue domande. Se si tratta di persona sconosciuta, specialmente se di un uomo, salutate con un cenno del capo, e ritiratevi. Se di persona che vedete qualche volta in casa vostra, o in casa di qualche amico della vostra famiglia salutate gentilmente, accennate alla pronta venuta dei vostri genitori, e chiedete il permesso di ritirarvi. Ma guardatevi sempre in questo caso dalle esagerazioni, come dal fuggire, dal rimanere incantate a squadrare la persona che vi sta davanti come fosse l'esemplare di una specie rara, dal tormentare il visitatore con domande che per quanto graziose, lo possono seccare. 96. Qualche volta invece la mamma vi farà chiamare per salutare chi venne a visitarla. Allora siate disinvolte senza sguajataggine, non vi permettete d'interrogare persone maggiori di voi, ma rispondete pronte alle loro interrogazioni. Non lasciate mai intravvedere che vi annoiate. 97. Se nel salotto si trova una fanciulla o un fanciulletto chiedete a chi li accompagna il permesso di portarli con voi a giuocare in un' altra stanza, e invitateli con buon garbo a seguirvi. 98. Inutile vi dica che all'ospite dovete lasciare la preferenza nella scelta dei giuochi, compiacerlo in tutto, sopportare anche qualche noia che vi potesse causare, ricordando che l'ospitalità è fino dai tempi più remoti cosa sacra. 99. Se escite di casa non dimenticate di salutare prima chi vi rimane.

Pagina 1

Nuovo galateo. Tomo II

194180
Melchiorre Gioia 1 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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- Si devono ammirare quelli che dopo d'essersi occupati di studio o d'affari nel gabinetto, possono ritornare agli affari o allo studio nelle conversazioni; ma non si possono spregiar quelli che dopo avere eseguito il loro dovere, abbisognano di riposo. Siccome i pranzi non sono eccellenti se non quando possono soddisfare tutti i gusti, così non sono eccellenti le conversazioni se una varietà di soggetti corrispondenti ai bisogni di ciascuno non presentano. Generalmente parlando, i discorsi seri non possono piacere alla maggior parte degli astanti, giacché la maggior parte vanno a ricercare nelle conversazioni riposo alla riflessione e pascolo alla fantasia. Non si può quindi approvare la condotta di Locke, il quale, mentre tre milordi, Hllifax, Anglesey, Shaftesbury, giocavano tra di loro, egli occupavasi a scrivere le parole che uscivano loro di bocca. Per quale motivo ridete voi, gli disse Anglesey? Perché non perdo nulla di quanto voi dite, rispose il filosofo, e gli mostrò la nota delle parole poco assennate che ciascun giocatore aveva detto. Questa censura era fuori di proposito, giacché da persone che giocano, e giocano per divertirsi, non si deve aspettare che argomentino in barbara o in baralipton. Quando prendiamo una medicina, dobbiamo noi osservare se é bianca o nera, leggiera o pesante, bella o brutta, graziosa o no alla vista di qualche astante? Ella ci ridona la salute, e basta. » All'incontro, dice Gozzi, certi Catoni vorrebbero » che non si uscisse mai dal malinconico e dal » grave, come se gli uomini fossero d'acciaio e non » di carne. Questi tali ci vorrebbero affogati nella » noia. E quando l'animo é infastidito, non é buono » né per sé né per altrui. Il meglio è un bocconcello » colla salsa di tempo in tempo, e poscia un grosso » boccone delle vivandi usuali. La misura ne' passatempi » é rimedio della vita; ed io tanto veggo magri sparuti » e disossati quelli che non pensano ad altro » che, al sollazzo, quanto quelli che tirano continuamente » quella benedetta carretta delle faccende ».

Pagina 32

Galateo morale

196641
Giacinto Gallenga 1 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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In luogo di ciò si vorrebbe quasi che quei drammi di patetico sentimento partecipassero della natura delle leggi criminali, poiché non di rado in grazia di quelle rappresentazioni noi veggiamo in sulle scene e gli assassini e i mariuoli e tutta quella marmaglia di scherani che non abbisognano della rappresentazione scenica per essere esecrati, e per cui sarebbe troppo lieve cosa la pubblica esecrazione. E non solo quei delitti che fanno fremere ogni cuore ben formato conseguono in tal maniera gli onori della commedia, ma quelli ancora che fanno arrossire ogni onesto spettatore». E vi sono impresari, vi sono capi-comici che per vile guadagno (e hanno il coraggio di dirlo) danno in pascolo a un'avida plebe questi sozzi spettacoli! e vi sono giornalisti che li lodano! e la morale e la civiltà pagano il fio di tutto e di tutti.

