Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbigliarsi

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LA GENTE PER BENE

678057
Marchesa Colombi 1 occorrenze
  • 1893
  • F. A. Brockhaus - A. Asher e C.- Veuve Boyveau - Ernesto Anfossi
  • prosa letteraria
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Per questa ragione io non finirò mai di ammirare l'abitudine degli Inglesi, che, anche in famiglia, non mancano mai di abbigliarsi per andare a pranzo. E pure per questa ragione che le abbigliature da pranzo, parlo dei pranzi d'invito, anche tra noi si usa farle più ardite ed eleganti da quella da visita e da passeggio. Le signorine dovranno scegliere fra i loro vestiti della stagione il più fresco e gaio. O, se si mettono un abito scuro, lo rallegreranno con fiocchi di nastri azzurri, rosei o rossi o di quel colore che la moda favorisce, in modo da far iscomparire la severità della tinta. Del resto, non c'è signora nè signorina che non possieda qualche abito bianco, e quello sta sempre bene ed è sempre elegante. Non dovrei supporre che una padrona di casa, dando un pranzo, possa commettere la sconvenienza di collocare una signorina accanto ad un giovinotto. Ma siccome: "Tutto è possibile sotto il sole" - ed " Errare humanum est - ed "Error non è frode" - ed "Il giusto cade sette volte al giorno" e mille altri proverbi, che non ripeto (perchè il dirne parecchi è una inciviltà condannata dai vecchi galatei), potrebbe darsi che una padrona di casa un po' inesperta cadesse in quell'errore, tanto per dimostrare ancora una volta che "non tutte le ciambelle riescono col buco." Per carità, signorine mie, se codesto accadesse, si guardino bene dal fare la menoma osservazione e neppure un segno di meraviglia. Sarebbe rivolgere un rimprovero crudele alla signora che le ha collocate così. Quando io era giovane, in temporibus illis, ui invitata ad una sagra di villaggio in una famiglia di ricchi proprietarii. Dopo il pranzo e le feste del giorno, si doveva ballare, per cui c'erano invitate molte signorine e molti giovinotti. Quella buona padrona di casa provinciale, avvezza alla semplice verità della natura in mezzo alla quale viveva, doveva aver fatto questo ragionamento: * Se fra due ore i giovinotti e le fanciulle che ho invitati dovranno prendersi per le mani, abbraccíarsi, e circolare appaíati a due a due come colombelle, non ci può essere una ragione al mondo perchè si scandolezzino di trovarsi seduti accanto a tavola. Era una logica da dar dei punti ad Aristotile. E lei agì come avea pensato, e collocò a tavola ogni signorina accanto ad un giovinotto. Tutte fecero " a mauvais jeu bonne mine , e molte mi confessarono che non l'avevano trovato un troppo mauvais jeu. a una, una sola, una signorina di villaggio, che era uscita per l'appunto di collegio, cominciò a guardarsi intorno impaurita, come se i due che aveva ai lati fossero due leoni pronti a farla a brani, o due Don Giovanni venuti là per rapirla. Uno, che non era punto Don Giovanni, ed ancora meno lion si sentì tutto confuso, si fece rosso, e tirò in là la sedia, come se temesse di sporcare quella signorina; ma l'altro fece le viste di nulla, le offrì da bere, e tutti i piccoli servigi che un uomo non manca mai di offrire ad una vicina di tavola. Bisognava vedere l'aria diffidente e l'esagerazione di riserbo di cui s'armò quella poveretta! Parlava a monosillabi. Rifiutava tutto, era tutta sulle difese, pareva che fino i fiocchi del suo vestito appuntassero le nocche ed i capi come armi difensive. Il suo babbo, dall'altro lato della tavola, fremeva, Finalmente, vedendo che era giunta al dessert espingendo ogni piatto, e stava per rifiutare le frutta che il suo vicino le porgeva, le gridò: * Via, accetta una volta! Non è veleno. * Ah! era di questo che aveva paura, signorina? ed io che mi lusingavo che avesse paura di me! le disse il suo vicino. La lezione era meritata. È appunto in tali circostanze eccezionali, che una signorina può mostrare di sapersi condurre dignitosamente senza darsi quell'aria di noli me tangere