Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il cappello del prete

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De Marchi, Emilio 1 occorrenze

. - Ebbene, sentiamo, - esclamò il barone che si sentiva in vena di parlare - quali sono le indicazioni che vi abbisognano? - Posso dire almeno d'avervi intervistato? - Non sono il principe di Bismarck. - Per un cronista oggi voi siete qualche cosa di piú, e voi non potete indovinare il piacere che io farò ai miei lettori quando potrò scrivere, per esempio, queste parole: "Abbiamo ieri parlato con sua eccellenza il barone di Santafusca, uno dei piú simpatici giovani gentiluomini". - Giovane, ahimè!... - E non si è giovani quando si ha la fortuna di accompagnare la bella principessa di Palàndes? - E stamperete anche questo? - Adesso no. - Siete animali. - Non per nulla un uomo si fa tagliare la barba alla "derby" e si fa morbido il mento. - Che cosa volete dire? - chiese il barone con voce velata. - Che voi siete giovane, innamorato e fortunato. Lasciate fare. Non mancherò di far nota questa circostanza alle nostre gentili lettrici. Io non vi darò che trent'anni. Dunque riassumendo, come dice il professor Spaventa - voi avete una villa a Santafusca. - Sí. - Stile? - Seicento, mezzo barocco... - Bene quel mezzo barocco; lo sfondo è piú scenografico. Villa splendida, s'intende... - Al contrario, rovinata... cadente. - Stupendo: ciò è romantico... e farà bell'effetto. E il cappello fu trovato nella villa? - Io non so nulla... Siete voi che lo avete detto. - Ciò risulta dal processo. Quale opinione avete voi su questo delitto del prete? - Cioè? - chiese il barone, versando del vino. - Credete che il prete sia stato ucciso nella villa? - Io? - e il barone portò il bicchiere alle labbra e lo vuotò. - Che ne posso sapere io? Siete voi che avete ucciso questo prete. (E intanto faceva di tutto per ridere). Io ho dato un'occhiata alle vostre ciarle, quando mi hanno detto che era implicato il mio nome, e mi pare di aver capito che c'è di mezzo un cacciatore, che avrebbe trovato il cappello del prete, che sarebbe stato veduto prima a Santafusca, poi alla Falda, all'osteria del "Vesuvio"; avrebbe dato ad intendere d'essere il nipote del prete.... un pasticcio che il peggio non mangeremo quest'oggi, se vi piacciono... - Ad ogni modo, se voi foste chiamato in tribunale a dire la vostra opinione, trovereste probabile questa versione che accusa il misterioso cacciatore... - Se c'è un delitto... - Se c'è la lepre, ci dev'essere anche il cacciatore, voi dite. Il barone si sforzò ancora di ridere, ma non poté che tossire. Versò ancora del vino. Lo tracannò in fretta, e volendo ribadire una opinione, che nel peggior dei casi avrebbe aiutato a salvarlo, continuò: - Non dico che il cacciatore abbia ucciso il prete piuttosto a Santafusca che altrove. Può essere che siano molti i colpevoli, che l'abbiano affogato in mare dopo avergli rubati i denari, e che uno di loro, cacciatore o meno, abbia gettato il famoso cappello al di sopra del muro di cinta del mio giardino, cinque, sei, dieci miglia lontano dal luogo del delitto per deviare le traccie della giustizia. - Può essere cosí... È alto il muro di cinta? II barone non rispose. I suoi occhi erano fissi alla porta, da dove vedevasi il banco dell'albergatore. - È alto? - Che cosa?, - chiese il barone sempre fisso a quella porta. Cecere si voltò e vide che due carabinieri stavano mostrando un foglio al padrone, chiedendogli delle spiegazioni. Il dialogo fu interrotto dal cameriere. - Che cosa desiderano ancora? - È sua eccellenza che comanda in questi feudi... - disse Cecere. - Per me non so... dite voi... Mi sento la testa pesante e balorda. C'era troppo sole laggiú. Il barone si fregò la testa colla mano come se volesse cancellare le rughe della fronte. - Poiché abbiamo parlato di cacciatori, proviamo un pollo alla cacciatora - disse Cecere. I due carabinieri scomparvero e il padrone tornò al suo posto. Cecere, tutto occupato a consumare il pranzo in salsa gratis, credette sinceramente che il barone avesse preso troppo sole, e gli disse: - Un buon