Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbigliamento

Numero di risultati: 31 in 1 pagine

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Il Galateo

181417
Brunella Gasperini 5 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Abbigliamento. Oggi solo alle prime di gala (e neanche sempre) si va vestiti in pompa magna o quasi. Alle repliche si va vestiti come si vuole, comunque non da sera. Contegno. Non fate commenti durante lo spettacolo, o almeno fateli con voce appena percettibile. Non sfogliate continuamente il programma con petulante scricchiolio. Non mugolate la romanza che sta cantando il tenore. Non ridete sgangheratamente, non singhiozzate, non soffiatevi continuamente in naso. Se possibile, non addormentatevi. Applausi e fischi. Secondo il galateo di una volta, una signora a teatro non doveva mai applaudire: doveva restare immobile e impassibile come una sfinge, o come una deficiente, lasciando all'intelligentissimo compagno la facoltà di approvare o disapprovare. È una regola infame, lo era anche prima dei movimenti femministi. Una donna è una donna, non un oggetto decorativo, non una mummia. Se desidera applaudire, applauda quanto vuole. Se l'entusiasmo la travolge, le consentiamo perfino di gridare «Bravi! Bravo!»: non troppo spesso, possibilmente, e non con voce perforante. Le sconsigliamo invece di fischiare: se vuole esprimere dissenso, si limiti a non applaudire. Anche gli uomini, comunque, dovrebbero fischiare solo alle prime: alle repliche il giudizio sul lavoro è già stato dato, i fischi vanno a carico solo degli interpreti, i quali, salvo eccezioni, fanno del loro meglio. Possono essere più o meno bravi, più o meno in forma, ma infierire non è bello. Uscita. Come non dovete arrivare in ritardo, così non dovete muovervi in anticipo. Molti invece, per affrettare le operazioni di uscita, hanno l'abitudine di alzarsi prima della fine per recarsi al guardaroba e ritornarne, eroiche staffette, con tutti i soprabiti degli amici: data la difficoltà del passaggio e il volume del carico, un mucchio di gente si perde, a causa loro, metà della scena madre. Non ci sembra giusto.

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Abbigliamento. I vostri gusti in fatto di moda, checché ne pensi il galateo, sono affar vostro. Una donna moderna per la strada veste come le pare. Se oltre che moderna è sensata, evita gli eccessi: voglio dire, non si barda come una cavalla alla fiera e non va in giro come una barbona, non porta nude look e non si veste come una beghina in periodo di penitenza. Qualsiasi cosa indossi, comunque (questa è la cosa che importa), la indossa con naturalezza, senza mostrarsene soverchiamente preoccupata, senza vergognarsi e senza esibirsi. La regola vale anche per i signori, che comunque dovrebbero essere meno portati a questo tipo di eccessi. Per quanto, a pensarci bene... Sì, la regola vale anche per i signori. Andatura. Per la strada, secondo il galateo, non si dovrebbe correre. In effetti, una elegante signora che scapicolla sul marciapiede, membra in sussulto, gambe scomposte, mano arrampicata a tener ferma la pettinatura o il cappello, non è graziosa a vedersi. Ebbene, pazienza! In quanto agli uomini, corrono meglio, sussultano meno e non hanno bisogno (si spera) di essere graziosi. Ma, secondo Monsignor della Casa, «non deve l'uomo nobile correre per via né troppo affrettarsi, che ciò conviene a palafreniere, non a gentiluomo». Oggi anche il «gentiluomo» può aver fretta; se deve inseguire un tram, bloccare un taxi, se fa tardi in ufficio o all'appuntamento con la bella, corra quanto vuole: basta che corra come un essere umano, non come una meteora, un siluro, una valanga, travolgendo ogni ostacolo o persona; e che almeno in curva rallenti, onde non radere al suolo la vecchietta che avanza cauta dietro l'angolo. Come cammina una signora elegante? Cammina normalmente. Non fende l'aria con le braccia, non marcia come un maratoneta, non deposita cautamente i piedi come se il marciapiede fosse fatto d'uova fresche, non saltella, non si trascina, non si dondola, non ancheggia. Non cerca di imitare le indossatrici, e nemmeno i bersaglieri. Cammina naturalmente: cammina e basta. E i signori? Ho l'impressione che queste regole siano diventate tutte unisex. Per la strada, infine, non ci si volta. Un uomo, entro certi limiti, può anche essere perdonato, mettendo in conto l'abitudine e, se si vuole, la provocazione. Ma una donna, per la strada, dovrebbe ignorare le provocazioni: si tratti di un giovanotto fa-vo-lo-so o di una donna con un vestito folle o di una coppia in amore la signora sensata sa che non sono affari suoi, e continua dritta per la sua strada senza muovere neppure un muscolo del collo.

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Abbigliamento. Va adattato, entro certi limiti, all'ambiente in cui si lavora. Non vestitevi in modo stravagante o hippy in un ufficio di banca; non portate abiti da travet o troppo pedestremente conformisti in ambienti di tipo più disinvolto e «creativo». Umori. Non trasferite in ufficio i nervosismi di casa. Non siate austeri: un sorriso, uno scherzo, una parola extra non hanno mai compromesso la serietà e il rendimento di un lavoratore o di un ufficio, anzi. Non siate però chiassosi e ridanciani: potreste dare sui nervi a molti. Non abbiate sempre l'aria schifata o sufficiente: anche se siete dei gran signori decaduti o dei geni incompresi, costretti dalla sorte a lavorare in un ufficio tanto al di sotto del vostro livello, siete pregati di non darlo a vedere. Confidenza. Non usate il turpiloquio corrente, ma se i colleghi o le colleghe a volte lo usano, rassegnatevi: è la moda. Non esibite tendenze da erotomani, ma neanche da sanluigi o santemariegoretti: nell'uno come nell'altro caso, sono atteggiamenti da sessuorepressi. Non fulminate il collega che racconta storielle pesanti, ma non incoraggiatelo. Non respingete né troncate bruscamente le confidenze di un collega, ma non sollecitatele mai. Non fate i misteriosi, ma neanche buttate in pasto all'ufficio la vostra vita privata, completa di particolari. Amicizie e flirt. Anche se il manuale del perfetto-capo-del-personale dice che non va bene, l'amicizia tra colleghi va invece benissimo: basta che non si formino clan, alleanze che nuocciano agli altri, favoritismi e trame mafiose. Su tutto dovrebbe prevalere lo spirito di gruppo: ma sia fucilato sul posto colui che pronuncia, se non per scherzo, la frase: «Dobbiamo essere come una grande famiglia». In quanto ai rapporti sentimentali, non sono affatto proibiti e non è affatto necessario nasconderli: ma, per molte ragioni, è meglio coltivarli a fondo fuori dall'ufficio. Il tu e il lei. Problema elastico e comunque di scarsissima rilevanza: ma c'è ancora chi ci fa caso o se ne fa un problema. In genere tra colleghi giovani dello stesso sesso, e oggi anche di sesso diverso, ci si da del tu. Molto dipende comunque dal tipo di ambiente e di persone. Chi è nuovo dell'ufficio aspetti di acclimatarsi e si regoli sulle abitudini degli altri. Coi subalterni, è sempre meglio usare il lei: a meno che non si sia disposti al tu reciproco, che non è sempre opportuno; un giovane impiegato può sentirsi imbarazzato a dover dare del tu a un anziano funzionario, e l'anziano funzionario non creda di sembrare più giovane o più democratico facendosi dare del tu dalle ultime leve. Siate tolleranti. Se uno o più vostri colleghi fumano e voi no, non brontolate ogni volta che accendono una sigaretta, non tossite ostentatamente, non correte a spalancare la finestra. Potete però chiedere che fumino un po' meno. Se siete voi i fumatori, moderatevi senza farvelo dire, non appestate l'aria, non imponete il vostro vizio a chi non ce l'ha. Poi c'è la temperatura: nascono negli uffici faide oscure tra i fautori del caldo e del freddo, si ingaggiano sorde guerriglie per una finestra aperta o chiusa, un calorifero acceso o spento. Siate collettivisti e aperti al compromesso. Sopportate amabilmente i vizi e i difetti altrui, se volete che gli altri tollerino i vostri. Voi non ne avete? No?! Allora avete il difetto più grosso che si possa avere in un ufficio e dovunque: quello di credere di non averne.