che la rende antipatica, e senza incoraggiare una confidenza sconveniente. Altre volte era di rigore che le signorine mangiassero pochissimo, e non bevessero vino affatto. Per cui riuscivano commensali punto piacevoli. In qualunque modo si volesse interpretarla, quella continenza cenobitica, era una sciocchezza. Le fanciulle intendevano con quel mezzo di atteggiarsi ad un sentimentalismo ideale, non d'altro nudrito che di poesia e di sogni. Era un'idea da précieuses ridicules. e mamme incoraggiavano quella manìa, ed all'occorrenza l'imponevano, volendo con quel mezzo dire ai giovinotti: * Vedano come mangia pochino la mia figliola. E non beve punto. La sposino, via. Non costa nulla a mantenerla. Era un calcolo da Arpagone. Ora, se Dio vuole, il sentimentalismo è passato di moda. E, non fosse che per quest'unica riforma, benedetto il realismo! Le giovinette sono tornate ad esser loro stesse, col loro appetito giovanile: ed a tavola lavorano coi loro dentini, che è una benedizione, un'allegrezza guardarle. Se qualcuna delle mie lettrici era rimasta in arretrato, ora lo sa. La civiltà vieta soltanto di trasmodare. Ma vieta altrettanto severamente di rifiutare ogni cosa, di mangiare a fior di labbra, di lasciare la roba nel piatto, di rifuggire dai vini, quasi si volesse dire ai padroni di casa: - Io non so che farmene di tutto questo. Il vostro pranzo mi mette la nausea. Quando si è a questi estremi bisogna non accettar l'invito. Se sapessero come è bella e come piace la gioventù robusta, e francamente allegra, che Dio la benedica! Se la padrona di casa fa posare dal servitore il vassoio del caffè, dopo che i convitati sono passati in sala, ed offre lei stessa le tazze, le signorine debbono subito accorrere ad aiutarla. Dovranno però servire soltanto le signore ed i vecchi. Una signorina non porge mai la tazza ad un giovine, a meno che sia suo fratello. Ed ancora ha l'aria d'uno scherzo. Dopo aver assistito ad un pranzo, una signorina è tenuta ad accompagnare la madre nella visita che rende, entro gli otto giorni, alla famiglia da cui ebbe l'invito: e dovrà anche lei lodare la compagnia che vi ha trovata, la disposizione della tavola, i fiori, l'allegrezza che si è goduta, infine quel che c'era da lodare.... ed anche un pochino quel che non c'era - - - In teatro una signorina non va mai scollata. Se l'abito ha lo scollo, lo porta con una modestina dí tulle. È verissimo che ora molte giovinette vanno scollate come le signore; ma la questione è di sapere se fanno bene. Ad ogni modo non sono in regola colle convenienze. Una signorina mi osserva a questo proposito che. "È meglio errar con molti che esser savio solo." Ma io rispondo con un altro proverbio che dice: "L'uso serve di tetto a molti abusi." - E con un altro ancora: "Cosa rara è la più cara." Così, punto scollature. Pochissimi gioielli. I Francesi dicono: Les diamants sont faits pour les têtes brunes; les fleurs sont faites pour les têtes blondes. a, finchè sono teste da fanciulla, anche le teste più brune debbono accontentarsi dei fiori. Per portare i diamanti ci vuole il permesso della Chiesa, ed anche del Municipio. Ma credano a me, signorine, non ci perdono nulla. Il diamante ha un pregio convenzionale: il fiore è una cosa bella davvero. Le arti belle hanno sempre imitati i fiori. Ma soltanto il commercio, che specula sulla vanità, ha imitato i brillanti. Neppure la catenella dell'orologio è concessa ad una signorina che vuole osservare tutte le regole di convenienza. Ed infatti, dacchè quello è il primo dono che le deve offrire lo sposo, se l'ha già portata fin allora, non le fa più quell'impressione nuova; non è più un simbolo. Quando si domanda: * Ma è ben sicuro che la signorina tale sia sposa? Altri risponde: * Pensi! Ha già la catena! L'abbigliatura d'una giovinetta dev'essere semplice. Ma badino certe signorine e certe mamme che hanno l'abitudine di prender le parole a rigor di lettera, che semplice, quando si parla di vestiti, vuol dire appunto d'una stoffa di poco valore, adatta per fanciulle, senza trine antiche, senza