Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbigliamento

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Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180770
Barbara Ronchi della Rocca 26 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Compriamone uno solo però, per non trasformare il salotto in una serra e soprattutto non far sfigurare il mazzolino che un ospite gentile ci consegnerà a mano e che, come d'obbligo, dovremmo sistemare in bella vista; - le signore ricordino che la padrona di casa garbata non ostenta un abbigliamento particolarmente vistoso, e gioielli preziosi, per non far sfigurare le invitate meno belle o meno eleganti; - se organizziamo un pranzo o una cena «a tema» oppure con piatti tipici di una certa regione, o paese, annunciamolo al momento dell'invito. Così, chi non ama il tutto-funghi, o tutto-pesce, o tutto-formaggi, o non è un fautore della cucina thailandese può gentilmente declinare; - accogliere sulla porta con un sorriso tutti gli invitati, e magari presentarli a chi non conoscono ancora, è un dovere basilare dei padroni di casa, che non può essere trascurato; - poiché quando si mangia in casa (propria o altrui) è assolutamente proibito lasciare avanzi nel piatto, l'abitudine di servire personalmente gli ospiti, o far trovare loro i cibi già «porzionati» costringe chi è di piccolo pasto (o non ama quanto ha nel piatto) a dover scegliere tra mostrarsi maleducato e star male di stomaco. In più, è un modo sicuro per deludere i commensali mangioni, mettere in crisi gli inappetenti, farsi ritenere avari da tutti. Vietatissimo, naturalmente, controllare le scelte dell'ospite, e commentarle: «Come mai ne prende così poco?», «Forse non le piace?» ecc. È vietato anche insistere perché un commensale si serva una seconda volta; -non stiamo a tavola troppo a lungo: un pasto deve durare al massimo un'ora e mezza. La conversazione, dopo il caffè, deve proseguire in salotto: cambiare seduta giova alla schiena dei nostri ospiti, e magari cambiare vicino di tavola giova al loro umore...; -anche al momento del caffè si può fare brutta figura: un tempo l'errore più diffuso consisteva nel travasarlo nella caffettiera di porcellana, operazione che inevitabilmente lo faceva intiepidire; oggi, nel servirne agli ospiti una tazzina alla volta, così come prodotta dalla macchinetta espresso. Per evitare entrambi, basta munirsi di un thermos; -l'eccesso di attenzioni può diventare soffocante («Ha mangiato abbastanza?», «Forse non le piace?», «Vuole bere qualcosa?», «Le porto un altro caffè?», «L'arrosto è troppo/troppo poco cotto?», «Questo piatto non mi è venuto bene... »). Se costringiamo gli ospiti a declinare continuamente cortesissime offerte, ad accettare scuse e giustificazioni, ad affermare che va tutto bene, a farci complimenti, impediamo loro di conversare senza continue interruzioni e li spingiamo ad andarsene prima possibile; -poniamo rimedio a ciò che davvero non va, passiamo sotto silenzio i danni irrimediabili e poi... sorridiamo!

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Quanto più l'occasione ha carattere formale, e l'invitato deve prevedere un abbigliamento elegante o l'acquisto di un regalo, tanto prima gli telefoneremo. Evitiamo i toni perentori («Se non venite mi offendo») e non insistiamo davanti a un rifiuto («Perché non puoi venire? Dove devi andare?»); insomma, lasciamogli la libertà di dirci di no senza farlo sentire sotto accusa. Di fronte a una serie di «no» diversamente motivati, sarà il caso di fare un esame di coscienza: forse non ha piacere di frequentarci, e se si tratta di un nostro superiore sul lavoro, per esempio, o di una persona molto importante, non toccava a noi prendere l'iniziativa. È gentile da parte nostra accennare a chi sono gli altri ospiti, per permettere «ritirate strategiche» a chi non vuole incontrare una persona che proprio non sopporta. Per esempio, nei confronti di (ex) componenti di una coppia «scoppiata», telefoniamo a ciascuno dei due, avvertendolo della probabile presenza dell'altro: così sarà libero di declinare l'invito, oppure, se lo accetta, sarà psicologicamente preparato ad affrontare il «nemico» con stile.

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È importante che non ci sia niente di non detto, di allusivo, di vago, perché un biglietto di invito deve contenere tutte le informazioni basilari: -nome di chi invita (se è una coppia, il nome di entrambi); -quante sono le persone invitate; -data; -luogo; -ora («alle...» per un pranzo o una cena placé; «dalle...» per un cocktail o un rinfresco); -tipo di ricevimento (cena, pranzo, aperitivo); -abbigliamento richiesto (abito scuro, cravatta nera, in maschera ecc.); -occasione (in onore di...; anniversario; compleanno ecc.); -la conferma della presenza ed eventuale data ultimativa (r.s.v.p. seguito dal numero di telefono o dall'indirizzo mail, entro il...). Se sul biglietto non si specifica che il signor Dante Alighieri è invitato insieme con la gentile consorte, basterà leggerne con attenzione la busta: se è indirizzata a Dante e Gemma Alighieri, o Dante Alighieri e gentile signora (Gemma), significa che l'invito è di coppia; in caso contrario, la signora non è gradita. Per lo stesso motivo, non si scrive: «Famiglia Bianchi» (nella quale potrebbero considerarsi compresi anche i cugini di secondo e terzo grado), ma «Mario e Maria Bianchi e figli» oppure «Mario, Maria, Mariella e Mariolino Bianchi». Sulla busta, sempre scritta a mano, si omettono titoli accademici e qualifiche professionali; si indicano invece i gradi militari e, volendo, i titoli nobiliari. Se stiamo organizzando un evento davvero speciale, e sappiamo che i nostri ospiti hanno un'intensa vita mondana, possiamo prendere in considerazione l'idea di anticipare l'invito spedendo, con largo anticipo, un save the date, cioè un preinvito in cui si chiede di non prendere impegni per una certa data. Sta a noi decidere se specificare già in questo «annuncio di festa» che cosa abbiamo in programma, o lasciare ancora nel vago, per incuriosire e creare una maggiore attesa. SAVE THE DATE! Cari amici, non prendete impegni per il 16 aprile perché stiamo organizzando una festa, e saremmo lieti di avervi con noi. Seguirà invito più dettagliato. Mario e Maria Rossi PRE-INVITO Il giorno 16 aprile festeggeremo le nostre Nozze d'argento con una cena sul lago e contiamo sulla vostra gradita presenza. Vi faremo sapere per tempo tutti i particolari! Mario e Maria Rossi

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Quanto al brunch, che è l'occasione più informale, esige un abbigliamento molto casual. Per un invito a cena informale da amici vanno bene, sia per lui sia per lei, anche i jeans, purché abbinati a una camicia pulita, accessori ben scelti, una gradevole fragranza da dopo doccia. Nelle circostanze un po' meno disinvolte, gli uomini vanno sul sicuro con un bel completo grigio scuro, camicia a righe, scarpe e calze nere, e cravatta che, eventualmente, può essere tolta e infilata discretamente in tasca. Non si toglie invece nelle occasioni da «abito scuro», che prevedono un abbigliamento come sopra, ma camicia bianca possibilmente a polsi doppi. Per le signore, un tailleur (con gonna o pantalone), o una bella camicia di seta su una gonna (o pantalone) elegante. anche adattissimo l'abitino nero da evening chic. I padroni di casa sono tenuti a un certo understatement, quindi devono cambiarsi sempre d'abito - anche solo mettendo una camicia/maglietta pulita sui jeans - ma senza ostentare capi e gioielli elegantissimi, bellissimi, firmatissimi. Se il cartoncino riporta in basso la fatidica formula «cravatta nera», non ci sono equivoci: lui in smoking - che in caso di emergenza può essere sostituito da blazer blu scurissimo, pantaloni grigio scuro e scarpe nere - lei in corto elegante, in pantaloni ampi o in lungo non troppo scollato. Una valida alternativa è lo smoking femminile. Da osare con tacchi altissimi, camicia bianca maschile (con almeno tre bottoni slacciati) e pochette gioiello. Arriva dall'America la moda di dress code particolari, quindi può accadere di leggere sull'invito diciture del tipo smart casual, casual elegant, festive attire, che si prestano alle interpretazioni più svariate, e ai più tormentosi dubbi. Diciamo che le prime due indicano un abbigliamento «elegantemente sportivo», quindi niente cravatta per gli uomini, ma bei pantaloni sportivi e camicie (d'estate, meglio di lino) con maniche disinvoltamente arrotolate. Ideali anche per le donne, come pure uno stile etnico, purché non sovraccaricato con paillette o gioielli importanti. Il festive attire richiede per lui un blazer senza cravatta, per lei camicie di seta, ampi pantaloni, qualche bel gioiello. I tacchi a spillo solo in occasioni «eleganti» e «festive» che si svolgono al chiuso, o meglio su pavimenti solidi...