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Oggi (se non si tratta di quelle serate con invito scritto e l'indicazione «cravatta nera», il che significa abito da sera per tutti), il tipo di abbigliamento è sempre meno importante. Quello che conta è sentirsi a proprio agio nei propri vestiti, quali che siano (e quali che siano quelli degli altri). Se qualche insicura ha dei dubbi in proposito, tenga presente che è sempre meglio il troppo semplice che il troppo elegante. I blue-jeans, per esempio, quando sono ben portati (in senso psicologico oltre che estetico) sono all'altezza di quasi tutte le situazioni. Ovvio che sconsiglieremmo i blue-jeans a una sessantenne obesa. Per quanto... Vi dirò il mio parere personale: se la sessantenne obesa si sente bene nei blue-jeans, per me è liberissima di portarli. Certo non si può impedire alla gente di ridere, darsi di gomito e dire: «Hai visto quella vecchia pazza». Ma chi è più maleducato? La sessantenne in blue-jeans o la gente che ride e si dà di gomito?

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Le buone usanze

195831
Gina Sobrero 6 occorrenze
  • 1912
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Pagina 109

Una signora per bene non esce dal camerino senza aver compiuto il suo abbigliamento; se i capelli sono bagnati, avrà tempo di farli asciugare a casa sua, ma è un'affettazione mostrarsi sotto il manto naturale delle chiome, anche se sono copiose come quelle di Berenice. Per fortuna gli uomini non portano più la semplice mutandina che serviva appena a salvaguardare il più elementare pudore: ora hanno tutti adottata la maglia fino al ginocchio, o quasi, il collo e le braccia nude; stanno esteticamente meglio e sono più decenti. Una signora non si allontana in mare con un uomo che non conosce; non si fa insegnare a nuotare; non si lascia invitare a pigliar parte a nessun giuoco, nè si mostra troppo libera, neanche coi suoi più intimi. La semplicità del vestiario, la ginnastica del nuoto, si prestano a scherzi un po' spinti; gli uomini hanno torto di accordarsi la licenza e le signore doppio torto di permetterla. Non trovo parole sufficienti per indicare la sconvenienza di quelli che dalla spiaggia commentano, criticano o anche ammirano le bagnanti; per ogni civetta che si compiace del volgare omaggio, vi sono dieci donne per bene che chiedono al mare la salute e che si trovano imbarazzate e molestate dalla stolta contemplazione.

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Per le visite ad un vescovo non v'è obbligo di un abbigliamento speciale, ma sarebbe sconveniente indossare una toeletta troppo originale e vistosa per questa circostanza. Gli uomini vestono l'abito da visita solito anche se sono ricevuti nelle ore del mattino.

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Una giovinetta bene educata non esce dalla propria stanza prima d'aver compiuto il suo abbigliamento; non le è permesso d'avere una veste da camera; quindi, indossata una modesta vesticciuola destinata al mattino, e generalmente coperta da un ampio grembiale bianco, attende alle faccende domestiche: tocca a lei, se la mamma glie ne lascia il diritto, sorvegliare alla spesa della cuoca, fare in maniera che siano interpretati, il più possi- bile, i desideri di tutti i membri della fa- miglia, per quanto riguarda i pasti; quindi non insisterò mai abbastanza sulla necessità di avere una scuola pratica di cucina, dove si impari a conoscere il grado di freschezza della carne, dei pesci, il modo di rinfrescare la verdura nelle stagioni in cui nei nostri paesi questo elemento prezioso del pranzo e della colazione giunge da terre lontane. Tocca a lei a sopraintendere alla nettezza, della biancheria da tavola, di riempire l'acetiera, l'oliera, le saliere, le zuccheriere: disporre con grazia la frutta, i fiori, i pasticcini nelle graziose porcellane a ciò destinate; sembrano inezie, ma se ella ha oggi un padre, fratelli indul genti che perdonano una svista, potrà domani trovarsi con un marito che le muoverebbe accusa di queste piccole mancanze. Del resto, queste cure non urtano i suoi sentimenti più delicati, ed essa sarà sempre soddisfatta di sentirsi il Dio ignoto della materiale felicità domestica. Ad esempio di tutte cito le figliuole e le nipoti della compianta Regina Vittoria d'Inghilterra, che, chiamate ad occupare i più gran troni del mondo, sono state cento volte trovate da illustri visitatori colle bianche mani impiastricciate di uova e di farina, destinate a preparare i famosi puddings che formano la delizia dei conviti inglesi. Per comandare, bisogna saper fare, e state certe che, altrimenti, il più onesto maggiordomo finirà col tempo per prevalersi dell'ignoranza della sua padrona. Tocca alla fanciulla spolverare i gingilli che ingombrano ogni salotto un po' elegante, rinnovare i fiori, dare all'ambiente, generalmente un po' convenzionale, quell'aspetto abitato, ospitale che distingue la casa finamente elegante; far sì che ogni ospite abituale trovi il cantuccio che risponde ai suoi gusti, che ogni nuovo venuto si senta a prima vista davanti ad uno spettacolo gradito, che lo inviti a ritornarvi. Anticamente le famiglie ricche ricevevano in appartamenti esclusivamente a ciò destinati; di qui una certa convenzionalità nel mobilio che però s'adattava ai solenni ricevimenti ufficiali; ricevimenti, ad esempio, sempre in uso alle ambasciate e in quelle famiglie le cui condizioni sociali sono tali da obbligarle a ricevere molte persone in date circostanze. Le nostre case più modeste, in generale, non hanno che una sola stanza o sala destinata alle riunioni di parenti e di amici; inutile quindi parodiare, con vani e dispendiosi appartamenti, le grandi case; ma è però ugualmente necessario dare a questa stanza o sala la maggiore attrattiva possibile; buone seggiole, buone poltrone, tavolini comodi, solidi, semplicità d'insieme e di colori; nulla riesce più prosaico di una sala da ricevimento farraginosamente ingombra di mobili e di oggetti i più disparati; la bellezza deve venire dalla vita piacevole che in essa sala vi si vive, dalle ore gradevoli che vi si trascorrono. Oggi le signorine assistono ai ricevimenti della mamma, quindi debbono sapere come comportarsi nel loro salotto. Esse si alzano ogni volta che entra una visitatrice; abbracciano le loro coetanee, se intime; porgono modestamente la mano, accompagnando l'atto con un inchino, alle signore maggiori d'età; cedono a queste il posto migliore; non fanno capannelli e clamorose risate colle loro amiche; si occupano un po' di tutti, anche se il farlo costerà il sacrifizio del loro piacere, e specialmente poi si occupano di quelli che l'umiltà della condizione o la timidezza del carattere lasciano un po' in disparte nella conversazione generale. Quando c'è la mamma, non tocca alle figliuole tenere animate le chiacchiere, anzi si mostrino bene attente a non interrompere il discorso con contraddizioni ed osservazioni; ma se esso languisce, possono benissimo, con una frase detta a tempo, con una parola sempre buona, animare un circolo di signore anche attempate. In fondo, per una fanciulla, quello del ricevimento e un po' un giorno di sacrifizio; ma essa faccia che sia anche un giorno di scuola, una lezione di quella vita mondana che più o meno dobbiamo vivere tutti. La signorina accompagna le visitatrici alla porta del salotto dove le ha incontrate, e, in mancanza del domestico o della cameriera, apre loro pure la porta di casa senza derogare affatto alla sua dignità; le incarica di saluti per la mamma, per le figlie, per le sorelle, mai per i parenti maschi. Se l'ospite è un uomo, la signora non si alza mai; è però autorizzata a porgere la mano a quello che, venuto in casa sua, ella ha diritto di considerare accetto ai suoi genitori; non lo riaccompagna fuori, può incaricarlo di saluti, non di baci per la sua famiglia. Se, contemporaneamente a questo visitatore ci sono delle signore, ella deve un po' trascurarlo, anche se egli rappresenta per lei il principe grazioso, che le darà un giorno tutte le gioie della vita. Il breve sacrifizio le sarà compensato dall'acquisto della fama, che non potrà mancarle, di dama perfetta, di donna che sa dominare i propri sentimenti, qualità inapprezzabili nel nostro sesso fatto tutto di impressioni e di slanci. Non dirà mai male di nessuno, prima perchè, in questo caso, la regola dell'educazione è fatta più autorevole dal consiglio della coscienza, e poi perchè può, anche senza volerlo, urtare i sentimenti dei presenti. Per massima, questo principio deve informare i suoi discorsi tanto a casa che fuori, colle amiche e coi conoscenti. Succede qualche volta che, con poco riguardo per i sentimenti altrui, si tengano in un salotto discorsi un po' troppo liberi; si parla di scandali della società. Ora una fanciulla non vi deve partecipare; però è inutile che abbia l'aria di scandalezzarsi, di sentirsi offesa; oramai all'ingenuità nessuno crede più, anzi io la autorizzo perfino, se si tratta di una sua amica, a mettere una buona parola, mitigare la severità dei giudizi emessi; il suo desiderio di fare del bene, di difendere la accusata, farà migliore impressione che tutte le sciocche maniere di una virtù che vuol parere oltraggiata. E quest'idea l'accompagni sempre in tutta la vita famigliare e in quella della società. Tanto in questi ricevimenti settimanali che nelle serate che in sua famiglia offre agli amici, la signorina deve vestire con grande semplicità, deve cercare di eclissarsi, anzichè di primeggiare sulle compagne; non intenda con questo di far la cenerentola, che anzi sarebbe di pessimo gusto mostrare trascuratezza. Le sono permessi gli abiti chiari adatti alla sua freschezza, al suo tipo, ma le guernizioni ed i gioielli li conservi per quando è ella stessa invitata. Non tutte le sue ospiti hanno uguali mezzi di fortuna ed ella dà prova di bontà dimenticando la propria soddisfazione, sacrificandosi per non dar loro ombra. Se la riunione ha per iscopo un ballo, ella deve saper rinunziare al piacere di un valtzer, di una quadriglia, quando la mancanza di cavalieri obbliga un'altra fanciulla a star seduta; vicina alla mamma riceve gli invitati via via che entrano, presenta i giovanotti alle sue amiche, accompagna le signore, che non ballano, ai loro posti, e non le dimentica durante la serata; chiede loro soventi se hanno desiderio di qualche cosa, di un rinfresco, osserva che siano in posizione da non aver a soffrire per le correnti d'aria o per le pestate dei ballerini. Se la sua mamma non balla più, è generalmente lei che apre il ballo con l'ospite di più riguardo; ma può rinunziare al suo diritto, quando, per esempio, si tratti di un ballo ufficiale e si trovi tra le ballerine una signora, moglie di un alto funzionario superiore, dipendente o collega del padre. La padrona di casa è costretta ad intrattenere chi la onora della sua presenza, quindi è la fanciulla che presiede il servizio del tea, alla dispensa, magari alla cena; ella deve dunque badare a non trascurare nessuno; la riuscita della festa affidata al suo tatto. Lo so che, a conti fatti, sono queste per lei ore piuttosto di fatica che di piacere; ma prenderà la sua rivincita in altre serate in cui, grazie alla sua provata bontà, troverà pari accoglienze festose e cordiali. Per i ricevimenti intimi, le occorre pure fare provvista di una gran dose di pazienza; se l'intimità è tale da permettere un lavorino, si prepari un ricamo leggiadro, qualche cosa che non richieda troppa attenzione; mai niente di vecchio da rattoppare, niente che dispiaccia all'occhio; sono bellissimi ed utili lavori, ma la giornata è tanto lunga che un'affettazione ed una scortesia ad un tempo, serbarli proprio all'ora destinata alla conversazione. Non è affatto bello vedere una donna appassionata del giuoco, pure mi pare necessario che una gentile padroncina di casa impari alcuni di quei giuochi che sono di moda secondo le epoche e che le permettono di rendersi utile alle persone che non possono più lavorare alla luce delle lampade e che non si appassionano della musica. Se possiede un bel talento di musicista e una bella voce, canti e suoni senza farsi pregare, ma non affligga il suo uditorio con un'arte imperfetta, o con una filza interminabile di pezzi troppo difficili per le generali cognizioni. Se per una circostanza qualsiasi venne invitata a casa sua un'artista o una delle sue maestre, tocca alla giovane allieva occuparsene in maniera che l'ospite si senta apprezzata per quello che vale, e non abbia a supporre che l'invito fu fatto a vantaggio della famiglia che la riceve.