ornamenti costosi. Ma la semplicità d'un abito da serata non ne esclude l'eleganza ed il gusto. In teatro, la signorina (non scollata insisto), cederà sempre alla signora, che l'accompagna, il posto d'onore, che è quello di fronte al palco scenico. Le signorine si trovano contentissime di questa combinazione, perchè, voltando il dorso al palco scenico, guardano meglio nella platea e nei palchi, e sono più in vista. Vedono ch'io sono addentro nei loro piccoli segreti. Ebbene credano a me che sono vecchia, non guardino mai fisso nessun giovine, checchè ne dica loro la simpatia. Non c'è cosa più sconveniente di quell'ostentare in pubblico una preferenza, che una fanciulla dovrebbe appena confessare, arrossendo, alla propria madre. Per gl'indifferenti, poi, c'è la legge generale di elementare decoro, che una fanciulla non deve mai fissare in volto un uomo che sta discorrendo. Quelle che se ne emancipano appunto in teatro, dove cento occhi sono là per notare quella sconvenienza, e cento bocche per ripeterla, mi fanno ricordare un ladro che l'estate scorsa, rubò il soprabito di un avvocato nel tribunale criminale, mentre l'avvocato stesso stava perorando la causa d'un ladro. Aveva scelto male il posto per farla in barba alla Questura. A questo proposito ricordo una letterina che ricevetti pochi mesi sono. Debbono sapere che la prima edizione di questo libro mi guadagnò - se fosse meritata o no non saprei dire - la fiducia di molte lettrici, le quali presero l'abitudine di rivolgersi a me, anche senza conoscermi, nei loro piccoli imbarazzi. Un giorno il mio editore mi mandò una lettera d'una signorina che doveva andare ad un ballo, e mi domandava: "come dovesse contenersi, sapendo che dovrebbe incontrar a quel ballo, e che le verrebbe presentato, un giovine il quale da un mese la guardava, e del quale ricambiava gli sguardi!" Ah signorine mie! Non l'hanno capita che non ci deve essere mai un giovine di cui una signorina ricambia gli sguardi? E se quel giovine c'è, è un personaggio da romanzo, un errore; e la signorina pure, è un altro errore. Ed in tal caso, che esce dalla normalità, cerchino di tirar innanzi il romanzo in modo che lo possano leggere anche le signorine. Regole di convenienza pel loro contegno in quella circostanza non posso darne, perchè i personaggi da romanzo e le passioni da romanzo l'hanno sempre fatta in barba a tutti i galatei. Ed hanno fatto bene, ma, in mancanza di una regola di convenienza, posso dar loro un consiglio da amica. Vadano dalla loro mamma e le dicano la verità; confessino tutto: "Che da un mese fanno quell'armeggio d'occhiate; ed ora si trovano imbarazzate all'idea di trovarsi in faccia a quel giovine...." E se la mamma dirà, che in tal caso è bene rinunciare alla festa per evitare quell'incontro, si picchino il petto e dicano Mea culpa. n teatro una signorina non porge mai la mano agli uomini che entrano a far visita in palco, e non dimostra mai di prestare più attenzione agli spettatori che allo spettacolo. Certi atteggiamenti indifferenti ed annoiati, che affettano molte signorine sono di cattivo gusto. Oltre all'offendere le persone che stanno con loro, le fanno apparire disilluse e già incapacì di divertirsi. Oh giovinezza! Si può non divertirsi a vent'anni? All'atto di ritirarsi le signorine debbono mettersi la sortita da sole, o farsi aìutare da una persona della famiglia; non mai da un giovine. E scendendo le scale, daranno il braccio al loro babbo, ad un fratello, oppure rimarranno accanto alla mamma. Così è, signorine mie; i cavalieri serventi sono come i diamanti. Non li hanno che le signore. È ancora una privazione di cui non posso compiangerle. I diamanti hanno almeno un pregio convenzionale. Sono rarissimi e costano cari, quando sono veri brillanti. I cavalieri serventi, invece, spesseggiano come le mosche, e sovente, non valgono di più. Di brillantì poi, ce n'è uno su mille. - - - Ed ora, signorine mie, le conduco in un luogo dove non sono mai state. Ed anche ora non vi possono entrare che in ispirito, e sotto la mia seria tutela di nonna