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Perché siamo liberi di rifiutare un invito a un rito sociale - qualunque esso sia -, ma se lo accettiamo dobbiamo seguirne le norme di abbigliamento e comportamento. Ci sono regole del guardaroba formale maschile che possiamo definire immutabili: tinte unite, tonalità scure (ma il tutto nero, per chi non fa di mestiere il body guard, segnala mancanza di personalità e di gusto), belle stoffe e linee pulite per i capi base e il cappotto. Indispensabili per essere impeccabili in qualunque occasione, dal mattino alla sera e in tutte le stagioni, un abito a un petto, grigio o blu molto scuro, e uno gessato, magari doppiopetto, ambedue di tasmania o zelander, tessuti ideali per chi come noi vive in un clima perennemente artificiale, tra riscaldamento centrale e aria condizionata. Lo stile si trasforma cambiando camicia (bianca con polsini doppi di sera o per una cerimonia, a righe sottili per un pomeriggio elegante, più colorata al mattino, o addirittura sostituita da una t-shirt bianca) e cravatta. Calze sempre scure e al ginocchio e scarpe allacciate, con suola di cuoio sottile. Sopra, un bel cappotto sportivo di tweed o di loden, e uno blu scurissimo per la sera. Anche d'estate, i colori in libertà vanno bene solo in situazioni extraprofessionali, e solo con capi casual e sportivi, che sono gli unici con cui è concesso il calzino bianco. Il casual invernale è perfetto con pantaloni di velluto a coste o di fustagno e maglioni - possibilmente in tinta unita o comunque senza renne e fiocchi di neve o fantasie peruviane assortite. Per il casual, lo sport e la campagna, mocassini (d'estate) e scarponcini o desert boots scamosciate. Sandali e\infradito solo in spiaggia e dintorni. Un altro jolly del guardaroba maschile è il blazer blu scurissimo (senza stemmi, bottoni fantasia e decorazioni varie), di medio peso, da portare con pantaloni grigi d'inverno e beige d'estate; nelle occasioni più informali, la cravatta si può sostituire con un bel fazzoletto da taschino. Per le serate, «cravatta nera» (black tie) significa smoking, camicia bianca con polsi doppi e cravattino a farfalla in seta o in satin, solo nero; il più chic è quello da annodare a mano. I papillon colorati, come le fasce fantasia, i colletti inamidati e le camicie con ruche e pizzi fanno tanto orchestrali di night e americani di provincia. Le calzature sportive sotto lo smoking sono un errore, non una sdrammatizzazione, quindi mettiamoci Oxford stringate di pelle nera liscia, a suola sottile. Calze nere, di seta o di filo leggerissimo. In materia di gioielli, l'uomo elegante si concede come unica vanità un bell'orologio di marca, che in realtà non va considerato un gioiello. Come non lo è la fede nuziale, o la chevalière, l'anello a sigillo d'oro o con pietra: chi è allo stesso tempo nobile e ammogliato deve scegliere quale dei due anelli indossare, mai comunque tutti e due sulla stessa mano. Carlo Windsor docet. I «gemelli» da polso, indispensabili per smoking e tight, possono dare un tocco un po' ricercato all'abito grigio indossato nelle occasioni importanti. Meglio sceglierli piccoli, doppi (cioè con due placchette eguali), non troppo evidenti e senza grosse pietre. Per accompagnarli al meglio, l'orologio sportivo o di plastica colorata va sostituito con uno più classico, con cinturino in pelle nera o bordeaux (il bracciale di metallo, anche d'oro, è solo da giorno).

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Se non siamo in cerca di avventure galanti, per dimostrare buon gusto rifiutiamo l'ostentazione di mise eleganti (o peggio, seducenti) in momenti per cui è più adatta la praticità; il nostro abbigliamento sarà sobrio e senza orpelli ma mai sciatto: no agli asciugamani non di bucato, alle magliette ingrigite dall'uso, e soprattutto alla brutta abitudine di lasciare gli indumenti usati nella sacca per giorni. In piscina lei indosserà un due pezzi di taglio sportivo, da nuotatrice, o addirittura un buon costume intero olimpionico. Quanto ai signori uomini, ricordo che gli slip sgambatissimi e i cache-sex - già volgari e orrendi in spiaggia - sono improponibili per il nuoto e l'acqua gym. Se l'aria condizionata ci disturba, spostiamoci in un punto più riparato, o infiliamoci un golfino o una felpa, ma non pretendiamo di spegnerla. Ma, soprattutto, mettiamo in pratica l'idea che le ore dedicate allo sport vanno vissute con leggerezza di pensiero, levità nei modi e negli atteggiamenti, voglia di sorridere e di recuperare almeno in parte quel garbo che non troviamo più nella vita quotidiana. Il che significa saper vincere una partita senza esagerare, né umiliare l'avversario, e saperla perdere senza offendersi o recriminare, essere bravi senza vantarsi, faticare senza ostentare sudori e vesciche, appassionarsi senza apparire monomaniaci...

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Il buon viaggio aereo incomincia ben prima della partenza, al momento di vestirsi: se il volo è lungo, scegliamo un abbigliamento che sia comodo e decorso al tempo stesso, così da evitare sbottonamenti poco eleganti. Se possiamo, non indossiamo stivali, che rallenterebbero il passaggio nei controlli di sicurezza, con conseguente ingolfamento della fila. Al momento del check-in chi sa di avere spesso necessità «idrauliche», o bisogno di sgranchirsi le gambe, chiede un posto a sedere di corridoio. Ecco poi come si comporta il viaggiatore bene educato: -salendo a bordo, tiene il bagaglio a mano davanti a sé, per non urtare con borse a tracolla e zaini i passeggeri già seduti; -sistema i bagagli a mano nella porzione di cappelliera sopra il suo sedile, avendo cura di tenere con sé tutto ciò di cui può avere bisogno durante il volo: il giornale, gli occhiali, le pastiglie per la gola o quant'altro...; -accetta di buon grado la relativa immobilità in un sedile tutto sommato angusto, e se vuole alzarsi per andare alla toilette, o per sgranchirsi le gambe, cerca di scegliere bene il momento, e di evitare il più possibile i disagi a chi è seduto nei posti vicini; - se ha la sfortuna di sedere vicino a un passeggero irrequieto, che sembra avere sempre mille motivi per alzarsi, sopporta con pazienza il moto perpetuo; oppure gli offre (gentilmente) di scambiare i posti («Se preferisce, può sedere al mio posto, tanto io vorrei dormire un po' e non prevedo di alzarmi»); -se deve alzarsi «scavalcando» il passeggero al suo fianco, non si pone di schiena - con conseguente avvicinamento delle natiche al suo viso - ma si gira, in modo da porre in contatto le ginocchia con le sue; non si toglie mai le scarpe, a meno che non possa sostituirle con le apposite ciabattine fornite dalle compagnie aeree per i voli transcontinentali; - scambia, se vuole, qualche parola con i vicini, ma assolutamente senza imporsi a chi desidera leggere, riposare o, semplicemente, stare tranquillo; -se viaggia in compagnia di parenti o amici, tiene basso il tono della voce, evitando di parlare di argomenti intimi o delicati, perché la vicinanza dei sedili rende impossibile qualsiasi pretesa di discrezione, anche da parte di chi proprio non vorrebbe ascoltare; - se gli è stato assegnato un posto centrale, o di corridoio, rinuncia a contemplare il panorama, e non si protende sul vicino seduto accanto al finestrino; - non reclina lo schienale del sedile fino a quando non è stato servito il pasto o lo snack, e non sono stati ritirati i relativi «vuoti». Poi, educazione vorrebbe che chiedesse al passeggero seduto dietro se può abbassare lo schienale; e educazione vorrebbe che lui desse il permesso. Da non chiedere, comunque, a chi ha un bimbo in braccio. -in caso di bambini che scorrazzano nel corridoio o si arrampicano con i piedi sui sedili, evita occhiate malevole e le battute sibilate e chiede all'hostess o allo steward di intervenire presso i genitori dei piccoli vandali... -non applaude all'atterraggio; il pilota è un professionista, non è eccezionale che abbia saputo fare atterrare l'aereo! Ma i più gravi sono gli errori di stile che contravvengono a regole di sicurezza, oltre che di educazione. Chi passeggia nel corridoio mentre vengono serviti i pasti e i rinfreschi, non si allaccia le cinture quando richiesto, si alza in piedi e si carica del bagaglio a mano non appena l'aereo tocca terra, ignorando i segnali luminosi che indicano di restare seduti fino allo spegnimento dei motori, o disobbedisce a una qualunque delle prescrizioni impartite dal personale di cabina, è maleducato; ma chi fuma nelle toilette o si precipita ad accendere il telefono cellulare quando le porte sono ancora chiuse è anche stupido, perché mette in pericolo la sicurezza di tutti, e merita senz'altro le peggiori occhiatacce.