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Gli uomini si presentano in abito di società, marsina o abito chiuso, cravatta bianca o nera, guanti chiari, panciotto bianco o nero; le signore in abito da teatro, o da visita, ma sempre elegante e fresco; tengono i guanti fino a che comincia il pranzo: dico questo non perchè sia indispensabile per ogni pranzo un abbigliamento nuovo, ma perchè è necessario, a seconda dei mezzi, di mostrare alla persona che invita il maggiore riguardo. Bisogna supporre che ospite abbia messo tutto il suo impegno per accoglierci degnamente; il meno che possiamo fare per contraccambiarlo è di provargli che ci siamo ornati per piacergli. L'invito a pranzo, impone, l'obbligo della puntualità; obbligo questo tanto per chi è invitato quanto per chi invita; si giunge dieci o quindici minuti prima dell'ora, e la padrona di casa deve fare in modo che all'ora stabilita tutto sia pronto; ella, anche se si occupa delle particolarità della tavola, deve essere vestita e libera di ogni cura, per ricevere gli ospiti. Il domestico o la cameriera aprono la porta delle sala dove stanno riuniti gli invitati e annunziano che "la signora è servita,, . Ogni cavaliere sceglie la dama che le è stata destinata, e l'accompagna al suo posto; l'aiuta a sedersi, s'inchina e siede a sua volta. In questi pranzi deve essere gran cura dei padroni di casa aggruppare persone che si conoscano e simpatizzino, o per lo meno fare in tempo le presentazioni necessarie, affinchè non nascano freddezze o succedano i soliti inconvenienti facili tra sconosciuti. In qualche famiglia si conserva l'uso della preghiera prima del pasto; esso va rispettato, e mancherebbe di riguardo l'ospite che si sedesse prima che sia terminato l'atto religioso. La minestra non si serve a tavola, anche se non vi sono molti domestici, è la padrona di casa, o una figliuola, se c'è, che riempiono i piatti portati in giro dai servi. Non è necessario colmarli questi piatti, bisogna supporre che pranzo conti portate, è inutile quindi di empirsi lo stomaco di zuppa. Non occorre aspettare per mangiare, che padroni di casa abbiano dato il segnale, ma certo non è una fanciulla, nè un giovinotto quegli che prende l'iniziativa. Noi Italiani stiamo molto male a tavola e gli stranieri hanno la giustificata scortesia di dirci sovente che ci riconoscono a certe cattive abitudini a pranzo. Non si mette in bocca tutto cucchiaio per assorbire il brodo o la minestra: se è solo brodo, si assorbe dalla parte del cucchiaio vicino al manico; se vi è qualche cosa di solido, paste, crostini, ecc., si introducono in bocca dalla punta evitando ogni sorta di rumore. Se manca il cucchiaino per il sale, bisogna badare di non servirsi del proprio coltello se non è perfettamente pulito. Non si inclina il piatto per raccogliere fino l'ultima goccia di minestra; a lavare i piatti pensano i servi. Il pane non si taglia, si spezza; dopo mangiate le uova al guscio, si rompe questo per evitare che rotoli o sulla tovaglia o sul vestito. Il pesce non si tocca col coltello: anzi non si porta mai assolutamente alla bocca questo strumento, bruttissima abitudine pur troppo generalizzata più di quanto possa sembrar vero; le uova non si tagliano col coltello; gli asparagi non si mordono, si tagliano, poi si prendono colla forchetta. Ora si usano le pinze, ma non trovo grazioso staccare la parte verde coi denti. I frutti non si mordono, si pelano tenendoli colla forchetta, si tagliano a pezzetti e si mangiano a piccoli bocconi, come qualunque altro cibo; se hanno noccioli, questi non si sputano nel piatto, nè nella mano, serve a questo scopo il cucchiaio della piccola posata. Il formaggio si taglia col coltello e lo si porta alla bocca colla forchetta. La posata non si prende troppo bassa per non insudiciarsi le mani. Non si rosicchiano le ossa dei volatili; è un'operazione che va lasciata ai cani e ai gatti. Non si parla servendosi; è facile distrarsi e cagionare danni agli abiti dei vicini; non bisognerebbe neppure parlare avendo la bocca piena, ma con un po' di buona grazia si può farlo, evitando di far vedere il prodotto della masticazione. Servendosi non bisogna scegliere il pezzo migliore, bisogna pensare agli altri che vengono dopo; specialmente alle tables d'hôtes degli alberghi, alcuni sembrano voler godere tutta la loro quota senza riguardo degli altri commensali. È inutile empirsi il piatto correndo il rischio di lasciare una parte di cibo; se fanno ridere quelli che hanno la posa di far credere che si nutrono di poesia e di amore, fanno addirittura nausea coloro che non sembrano mai sazî. Un bell'appetito è una cosa invidiabile e simpatica, dà subito l'idea di una persona sana e felice; l'ingordigia, l'avidità ragguagliano l'uomo al bruto. Non si fa mai osservazione sui cibi, sui vini; gli ospiti non debbono avere l'aria di vantare le loro offerte e gli invitati di darvi troppa importanza. Se la padrona di casa ha preparato essa stessa un piatto speciale, si può farne l'elogio: se un proprietario vi offre vini delle sue terre, non é sconveniente lodarli; anche se il donatore è persona rigida osservatrice delle piccole leggi sociali, vi sarà grato dell'apprezzamento. Quando una cosa non piace, o non si confà alla propria salute, si evita di prenderne senza farvi copra i commenti. Non è necessario ringraziare il servo o la cameriera ad ogni piatto che vi portano. Il caffè non si beve nello scodellino; si aspetti che sia freddo e poi si beva nella tazzina. Non si soffia sui cibi per farli raffreddare. Per fortuna l'uso degli stecchini si va perdendo: niente di più disgustoso che quella pulizia fatta a tavola; si eviti anche di far rumore colle labbra o colla lingua per asportare le particelle rimaste fra i denti. Dalla tavola non si porta via niente, tutt'al più la minuta, quando vi è una ragione di ricordo, e i fiori che rallegrarono il vostro posto. Finito il pasto il tovagliolo si depone a sinistra del piatto senza piegarlo, ma con garbo; se il cavaliere vi toglie la sedia, ringraziate; se vi alzate da soli, procurate di non far rumore. Bisogna aver l'abitudine giornaliera di queste piccole finezze, se non vogliamo trovarci imbarazzati nei giorni d'invito. Se è la padrona di casa quella che scalca, bisogna che ne impari l'arte; il miglior pezzo di carne, il pollo più fino sembreranno cattivi se sono presentati senza grazia. Se il piatto è portato in giro da un servo, egli deve alternarne l'ordine di precedenza; bisogna supporre che tutti gli invitati sieno tenuti nella stessa considerazione; sarebbe ad ogni modo scortese dimostrare a tavola le differenze. Una signora dell'alta aristocrazia, forse un po' egoista, ma certo molto elegante, ha stabilito