Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbigliamento

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Galateo ad uso dei giovietti

183837
Matteo Gatta 2 occorrenze
  • 1877
  • Paolo Carrara
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Sia da parte delle donne che degli uomini, una festa da ballo richiede non solo quelle consuetudini di urbanità e di civiltà che sono indispensabili in qualsivoglia convegno, ma una particolare eleganza di abbigliamento, un brio spontaneo, una grazia naturale di tutta la persona, in una parola quel complesso di cose difficili a definirsi che armonizzi colla luce sfolgorante che inonda le sale e si ripercuote negli specchi, col profumo dei fiori, col buon gusto degli arredi, col suono della musica, colla vivacità della danza. Quanto al vestire, per l'uomo è un bel circa, dirò col linguaggio militare, lo stesso uniforme che adopera in tutte le occasioni solenni: la giubba nera a coda di rondine, più o meno ridicola, secondo la moda, che serve per il teatro come per la veglia, per la festa da ballo come pel mortorio. Ma per voi, mie vispe fanciulle, la è ben altra cosa. Mussoline, veli, fiori, nastri, graziose acconciature del capo, variati colori ingegnosamente adattati alle varie fisionomie, alle chiome bionde o corvine, all'occhio nero o ceruleo, alla carnagione bianca o bruna, il tutto suggellato da quei due supremi ornamenti che sono la semplicità e la modestia. Non tocca a me entrare nell'argomento della danza e parlarvi delle diverse specie di balli e del modo di contenersi in codesti divertimenti. C'è il maestro apposito per queste lezioni, e a me non resta che un cantuccio per susurrarvi all'orecchio qualche consiglio. E primieramente dirò alla schiera femminile come alla maschile che in una festa da ballo tutto deve spirare educazione, gentilezza, umor gaio, compiacenza, letizia. Guai se apparisse in un angolo una faccia imbronciata! Che brutto vedere farebbe un bel volto di fanciulla col naso arricciato, colla bocca composta a disdegno, con una nube d'invidia o d'altra passioncella che ne offuscasse il limpido e amabile sereno! Qui non si vogliono aggrottamenti di sopraciglia, fronti corrugate, nè musonerie, nè piccole ire, nè stizze, nè dispettucci, che, anche appena in ombra, si dipingano tra i lineamenti del volto, o si appalesino nelle mosse della persona. Per chi non si trova in una felice disposizione di animo, io non ho che un consiglio: rimanga a casa. Ed ora scendiamo un po' ai particolari. Giovinetto mio, se non hai orecchio alla battuta del tempo, meglio è che ti astenga dalla danza. Potrai ricattarti con altro spasso; ma, danzando, faresti sconcia figura e recheresti non poca molestia alla tua sfortunata compagna. Così pure non imbarcarti in un ballo che non conosci a perfezione, giacchè è quasi indubitato che tu vi porti il disordine e lo scompiglio. Non invitare troppo ripetutamente la stessa ballerina, chè ciò sta male per più riguardi e porge materia a pettegolezzi; parimenti, non lasciare in disparte, vittime condannate alla pena di Tantalo, quelle che sono meno avvenenti o meno leggiere ed agili alla danza. Oh ! tu non puoi immaginare il tormento di una fanciulla inchiodata sulla sua scranna, costretta a guardare gli altri che ballano e a non ballare. La è una gogna per l'amor proprio offeso; e nell'amor proprio sta tanta parte delle gioie e delle amarezze femminili. In quanto a voi, o giovinette, guardatevi bene dal commettere qualche sbadataggine o scappatella che possa meritarvi appunti. Siate gentili con tutti, non mostrate preferenze e non v'impegnate, come suol dirsi, per troppi balli, specialmente collo stesso compagno, diversamente sarete nella dura necessità di rispondere sempre con una negativa, sia pur detta con grazia, a chi vi invita. Siate sedute con dignitosa compostezza, danzate con leggiadria, ma non con quel soverchio abbandono che sa di svenevole. Passiamo ad altro punto più materiale: e qui dichiaro sul bel principio che il breve sermoncino è più diretto alla sezione maschile che alla femminile. Nelle feste o nelle ricreazioni danzanti c' è spesse volte quello che con vocabolo francese è detto buffetto, e che in italiano significa una credenza lautamente fornita di ghiotti manicaretti, di squisiti dolci, di frutta prelibate, di bottiglie dal cappello d'argento, il tutto accomodato con singolare maestria d'artista. Comprendo bene, miei cari, come la varia fraganza che esala da quella grazia di Dio vi faccia correre l'acquolina in bocca. Mi rendo ragione del fascino di tante leccornìe, stupende per vaghezza e novità di forma, quando anche nol fossero per rara eccellenza di gusto: nè mi sorprende l'effetto che produce su voi quella schiera numerosa di bottiglie, varie di misura, di foggia, di paese, tanto che potrebbero al bisogno servire insieme per una lezione di enologia e di geografia. Ma perciò? Dovreste lanciarvi all'assalto di quelle imbandigioni e mangiarne a crepapelle come affamati? Vi acquistereste il poco invidiabile titolo di golosi e di ghiottoni, e all'indomani, o forse la notte istessa, scontereste con dolori e con un malessere generale la pena della vostra intemperanza. Confortate adunque lo stomaco, solleticate il palato, ma con moderazione: non scegliete il tagliuolo più grosso e non siate troppo corrivi a ripeter la dose. In quanto ai vini, ai liquori, vi basti rinfrescare nella memoria i miei suggerimenti sul modo di contenersi a tavola. Non vi seduca il rumor di quei tappi che saltan per aria nè l'onda di quel vino bianco, vermiglio dorato, che spuma e gorgoglia e ribolle nei calici, spandendo intorno i fumosi suoi spruzzi. Ricordatevi che il vocabolo sobrietà è fratello carnale di sanità, come intemperanza Io è di malattia. Bevete adunque con misura e non ùfate un imprudente miscuglio di vini diversi; poichè la natura, che non perdona, ve ne punirebbe con aspra disciplina. Per voi, mie care fanciulle, ho un altro e speciale avvertimento. Non vi mettete in crocchio a bisbigliar sottovoce, ad indicar colla mano, cogli sguardi, con segni d'intelligenza uomini o donne della festa. Non vi fate a criticar dell'una l'acconciatura del capo, dell'altra i colori troppo vivi dell'abito, di questa i vezzi studiati, di quella il danzare poco leggiadro, e così via. Anzitutto è cattiva abitudine stillarsi il cervello per trovare appiglio a critiche in ogni cosa: poi persuadetevi che, non ostante ogni cautela, ogni circospezione, dareste nell'occhio a qualcuno e vi acquistereste fama di giovinette ineducate e forse maldicenti.

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Miei cari, non è bisogno che io vi dica quale dei due esempi proposti dovete imitare; solo aggiungerò un consiglio, ed è che anche quelli tra voi cui non mancano fantesche e servitori faranno molto bene ad attendere in parte da sè stessi alla pulizia del proprio abbigliamento.

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