Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

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L'idioma gentile

209230
De Amicis, Edmondo 1 occorrenze
  • 1905
  • Fratelli Treves Editori
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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La sua voce, il suo accento, il suo modo d'atteggiarsi e di camminare, la sua bizzarra pettinatura, tutta cernecchi e riccioli artefatti, che le tremolavano intorno al capo come bùbboli, e il suo abbigliamento tutto gale e fronzoli di gusto dubbio: ogni cosa rassomigliava al suo vocabolario e alla sua fraseologia prescelta, che pareva fatta di rottami di versi. Parlava in maniera da far credere che ogni parola d'uso comune fosse per lei una parola triviale, che ogni frase famigliare le ripugnasse come una frase indecorosa. Per esempio: allegrezza, gioia, desiderio, ricordo, avvenimento, momento, erano modi sbanditi dal suo dizionario; diceva: letizia, giubilo, vaghezza, rimembranza, evento, istante. All'amico che entrava in casa sua gettava qualche volta addosso una manata di fiori poetici anche prima ch'egli si fosse seduto. - Ah, la riveggo alla fine! Che accadde di lei? Credevo che avesse spiccato il volo verso altri lidi o che fosse di mal ferma salute; vissi in affanno; s'assida, ingrato amico, e si scagioni. - Anche parlando delle cose più comuni usava questo linguaggio di gala. Era famosa fra i suoi conoscenti la frase con cui aveva annunziato a un di loro una piccola disgrazia toccata a una sua cagnetta, ricciuta e infronzolata come lei; la quale faceva un certo mugolo strano, che certi capi ameni dicevano un'affettazione. - Ah, signor mio! - aveva detto. Tale era la moltitudine di piccoli insetti che infestavano la cute di questo sventurato animaletto.... Ma benché affettato il linguaggio, era sempre sincero il sentimento ch' ella esprimeva. Era commossa veramente quando raccontava d'esser stata costretta, con suo gran dolore, ad espellere una vecchia fante, dopo molti anni che l'aveva in casa, per aver risaputo che quella la vilipendeva nel vicinato con le più nefande calunnie. Quale atroce disinganno! Chi avrebbe potuto sospettare che con qiiel sembiante tutto dolcezza ella albergasse nel petto un animo così malvagio! Che schianto era stato per lei lo scoprire una nemica in quella donna, con la quale essa aveva sempre largheggiato di doni e di favori, per lei che aveva tanto bisogno di sentirsi aleggiare intorno la benevolenza e la simpatia! Naturalmente, il maggior piacere che ci attirasse nel suo salotto era quello d'ammiccarsi l'un con l'altro e di sorridere di nascosto alle più belle delle sue frasi: dico le più belle perché il suo discorso era un ordito così fitto di poeticherie, che non si sarebbe potuto rilevarle tutte senza farsi scorgere; del che ci saremmo vergognati. Ma essa non sospettava. Povera signora Piesospinto! Se ci avesse sentiti giù per le scale! Il suo frasario c'era diventato così famigliare che, fra di noi, andando da lei ed uscendo, non parlavamo quasi più altro che alla sua maniera. E, com'è naturale, glie n'erano affibbiate anche parecchie che non. le appartenevano. Ma la più amena di tutte, qualcuno sosteneva che l'avesse detta davvero a una delle sue amiche più strette, ed era un modo comunissimo, che dice un'occorrenza altrettanto comune, nobilitato da lei nella nuova forma: - andare della persona. - Ammirabile era la costanza con cui usava certi modi illustri invece di altri volgari, i quali non le venivano mai alla bocca, come s'ella non li avesse mai nè intesi nè letti, da tanto che le si era connaturata l'affettazione. Non diceva mai sposare, per esempio, ma impalmare; mai, non so una cosa, ma la ignoro; mai mi fa pietà, ma mi move a pietà; mai aversi per male, ma recarsi ad onta. Gli aggettivi, più, che altro, erano il suo forte; non poteva metter fuori un sostantivo senza attaccargliene uno, che era sempre pescato fra i più signorili della lingua. È un pezzo, signora, che non è stata a Napoli? - Da dieci anni non ho più veduto quella nobilissima città. - Ha letto la notizia della morte del tale? - Sì, ho letto la malaugurosa notizia. - Le ha fatto piacere la promozione di suo cugino? - Sì, ne ho avuto un piacere ineffabile. Colta un inverno da grave malore, e condotta in forse della vita, giacque a letto per lo spazio d'oltre due mesi, e chi la trasse a salvamento, prodigandole ogni più amorevole cura, fu un giovine medico amico nostro e suo, che della sua vezzosa favella prendeva diletto grandissimo. Con lui e con un altro frequentatore del salotto, non sì tosto ella fu fuor di pericolo, mi recai a visiitarla. Poi che fummo seduti accanto al letto, la buona signora chiamò la fante, e le disse con fievole voce: - Apprèssati, Carolina; dischiudi lievemente le imposte, che entri un po' di chiarore.... Poi ci ringraziò, espresse la sua gratitudine aI medico, ci raccontò la storia del suo malore. E fu una tal pioggia di fiori poetici da far pensare che durante la malattia glie ne fosse germinato in casa un nuovo giardino. La malattia le era saltata addosso ad un tratto, a guisa d'un colpo di folgore. Stava per uscire di casa, era già sul limitare dell'uscio, quando una subita nube le aveva come offuscato l'intelletto, e s'era impossessata di lei una così grande debolezza, che appena aveva fatto in tempo a invocar soccorso, e le erano mancati i sensi. Il portinaio, la portinaia, la fante, accorsi tosto, vedendo il pallore mortale del suo volto, l'avevano creduta esanime, e s'eran sciolti in pianto; poi l'avevan portata sul suo letticciuolo, ed essa era rimasta tre giorni cosi, quasi inconsapevole, come in istato di sopore, agitato da torbidi sogni. E in questo modo continuò a fiorettare, fin che ci accomiatò cortesemente lei stessa, dicendoci d' uscire a più spirabil aere, ma che tornassimo presto a riportarle il refrigerio della nostra cara amicizia. Scendendo le scale, il medico faceto ci disse che la povera signora era stata veramente gravissima; ma che anche quando si trovava in pericolo aveva sempre parlato nel modo solito, Egli si ricordava le parole testuali. - Ah, signor dottore! - gli aveva detto. - Non mi lusinghi di vane speranze: io sento bene che questa mia spossatezza è foriera di prossima fine, - E soggiunse che, sentendola parlare a quel modo, aveva riconosciuto la grande verità d'una osservazione fatta da Vittor Hugo, a proposito d'un condannato a morte, il cui discorso gli era parso mancante di naturalezza: che tutto si cancella davanti alla morte, eccetto l' affettazione: che la bontà svanisce, che la malvagità scompare, che l' uomo benevolo diventa amaro, che l'uomo duro diventa dolce; ma l'uomo affettato rimane affettato. - E concluse: - Basta, è scampata; fra un mese sarà guarita; e io ne sono felicissimo perchè con tutti i suoi fiori poetici, è una gran buona signora. - Ah, questo è fuor di dubbio - disse il comune amico - di gentili sensi dotata.... - E di non inculto intelletto - aggiunse il medico. - E di non illeggiadro sembiante.... - Finiamola; non sta bene scherzare fin che non s'è rimessa; ricominceremo quando sulla sua guancia " torni a fiorir la rosa -. E si ricominciò, come Dio volle, con diletto ineffabile.

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