che alla sua tavola deve ella essere sempre la prima servita, gli altri vengono dopo, alternando come ho detto la precedenza. Gli ospiti sanno la sua debolezza e sono sempre soddisfatti. Se si fanno brindisi non bisogna dimenticare la signora che invita; le donne non rispondono, si inchinano e ringraziano poi quando si sono alzate da tavola. Tocca per diritto alla persona più autorevole essere prima a brindare, ma un invitato, per quanto giovane, può dare l'iniziativa, dopo averne avuto con un cenno, l'approvazione dei padroni di casa. A tavola sarebbe meglio non soffiarsi il naso e non sternutire; quindi chi è raffreddato farà bene a rifiutare un invito simile: però come l'educazione non riesce a toglierci certi improvvisi bisogni materiali, se questi fatti noiosi avvengono, bisogna saperli superare con grazia. Il fazzoletto si porta al naso senza spiegarlo, senza voltarsi, con naturalezza, rapidità, e lo si rimette in tasca o nella cintura senza guardarvi dentro. Se cade un coltello, una forchetta, un cucchiaio, se ne chiede uno in ricambio, ma bisogna far di tutto perchè questo non succeda. Non ho bisogno di raccomandare la discrezione nell'uso dei vini e degli alcools in genere; oltre che ciò nuoce alla salute, molte persone si esaltano facilmente ed è allora pericoloso il fare o dire cose sconvenienti. A tavola non si tengono discorsi malinconici; è meglio evitarci le discussioni politiche, religiose, che tanto appassionano gli spiriti; disapprovo altamente coloro che credono leciti alla fine del pranzo facezie un po' troppo libere e discorsi che certo non terrebbero in un salotto per bene. Anche nei pranzi di famiglia mi pare che sarebbe preferibile evitare i rimproveri, le recriminazioni, tutto ciò infine che può scemare l'armonia e la letizia dell'ora. È questione non solo di educazione, ma di igiene. Combinare l'ordine e la natura dei cibi da servire deve essere impegno della padrona di casa, a meno che non vi sia un maggiordomo molto esperto; è impossibile dettar leggi a questo riguardo; un pranzo, una colazione sono più o meno abbondanti e di cibi più o meno fini, secondo la fortuna di cui si dispone. Vi sono però regole generali che tutti possono seguire. Così al pranzo non sono adatte le costolette alla milanese, come per colazione non si gradisce un lesso o un piatto umido. Una volta i pranzi erano interminabili; ora le proporzioni sono diminuite assai, e si preferisce una portata di meno ed un po' d'eleganza di più: badi però l'anfitrione, che di ogni piatto ci sia abbondanza per tutti, affinchè non tocchi, per esempio, ad uno dei suoi ospiti la testa del pesce; ella non sa se ha da fare con un ittiofago, e non a tutti piace questa parte, che certi buongustai ritengono la migliore. Non è necessario offrire primizie, ma chi si permette questo lusso, deve procurare che ce ne sia per tutti, senza che si debba lesinare sul boccone. È meglio evitare di dar pranzi i giorni di magro; è più difficile la combinazione di cibi, senza contare che non si ha il diritto di imporre agli ospiti il sacrificio delle loro opinioni. Nei pranzi in campagna molte cose si semplificano; non sempre si trova tutto il necessario per comporre un pranzo o una colazione secondo le norme stabilite; ma se la padrona di casa è una donnina fine, intelligente, può colle più modeste risorse dare alla sua tavola un aspetto di ricchezza, di benessere, di buon gusto, che tengono luogo di tutte le delizie. L'industria moderna ha trovato modo di conservare nelle scatole tutte le verdure e le carni più fine; io non le ammiro e preferisco sempre un pollo arrosto, una frittata di uova fresche, al salmone, a tutte le golosità conservate; ma con la scienza culinaria si può ottenere un grande aiuto dalle piccole scatole di conserve. Il pesce, il gelato, le fritture, i pasticcini grassi e dolci, il formaggio, vanno posti sopra una piccola tovaglia ricamata, guarnita di trine o di frangie. Ho detto che nei pranzi in campagna lecita una maggior libertà, però anche in una colazione fatta sull'erba, all'ombra fresca, di un boschetto, è obbligo di una donna fina, di un uomo bene educato, il condursi come in casa propria. Qualche volta si fa a meno di posate, ma anche un'ala di pollo può essere presa e tenuta fra le dita con grazia, quando chi la mangia possiede questo preziosissimo fra i doni. Del resto, è tanto facile mettere nel paniere qualche posata, qualche tovagliolo; si evita così di veder le smorfie di qualche raffinato o la grossolanità di altri, che, colla scusa della libertà campestre, si permettono qualunque licenza. Poichè ho parlato di posate, voglio accennare ad un fatto disgustoso che pur troppo accade in molte case: le posate sono male lavate, ed esalano un fetore che par fatto apposta per togliere l'appetito. In Francia, per economia, non cambiano le posate ad ogni portata; e mettono una stanghettina di cristallo, d'argento, o d'un metallo qualunque accanto al piatto di ciascuna persona, sulla quale stanghettina si appoggia la posata dopo essersene serviti, per non macchiare la tovaglia; uso davvero non troppo simpatico, al quale mi pare assai preferibile il nostro di cambiare posate ad ogni portata, non lavando però male e in fretta la posata, ma tenendone in serbo la quantità necessaria, quando è possibile. Nei caffè e nelle trattorie sovente si tengono molto male le posate, ed io non saprei immaginare un fetore più disgustoso ed ingrato di quello come di pesce crudo o d'olio rancido, che esala il metallo mal lavato. Sono ora molto in voga i five o' clock teas, ossia il tea, offerto alle cinque; ci si va in toeletta da visita molto elegante, e anche, se il tea non è che una scusa per fare i quattro salti, si tiene il cappello. La tavola per il tea deve essere presieduta dalla padrona di casa, e messa con tutta la cura possibile, più che mai ornata di graziosi gingilli, di fiori, di buon gusto. Non vi si mettono coperti, ma ognuno deve avere la posatina completa, il piccolo tovagliolo, il piatto. Si mangiano dolci, sandwiches, si beve il tea, il cioccolatte nelle tazze di porcellana fine: se si balla sono necessarie varie qualità di vino bianco, se si può, e rinfreschi in abbondanza. È un lusso esotico, questo ricevimento diurno, e per imitarlo, bisogna adoperare tutta l'eleganza che vi sfoggiano gli stranieri, se non si vuol riuscire ridicoli. Tocca agli uomini occuparsi delle signore, giacchè, molte volte, per dare alla festa un carattere di maggiore intimità, i servi non vi compaiono neppure. A questi ricevimenti si va vestiti come per le visite; gli uomini, in stifelius o frac con cravatta bianca: le signore, eleganti quanto vogliono, ma mai scollate, poichè non debbono deporre il cappello.