Pagina 126

Una famiglia di topi

205097
Contessa Lara 1 occorrenze
  • 1903
  • R. Bemporad &Figlio
  • Firenze
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Quell' obbligarle poi a stare in una gabbia o in una paniera le avrebbe fatto l' effetto d' aver imprigionato crudelmente dei poveri esseri, che per loro natura abbisognano d' aria e di libertà. Stabilì, dunque, che que' topini potessero girare per la casa a loro agio, purchè, se avessero fatto qualche guaio, fossero puniti con una tiratina d' orecchi: erano anch' essi bambini, nella loro specie, e i bambini, si sa, vanno educati: altrimenti farebbero un monte di male a sè medesimi e agli altri. Cosicchè i figliuoli di Ragù e della Caciotta, contenti come pasque, presero a scorazzare per tutto; ma segnatamente per due stanze che a loro dovevano sembrar delle piazze immense: il salotto da lavoro della contessa e lo studio de' ragazzi, ch' erano attigui, e nè anche divisi da un uscio, ma solo da una tenda orientale. Fu allora, che il diverso carattere dei cinque sorcetti ebbe modo di svilupparsi e manifestarsi. Dodò, uno de' maschi dal cappuccio nero e tutto il resto del corpo affatto bianco, scelse subito per suo domicilio una scansìa nella grande biblioteca della contessa Sernici. - È un topo di biblioteca! - osservò ridendo la signora; e spiegò a' suoi ragazzi che si sogliono chiamare topi di biblioteca quegli uomini studiosi i quali passano la vita fra i libri. Soggiunse poi, rivolta all' animaluccio: - Bada bene, Dodò, di non farmi dei guasti! Se hai voglia di rosicchiare, ti metto qui de' giornali vecchi; ma rispetta i libri, sai, bada bene! Dodò ascoltava, attento, battendo i dentini dalla gioia d'esser lasciato in quel luogo. Ci eran le file di libri assai belli e ben rilegati in marrocchino, in bulgaro,

Pagina 52

Il giovinetto campagnuolo II - Agricoltura

205562
Garelli, Felice 5 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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Con la pratica sola, o con la sola scienza, non sei ancora un buon coltivatore: per esserlo ti abbisognano studio e pratica riuniti. La ricordi la storia del paralitico e del cieco? Erano vicini; ma nè l'uno, nè l'altro poteva muoversi dal posto: e il perchè, lo intendi bene. Dopo un po' di tempo, il paralitico disse al cieco: «Compare mio, se non ci aiutiamo l'un l'altro, resteremo sempre qui. Tu che hai buone braccia e buone gambe prendimi sulle spalle, ed io che ho buoni occhi ti insegnerò la via». La proposta del paralitico era utile ad entrambi; e il cieco rispose tosto: «Ben trovata, mio compare, ben trovata. D'or innanzi facciamo vita comune; io vedrò coi tuoi occhi, e tu camminerai con le mie gambe». 4. Or bene: chi ha la pratica, senza lo studio, non conosce la ragione delle cose, non impara a far meglio, resta dov'è, perchè non vede dove va: somiglia al cieco. Chi ha studio e non ha pratica, scorge quel che si potrebbe fare, e non sa farlo; non conosce le difficoltà del mestiere; gli manca l'esperienza per muoversi ed operare: somiglia al paralitico. Unisci la scienza alla pratica, e diventi un buon coltivatore. La scienza dirige, e consiglia, la pratica eseguisce, ed osserva i risultati. DOMANDE: 1. Come s'impara l'arte del buon coltivatore? 2. Come si acquista la scienza? - E la pratica? 3. Basta la sola pratica, o la sola scienza? - Raccòntami la storia del paralitico e del cieco. 4. Il coltivatore senza studio, a chi somiglia?