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A pranzo, possiamo andare a tavola in abbigliamento sportivo, ma non in copricostume, canottiera, ciabatte; alla sera, niente jeans e, nelle sale ristorante più eleganti, obbligo di giacca e cravatta per gli uomini e di abito o pantaloni non sportivi per le signore. Per il resto, la comune buona educazione basterà a gestire tutte le situazioni. Come l'eventuale condivisione di una cabina con uno sconosciuto, che richiede la più assoluta discrezione per evitare promiscuità imbarazzanti. Nei limiti del possibile, stabiliamo dei turni per l'uso del bagno: al mattino, il primo che se ne serve farà bene a uscire dalla cabina, così da rispettare la privacy dell'altro. Naturalmente, è vietatissimo fumare in cabina e sconsigliato cospargersi abbondantemente di profumo.

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Sempre in tema di bagaglio, è bene informare in anticipo su eventuali party, cene, escursioni turistiche a terra, e su tutte le attività che richiedono un abbigliamento particolare. Il nudismo è concesso solo tra persone consenzienti e che si conoscono bene; se pensiamo possa offendere o mettere a disagio qualcuno, rinunciamo di buon grado a questo spazio di libertà - senza tacciare di provincialismo chi non se la sente di smutandarsi.

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Genitori e invitati sfoggeranno un abbigliamento poco frivolo, ma non casual a tutti i costi. Soprattutto le signore eviteranno tutto ciò che è «troppo»: troppo profumo, troppa abbronzatura, troppi gioielli troppo trucco, troppi colori in libertà, fantasie troppo vistose, variopinte, etniche. Durante la cerimonia gli invitati eviteranno di chiacchierare o mostrarsi annoiati, e non disturberanno l'officiante intrufolandosi dappertutto per scattare fotografie. Chi desidera conservare la tradizione del «ricordino» - un po' passata di moda, ammettiamolo - scelga il classico cartoncino bianco, con bei caratteri, e una formula elegante e semplice: PAOLA ROSSI RICORDA LA SUA PRIMA COMUNIONE 10 MAGGIO 2015 BARI, CHIESA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ MARIO ROSSI E' BAR-MITZVAH INIZIA LA VITA ADULTA, ACCETTA IL PATTO DEL SINAI SI IMPEGNA ALLE MITZVOT AFFRONTA L'ETÀ DEL GIUDIZIO I ricordini vanno inviati o consegnati a mano solo alle persone con cui si hanno legami di affettuosa amicizia e consuetudine: l'invio a semplici conoscenti potrebbe sembrare un modo per sollecitare un regalo. Anche al ricevimento dovranno essere invitati solo i parenti e gli amici più intimi, e il luogo più adatto e la casa, oppure un locale annesso al luogo di culto; se proprio non possiamo fare a meno di andare al ristorante, chiediamo di poter occupare una saletta privata, e poi cerchiamo di non ridurre la festa alla brutta copia di un pranzo di nozze. Al momento di diramare gli inviti suggeriremo di non fare regali troppo frivoli ed effimeri.

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Ma la sposa elegante, come le sue invitate, sa che il giorno delle nozze non è un qualunque capodanno, e richiede un abbigliamento formale, accompagnato da scarpe chiuse o modello Chanel. Niente occhiali da vista, niente abbronzatura da spiaggia, né mani con le unghie rosse, niente gioielli (concesso solo il «punto luce» di orecchini di diamanti), trucco impeccabile e discreto, niente borsetta. E niente velo per le nozze civili. In chiesa come in municipio la scollatura totale dovrebbe essere velata con una stola o una sciarpa.. La norma che vorrebbe accanto a una sposa in bianco lungo lo sposo in tight non è più così ferrea: ma sarebbe meglio, se lui rifiuta un abbigliamento così formale, che la sposa adottasse la lunghezza alla caviglia, elegantissima, ma un po' meno impegnativa. Oppure, privilegio negato a tutte le invitate, un bel paio di pantaloni. Se la cerimonia è molto mondana e formale, lo sposo, i due padri, eventuali fratelli e i testimoni saranno in tight (ovvero: giacca con le code, panciotto, pantaloni rigati). Che si può benissimo affittare per l'occasione in una sartoria specializzata, insieme con gli indispensabili accessori: camicia in lino o piqué con polsi doppi, cilindro e guanti grigio chiaro, cravatta classica in seta grigio perla o con una discreta fantasia chiara, calze al nocchio di seta grigio scurissimo e scarpe stringate di pelle nera. La scelta classica, per chi vuole evitare il tight, è un raffinato abito grigio scuro con gilet; anche corretti, se pure meno formali, il blu scuro e il gessato. Ma sempre giacca a un petto solo, pantaloni senza risvolto, camicia bianca, cravatta grigio-argento, calzini lunghi grigio scurissimo o blu scurissimo, scarpe eleganti nere, stringate. In nessun caso indosserà lo smoking, che è un abito da sera e non da cerimonia. Per quanto riguarda i signori invitati, la tenuta classica da matrimonio è la stessa di qualsiasi altra occasione elegante: abito blu scuro o grigio scuro con camicia bianca o azzurra e cravatta in tinta unita o a minuscoli disegni. Scarpe nere stringate, calze lunghe grigio scuro o blu scuro. Ricordiamo che non sono affatto obbligati - come sono invece i testimoni - a vestirsi come lo sposo; ma se questi è in tight, ed essi ne hanno uno, lo mettano: sarà un gesto gradito, e in più non perderanno una delle rare occasioni di sfoggiare la giacca con le code. Per le signore l'eleganza da cerimonia ha più regole da tenere a mente: no a pantaloni, microgonne, spacchi, scollature eccessive, paillette. Niente abiti tutti neri o tutti bianchi (colori che sono però consentiti se mischiati con altre tinte); se la sposa non veste in bianco, l'invitata attenta si informa preventivamente presso madri e amiche per evitare di scegliere proprio la stessa tinta pastello. Sì ai tailleur, ai completi abito e giacca; sempre le calze d'estate, anche se è il 15 agosto, e, d'inverno, meglio un bel cappotto che una pelliccia. No anche agli stivali o borsoni sportivi - compresi quelli firmatissimi e di coccodrillo - e agli accessori neri: la cerimonia esige che siano di un tono più chiari dell'abito. Se le nozze sono al mattino, le signore invitate possono sfoggiare un cappello. Possono: non sono affatto obbligate. Ma hanno l'obbligo di «non» metterlo se nessuna delle madri degli sposi lo indossa. Quindi, prima di scatenarsi negli acquisti, è prudente telefonare alle due signore che hanno il privilegio di «dettare legge» in materia di copricapi, così come i loro mariti decidono in merito al tight.

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non viene mai alla mente prima di un funerale, eppure è proprio questa l'occasione pubblica in cui è più facile sbagliare abbigliamento e svelare la propria mancanza di buona educazione. Anche se non facciamo parte della famiglia del defunto, o d ella cerchia di amici intimi, intervenendo alla cerimonia siamo tenuti a evitare capi vistosi, colori troppo accesi, gioielli e tutti quegli accessori che indicano il desiderio di attirare l'attenzione sulla nostra persona. Naturalmente, non esageriamo col minimalismo: la signora che non apre neppure la porta all'idraulico senza orecchini, non ne farà a meno oggi, ma sceglierà un modello classico, che indossa molto spesso; è concesso il trucco, ma tenendo la mano leggera. Quindi, colori scuri, o neutri, scarpe chiuse anche d'estate niente pellicce, niente cravatte colorate e accessori colorati molto alla moda, niente profumi esotici o provocanti; e in chiesa niente presentazioni, conversazioni, occhiate trasversali per controllare «chi c'è». Siamo (o dovremmo essere) lì per rendere un omaggio, non per una passeggiata piacevole. Solo in questa occasione è concesso ai dolenti di indossare occhiali scuri per nascondere i segni del pianto e del dolore, e di non toglierli neppure per parlare con qualcuno: è un triste privilegio, di cui non devono approfittare gli altri intervenuti. È sempre meno opportuno l'invio di fiori, dal momento che il regolamento cimiteriale di molte città non permette che vengano lasciati accanto alla tomba; comunque, l'omaggio floreale va accompagnato da un biglietto da visita senza frasi di condoglianze né firma. I familiari del defunto sono tenuti a ringraziare per le lettere, i biglietti e tutte le testimonianze di cordoglio. Possono farlo con un ringraziamento pubblicato nella rubrica dei necrologi sul giornale, oppure mediante un manifesto simile a quello affisso per comunicare il decesso («Nell'impossibilità di farlo direttamente, la famiglia Rossi ringrazia commossa tutti coloro che hanno partecipato al proprio dolore»). Il sistema più tradizionale è il biglietto listato a lutto con poche righe stampate: «La famiglia Rossi ringrazia commossa e grata per l'affettuosa partecipazione al suo dolore». Nessuna firma, così come non va firmato il biglietto da visita semplice- mente siglato a mano con «P.r.», cioè «Per ringraziamento»: è questo l'unico caso in cui il galateo consente una formula così asettica. Nei confronti degli amici più cari questi biglietti conterranno anche poche parole in più, di particolare ringraziamento. In occasione della messa di Trigesima, o comunque circa un mese dopo le esequie, si può inviare ad amici e parenti una foto ricordo del defunto, scegliendo, se possibile, non una foto tessera, ma un'istantanea scattata in un giorno felice.