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Eva Regina

203259
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 20 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
  • paraletteratura-galateo
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La comunicanda e la fidanzata, l'alba e il tramonto della verginità, nel simbolico abbigliamento delle ore solenni, che le fa apparire quasi immateriali come la parvenza d'un puro sogno, hanno entrambe il cuore commosso, si sentono entrambe alla soglia di un mistero. Ogni fanciulla intorno ai dodici anni attende con impazienza ansiosa il giorno della sua prima comunione, il giorno che segna per lei un passo nella vita, che le reca l'abito più lungo, che la separa dai fratellini e dalle sorelline ancora nell'infanzia e l'avvicina di più alla mamma o alle sorelle maggiori : che le schiude le porte dell' adolescenza con le sue timide grazie, i suoi primi sogni, fragili come fiori di biancospino. Ogni signorina intorno ai vent'anni, nel suo segreto, vagheggia il gran giorno che la vedrà sposa; il gran giorno in cui proverà più emozioni e più turbamenti che non ne abbia provati in tutto il suo ancor breve passato d'esistenza. Ed entrambi i giorni — il giorno mistico ed il giorno tumultuoso — restano fissi nella nostra memoria e inalterabili, come i due poli della nostra primavera, come la prima e l'ultima nota del preludio alla sinfonia, appassionata o dolce, drammatica o pastorale, della nostra vera vita muliebre. E la corona dei fiori d'arancio va a riposare accanto a quella dei gigli; e i veli bianchi, confusi nello stipo, si susurrano i loro segreti, e i due libri di preghiere, d'avorio semplice l' uno, di ricca madreperla l' altro, vengono custoditi con la cura stessa, con la medesima religiosità. Fede e amore — le due forze più possenti dell'anima, le fonti di tutta la vita morale della donna e della sua luce intellettuale — sono riassunte in queste allegoriche reliquie dei suoi giorni passati: e come amuleti ideali io vorrei che ogni madre potesse passarle alle figliuole con serenità invitta, con fronte altera.

Per esempio una figurina alta e snella, dall'aria alquanto tragica, di donna bruna, non dovrà scegliere lo stesso abbigliamento di una brunetta piccola e vivace; come una giovinetta sottile e bionda, dall'aspetto diafano, dovrà vestire diversamente dall'altra biondina grassoccia e rubiconda. Alla prima s'addiranno gli abiti di foggia spagnuola o inglese ai tempi di Maria Stuarda; — alla seconda qualche costume fantastico o giapponese; — mentre la biondina ideale potrà vestire da fata, da fiore, da Gretchen nel Faust o da Desdemona, l'altra indosserà qualche artistico costume da contadina o da dama del settecento. E questo non per civetteria, ma per quel buon gusto estetico, per quel senso del bello armonioso che conduce poi a discernere e ad apprezzare la vera bellezza nell'arte e nella natura. Intanto, una signora o una fanciulla, indossando un costume hanno modo di mettere in evidenza anche la propria personalità spirituale, giacchè dalla grazia, dall'arguzia, dalla disinvoltura con che una donna porta il costume e incarna il personaggio scelto, si può dedurre la sua intelligenza, la sua coltura, la sua finezza.

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Se è una signorina, abbia a fianco la mamma, o una parente o un'amica matura; se è una signora anche il marito dovrà far parte del comitato, e nel suo abbigliamento, nel suo contegno, non perda di mira quella elevatezza che deve esserle di guida in ogni atto, anche il più semplice, della sua vita. Si badi: quando parlo di serietà, di modestia, di riserbo, non intendo persuadere la donna alla rinunzia dei suoi fàscini fisici e spirituali. Una signora può essere elegantissima, vivace, arguta ; può tenere lo scettro della bellezza e della grazia senza uscire dai limiti che separano la donna rispettabile da quella che non si rispetta più. Molte signore invece confondono l' onestà con la rigidezza e la musoneria, e in società si fanno un dovere di mostrarsi dure, fredde, sgarbate : oppure scambiando la sguaiataggine per spirito e la licenza per disinvoltura, appariscono volgari e sboccate. La signora dei nostri tempi non dovra più cadere in questi errori. Nel suo senno, nella sua coscienza, ella deve tracciarsi una barriera, ben definita, infrangibile, oltre cui rinchiudere i suoi affetti, i suoi doveri : ma purchè questa barriera non venga assalita (ed ella saprà ben difenderla) sia senza preoccupazioni, lieta, semplice, sincera; sparga senza parsimonia il suo profumo d'anima e di giovinezza, doni la sua attività, il suo ingegno, il suo aiuto, alle imprese a cui s'interessa e che nella donna intelligente, buona ed operosa, hanno la loro più valida protettrice.

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Anche nel suo abbigliamento procurerà di non eccedere per non mortificare quelle signore che per la loro posizione non fossero in caso di competere in lusse con lei; vestirà di bianco o di nero, con eleganza più o meno ricercata secondo l'entità del ricevimento, ma senza sfarzo e senza capriccio. Farà servire i rinfreschi dal servo ma si occuperà a distribuirli, specialmente fra le persone di riguardo.

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Gli inviti vanno distribuiti almeno una decina di giorni prima per dar tempo alle invitate di preparare il loro abbigliamento. La signora che riceve indosserà un abito da sera elegante, ricco anche, ma sempre di minor sfarzo che se fosse invitata fuori. Porterà i guanti anche lei, lunghi o corti, secondo la toilette richiede. Riceverà gli ospiti insieme al marito, alle figliuole, se ne ha, o a qualche parente, nei salotti attigui alla gran sala da ballo. Quando gli invitati saranno in numero sufficiente aprirà lei la danza con un cavaliere di sua scelta, procurando di dare la preferenza a chi vanta qualche superiorità o di ingegno, o di posizione sociale. Farà un breve giro e incomincierà subito la sua missione faticosa e difficile di dire a ciascuno una parola gentile, di sorvegliare che non accada nessun spiacevole incidente, che tutti possano trascorrere quelle ore liete in piena serenità. Non ballerà più in giro che una o due volte, per compiacenza, ma sempre brevemente e senza preferire particolarmente nessuno. Ballerà invece la quadriglia con un cavaliere scelto dal principio ed avrà di fronte una coppia pure designata precedentemente e composta dalle persone che vuol onorare di più. Se è giovane apre lei il Cotillon; se ha delle figliuole grandi, cede alla maggiore di esse il privilegio. Il Cotillon deve essere ricco di doni. Si faccia in modo che tutti gli intervenuti possano avere almeno un regaluccio di qualche valore artistico o di qualche entità da conservare come ricordo. Cosi il buffet deve essere abbondante e fine. Se non offre un cena a metà del ballo, la signora disponga dei tavolinetti graziosamente apparecchiati dove gli invitati possano rifocillarsi a gruppi. Ma in questo lasci ad essi la maggior libertà: affetti anzi di non osservare nè se alcuni prendono di frequente o se taluni non approfittano di quasi nulla. Verso la fine della festa si collochi in un luogo fisso, bene in evidenza, per non costringere gli intervenuti a cercarla per prendere congedo. Lasci al marito o alle figliuole l' ufficio di accompagnare chi esce fino alla soglia; essa non si muova dal suo posto finchè l'ultimo ospite non sia uscito. È molto gentile per parte di una padrona di casa, di esaminare nella sala e nei salotti, a festa finita, se nessun oggetto o gioiello vi sia rimasto, e trovatolo per caso, occuparsi in persona, il giorno dopo, della restituzione.