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Le piante non abbisognano tutte d'un egual grado di calore. Infatti tu vedi le diverse specie di piante coltivate in un luogo mettere le foglie, e i fiori, e maturare i frutti in mesi diversi. Vogliono moltissimo calore gli agrumi, e l'ulivo; ne vogliono molto il granturco, la vite, il mandorlo, il pesco; un po' meno il frumento, l'avena, la segala, il pero, il melo, il ciliegio, il castagno; meno ancora l'orzo, la patata, gli alberi da foresta, i pascoli. Alcune tra queste piante (ulivo e agrumi) non reggono a freddi invernali un po' vivi; altre li sopportano; altre (come il granturco, la vite, e il gelso), se un freddo tardivo le colpisce, appena han messe le foglie, ne soffrono assai. 3. Ora tu comprendi che l'agricoltore deve innanzi tutto attenersi alle coltivazioni, che meglio si adattano alla temperatura, ossia al grado di calore del suo paese. Egli non può coltivare con profitto piante di paesi più caldi, perchè non può crescere la temperatura de' suoi campi, come fa il giardiniere nei luoghi chiusi, nelle stufe o serre, e anche nei giardini con ripari di stuoie e invetriate. Bisogna dunque conoscere la temperatura del luogo. Questa ti viene indicata dal termometro, strumento che tu conosci, e adoperi a regolare il grado di calore nelle bacherie o bigattiere. Il termometro ti dà le necessarie indicazioni sul massimo calore dell'estate, sul freddo più intenso dell'inverno, e sulla durata dell'uno e dell'altro. DOMANDE: 1. Un seme può germogliare senza calore? - E una pianta può vegetare? - Chi risveglia la vegetazione sospesa durante l'inverno? 2. Le piante abbisognano tutte di un egual grado di calore? - Quali ne vogliono moltissimo? - Quali molto? - Quali meno? - Quali meno di tutte? - Quali soffrono i freddi invernali? - Quali i freddi tardivi? 3.Quali piante devi coltivare? - Che cosa è la temperatura? - Con quale strumento la misuri? - Quali indicazioni ti fornisce il termometro?

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Due altre condizioni abbisognano ancora pel germogliamento: l'aria e l'acqua. Se manca una delle tre condizioni, il seme non si muove. Togli al terreno tutta l'acqua, o solamente togline troppa, e il seme non germoglia. Perchè la seminagione nei terreni leggeri va a male se, appena fatta, seguono giorni di vento, o di gran sole? 2. Anche le piante per vegetare abbisognano d'acqua, come i semi per germogliare; più cresce il calore, più le piante ne abbisognano. In terreni aridi, se manca il benefizio della pioggia, della rugiada, o dell'irrigazione, esse languiscono e muoiono. 3. Il calore vivissimo dell'estate brucierebbe le piante, anche quelle che amano i paesi caldi, se il terreno e l'aria non porgessero loro un po' di umidità per ristorarle. Accade alle piante come a noi: se nel cuor dell'estate non potessimo bevere molto, per poi sudare, non resisteremmo all'ardore del sole; il sudore ci rinfresca, e ci fa sopportare l'alto calore di quelle giornate. Così le piante, se non possono succhiare acqua dalle radici, o dalle foglie, per poi traspirare, ossia svaporarla, restano addirittura bruciate dal sole. 4. Ecco perchè taluni luoghi caldissimi sono sterili affatto: manca l'acqua; e niuna pianta vi regge. Ma se in qualche punto di questi deserti infuocati scaturisce una polla d'acqua, là si presenta una vegetazione rigogliosa, stupenda. Ciò dimostra che il calore e l'acqua sono indispensabili alla vita delle piante. DOMANDE: 2. Basta il calore a far germogliare le sementi? - Quali altre condizioni sono necessarie? 2. Basta il calore da solo a far vegetare le piante? 3. Quale effetto produce sulle piante il calore senza l'umidità? 4. Perchè taluni luoghi caldissimi sono sterili? - L'acqua come cambia questi luoghi?

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L'acqua è necessaria alla vegetazione, altrettanto che il calore: Ne abbisognano le radici, e anche le foglie. Quindi la provvidenza sparse l'acqua in gran copia nel terreno, e anche nell'aria. L'acqua apparisce nell'aria sotto varie forme, quali utili alle piante, e quali dannose, di nebbie, di nuvole, di rugiada, di brina, di pioggia, di neve, e di grandine. Anche il vento, secondo la sua forza, e i cambiamenti che porta nell'umidità dell'aria, giova, o nuoce alle piante. Tutte queste ricerche sarebbero inutili, se tu, nel coltivare la terra, volessi seguitare le antiche usanze; perchè l'esperienza ha già dimostrato, per ciascun luogo, quel che conviene fare, e non fare. Ma se desideri far meglio che non s'è fatto fin qui, e vuoi tentare coltivazioni più proficue, lo studio del clima ti è non solo utilissimo, ma necessario.

Pagina 37

Il drenaggio, benchè costoso, è sempre economico nelle terre che ne abbisognano. E giova a tutte le specie di terre, ma specialmente alle umide, compatte, tenaci. L'aridezza dei terreni si tempera con l'acqua, distribuita in diversi modi: per innaffiamento, per irrigazione, per imbibizione, e per sommersione. La irrigazione, come il drenaggio, muta l'aspetto dei terreni che la ricevono; e grandissimi benefizi può da essa aspettarsi l'agricoltura nazionale.