centenaria; in un circolo di giovinotti. Ben inteso che, entrando in ispirito, loro non sono vedute; e però non s'interromperanno i discorsi incominciati.... Oh! non s'inquietino, signore mamme, so press'a poco di cosa si parla; ed anzi, ci conduco le loro figliole per questo; è il domani d'un ballo, di che s'ha a discorrere? Per quanto meritino poco di essere elevati a questa dignità, i giudici delle signorine, alle feste da ballo, sono i giovinotti. È vero che, in compenso, i giudici dei giovinotti sono le signorine; ma questo è un giurì non troppo accreditato perchè pecca d'indulgenza. Per ora ascoltiamo l'altro che non ha questa debolezza. * Non c'era male la signorina Tizia, con quell'abito azzurro, sentenzia un piccolo Giove Ansuro, con l'esperienza dei suoi diciott'anni. * Non c'era male? osserva un conoscitore più esperto. Ma hai a dire che era una bellezza addirittura. Soltanto che è una bambola col meccanismo; una ruota ed una cordicella per ogni monosillabo o bisillabo. La mamma l'aveva caricata prima d'uscire, e lei da brava bambola ha articolato uno dei suoi monosillabi o bisillabi per ogni domanda, che faceva da cordicella: "Sì. No. Grazie. Basta. Poco...." E così via., * Doveva avere delle rotelle anche ai piedi, perchè ballava diritta, stecchita come un fantoccio. * Bambola, bambola. * E le signorine Sempronie? entra a dire un terzo. * Ah! quelle sono due berte. Non sanno tacere un minuto. E che tono confidenziale pigliano discorrendo col ballerino! Un vecchio gentiluomo mi disse: "Quelle signorine devono avere una famiglia numerosissima. "Perchè? domandai compiacentemente per fargli finire il suo motto. "Perchè tutti i giovanotti con cui ballano mi sembrano loro fratelli." Infatti andavano da una sala all'altra, ed al buffet on questo e con quello, e senza la loro mamma, e si dice che ballassero anche con qualcheduno che non era stato presentato. * A te piaceva la signorina Caia, che ti si abbandonava mollemente nelle braccia, come se fosse al quarto atto d'un melodramma.... Avevi sulla spalla dell'abito la cipria delle sue guancie. . * Il color della dama. Mi piaceva per una sera, però. Non la vorrei fra le concorrenti, quando mi decidessi a gettare la mia pezzuola per trovare una sposa. * Io ho fatto un giro colla signorina Ipsilonne, che, ad ogni complimento che le facevo me ne rispondeva un altro, come se si giocasse di scherma. * Pazienza, era ingenua.... Tu avessi udita la signorina Zeta, che, per far la spiritosa, canzonava le tolette ed i modi delle altre signorine e dei giovinotti! * Ah! dev'essere stata curiosa. Cosa t'ha detto di me? * E di me? * E di me? * Ha detto che le pareva d'essere una tazza di miele, perchè si vedeva ronzare intorno tanti mosconi. * Oh Dio! Che barba! * Caro quel miele! * I mosconi volano anche intorno.... Via; la porta è chiusa e non si ode altro. Ma credo che basti. Vedono, signorine mie, che ogni medaglia ha il suo rovescio; ogni festa il suo dimani. "Ahi gioie umane, d'amarezza asperse!" La civiltà francese fa della fanciulla una bambola muta, compassata, insignificante, tutta artificio. Le inglesi sono severe, fredde, vaporose. Le americane sono emancipate. Le tedesche sono libere. Loro sono italiane; hanno lo spirito vivace, l'immaginazione pronta; sono entusiaste ed espansive. Volerle ridurre come automi modellati su figurine straniere, sarebbe una profanazione, una finzione. Siano loro stesse. Ma sappiano contenersi in modo da non meritarsi le censure che hanno udite. Si può essere amabili, schiette, allegre, anche senza staccarsi da quella dignità di contegno che s'addice ad una fanciulla. Il buon senso naturale, ed il naturale decoro, devono guidarle. Io domando soltanto di scrivere sul loro taccuino una massima di Victor Cherbullier. La leggano sempre prima di andare ad un ballo, dove la loro mamma non può udire tutte le parole che scambiano coi ballerini: "Rien ne rafraîchit plus le sang, que le souvenir d'une sottise que l'on n'a pas dite." * "Mi ricordo quand'era fanciulla" come la vecchia Pipelet di gioconda memoria, e nel