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— se di sera, l'oratrice potrà indossare un abbigliamento da pranzo o da piccolo ricevimento, un po' scollato, o velato : maniche corte, lunghi guanti, e senza cappello, a meno di non mettere un cappello da teatro elegantissimo. Quanto allo stare sedute o in piedi, ognuna può fare come vuole, come si sente, od anche regolarsi secondo la durata della conferenza. I discorsi inaugurali che sono brevi di prammatica, si leggono in piedi.

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Ma ora coll' aiuto della macchina e il progresso delle industrie, le cucitrici creano quei vaporosi capolavori composti dalle sapienti combinazioni della batista, del merletto, dei ricami d' ogni genere, dei nastri, che fanno somigliare l'intimo abbigliamento di una donna elegante all' onda di candida spuma da cui uscì Venere dea. Pare che una giovanile testa muliebre china su un paziente lavoro, sia sommamente suggestiva, giacchè quasi tutti i poeti le hanno dedicato qualche rima. Fra i più moderni ed eminenti, rammento il Pascoli che ne La cucitrice ci dà l'immagine della pia sorella che lavora d'ago, nel tramonto

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E il fidanzato l'amerà di più con le sue camicette semplici e fresche, i suoi grembiulini ben guarniti, un vezzo di coralli o un collettino bianco intorno al collo e i bei capelli pettinati semplicemente, che non con un abbigliamento di parata che rivela l' ostentazione e la provvisorietà, e par nascondere quasi un inganno. Dove la signorina fidanzata può sfoggiare un poco è fuori di casa, alle passeggiate, ai teatri, alle conversazioni, ai ritrovi, per cui indosserà abiti più eleganti di quelli che indossava prima della promessa, metterà cappelli più guarniti. È bene però che una fidanzata non si faccia vedere con troppa frequenza in società. Si sa che è tutta al suo amore, ai suoi sogni d' avvenire: e l' amore e la felicità si appartano volontieri. E poi il mondo è curioso, è pettegolo, è maligno, numera i sorrisi, gli sguardi, spia i baci e le parole : « Si vous êtes heureux — ha scritto Bourget — ne le dites pas au monde: il n'aime pas ces confidences la. »

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Esse conoscono ogni possibile effetto dell' abbigliamento, nelle sue linee, nelle sue combinazioni, nei suoi colori : sanno la malia della voce, la grazia birichina dei sottintesi, il fascino dei malinconici abbandoni, l'arte d'una posa, d' un movimento, d'un sorriso. Ma come è innocua e attraente sulla scena, altrettanto la civetteria è dannosa nella vita. È un po' come lo spirito : riesce facile l'abusarne e allontana gli affetti veri e profondi. A proposito della civetteria francese, ecco quello che consiglia un bello spirito alla donna per ottenere un amore fedele: « Pigliare un pizzico di gelosia dalla Spagnuola, una sfumatura di civetteria dalla Francese, una corona di baci dall' Italiana, una nuvola di freddezza dalla Inglese, fondere tutto insieme ed ecco la ricetta per conservare l'amore ».

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Recandoci a visitare una signora colpita da grave sventura, faremo in modo che la visita, per l'ora, per il nostro abbigliamento, per l'intonazione dei nostri discorsi non abbia nessun carattere di etichetta. Meglio prevenire prima con un biglietto per informarci se la dolente è in grado di ricevere chicchessia e se la nostra visita non le arrecherà troppo dolore. Se si farà scusare di non poterci ricevere, non le serberemo rancore e alla prima occasione le dimostreremo il nostro sentimento fedele. Dal giorno luttuoso le proferiremo i nostri servigi ma dovremo lasciarle ogni iniziativa d' invito. Se verrà nella nostra casa, le faremo un' accoglienza intima e affettuosa, e se si troveranno da noi altre persone, la riceveremo sola in un' altra stanza, giustificandoci coi primi visitatori. La maestà del dolore ha tutti i diritti di privilegio senza che alcuno possa offendersene. Ci ricorderemo di lei quando compie il mese dalla morte, e nell' anniversario, con un piccolo ricordo pio, se ci è legata d' amicizia : un libro religioso o di severi insegnamenti morali, un' immagine sacra, un rosario, una medaglietta, dei fiori da recare al cimitero,accompagnati da qualche parola d' affetto e di conforto, sono dimostrazioni che è bello e pietoso dare a chi ha bisogno d' esser consolato.

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La vita non ha più misteri per la sposa che non ha più diritto di cingersi il capo col simbolico fiore d'arancio e che pur se ne cinge per ingannare il mondo; che molte volte sotto il semplice abbigliamento da viaggio cela le forme della sua incipiente maternità. Triste questa cerimonia di poesia, di purezza, a contrasto della contaminazione, dell' umiliazione segreta, talvolta dell' intima angoscia... Triste questa sposa che non ha più il profumo della vergine e non ha diritto ancora al rispetto per la donna, per la madre. E sia il vizio o la passione che l' ha trascinata alla caduta, ella in quell'ora sente tutto il peso della sua vergogna, tutto l'amaro della sua debolezza ; e il tormentoso pensiero che quell'uomo che le sta a fianco sullo sgabello nuziale possa avere prima o poi per lei un sentimento di disistima, di nausea, di stanchezza, è fisso nel suo cuore, pungente e terribile come un assillo. In questi dolorosi casi è da consigliarsi nelle nozze la massima semplicità. Meno cerimoniale che sia possibile : non ricevimenti, non ostentazione di doni e di toilettes. Sposarsi in qualche cappella privata, vestiti dimessamente, e partire subito per un viaggio di nozze lunghissimo, per qualche villa solitaria. Se poi la sposa è costretta alla commedia dell' abito nuziale e dei fiori d'arancio perchè il suo fallo è segreto, allora abbia coraggio e reciti la sua parte meglio che può. Ma solo con gli estranei, con chi non sa. Con lo sposo si mostri quello che è : si commuova, esulti, gli si getti nelle braccia, gli dica una di quelle parole che riabilitano ogni colpa, che non si possono più dimenticare. Non commetta leggerezze, non ostenti ingenuità fuori di posto, né fierezze inutili. Avvolga sè e lui in una calda onda di passione purificatrice e affidi al tempo e alla sua vita futura l'incarico di ricomporle un'aureola di castità.

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Queste donne e queste fanciulle cercando l' estetica, come molte volte avviene nell' abbigliamento femminile, ne perdevano il senso. Poichè una vita snella reca grazia ed eleganza a tutta la persona, ma una vita a cingere la quale basterebbe un braccialetto è anatomicamente una deformità. Infine la pessima abitudine dello stringersi, nel turbare le funzioni dei visceri avvizzisce innanzi tempo il volto della donna, le cerchia gli occhi di lividi, e le infligge spesso l' umiliazione amara ma meritata dell'alito cattivo.... Il miglior consiglio da seguirsi circa il busto è di non indossarlo sino alla pubertà : di portarlo leggerissimo dopo : di sopprimerlo affatto nelle gravidanze, nelle convalescenze ; di scegliere la foggia più adatta alla propria persona. Un egregio medico piemontese, il dottor Costanzo Einaudi scrive a questo proposito : « Portate pure il busto; ricordatevi soltanto che non è già la vostra persona la quale debba adattarsi al busto, che invece è il busto il quale deve modellarsi sulle vostre segrete eleganze. »

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Un rapido sguardo ai costumi adatti ai diversi generi di ginnastica, giacchè non vi è circostanza della vita in cui una donna possa essere dispensata dal pensare al suo abbigliamento. Per il Law-tennis si sono sempre adoperate finora le camicette di tela, di seta o di flanella, di modello maschile. Alcune signorine aggiungono la cintura a bretelle, altre preferiscono le molli sciarpe di seta. Si fanno anche dei costumi uniti, assai capricciosi ; rosso a filetti bianchi, bleu e scozzese, verde e bianco. Le bluse, in questi costumi, sono ornate di tasche e di piccoli bottoni. Indispensabile con questi abiti il berretto a visiera. I costumi da canottaggio sono sempre gli stessi, meno le piccole modificazioni che la moda impone : bluse alla marinara con la maglia che rispunta nella scollatura. Il bleu e il bianco sono da preferirsi. Le signorine molto giovani possono adoperare sulla gonna la maglia soltanto. Le amazzoni si fanno, al solito, in panno oscuro, nero, bleu, marrone, verde-bottiglia, attillate alla vita. In testa la paglietta o il cappello di feltro duro. Dianzi ho accennato alla ginnastica per i vecchi. Certo ad essi non consiglierei giuochi d' equilibrio e d' agilità, ma c'è un genere di ginnastica adatto a tutti e che gli igienisti proclamano anzi il migliore, quello di camminare. L'uno d'essi consiglia di tenere, passeggiando, le spalle alquanto indietro e di usare passo alquanto sollecito. « Camminando, scrive un medico inglese, il Forsyth, si promuove l'appetito e la traspirazione : il corpo viene mantenuto in una temperatura ' uniforme, lo spirito si ravviva col succedersi dei cambiamenti di scena, i polmoni si rinforzano e il loro funzionamento si facilita, e la rigidezza e le contrazioni delle gambe che sono conseguenza dello star troppo seduti, vengono rimosse. Malattie molto ostinate e molto noiose e penose, malanni isterici e ipocondriaci, sono stati guariti con questa specie d'esercizio....»