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In ogni stagione indossiamo materiali di qualità, gonne alla caviglia, al polpaccio o appena sopra al ginocchio, jeans non tagliati o sbrindellati o ricamati, pantaloni non bermuda né a pinocchietto, abbigliamento «a strati», capispalla sobri. Meglio una giacca spezzata che un (più banale) completo intero, meglio un paio di ballerine o di mocassini che le sneakers. Sotto la giacca o il pullover, una camicia, o una polo o una maglietta. Per distinguerci pur rimanendo in perfetta armonia nel gruppo, affidiamoci agli accessori, che sceglieremo secondo il criterio della piacevolezza e della vivacità, non dell'accumulo. La regola vale anche per i gioielli: un paio di orecchini, un anello, un bracciale; purchè senza troppi charms, il cui allegro tintinnio per otto ore consecutive può renderci insopportabili agli altri. Sempre nell'ottica di evitare «l'inquinamento acustico», le signore che amano calzare scarpe con i tacchi si faranno applicare dal calzolaio paratacchi di gomma.

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Soprattutto il modo migliore per far capire di non essere disponibili per una relazione sentimentale è bandire del tutto dal nostro abbigliamento e dal nostro comportamento ogni elemento che possa anche lontanamente apparire seduttivo: battute e complimenti sull'aspetto fisico o sull'abbigliamento, coffee break a tu per tu, fiori e regali personali (cioè non frutto di una colletta). Anche la cortesia deve limitarsi a gesti inequivocabili, cioè che non fanno distinzione di sesso, per esempio aiutiamo a indossare il cappotto o la giacca solo una persona anziana, o chi ha un braccio al collo...

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Prima di aver ben «inquadrato» I'ambiente e di essere stati accettati dal gruppo - non permettiamoci battute di spirito o commenti; curiamo particolarmente il nostro abbigliamento, evitando ogni sfoggio di firme e capi dernier cri: niente di peggio che dare l'impressione di lavorare per hobby! Accettiamo con gioia gli inviti a partecipare ad attività comuni nel tempo libero, ma non sollecitiamoli. Chiedere «Posso venire anch'io?» è sgradevole per chi non può risponderci di no, ma anche per noi, accettati visibilmente a malincuore. Se un collega ha un nome brutto, o molto lungo e «importante», può essere solo sua l'iniziativa di suggerire un soprannome, o un «accorciamento»; fino ad allora, sarà Emerenziano e basta. Ma neanche cinquant'anni di anzianità aziendale ci danno il permesso di apostrofare gli altri con «Caro/a, bello/a, cocca ecc.».

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Per lo stesso motivo, siamo molto attenti a non mostrarci in abbigliamento che ai loro occhi potrebbe essere considerato «sconveniente». Se ci incuriosiscono certe abitudini tipiche del loro paese, chiediamo spiegazioni con semplicità, senza criticare né fare confronti per ribadire una (vera o supposta) superiorità: «Da noi, invece...»; tanto non serve. Per mantenere il più serena possibile I'atmosfera di questa convivenza senza vera intimità, non alterniamo confidenza e sussiego, momenti di familiarità e di distacco: se si è deciso che i pasti vanno consumati separatamente, sarà sempre così (ma il menu sarà rigorosamente uguale, e ugualmente abbondante); non facciamo (e tantomeno sollecitiamo) c onfidenze e pettegolezzi su conoscenze comuni o precedenti datori di lavoro. Paghiamo sempre puntualmente quanto loro dovuto per legge, evitando commenti velenosi. In compenso, se non vogliamo accondiscendere a richieste di aumento di stipendio o di riduzione d'orario, non abbiamo timidezze: è un nostro diritto dire di no, ma è un dovere farlo senza arroganza né rabbia, motivandolo con frasi pacate: «In questo momento proprio non posso, perché....» (ma attenzione: non pretendiamo di essere creduti se ci concediamo a ogni piè sospinto acquisti folli e week-end dispendiosi: chi lavora in casa nostra conosce benissimo le nostre abitudini e il nostro guardaroba). E soprattutto, se vogliamo che l'altro accetti le nostre esigenze, mostriamo di capire il suo punto di vista: a chi non farebbe comodo più denaro, o più tempo libero? Quindi evitiamo di sminuire il suo lavoro con frasi del tipo: «In fondo non ha poi quel gran da fare» o di fare leva sull'affettività («Allora non vuole bene ai bambini»); eventualmente, per addolcire il rifiuto, si può lasciare aperta una possibilità: «Riparliamone fra qualche mese, quando spero migliorerà la mia situazione di lavoro».

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IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