rimedio è un sonnellino... Del resto, eccellenza, ci perdete poco a non aver appetito. Avete mai visto un pollo piú apocalittico di questo? Mi pare di aver sul piatto lo scheletro dei nostro prete... Questi signori si burlano della stampa e dello sport, bisognerà ch'io dica anche questo nell' Omnibus . Cecere scrisse su un taccuino alcune parole: cappello... cacciatore... muro alto... prete e pollo magro - e dopo un gran fiume di parole, che "u barone" non ascoltò colla scusa del suo mal di testa, se ne andò contento della sua giornata. Il barone rimase solo, colla testa appoggiata alla mano e gli occhi in apparenza fissi sulla carcassa che Cecere aveva lasciata sul piatto. Si sentiva veramente male. Quegli stupidi discorsi, l'allegria fatua e volgare di Cecere, la vista di quei due gendarmi, che parevano venuti per cercare qualcuno, avevano rimosso il sangue guasto delle sue vene, ed egli ripiombava ora piú gravemente nella dolorosa contemplazione del suo pensiero. Da venti giorni menava una vita ladra, disperata, piena di scosse e di spaventi, di speranze, di sforzi erculei per sorreggere l'edificio artificiale ch'egli aveva edificato sul suo delitto. Aveva perdute molte notti al giuoco, nell'orgia, e per molte giornate aveva cercato la forza e l'oblio al chiasso, alle stalle, ai cavalli, ai liquori, al vecchio Medoc. Oggi, dopo una giornata di gran sole, si sentiva veramente la testa riarsa e incapace di connettere due buone idee. Era una condizione pericolosa per un uomo che aveva bisogno di ragionar molto bene e di far ragionar gli altri a suo modo. Anche il cuore, quel benedetto cuore già malato, si faceva sentire piú del solito... E intanto non aveva nemmeno fame. Se beveva, lo faceva piú stordirsi che per piacere. Egli non aveva dato ancora quella tale scossa forte alla vita che doveva far cadere tutte le foglie morte, e sentiva che non sarebbe mai uscito dai suoi pensieri, finché non fosse terminato quel maledetto processo. Per fortuna le testimonianze erano tutte concordi per dimostrare l'innocenza di Giorgio della Falda. Ma se per un errore giudiziario il castigo fosse caduto sopra un innocente, avrebbe avuto egli il coraggio di aggiungere questo delitto al primo? Per quanto un uomo valga una lucertola, gli sarebbe ripugnato di far soffrire un uomo vivo. Si può non aver paura degli spettri, ma ci sono pensieri che fanno piú paura degli spettri. Pensare, ecco il castigo! Egli aveva sperato troppo in una scienza: ed era la scienza che aiutava a raffinare la sua coscienza. Quel caro dottor Panterre forse era uno stupido anche lui. Solo le belve divorano senza rimorso; e pace egli non avrebbe trovata mai, mai, lo sentiva, se non a patto di abbrutirsi a poco a poco nell'orgia e nel fango. La bella principessa gli aveva detto "a rivederci"; ma egli non ci sarebbe andato. Quella graziosissima creatura, avvolta in una nube di profumi orientali, dagli occhi vellutati e pensosi, dalla voce piena di note musicali, non avrebbe fatto che ingentilirlo e farlo soffrire di piú. Era già troppo Marinella colla sua giovialità incosciente di bella bestiolina. Il barone di Santafusca non avrebbe mai potuto conciliare il suo cuore pieno di spaventi colla sua ragione piena di principii... Ecco la terribile battaglia che disertava il piccolo campo della sua vita. Questi pensieri passavano in un'ombra l'un dopo l'altro come una nera processione, mentre col capo appoggiato alla mano, gli occhi socchiusi, sentiva bollire il suo vecchio Medoc nella testa già cotta dal sole. Era una brutta vita... Perché non si ammazzava? Questa era una dimanda che non si era mai fatto. Se un uomo val l'altro, perché non aveva fin da principio accoppato sé in luogo del prete? O che forse egli aveva paura del retroscena? - Oh! i grandi imbecilli che siamo - mormorò a mezza voce, e si mosse per uscire. Il giorno dopo l' Omnibus portava il brillantissimo articolo di Cecere intitolato: "Tre giorni a Santafusca". Il cronista descriveva il suo viaggio attraverso a un paese incantato, popolato di case e d'uliveti. Poi seguiva la descrizione d'una villa stile barocco e