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Se si modifica, non ha più significato alcuno: resta un abbigliamento da sera, poco concordante colla santità del rito memorando. Se l'abito non può essere di ricca seta, sia di stoffa modesta, semplice, austero, con molto o poco strascico, ma sempre lungo. Bianche anche le scarpe, naturalmente, e di seta o di finissima pelle: le calze pure bianche, di seta,e i guanti di capretto. Il velo non deve scendere sul volto, ma incorniciarlo vaporosamente, trattenuto sui capelli con qualche gruppo di fiori a diadema. Nessun gioiello; l'abbigliamento deve essere assolutamente austero, verginale. Il libro da messa, di madreperla, d'avorio o di stoffa, sarà dono di qualche parente o della mamma, e recherà sulla prima pagina qualche parola di augurio e di benedizione. La sposa entra in chiesa a braccio del padre o del parente più prossimo di lei e più anziano. S'inginocchia a sinistra del fidanzato, sullo sgabello nuziale, e resta inginocchiata per tutto il tempo della cerimonia. Poco prima che il sacerdote si avvicini coll' anello benedetto ella si toglie il guanto dalla mano sinistra per non fare attendere, e quando il sacerdote ha consegnato allo sposo l'anello nuziale ella gli porge con garbo modesto la mano. Ricevuto l'anello, prega qualche momento, poi si rimette il guanto. Esce di chiesa a braccio dello sposo. Un'abitudine francese che prende voga anche fra noi è quella delle demoiselles d'honneur che possono essere scelte fra le parenti prossime delle due famiglie. Se gli sposi hanno sorelle nubili, saranno esse le damigelle d'onore: porteranno abiti da signorina, ma eleganti, col cappello, in colori gai : rosa, celeste, verdino, mauve, evitando il bianco riservato alla sposa in questa occasione. Per solito in casa della sposa, dopo la cerimonia ha luogo un rinfresco od una colazione. Ella serba il suo vestito bianco, togliendosi il velo. In alcuni paesi della Francia vige l'usanza poetica che sia lo sposo a togliere dal capo della sua compagna al ritorno della chiesa, il velo e i fiori d'arancio. È un uso che mi piacerebbe si propagasse fra noi : ad ogni modo lo sposo non metterà troppa gravità in quell'atto, ma lo compirà con garbo quasi scherzoso. La sposa distribuisce fra le sorelle, le amiche, le parenti giovinette i suoi fiori, che si dice portino fortuna. Ella può profittare dell'occasione per accompagnarli con alcuno dei suoi gioielli di fanciulla perchè resti di lei alle sue coetanee un ricordo più durevole. Distribuirà poi i dolci ed i confetti agli invitati, a tavola sederà nel posto d'onore, non accanto allo sposo, ma dirimpetto a lui. Alla sua destra starà lo suocero o il parente più di riguardo. Per questa riunione alla quale sarà meglio dare un carattere più famigliare che sia possibile, la sposa potrà mettere alcuno dei suoi gioielli: orecchini, collane, ecc. Accoglierà con grazia ogni augurio, ogni brindisi, ogni espressione di giubilo: non si mostrerà nè stanca nè annoiata, nè troppo gaia, nè triste ; eviterà con ogni sforzo, anche nel momento supremo della separazione le lagrime, per non conferire al suo compagno la parte imbarazzante e ingrata di rapitore di fanciulle. Il matrimonio al municipio si fa subito dopo, o nel pomeriggio se gli sposi non devono partire. Qualche volta lo si fa precedere d' un giorno il rito religioso: ma è una consuetudine che non approvo perchè quando la fidanzata ha firmato l'atto matrimoniale dinnanzi al sindaco, per la società è già maritata, ha già il nome dello .sposo: ed è assurdo quindi che si presenti in chiesa con l'abbigliamento verginale. La società sancisce, autorizza ciò che il sacerdote ha benedetto nel nome di Dio; non può confermare una cosa non avvenuta ancora. La cerimonia civile ha un carattere più mondano. Si possono diramare inviti più numerosi : la sposa ha una toilette elegante da visita col cappellino analogo e i gioielli. Non vesta mai di nero, come alcune provinciali fanno : il nero ai matrimoni non deve comparire che negli abiti virili. Anche le mamme se possono, ne facciano a meno, o almeno lo ravvivino, con qualche trasparente, qualche nastro di colore. La sposa va al municipio accompagnata dai genitori o, se li ha perduti, dai parenti più prossimi. Durante la lettura dell'articolo del codice sta in piedi alla destra dello sposo. Il suo contegno dovrà essere disinvolto e grazioso, ma serio, giacchè ogni manifestazione di allegria, ogni scherzo sarebbero fuor di posto in quell'ora in cui ella lega sè stessa per tutta la vita. Se le viene offerta la penna d'oro con cui ha firmato, o fiori, ringrazi con amabilità e con naturalezza : e per quanto il suo animo possa essere assorto nel rito così importante per essa, procuri di non lasciar trasparir troppo la sua emozione, di non dimenticare nessuno : pensi che ha addosso tutti gli sguardi e una goffaggine, una stonatura, una trascuratezza non le sarebbero più perdonate. Si occupi sopratutto dei parenti dello sposo, si mostri espansiva ed affettuosa con essi quanto riservata deve mostrarsi con colui a cui consacra l'esistenza. Non baci, non carezze furtive : il mondo farebbe dello spirito di cattivo genere, della malignità, profanerebbe ogni impulso più santo. Qualche tenero sorriso d'intesa, qualche paroletta a voce bassa e basta... per ora. A casa dal municipio la sposa ritorna in carrozza con lo sposo; anche sola con lui; oramai è una signora, porta il suo nome, è sua moglie innanzi a Dio e agli uomini. Ma non si reca ancora alla casa coniugale: rientra nella casa propria per mutarsi d'abito e radunare le sue robe, i piccoli oggetti che non si possono raccogliere che all'ultimo momento. Lo sposo, sebbene ne abbia diritto, non entra con lei nella sua pura stanza di fanciulla : egli dovrà rispettare certe delicatezze e certi pudori e in quegli ultimi momenti la lascierà sola con la mamma. La nuova sposa indossa un abito semplice da viaggio, avvolge il viso pallido di un velo, mette i suoi gioielli più semplici e sopratutto procura di non farsi aspettare per non incominciar la sua vita coniugale provocando delle impazienze. Gli uomini, lo sappiamo, sono nemici delle attese. Abbrevierà anche il più possibile gli addii. Sarà lei che farà coraggio alla mamma, al babbo : non piangerà, sorriderà serena anche fra il tumulto più aspro. Ella dovrà essere eroica per infondere la calma, la sicurezza, nei cuori che l' adorano e che vorrebbero ritenerla ancora e tremano dell' ignoto. Ella che possiede il talismano dell'amore deve giovarsene in quell'ora sempre crudele, in cui le porte della sua casa natale dove si svolse la sua dolce vita di fanciulla, la barriera del suo passato, si chiudono dietro di lei. In quella giornata si manderanno le partecipazioni. Se gli sposi sono giovani ed hanno i genitori o l' uno di essi, saranno questi a partecipare il matrimonio dei figliuoli : prima lo sposo poi la sposa; e, sotto, la città dove abitano rispettivamente o dove si recheranno ad abitare insieme. Se gli sposi non sono più molto giovani è meglio par- tecipino loro medesimi l'avvenuto matrimonio : questo anche nel caso in cui l'uno dei due fosse orfano di padre e di madre. Se la sposa toccai trent'anni la consiglierei a rinunziare all'abbigliamento nuziale che sarebbe in disaccordo coi primi segni rivelatori del tempo. Potrà indossare, per la chiesa, l'abito medesimo che mette per andare in Municipio, od altro più semplice col cappellino. Meglio poi usare per entrambe le cerimonie l' abito da viaggio : ma allora bisogna dare al matrimonio un carattere di cordiale intimità.