190965
Schira Roberta 3 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
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La sera si usa cambiarsi sempre per la cena ed è gradito un abbigliamento elegante. Poi, cosa sia un capo elegante in Germania non è il caso di approfondire. Dice il mio concittadino Beppe Severgnini (e lui è un grande viaggiatore) che gli inglesi non hanno nulla da insegnarci in quanto a etichetta a tavola, ma lì c'è la netta separazione tra working class, middle class e upper class: ciascuna ha le sue regole. In La testa degli italiani Severgnini dice che in una famiglia borghese nel Regno Unito di norma si comunica con post-it incollati all'anta del frigorifero, e ciascuno mangia spesso da solo, magari in piedi tra un corso di yoga e una partita di squash. In Italia saremo un po' cafoni, ma se non altro mangiamo tutti insieme almeno una volta la settimana. In molte famiglie inglesi si fa il Saying Grace, usanza religiosa che prevede, prima di iniziare a mangiare, di pronunciare una breve preghiera di ringraziamento per il cibo. Nel parlare moderiamo la voce e negli approcci i «giochi di mano» (toni alti, rumori, abbracci e pacche sulle spalle) sono poco graditi. Tuttavia sono rimasta davvero stupita durante la mia ultima visita a Londra da quanto sono rumorosi i ristoranti anche stellati della città. Non affrontate i soliti discorsi tabù, e il fatto che gli inglesi amino parlare del tempo non è solo un luogo comune: serve per rompere il ghiaccio. Ricordate che gli inglesi sono British e non English, imparate a distinguere irlandesi e scozzesi dagli inglesi. Non è obbligatorio portare doni ai padroni di casa, ma sarà gradita una bottiglia di vino. L'invito per un dinner può essere alle 19 oppure alle 18.30 per un tea time a base di abbondanti piatti freddi. Lo slurping (trangugiare, bere rumorosamente) va assolutamente evitato anche da loro. Vietato anche «pucciare» in tutto il Regno Unito in qualunque liquido, dal tè all'uovo à la coque. Le mani vanno in grembo se non sono utilizzate, come vedremo. L'abbigliamento deve essere sobrio e i jeans non sono apprezzati, così come le cravatte regimental che indicano l'appartenenza a un club. Gli inglesi amano consumare formaggio a fine pasto e gli stuzzicadenti, al supermercato, non sono mai nel reparto casalinghi, ma in quello degli articoli da party (servono per infilarci le olive e non per pulirsi i denti). Il pane non viene servito a tavola, tranne che imburrato come accompagnamento al salmone. In molte famiglie vige ancora l'uso antico di dividere i due sessi alla fine della cena: le signore sono invitate a powder their noses (incipriarsi il naso) e bevono sherry, mentre gli uomini rimangono seduti a tavola a sorseggiare porto e fumare sigari. Se il porto viene servito in tavola viene passato in senso orario e non si versa mai al proprio vicino: ognuno si serve da solo. Nei paesi del Centro e Sud America le persone di un certo riguardo metteranno Don e Doña davanti al vostro nome. La cena inizia sicuramente dopo le 21 e il ritardo accettato può arrivare anche a un'ora. Ecco, in questa cultura è meglio mandare fiori il giorno dopo e non portare nulla di commestibile, facendo pensare che il menu debba essere rinforzato: è considerato offensivo. Fanno eccezione prodotti come souvenir di un paese straniero. Urge una parentesi. Anche qui, come negli Stati Uniti e nel Regno Unito, tra una portata e l'altra si tengono le mani in grembo. Il francese (come l'italiano) le appoggia sul tavolo fino al polso, mentre l'inglese beneducato le tiene in grembo. Il galateo a tavola, come noi lo conosciamo oggi, si sviluppa in Francia, in un'epoca di veleni e tradimenti, perciò si impose la regola: entrambe le mani ben visibili ai commensali, quindi sul tavolo. L'Inghilterra non poteva accettare un'imposizione francese, era ancora bruciante la perdita dei territori sul suolo continentale dopo la guerra dei Cent'anni (1337-1453). Ecco perché gli isolani decisero per la mano in grembo, anziché appoggiata al tavolo, ben visibile: spirito di contraddizione! Ricordo, a proposito, il motto di una severissima anziana anglofila baronessa fiorentina che diceva: «Jamais, parfois, toujours» e cioè «Mai, qualche volta, sempre», dove ogni avverbio si riferisce a una posizione, rispettivamente: gomiti sul tavolo, avambracci appoggiati e mani in grembo. Tornando al Sud America, l'abbigliamento di sera è piuttosto formale, quindi sono gradite giacche e cravatte e per le signore sconsigliati i pantaloni in alcune cerimonie ufficiali. Ricordate cosa abbiamo detto dello spazio personale e della prossemica: in questi paesi le distanze sono ravvicinate ed è normale che quando qualcuno vi rivolge la parola si avvicini molto; non ritraetevi. Ho potuto verificare di persona; più si va a sud più le distanze si accorciano, più si va a nord più aumentano. Lo stesso avviene tra abitanti di campagna e di città: i primi, insieme a chi vive in montagna, staranno più scostati e vi daranno la mano restando arretrati con il corpo, mentre chi vive in una grande città (abituato a tram e metropolitana affollati) accorcia le distanze. In Sud America evitate, se siete voi che invitate, di cucinare coniglio: è considerato un animale da compagnia. Nei paesi islamici si salutano con rituali lunghi e si baciano più volte; con gli occidentali usano la classica stretta di mano. Tra uomo e donna non deve avvenire alcun contatto fisico. Nella presentazione evitate di tenere lo sguardo fisso sul volto, molto meglio uno sguardo basso e reverenziale. Nella conversazione non ci si informa mai dello stato di salute delle mogli; è considerata un'invasione di campo, così come ogni battutina sulla condizione femminile. Il pranzo è intorno alle 14 e la cena alle 22: siate puntuali. Non intestarditevi a voler pagare il conto, è offensivo, paga chi fa l'invito, come da noi. Di norma non si porta nulla e ovviamente, se il dono è d'obbligo, sono vietatissimi gli alcolici e prodotti che contengano carne di maiale. Se siete voi a invitare, informatevi sul Ramadan che cade in mesi diversi ogni anno. In questo caso ogni convivio slitterà dopo il tramonto. Ricordate che canottiere e pantaloni corti sono un insulto al buon gusto anche se indossati dai maschi. Val la pena aprire una parentesi sull'abbigliamento. L'occidentale che, nell'immaginario di certi paesi, è ricco e stimabile, se arriva seminudo si comporta come un indegno, come uno di una casta inferiore che non può permettersi una camicia. «Questo provoca un vero e proprio cortocircuito mentale in chi lo accoglie nel suo paese» dice anche Barbara Ronchi della Rocca nel suo libro dedicato al galateo del viaggiatore. Lo stesso, come abbiamo visto, vale per i jeans, che da noi sono ormai sdoganati come abbigliamento per tutte le occasioni; in molti paesi non vengono compresi. In Australia, per esempio, sono considerati una divisa destinata ai lavori più umili della campagna, quindi guai a indossarli anche per una cena tra amici. Iran, Siria e molti paesi islamici considerano i jeans un abbigliamento maledetto, per via dell'origine americana. Un po' come camicie e pantaloni stile militare in Zimbabwe, Zambia e Botswana. Se cercano di convincervi che nei paesi islamici è accettato un rutto a fine pasto come segno di gradimento non credeteci, è un gesto al limite tollerato, ma non incoraggiato. In questi paesi, come nel sud dell'India e in Indonesia, la sinistra si usa per la pulizia del corpo, fate quindi attenzione a passare le portate al vostro vicino con la mano destra. In Giappone evitate il più possibile il contatto fisico, anche la stretta è inusuale; meglio l'inchino. Se siete invitati mostrate deferenza e ammirazione verso i piatti che vi vengono offerti. I giapponesi adorano che la propria tavola venga ammirata; infatti le presentazioni dei cibi sono attentissime alle proporzioni, ai colori e alla composizione: I commensali si presentano con il cognome e usano sun davanti al vostro, che significa onorevole. Il che non è un'offesa, come sta diventando nel nostro paese. Usate i biglietti da visita, lì sono indispensabili, e porgeteli con entrambe le mani: è un segno di deferenza. Starnutire, soprattutto a tavola, è uno dei gesti più maleducati che potreste fare, cercate di ricordarlo. Vige l'assoluta puntualità e, se entrate in casa d'altri, toglietevi le scarpe in segno di rispetto. Non portate fiori, tipico dono del corteggiamento; ben graditi i dolci, avvolti nella carta rossa, segno di gioia. Mai però nel numero di quattro e nove, considerati numeri nefasti. A tavola non si usano tovaglioli, ed è apprezzato l'uso delle bacchette per portare il cibo alla bocca; tuttavia, per evitare pasticci potrete chiedere una forchetta, in mancanza di meglio usate le dita. Nella conversazione siate sempre calmi e pacati e soprattutto sorridenti. Non versate nulla sul riso e cercate di non avanzare nulla, sarebbe maleducato. Non servite prodotti caseari fermentati se avete al tavolo giapponesi o cinesi; non li gradiscono e sembra che non siano digeribili per loro a causa dell'assenza di alcuni enzimi intestinali. Nell'abbigliamento, le donne evitino vestiti sgargianti e profumi intensi. Lo stesso vale nell'occidentalissimo Canada, dove il profumo infastidisce quanto una sigaretta. E, per finire, non lasciate la mancia, sarebbe un'offesa, dal momento che il lavoro per loro è una missione. Anche in Cina è molto apprezzata ogni forma di autocontrollo. Durante le presentazioni si osservano rigidamente le regole e le gerarchie, che vedono al primo posto sempre l'uomo più anziano e la persona di maggior prestigio. La cosa vale anche per la conversazione: vietato toccare argomenti delicati. Gli inviti sono rari e di norma sono intorno alle 18, perché dopo le 21 i trasporti pubblici sono scarsi. I regali sono graditi, ma devono essere estesi a ogni componente della famiglia. A tavola si aspetta sempre che sia chi invita a dare i tempi. Accanto al vino ci sarà una coppetta per il tè, mentre l'acqua non è prevista. In Israele usate i biglietti da visita, vi serviranno, ci tengono molto a ruoli e cariche. Gli anziani godono giustamente di grande rispetto e, quando entrano in una stanza, ci si alza in piedi. Nella conversazione tutto è permesso, tranne ovviamente riferimenti alla questione palestinese. Sono apprezzati i fiori e una bottiglia di vino come regali per i padroni di casa.