un cenno storico sulla famiglia dei Santafusca, che Cecere aveva copiato dalle "Famiglie notabili". "Sua eccellenza il barone Coriolano ci venne incontro colla sua solita amabilità (cosí continuava il favolista) e ci strinse cordialmente la mano. Bell'uomo il barone e ha per i giornalisti una speciale simpatia. Aggiungiamo ch'egli è uno dei piú eleganti e arditi nostri gentiluomini, e se le belle gli danno piú di trent'anni, ciò non vuol dire che ne abbia quaranta. "Sua eccellenza (che tra parentesi è molto seccato del chiasso che si fa intorno al suo nome) mi ha fatto vedere il luogo dove, secondo quel che dice la gente, sarebbe stato trovato il famoso cappello. Anch'egli è della nostra opinione che il prete possa essere stato ucciso altrove, e che, per deviare le traccie della giustizia, il cacciatore abbia gettato il cappello al di sopra del muro di cinta. Abbiamo voluto misurare il muro: è alto due metri e quarantasette". E dopo molte altre particolarità di questo valore, che Cecere aveva pescato nel calamaio, l'articolo finiva col motto: "Cherchez le chasseur". Due giorni dopo questi fatti, un bigliettino graziosissimo del cavaliere Martellini pregava sua eccellenza il barone di Santafusca a un colloquio particolare nel suo gabinetto... ma senza la principessa. "Mi dispiace - soggiungeva - darle tanto disturbo per una faccenda che andrà a finire in nulla: e può essere che prete Cirillo, uscendo a un tratto dal suo nascondiglio, risparmi a V. S. S.ILL. anche questa seccatura. "Ma intanto, per esaurire la pratica, come diciamo noi, bisogna che senta anche il padrone di casa. Non pensi di presentarsi al giudice, ma all'amico. Resteremo in famiglia: anzi sarà un'occasione buona per andare poi a colazione insieme. Sento parlare di certe ostriche alla mayonnaise, specialità della "Colomba d'oro" che sono una squisitezza. "La seduta è alle 10". "U barone" lesse, rilesse, ascoltò quello che gli diceva il cuore. Gli parve di essere tranquillo abbastanza. Il tono con cui gli scriveva l'amabile cavaliere era tale da togliere qualunque sospetto. Aveva ancora una notte avanti a sé per riassumere con tutta per tutta comodità le risultanze del processo, i fatti dell'istruttoria, e studiare a memoria la parte che doveva rappresentare in questo dramma. Non era difficile formulare la sua posizione: Egli non sapeva nulla: egli non aveva veduto mai prete Cirillo. Egli sapeva soltanto che alla villa era stato trovato un cappello... e poiché si parlava di un cacciatore, supponeva anche lui che, se c'era stato un delitto questo cacciatore... irreperibile... poteva averci avuta la sua parte. Del resto non sapeva nulla. Questa parola nulla era tutta la sua forza. Dopo aver ripetuto tre o quattro volte queste idee fondamentali come un ragazzo che non vuol far cattiva figura innanzi agli esaminatori, cercò di non pensarci piú; tuttavia non poté chiudere occhio quasi tutta la notte. Verso la mattina soltanto, colle ossa rotte dalla veglia, si addormentò e fece dei sogni incongruenti, sotto i quali, come un carbone acceso posto sul cuore, ardeva sempre il suo dolore latente, insistente, cruccioso. In sogno vide una volta anche un suo fratellino, morto di soli dieci mesi, ch'egli aveva portato in braccio da ragazzo e gli parve ancora di correre col bimbo in ispalla in un campo fitto di papaveri semplici. Oh se egli avesse potuto togliere dodici ore dalla sua vita! Avrebbe date dodici oncie del suo sangue per quelle maledette dodici ore! Per quanto la fatalità gli gridasse: Non aver paura! son io che ti aiuto..., temeva che vi fosse qualche cosa di piú forte ancora della fatalità, per cui era inutile ogni difesa. Quel maledetto prete si muoveva ancora nella sua cisterna. - Quanta vita hanno indosso i morti... disse una volta seduto sul suo letto cogli occhi fissi nel buio. Il tempo che gli era sembrato sempre troppo breve, passava ora a goccia a goccia. Guardando indietro, gli pareva di aver vissuto cinquant'anni dal giorno che prete Cirillo era venuto a trovarlo alla villa. E non era passato un mese.

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