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Assortiti all' abbigliamento di seta e di trine, di batista e di ricami aerei, rappresentano oramai un complemento necessario all' eleganza femminile di cui riassumono la raffinatezza, la indicano anzi, insieme al profumo. Vi sono i fazzoletti mistici, tutti candidi, trinati, che la comunicanda e la sposa portano all' altare avvolgendo in essi gli steli dei fiori simbolici, vi sono i fazzoletti dall'orlo nero, che si bagnano di pianto; vi sono i fazzoletti casalinghi dal semplice orlo a giorno che la bimba toglie alla mamma per farne il lenzuolo alla bambola, e che la mamma solerte adopera per le cure dei bébé: ora è una gamba sbucciata che il provvido fazzoletto avvolge : ora un ditino punto, ora una testa ammaccata da un urto : e si profumano d' arnica e d' aceto e s' intridono nell'acido borico, i buoni fazzoletti protettori. Vi sono i fazzoletti mondani, rosa, celesti, lilla, gialli, che passano spesso come pegno d'amore nelle tasche di qualche galante cavaliere che può farsene una collezione svariatissima.... vi sono i fazzoletti tragici, che si macchiano di sangue ; i fazzoletti rivelatori dalle cifre traditrici, discendenti dal fazzoletto fatale di Desdemona, ma non sempre innocenti come il loro progenitore. Ogni donna, io credo, che abbia un poco vissuto trova, risalendo il corso delle sue memorie, l' eloquenza di uno di questi nonnulla che recano il suo nome e il suo profumo. Ella ne pensa alcuno, rimasto reliquia discreta nella tomba di qualche amore sepolto in esso come un sudario : qualche altro perduto, ma forse raccolto da una segreta devozione : pensa a quelli che ricevettero le sue più cocenti lagrime e seppero le sue ansie più vive, i suoi tormenti più sottili, le sue delusioni più profonde. E pensa anche, ahimè ! alle lagrime future che qualche ancor ignoto fazzolettino accoglierà...

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Carmen Sylva, una delle donne più artiste, più intelligenti e più elevate del nostre tempo, si occupa con cura del proprio abbigliamento : e scrisse : «La toilette n'est pas une chose indifférente. Elle fait de vous un object d'art animé, à condition que vous soyez la parure de votre parure».

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Nessun oggetto del nostro abbigliamento è così spirituale e materiale ad un tempo come il guanto che si può serbare, memoria tangibile d' un sentimento come d' un avvenimento : ideale e realtà insieme. Io so d' una signora che serba tra i suoi ricordi più sacri i guanti candidi del suo abbigliamento nuziale ; e tra i suoi ricordi più dolorosi un altro paio di guanti neri che le rammentano un giorno, un'ora, un luogo indimenticabili. Un guanto rievoca tutto un avvenimento, tutta una catena di pensieri, tutto un ordine di sensazioni. I lunghi guanti bianchi, infilati sempre un po' nervosamente, ci parlano di ore mondane, del parapetto di velluto d'un palchetto mentre una musica divina ci invadeva l' anima e ne risvegliava appassionati accenti all'indirizzo d'un lontano, d'un perduto... ; a una sala da ballo, a un' ora d'innocente ebbrezza, mentre quel guanto bianco posava su un frak nero e soavi parole erano susurrate al nostro orecchio e ci trasportava un' armonia nella leggerezza d' un volo. Quell' altro guanto grigio ci ricorda un addio, triste come la morte, all' angolo di una strada; quel guanto oscuro ci parla di un' altra mano audace che cercò la nostra mano e la trattenne il tempo per confermarci quello che già sapevamo, per inondare l' anima di gioia. Ah quante volte un amore non conosce altra gioia che questa, preludio ed epilogo insieme ! Quante volte una stretta di mano è l'unico abbandono, l'unico possesso ! E allora la sottile spoglia, conscia della dolcezza profonda e fuggitiva, diventa a chi ha amato e desiderato e sperato indarno, qualche cosa di privilegiato che non guardiamo senza tristezza profonda e senza un intimo amaro orgoglio.... Il guanto non fece la sua apparizione che all'epoca del Rinascimento e furono l' Italia e la Spagna a produrre i primi campioni. Nel Medio Evo i guanti erano ancora molto primitivi, giacchè consistevano in un paio di ruvidi sacchetti di cuoio in cui si chiudevano le mani nell' inverno. Più tardi Caterina de' Medici e la sua corte fecero uso di guanti elegantissimi ornati di ricami, pizzi, perle e pietre preziose. Il prezzo dei guanti di quell' epoca era addirittura favoloso. Ai tempi di Luigi XIII un paio di guanti semplicissimi costava settanta scudi ; ma nonostante il prezzo elevato il consumo era enorme. Un uso molto in voga alla Corte, allora, uso che si estese poi alle famiglie nobili, consisteva nel far girare attorno dopo le cene un bacile contenente varie paia di guanti profumati che le signore sceglievano, secondo il loro gusto. Nei secoli XVII e XVIII il portar guanti era considerata una assoluta mancanza d' eleganza e di riguardo. Gli aristocratici tenevano i guanti piegati nella mano che reggeva il cappello. Di quell'epoca ci rimangono però dei veri capolavori del genere. Pochi anni fa fu venduto a Londra un guanto della regina Anna ricamato in oro con merletti dell'epoca, per quattromila lire. E settemila fu pagato un guanto veneziano del secolo XVI adorno di risvolti dipinti a guazzo. Ricordate il sonetto del Petrarca per il guanto di Laura ? Un giorno la donna bella e schiva lasciò cadere uno dei suoi guanti di seta. Petrarca lo raccolse agognando serbarlo come una reliquia del suo amore ardente e infelice ; ma la donna non lo consentì ed egli dovette restituirlo.

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Sia il grembiule nero di una sartina o di una collegiale, il grembiule celeste o roseo d' una cuginetta, il grembiule scarlatto d' una kellerina o il grembiule bianco d' una cameriera, il grembiule a nastri d' una signorina amica o d'una vicina di villa, anche questo accessorio, questo complemento dell' abbigliamento muliebre, ha un' eloquenza sentimentale, galante e profonda. Le fanciulle accrescono la loro grazia giovanile con questo indumento che adorna il loro abito da casa, e le variazioni sull' unico tema sono fantastiche ed infinite. Da quelli piccini di trina e nastro per servire il thè nel salotto della mamma o sulle terrazze dei villini, a quelli di mussolina « all' educanda » per fare i còmpiti o il tirocinio di piccole massaie, i modelli sono numerosi. Per la primavera, la stagione delle passeggiate in campagna o delle lunghe soste in giardino, sono graziosi e adatti i grembiuli di foulard o di satin a fiorellini, fatti di un sol pezzo di stoffa lungo circa due metri e largo uno: tutto diritto, increspato al collo intorno a cui si sostiene con un nastro, e rialzato un poco sotto la cintura in modo da formare una piega profonda chiusa ai lati e fissa nel mezzo, che fa le funzioni di tasca. Si stringe alla vita con un altro nastro, e nella tasca si può riporre il libriccino che si legge passeggiando, i guanti, i fiori che si colgono, il lavoruccio a crochet — così diventa una specie di bisaccia provvidenziale. Questi grembiuli si fanno anche con tre grandi fazzoletti a vivaci colori, uniti insieme. I grembiuli portati dalle signore, mi garbano meno. I grembiuli dànno un tale aspetto di semplicità ingenua che una signora, se non è molto giovane e molto snella, non li può adoperare senza stonatura: i soli grembiuli permessi alle signore, sono quelli messi unicamente per salvar l' abito, per far qualche faccenduola, per giocare coi bambini; i grembiuli ampi, di lana nera o grigia che l'infanzia adora come tutte le cose che sanno di bontà e di vecchiezza; i provvidi grembiuli che asciugano le lagrimette, che si riempiono di balocchi, che si chiazzano di polvere e di fango, che servono così bene a far lo strascico legati alla cintola delle bambine; i grembiuli che restano nei ricordi del-l' età ignorante e lieta insieme al viso grinzoso d' una governante, alla dolcezza dei baci materni.

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