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Negli inviti indicate chiaramente il luogo, l'ora e il tipo di abbigliamento richiesto. Si conferma entro tre giorni al massimo e si disdice facendosi perdonare con un piccolo dono floreale. Per gli uomini andrà bene anche una pianta. Invitati. Anche per gli invitati le regole sono molte, limitiamoci riassumere dicendo che si acquista il titolo di invitati ideali quando: non si mettono a disagio gli altri ospiti, quando si contribuisce al divertimento e al piacere di tutti e quando si dimostra gratitudine ai padroni di casa per l'invito. Anche se si viene invitati al ristorante valgono le stesse regole, in più si cerca di non ordinare i cibi più costosi, ma neppure solo i più economici. Se il menu è già stato fissato e vi sono piatti che proprio non potete mangiare per ragioni di salute, chiedete di sostituirli con qualche cosa di semplice, come riso, una bistecca o un pezzetto di formaggio. Un invitato perfetto al ristorante si comporta come se fosse in casa del proprio anfitrione e quindi evita critiche alla cucina o al locale e cerca anzi un motivo per esprimere il proprio gradimento della serata. Chi invita non paga il conto a tavola, ma si alza regolando ogni cosa in privato. Se avvenisse al tavolo, si cerca di ignorarlo, limitandosi a fine serata a ringraziare con qualche commento tipo: «Siamo stati davvero bene» oppure un «Grazie di tutto». Deve essere l'anfitrione e mai l'ospite a concludere la serata; darebbe l'impressione di non gradire la compagnia. Attenzione, quindi, padroni di casa: sta a voi chiudere le danze con garbo. Jeans. In molti paesi del mondo andare a cena o in una casa privata indossando i jeans è sgradito, anche se certe marche costano centinaia di euro. Kiwi. Si taglia a metà e si consuma con un cucchiaino. Legumi. Si tratti di fagioli, piselli, fave o lenticchie i legumi si mangiano con la forchetta. Non si servono fagioli alle cene formali. Liquori. Si servono a tavola o ancora meglio in salotto dopo il caffè. Lisca. Se una vi si conficca in gola non stramazzate al suolo con le mani alla gola, ma alzatevi e andate in bagno dopo aver mangiato un boccone di pane. Ecco perché per evitare imbarazzo è opportuno servire pesce perfettamente pulito. Lumache. L'unica condizione per servirle con il guscio è fornire ai commensali le apposite pinze, in tutti gli altri casi si propongono sgusciate e in umido nelle diverse varianti. Nel primo caso, pinza nella mano sinistra e forchettina nella destra per estrarre la polpa. Make-up. Sì, è vero, non ci si rifà il trucco a tavola e confermo, ma davanti al rossetto non resisto. Mi piace vedere una bella donna tirar fuori dalla borsetta lo specchietto gioiello di famiglia e stendersi un rossetto rosso sulle labbra. C'è chi lo sa fare e chi no: mai durante un pranzo di lavoro. Mancia. In Italia la mancia non è obbligatoria come negli Stati Uniti o nel mondo anglosassone, ma gradita. Si lascia sempre a chi porta i bagagli e a chi vi parcheggia la macchina, al personale di servizio della casa che ci ospita e a tutti coloro che hanno svolto un servizio che non era nelle loro competenze. La cifra deve essere compresa almeno tra il 5 e il 10 per cento del conto totale. Al ristorante non si dà in mano al cameriere, ma è preferibile lasciarla sul piattino con il quale è stato consegnato il conto; se non è possibile si farà scivolare nella mano del destinatario senza farsi notare. Mandarino. Si sbuccia con il coltello tenendolo fermo con la mano sinistra e poi si mangia uno spicchio per volta. I maschi, di norma, non mangiano frutta perché sono maledettamente pigri, ma provate a sbucciargli un mandarino o una fetta di mela, vedrete che apprezzeranno molto il gesto materno! Ricordate però la Teoria del Precedente. Lo Sgalateo consiglia la «sbucciatura della frutta» come merce di scambio: tu fai una cosa per me e io in cambio ne faccio una per te. Mandorle. Vale la stessa regola dell'altra frutta secca. Una raccomandazione: chiudete la sinistra sulla mano destra a protezione, prima di premere le due parti dello schiaccianoci. Si sono visti pezzi di gusci schizzare nei décolleté e colpire il lampadario. Dai latin lover sono considerate cibo afrodisiaco. Mani. Si tengono sulla tavola in Italia e in grembo, nelle pause, se seguite la scuola britannica. Nel mondo occidentale non si mangia nulla con le mani tranne il pane, i pasticcini, l'uva, il cioccolato e il sushi. Sciocco ricordarlo? Prima di andare a tavola bisogna lavare mani e unghie. Lo Sgalateo prevede e consiglia di usare mani e dita quando e come si vuole. Marmellata. Solo quella di agrumi si può chiamare così, è chic sapere la differenza; tutte le altre sono confetture. Non servitevi dal barattolo, è cafone. Mettetene una piccola quantità sul piatto e poi spalmatela sul pane con un cucchiaino o con un coltello da frutta. Mele e pere. Si tagliano in quattro parti sul piatto con il coltello e la forchetta. Le parti si infilzano con la forchetta e con il coltello si eliminano prima la buccia e poi il torsolo, poi si tagliano in pezzi più piccoli e si portano alla bocca con la forchetta. Melone. Dovrebbe essere servito a fette e già sbucciato, se piccolo e maturo può essere servito tagliato a metà, in questo caso si consuma con un cucchiaino. Menu. È cortese, quando si invita a casa, scrivere su un cartoncino la data, i piatti e i vini serviti, sarà utile agli invitati per regolare il proprio senso di sazietà. Quando siete al ristorante chiedete la carta e non il menu. Non soffermatevi su ogni portata un'ora prima di decidere cosa ordinare: è irritante, per il cameriere e per gli altri ospiti. Minestra. Senza rumoracci e senza soffiarci sopra, si sorbisce con il cucchiaio. Non si serve se non per la cena e mai due volte, così recita il cerimoniale. Nel servirla è facile sporcare la tovaglia, quindi è opportuno o tenere a portata di mano un piattino dove appoggiare il mestolo nel tragitto zuppiera-fondina, oppure, ancora meglio, fare le porzioni in cucina e portare a tavola ciascun piatto con grande attenzione. Evitate di offrire una minestra a una cena organizzata per fare conquiste: a meno che non sia una sofisticatissima vellutata di crostacei, ogni altra preparazione in brodo rischia l'effetto «minestrina da ospedale», il che non è affatto sexy. Mollica. Chi non mangia la mollica o la crosta, la ripone in un angolo del proprio piatto; guai a lasciarla sulla tovaglia. Vietato fare pupazzetti con la mollica o, peggio, proiettili da tirare al commensale più odioso. Lo Sgalateo vi lascia liberi di creare con la mollica piccoli cuori da regalare al vostro partner durante la cena. Musica. In casa, una musica di sottofondo è piacevole mentre si aspettano gli ospiti, ma durante la cena dovrete abbassare il volume. Nella scelta, sbizzarritevi: oggi ci sono cd di accompagnamento per ogni esigenza, chiedete in un negozio specializzato. Personalmente adoro, dal tramonto in poi, il vecchio Frank. Per un cocktail in piedi o un garden party, la musica è sempre fondamentale. Una domanda: vi siete mai chiesti dove vanno a prendere quei terribili cd nelle hall di certi alberghi paludati? Naso. Ovviamente ogni operazione di pulizia è vivamente sconsigliata. Nel linguaggio del corpo ogni volta che si toccano le zone periferiche intorno al naso il nostro commensale potrebbe mentire. Attenzione, potrebbe. È il retaggio di un comportamento infantile che porta a mentire coprendosi la bocca con le mani; visto che l'amministratore delegato di una multinazionale non può coprire con entrambe le mani la bocca spalancando gli occhi, ecco che l'inconscio si accomoda sfregando il naso o con movimenti simili. Noccioli. I noccioli della frutta o le parti di scarto, inavvertitamente messe in bocca, non si lasciano cadere direttamente nel piatto. Se sono stati portati alla bocca con una posata si fanno scivolare su di essa e poi sul piatto, ma forse è più facile deporli nella mano chiusa a pugno e riportarli sul piatto. Noia. Sarebbe bello divertirsi follemente a ogni occasione conviviale: ma non è così. Se vi annoiate a morte perché il vostro vicino di destra parla solo di insetti in via di estinzione e l'altro è un distinto ottantenne ma con problemi di udito, tenete duro. Non si guarda l'orologio, né le vie di fuga come la porta d'uscita, né si parla con un tizio nell'altro tavolo escludendo i commensali vicini a voi. Odore. Gli odori di cucina se si invita a casa vanno eliminati azionando le ventole o ancora meglio aprendo le finestre prima che arrivino gli ospiti. Al ristorante sarebbe obbligatorio non narcotizzare i clienti con odori molesti, d'altra parte una stanza completamente asettica non fa buona impressione. Signore, non profumatevi troppo. Olive. Si portano alla bocca con gli stuzzicadenti (unico utilizzo ammesso degli odiosi aggeggi), ma se vengono servite come aperitivo sono consentite anche le mani. Il nocciolo si pone nella mano e poi si lascia in un apposito piattino. In realtà spero sempre di trovare cibo più originale come aperitivo, sia in casa che nei bar, o almeno se volete offrirmi delle olive devono essere buonissime. Ossi. Si lasciano nel piatto e non si toccano con le mani. Evitate, nel tentativo di staccare un pezzo di carne rimasto attaccato all'osso, di farlo schizzare in testa a qualche malcapitato. Lo Sgalateo prevede il contatto con gli ossi da scarnificare e succhiare a piacere come per rivivere un rituale primitivo. Ostriche. Se le offrite voi dovete essere sicuri della qualità superiore, fatele aprire e non gettate via, per carità, la loro acqua di vegetazione. Esistono delle speciali forchettine a tre denti per molluschi che potete usare per estrarre la polpa, in caso contrario potete usare la mano destra evitando il più possibile ogni risucchio. I puristi le degustano assolutamente nature. Nello Sgalateo, ca va sans dire, se ne fa grande uso, sarà per l'alto valore simbolico del mollusco considerato afrodisiaco. Padroni di casa. Dovrebbero essere sorridenti e freschi, anche se in realtà sono stravolti dalla stanchezza. Mai iniziare a mangiare prima della padrona di casa, ma attendere un suo cenno per cominciare. Pane. Una delle poche cose che si possono toccare con le mani, ma non si spezza con i denti. Si fa a pezzi con le mani e poi si porta alla bocca a piccoli bocconi. Evitate di tagliarlo a tavola a meno che non si tratti di un rarissimo pane toscano che desiderate far vedere in tutto il suo splendore, in tutti gli altri casi si taglia in cucina e si porta a tavola in un cestino oppure in un vassoio d'argento. Il piattino del pane, gradito nelle cene formali, si mette in alto a sinistra di ogni commensale. Pasticcini. Si prendono dal vassoio con le mani, insieme alla carta pieghettata che li avvolge. Vietato indugiare nella scelta e soprattutto toccarli tutti prima di sceglierne uno. Pâté. Si mangia con la forchetta e, se accompagnato dai crostini, non viene spalmato ma mangiato separatamente. Pausa. Quando si smette di mangiare per fare una pausa, si mettono le posate con le punte del coltello e della forchetta che si incrociano, con i rebbi della forchetta all'ingiù e la lama del coltello verso il centro del piatto. Come già detto, in questo modo il cameriere o chi per esso dovrebbe, dico «dovrebbe», capire che non deve portar via il piatto. Per piacere e grazie. Ricordiamoci di pronunciarli sempre, ogni volta che chiediamo di passarci qualcosa, quando veniamo serviti a casa o al ristorante, quando chiediamo qualcosa al cameriere. Pesce. Prima il pesce e poi la carne, questa è la regola. Qualsiasi portata di pesce si serve con le posate apposite, se non avete le posate adatte usate solo la forchetta. Pesche. Mangiare frutta intera (purtroppo) con le posate non si fa quasi più, perché difficilmente i ristoranti metropolitani la propongono. È considerata ancora una portata in certe pensioni familiari sull'Adriatico o sulle coste ioniche. Se a una cena formale decidete di mangiare una pesca che vi viene servita intera consideratela una faccenda seria. Si puntano (non infilzano!) i rebbi della forchetta sul frutto e si incide la polpa col coltello per tagliare uno spicchio alla volta, quindi si ferma con la forchetta lo spicchio e lo si sbuccia con il coltello. Si tiene lo spicchio sbucciato sulla punta della forchetta, si taglia un boccone (massimo 2 centimetri) e lo si porta alla bocca senza cambiar di mano alla forchetta, che quindi rimane nella sinistra. Piatti. Quando il cameriere si avvicina per portarci i piatti, e soprattutto per toglierli, non va aiutato. Allo stesso modo, non si impilano i piatti sporchi: perché volete intralciare il lavoro del personale di servizio? Rilassatevi, se pagate il conto avete il diritto di farvi servire. Si può aiutare il personale perché distante, solo se ce lo chiede, anche se non dovrebbe mai farlo. Picnic. Che bello vedere un po' di galateo anche sull'erba, basta poco: piatti di cartone, fazzolettini e tante torte salate. Unica eccezione, mai i bicchieri di carta, mettete dentro un bel cesto di vimini tante flûte di vetro, di certo qualche partecipante al picnic sarà felice di aiutarvi. Il bon ton si rilassa sotto il cielo e diventa più elastico, ma ritorna rigidissimo al momento del dopo picnic. Vietato lasciare mozziconi, plastica e rifiuti abbandonati sull'erba, e vi assicuro che questo è ben peggio che dire «Buon appetito». Piedi. In teoria dovrebbero stare sotto la sedia del proprietario, e questo vuol dire non allungarli incivilmente sotto il tavolo intralciando le estremità altrui e tanto meno lateralmente provocando involontari effetti «piedino». Lo Sgalateo permette di sbirciare sotto il tavolo per, studiare la posizione dei piedi: incrociati, ci sono ancora un po' di riserve. Con le punte all'interno? È rimasto un pizzico di infanzia. Accavallate? C'è ancora qualche resistenza nel vostro commensale. Piedino. Sono due le regole fondamentali da rispettare per il seduttore (uso il maschile, ma vi sono signore grandi esperte nel campo) che usa il piedino come arma di seduzione. 