carnovale, la mia zia, che mi teneva il posto della povera mamma che avevo perduta, invitava una mia cugina a tenermi compagnia. Cara quella compagnia! Aveva l'abilità di sacrificarmi completamente. Non sapeva pettinarsi da sè; bisognava che ogni mattina la cameriera di casa perdesse ad acconciarle il capo un tempo tanto più prezioso, in ragione di quell'aumento di personale in famiglia. Noi si faceva colazione per solito alle nove, ma la Teresina era alla toletta a quell'ora, oppure veniva a tavola spettinata ed in abito da camera. E guai se la zia osservava, che le signorine non debbono farsi vedere in abito da camera: che è permesso appena di portarlo nella loro stanza da letto! Diceva che a quell'ora era materialmente impossibile d'essere in ordine. E bisognava che noi s'avesse pazienza e si differisse la colazione. Tutte le lezioni, che prendevamo insieme, dovevano pure spostarsi per fare il suo comodo; ed i miei maestri non le piacevano mai. Erano un branco di ignoranti. E tutti i mobili della casa avevano qualche difetto o erano mal collocati. E le mie amiche le erano antipatiche. S'io doveva far delle visite, lei non poteva adattarsi a venire da quelle signorine pedanti, nè da quelle altre sguaiate. Quando s'andava in teatro o in compagnia, ipotecava addirittura la cameriera per farsi vestire, e la zia ed io dovevamo aiutarci a vicenda. In palco, poi, si metteva al posto di contro alla zia, ed io era relegata tutta la sera sullo sgabello in mezzo. Non c'era caso che mi offrisse una volta di cambiar posto. E, per ospitalità, non potevo domandarglielo, nè fare osservazioni. Bisognava che le offrissi i fiori da scegliere prima. E se li provava tanto in capo, sul petto, e si serviva così bene, che a me rimanevano degli avanzi appassiti. In carrozza pure, prendeva posto accanto alla zia, senza che occorresse neppure dirglielo. Qualche volta le mie povere abbigliature si sciupavano tutte, strette così, accanto al babbo sulla panchetta dinanzi. Ma la Teresita si stendeva a suo agio, seppelliva la zia sotto le sue gonne e arrivava fresca come una rosa. In casa, poi si prendeva l'incarico di studiare tutti i caratteri, come se ci fosse venuta con quella missione. Io aveva quel difetto, e quel pregio; e la zia era placida, e troppo indulgente; ed il babbo era avaro; e le persone di servizio ci derubavano come tanti briganti. * Come! Voi spendete tanto per la carne? E tanto per le ova? E questo pollo è costato tanto Ma buona gente! A casa mia si mangia meglio assai, e si spende la metà. Quel pollo è magro, tíglioso. Si può avere per trenta soldi. Il resto se l'è tenuto la cuoca. Io non so come la sopportiate. Non sa cucinare. A casa mia le bistecche sono tutt'altro: queste sembrano suole di scarpe. Ed ogni giorno aveva fatta una scoperta nuova sull'ordine della nostra casa, ed erano sempre indiscrezioni. Quando poi veniva in campagna l'autunno, era un raddoppiamento di biasimo. Si trovava addirittura ad un bivacco. Tutto era incomodo, tutto rozzo. Quasi quasi si meravigliava che nei sentieri del giardino non si stendessero tappeti per farla camminare sul liscio. E combinava lei le gite, i píc-nics. Ed entrava in confidenza coi vicini di villa, prima e più di noi; e passeggiava cogli altri ospiti, anche s'erano giovinotti, sola con loro per delle ore in giardino, ed usciva quando noi si stava in casa; e stava in casa quando noi s'usciva. Mie giovani lettrici, se sono ospiti in casa altrui, badino, le prego, di non lasciarvi le tristi memorie che m'ha lasciate la Teresina. La persona ospitata deve fare una completa abnegazione della propria volontà, delle proprie abitudini, dei proprii gusti. È necessaria questa rinuncia assoluta, per bilanciare l'immensa deferenza della famiglia che la ospita, e metterci un limite, affinchè non abbia a diventare un sacrificio di tutte le ore. E qui mi viene a proposito di avvertirle, che nulla è più scortese di quell'abitudine tanto generale, pur troppo, di far esaurire tutte le formole di preghiere inventate da Adamo in poi, prima di aderire a sonare o a cantare, in