Pagina 73

La giovinetta campagnuola

208035
Garelli, Felice 2 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
  • Paraletteratura - Ragazzi
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La cura dell'orto spetta alla massaia: essa sa quali legumi le abbisognano nelle diverse stagioni. Gli uomini han troppe altre cose da fare nei campi, nei prati, nei vigneti; e manca loro il tempo, e la volontà di occuparsi dell'orto. Avrai dunque un orticello di bastevole ampiezza, e tu stessa lo coltiverai nelle ore di libertà. I lavori dell'orto ti saranno un sollievo dalle cure domestiche. S'intende che gli uomini ti faranno le vangature necessarie: al resto penserai tu. Prima di tutto preparerai l'ingrasso che ti occorre; perchè di letame non ce n'è abbastanza nemanco per le grandi coltivazioni del podere. Perciò raccoglierai, in mucchio separato dal letamaio, la spazzatura della casa e dell'aia, lo sterco delle galline, le ceneri livisciate, la fuligine del camino, e il tutto bagnerai con le acque del bucato, e di lavatura dei piatti. Così, senza uscire dall'aia, e quasi senza fatica, avrai più ingrasso per l'orto, che non ne abbia il letamaio pei campi, e con esso otterrai legumi più che ne abbisognino alla famiglia.

Pagina 133

Gli animali abbisognano di esercizio, di moto, e di riposo, come l'uomo. Tenuti continuamente alla stalla diventano fiacchi, pigri, e deperiscono. La dimora alla stalla, o stabulazione, deve quindi alternarsi col movimento all'aria libera. Ciò è specialmente necessario agli animali giovani. L'esercizio dei muscoli ne favorisce il crescimento, e fortifica la salute. Un vitello, appena è messo in libertà, salta e corre all'impazzata, come fai tu quando esci dalla scuola. Le vacche lattaie trovano anch'esse giovamento nell'uscita giornaliera. Vedi come guadagnano di robustezza, e di vigore le vacche, e i vitelli, che d'estate si mandano ai pascoli alpini. Non è il solo nutrimento, più sostanzioso, ed aromatico, che loro fa bene; ma l'aria pura che respirano, e la libertà di muoversi come e quanto loro piace. Le giovenche aspettano con impazienza l'ora di avviarsi all'alpe. Ai primi apparecchi son tutte in attenzione, e col muso alto fiutano il vento. Quando poi si attacca a una d'esse la campanella, indizio di prossima partenza, è un caracollare, un muggire, un cozzarsi, finchè la conduttrice si avvia. Allorchè a settembre scendono al piano, le trovi cresciute di tanto! Gli animali da lavoro compiono, con le ordinarie fatiche, un esercizio sufficiente. Queste fatiche riescono salutari, se moderate, e seguite da un riposo proporzionato alla intensità, e alla durata del lavoro. Il bestiame, mentre riposa, vuol essere tranquillo; ama la quiete intorno a sè. Non si deve quindi inutilmente disturbare. Anche per questa ragione è cattiva usanza quella di tenere volatili nelle stalle.

Pagina 80

Il giovinetto campagnuolo I - Morale e igiene

215521
Garelli, Felice 1 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
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Gli animali abbisognano di esercizio, di moto, e di riposo, come l'uomo. Tenuti continuamente alla stalla diventano fiacchi, pigri, e deperiscono. La dimora alla stalla, o stabulazione, deve quindi alternarsi col movimento all'aria libera. Ciò è specialmente necessario agli animali giovani. L'esercizio dei muscoli ne favorisce il crescimento, e fortifica la salute. Un vitello, appena è messo in libertà, salta e corre all'impazzata, come fai tu quando esci dalla scuola. Le vacche lattaie trovano anch'esse giovamento nell'uscita giornaliera. Vedi come guadagnano di robustezza e di vigore le vacche, e i vitelli, che d'estate si mandano ai pascoli alpini. Non è il solo nutrimento, più sostanzioso ed aromatico, che loro fa bene; ma l'aria pura che respirano, e la libertà di muoversi come e quanto loro piace. Le giovenche aspettano con impazienza l'ora di avviarsi all'alpe. Ai primi apparecchi son tutte in attenzione, e col muso alto fiutano il vento. Quando poi si attacca a una d'esse la campanella, indizio di prossima partenza, è un caracollare, un muggire, un cozzarsi, finchè la conduttrice si avvia. Allorchè a settembre scendono al piano, le trovi cresciute di tanto! Gli animali da lavoro compiono, con le ordinarie fatiche, un esercizio sufficiente. Queste fatiche riescono salutari, se moderate, e seguite da un riposo proporzionato alla intensità e alla durata del lavoro. Il bestiame, mentre riposa, vuol essere tranquillo; ama la quiete intorno a sè. Non si deve quindi inutilmente disturbare. Anche per questa ragione è cattiva usanza quella di tenere volatili nelle stalle.

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