1. Si fa solo se si è certi di non ricevere un rifiuto. 2. Si fa solo se si è certi di non essere scoperti dal resto dei commensali. Pinzimonio. Uno dei pochissimi casi nei quali è permesso usare le dita per mangiare. Le verdure vengono servite già tagliate e ogni commensale ha una scodellina dove intingere carote e sedani. Piselli. È esilarante vedere, come è capitato a me, schizzare i piselli dal piatto come proiettili. Se accade significa che il cuoco era pessimo: dovrebbero essere morbidi. Di norma, basterebbe raccoglierli con la forchetta. Pollo. Anche se un commensale vi ricorda il detto popolare secondo cui pure la regina Margherita mangiava il pollo con le dita, lasciate perdere e continuate a usare forchetta e coltello. Il pollo è difficile da tagliare in tavola anche con il trinciapollo, fatelo in cucina dopo averlo mostrato, se volete, ai commensali. Polpette. Per qualche inspiegabile motivo servire polpette a una cena formale è considerato scorretto, probabilmente perché si può sospettare che siano preparate con gli avanzi. Quindi evitatele, anche se sono un piatto straordinario, in primis quelle di bollito. Sono vivamente consigliate dallo Sgalateo, che incoraggia il consumo di polpettine, cibo da mangiare con le mani e soprattutto da imboccare. Pompelmo. Si serve tagliato a metà e si consuma prelevando la polpa con un cucchiaino. Posacenere. Non si mette in tavola, mai, se non a fine pasto e dopo aver chiesto il permesso di fumare agli altri commensali. Al ristorante non si può più fare, ma non lamentatevi. È così bello ritrovarsi fuori sul marciapiede: si fanno molte conoscenze interessanti. Vietato però abbandonare il proprio ospite o accompagnatrice per interminabili pause. Posate. Oggi si tende a snellire il più possibile il numero delle posate. L'ideale è il tris: una forchetta, un coltello e un cucchiaio, se serve; man mano che si susseguono le portate si cambiano le posate. Posti. L'uomo siede alla destra della donna, le riserva il posto lungo la parete o che comunque le permetta di vedere la sala. Ogni uomo siede a fianco di una signora che non sia sua moglie (o compagna). Nel caso di due coppie, ogni signora siederà alla destra dell'uomo che non è suo marito. Se invece l'uomo e la donna siedono da soli, ai due lati consecutivi di un tavolo quadrato, lui siederà alla sua destra per poter utilizzare il braccio destro e quindi versarle da bere con più agio. I signori siedono un attimo dopo le signore. Lo so, non lo fa quasi più nessuno tranne che in certi adorabili ambienti. Durante il pasto se una signora si allontana dal tavolo, per qualunque motivo, gli uomini si alzano contemporaneamente a lei, si risiedono appena si allontana e si rialzano appena riappare. A una cena in casa privata, ricordate, l'ospite d'onore uomo si siede alla destra della padrona di casa, mentre l'ospite d'onore donna si siede alla destra del padrone di casa. Prenotazioni. Se avete prenotato in un ristorante e poi per qualsiasi motivo cambiate idea, soprattutto se il locale possiede coperti limitati, telefonate sempre per disdire. All'estero nei ristoranti stellati si lascia il numero di carta di credito perché in caso di mancato avviso viene addebitata una mora. Presentazioni. Prima di imparare qualsiasi altra regola, la buona educazione ci impone di presentarci ogni volta che ci troviamo a dividere una tavola. In teoria dovrebbero pensarci i padroni di casa, ma se chi ospita è assente lo faremo noi dicendo il nostro nome con un sorriso accompagnato da un buongiorno o da un buonasera. Prezzemolo. Che dilemma, dire o non dire della fogliolina di prezzemolo tra i denti del nostro commensale. Sì, meglio dirlo. Basta sussurrarlo discretamente in un orecchio. Ribes e frutti di bosco. Si servono in coppette con il cucchiaio da frutta. Reclami. Nel caso di un cibo malcucinato, di un vino che sa di tappo o di una posata o un piatto non pulitissimi, ci si limita, senza recriminazioni, a chiedere che vengano sostituiti spiegando il problema con gentilezza. Con educazione e garbo è giusto sottolineare gli errori da parte della cucina o del servizio, nei locali pubblici. È peraltro di cattivo gusto mostrarsi incontentabili, critici, polemici, commentare la scelta dei piatti al cameriere o parlare dei propri disturbi intestinali agli altri ospiti. Ricci di mare. Solo se volete male ai vostri ospiti li servirete a una cena formale. Meglio lasciare questo ingrediente sensuale per uno spaghetto a due, magari cucinato insieme e consumato su una terrazza al tramonto. Riso e risotto. Si mangia con la forchetta, non si soffia sul risotto e non si allarga nel piatto come si vede fare. Ritardo. Mai arrivare in ritardo a un appuntamento galante, anche se alla signora è permesso un indugio di dieci minuti. Se arriviamo in ritardo in una casa privata o al ristorante è d'obbligo telefonare per avvisare. Sale e pepe. Non si chiede al ristorante di classe se non strettamente necessario, è come sottolineare che il piatto non era perfetto. In casa, durante i pasti quotidiani si mette in tavola, ma è meglio non farne uso. Salame. In una cena formale non si serve. Con gli amici e in famiglia ben venga qualche fetta di salame. Si può prendere con le mani e mangiarlo accompagnato dal pane; si eviti il classico panino, a meno che non ci si trovi a un bel picnic. Salmone. Si consuma con le posate da pesce, se accompagnato da crostini non va messo sul pane ma consumato a parte. Salse. Le salse non si raccolgono se non con il salsacoltello, una posata a forma di cucchiaio, ma con un lato tagliente creata apposta per tagliare e tirar su ciò che rimane nel fondo del piatto. Scampi. Serviteli già sgusciati quando è possibile. Consigliati per le cene private a due. Scarpetta. Mi dispiace, ma il galateo non ammette scarpette di sorta e soprattutto non tollera surrogati, e cioè tutte quelle pratiche che i commensali ingegnosi si inventano per raccogliere un buon sugo dal fondo del piatto. Non esistono deroghe. Via libera alla scarpetta, invece, nelle riunioni familiari e per lo Sgalateo. Segnaposti. È un bel gesto predisporre i segnaposti quando si hanno tanti ospiti e soprattutto se vogliamo mantenere la regia a tavola. Potete sbizzarrirvi con oggetti di ogni genere, che servano da supporto al cartoncino sul quale sarà scritto il nome. Soffiare. È molto maleducato soffiare sul cucchiaio o sul piatto per raffreddare il cibo. Sottopiatti. Sono utili e doverosi nelle cene formali, belli quelli in argento, ma sono ammessi tutti i materiali. Spaghetti. Si mangiano arrotolandoli alla forchetta, che non va puntata sul piatto, ma tenuta leggermente inclinata, quasi orizzontale. Si raccolgono pochi fili di pasta per volta, in modo da portare alle labbra un boccone piccolo. Evitate accuratamente risucchi di ogni tipo e rimasugli di sugo sul mento. Orribile l'utilizzo del cucchiaio o, peggio ancora, del coltello per tagliarli! Spumante. Quello secco non si serve mai a fine pasto insieme ai dolci. Se volete mostrarvi esperto di vino, dite «metodo classico», oggi lo spumante si chiama così. «Bollicine» pare sia superato, ma rende l'idea. Quando si stappa tenete la mano destra sopra l'imboccatura della bottiglia per evitare che il tappo colpisca qualcuno nella stanza e soprattutto cercate di essere silenziosi. Starnuto. L'ideale sarebbe reprimerlo, soffocarlo, ucciderlo, specialmente durante cerimonie e pranzi formali. Quando vi accorgete che lo starnuto sta arrivando, conviene alzarsi e procurarsi un fazzoletto pulito. Se proprio dovete restare seduti, voltate il viso all'esterno del tavolo e starnutite dentro il fazzoletto, badando di fare meno rumore possibile. In Giappone è considerato ripugnante starnutire a tavola. Stuzzicadenti. Come tutte le operazioni riguardanti il proprio corpo, stuzzicarsi i denti a tavola non è ammesso. In realtà i ristoratori dovrebbero mettere il contenitore degli stuzzicadenti in bagno. Se il fastidio è insopportabile, alzatevi dal tavolo. Sushi. Se non sapete usare le bacchette, non pasticciate inutilmente. Usate le mani, che è consentito, oppure chiedete una forchetta. Ogni pezzo di sushi va intinto nella soia dalla parte del pesce, mai dal riso. Le bacchette si appoggiano all'apposito utensile che assomiglia a un poggiaposate, e quando avete finito si mettono allineate sulla ciotola che contiene la salsa di soia. Al sushi bar, se sedete al bancone, non date soldi al maestro sushi presi dall'entusiasmo: non può toccarli. Tavola. Sulla tavola non si appoggia nessun oggetto, niente chiavi, occhiali, portafogli o telefoni. Tè. Si beve sorseggiando dalla tazza senza sollevare il mignolo, per carità. Non vi si inzuppano dolci o tartine, ma si alternano piccoli bocconi e sorsi di bevanda. La padrona di casa che invita per il tè predispone zucchero, latte e fettine di limone, qualche biscotto ed esorta gli ospiti a servirsi da soli dopo aver versato il tè nelle tazze. Toilette. Non c'è bisogno di annunciarlo rumorosamente, se si vuole andare in bagno ci si alza con un semplice «Scusate». Alle signore consiglio di non abbandonare per ore il proprio cavaliere ad aspettare al tavolo. Torta. Si mangia con l'apposita forchetta a tre punte. Tovaglia. La tovaglia, di qualsiasi colore sia, dovrà essere stirata alla perfezione e questo va fatto una volta che viene stesa sulla tavola, sopra un «mollettone», così si chiama il telo morbido di protezione alla superficie del tavolo. Scegliete tessuti naturali in colori contrastanti con i piatti la cui base, sarò tradizionalista, deve essere rigorosamente bianca. Tovagliolo. Solitamente piegato e posato sopra il piatto o il sottopiatto va a destra, ma si può semplicemente piegare a triangolo e adagiare sul piatto. Evitate piegature fantasiose e laboriose. All'inizio del pasto va steso sulle ginocchia, sempre dopo la padrona di casa o, al ristorante, dopo la persona che ha invitato. Non va mai legato al collo. Si usa prima di bere, sempre, e dopo aver appoggiato il bicchiere. Alla fine del pasto si lascia alla sinistra del piatto. In alcuni ristoranti di alto livello, prima del servizio del dolce, il tovagliolo viene cambiato con uno più piccolo. È un atto di grande cortesia. Signore, cercate di non lasciare vistose impronte di rossetto, signori non usatelo per detergervi il sudore dalla fronte. Ubriachezza. Può succedere che un ospite esageri con l'alcol: che fare? Un bravo anfitrione cerca di arginare come può la serata, ma di certo non lo abbandona fuori dalla porta a fine cena. Si preoccupa di accompagnarlo a casa e di assicurarsi che stia bene. Uomo. Uomini, ricordate! Basterà un gesto come aprirle la portiera o alzarsi nel momento in cui lei lascia il tavolo per farsi ricordare a lungo. Insomma, vi verrà perdonato anche qualche sbaglio, se saprete usare qualche galanteria al momento giusto. L'uomo entra per primo in un locale, comunica con i camerieri, versa da bere, si dimostra più interessato alla compagnia che al cibo, conversa e dovrebbe pagare il conto. Uova. Non si usa mai il coltello, in qualsiasi modo siano cucinate. Lo si può usare solo per tagliare il prosciutto o la pancetta che le accompagna. Uva. Va tenuta con la mano sinistra, mentre con la destra si staccano gli acini che andranno alla bocca. Verdure. Non si tagliano mai con il coltello. Vino. Non si versa mai sino al collo del bicchiere. Si stappa sempre davanti agli ospiti, e così pretendete al ristorante. Si fa scegliere alla signora e se questa si rifiuta si prende l'iniziativa chiedendo almeno «bianco o rosso». Chi invita, sia a casa sia al ristorante, propone i vini e chiede se gli invitati sono d'accordo. Il vino non si mescola con l'acqua e non deve essere raffreddato con il ghiaccio. Si lascia in un secchiello di qualsiasi materiale, possibilmente su un tavolino a parte. Zotico. È l'epiteto che si merita chi a tavola pecca di prepotenza e maleducazione. Per neutralizzare lo zotico recidivo è necessaria più fermezza che ironia, la seconda non la coglierebbe. Un seccato richiamo ha più probabilità di venire accolto. Zuppa, zuppiera. Non si soffia sulla minestra o la zuppa. In Inghilterra, il cucchiaio non viene introdotto in bocca di punta, ma appoggiato lateralmente alle labbra. In Italia il cucchiaio viene introdotto in bocca di punta. Ma ciò non vuol dire, beninteso, che lo si debba inghiottire fino al manico. È tollerato che, arrivati agli ultimi cucchiai di minestra, si sollevi appena il piatto inclinandolo verso il centro della tavola. Zuzzurellone. Avete presente quei soggetti che pur essendo adulti si comportano come ragazzini e si divertono a fare i giocherelloni? È il buontempone, il burlone che a tavola gioca con il cibo, estenua i commensali con storielle imbarazzanti, indovinelli, racconti di vita privata e via discorrendo. Basterà ignorarlo senza ridere delle sue battute pesanti per neutralizzarlo.