compagnia. La padrona di casa, che per quella sera le ospita, è messa in grave imbarazzo. Deve unire le sue insistenze alle altre, ed aver l'aria di imporre un sacrificio? O deve astenersene, e dimostrare che non desidera di ascoltarle? Difficile alternativa. - - - Non ho mai compreso perchè le signorine, che debbono rimanere sotto gelosa custodia nella loro città, dove sono note loro e la famiglia, ed hanno un mondo di amici e conoscenti intorno, debbano poi godere una libertà relativa, ma sicuramente soverchia, quando si trovano in viaggio o alle bagnature, ignote fra gl'ignoti; dove potrebbero anche essere prese in fallo. Il nuoto è uno degli esercizi prediletti dagli Inglesi e dagli Americani. Ma non credo necessario, per adottare la loro abitudine delle bagnature, adottarne pure la flirtation nsidiosa e sconveniente. To flirt, coqueter, ono parole che in italiano non hanno riscontro. Le traduciamo: flirteggiare, civettare; a le parole sono barbarismi nella nostra lingua, come la cosa è un barbarismo nei nostri costumi. Noi, espansivi e schietti, ci pieghiamo male a quella meschina scherma di parole, che giocano su sentimenti frivoli; e, quando riesciamo a scimiottare le signore straniere, lo facciamo a scapito del nostro carattere. Credano a me, signorine, non si lascino attirare da quello scoppiettìo di frasi leggere, brillanti e fuggevoli come fuochi d'artificio. Quando si disperdono e svaniscono nell'aria, portano sempre con sè qualche briciola del loro decoro. Briciole appena visibili, atomi, ma che importa? "Gatta cavat lapidem." In campagna come in città, ai bagni come altrove, una giovinetta non deve mai uscire da sola, a meno di trovarsi in un paese non frequentato da colonie di villeggianti avventizi. Nel contrarre nuove relazioni deve usare la massima prudenza e lasciarsi dirigere completamente da' suoi genitori. Alla tavola d'albergo, se non ha due persone della famiglia fra le quali sedere, ed il caso le colloca da un lato uno sconosciuto, non deve scambiare con lui che le parole strettamente necessarie, finchè non sia stato presentato alla signora che l'accompagna, e questa gli abbia accordata la sua relazione. L'unico punto su cui in campagna ed ai bagni le signorine possono permettersi qualche libertà, è il vestire colori più vivaci, foggie più ardite, un cappellino un po' bizzarro o un po' sull'orecchio, fori naturali in capo a tutte le ore, ed anche passeggiare a capo scoperto... Tutto questo è concesso; ma quanto al contegno, deve essere tanto più riserbato in quanto che sono meno conosciute, e chi le osserva deve giudicare dall'apparenza. - - - Se una signorina è stata ospite in una casa, appena ritornata in famiglia, dovrà scrivere una lettera espansiva alla signora od alla signorina che l'ha ospitata, ringraziandola delle cortesie ricevute. Non scrivano a molte persone, signorine mie. Oltre le lettere di dovere ai parenti vecchi, alle maestre, possono tener corrispondenza con qualche amica. Ma siano vere amiche, di quelle a cui si scrive non per fare dello stile epistolare, ma per vero affetto, e col linguaggio dell'intimità. Non occorre dire che, in tutta la loro corrispondenza non ci deve essere una parola che la mamma non possa leggere. Quanto a formole, non s'aspettino ch'io ne dia. Le lettere tengono luogo di discorsi. Scrivano come discorrerebbero e basta. L'introduzione, la chiusa, sono storie del tempo trapassato remoto. La lettera comincia con quello che s'ha a dire, e finisce quando non s'ha più nulla a dire. Ecco la sola regola ch'io ammetto. Non si firmino mai serva, perchè le signore non sono mai serve di nessuno. Non facciano litanie di saluti in fine nè sfoggio di aggettivi sulla soprascritta, a tutto beneficio del portalettere e dei portinai. Non usino carta colle iniziali, come non usano carte da visita; siano semplici, schiette; se hanno dello spirito, non ne privino le loro corrispondenti, e lascino andare i loro giovani pensieri come "La rondine alla primavera e la preghiera al cielo."

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