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In prevalenza uomini, e questo non solo perché il sesso debole (intendo gli uomini) è - credo - meno attento alle norme di buon comportamento a tavola, ma anche, e questo va detto, per motivi di abbigliamento: la camicia e la cravatta allentata facilitano l'odioso gesto di infilarci dentro il tovagliolo. Punto 15. Nuovi tempi, nuove regole. La tecnologia a tavola non è ben vista, dal momento che la circostanza dovrebbe indurci alla convivialità e alla condivisione di cibo e valori. È vero, il cellulare non va sopra la tovaglia, ma soprattutto non va sotto il tavolo. Già, perché è proprio lì che avviene il più trafficato incrocio di onde e frequenze tra noi e il mondo esterno. A volte è difficile resistere a lungo alla tentazione di controllare se è arrivato un sms del fidanzato o della propria amata, ma trattenetevi il più possibile. In genere i cosiddetti VIP a tavola si comportano in modo abominevole, soprattutto i personaggi che sono diventati famosi per aver fatto televisione fortuitamente: per la maggior parte sono digitatori accaniti e compulsivi. Ricordo una sera, in un noto ristorante romano all'aperto, due commensali molto noti, un opinionista e direttore di un settimanale di gossip e un conduttore televisivo: ebbene, non fecero altro che messaggiare tutta la sera ignorando la conversazione. Il culmine venne raggiunto quando, spaventoso a dirsi e motivo di ribrezzo per ogni persona rispettosa del bon ton, uno di loro cominciò a far leggere i messaggi sul proprio cellulare inviati da una nota starlette. Appunto, c'è di peggio di messaggiare a tavola, ed è far leggere i messaggi privati agli altri commensali. È ammessa una sbirciatina a metà cena alle mamme un po' ansiose, alle adolescenti in odore di fidanzamento, ai padri in attesa; ma massaggiare per tutta la cena è intollerabile e maleducato. Al limite, dopo aver chiesto il permesso, allontanatevi da tavola e controllate il vostro cellulare in privato e in tranquillità.

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