Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbigliamento

Numero di risultati: 5 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Il codice della cortesia italiana

184093
Giuseppe Bortone 1 occorrenze
  • 1947
  • Società Editrice Internazionale
  • Torino
  • verismo
  • UNICT
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Quando una signora indossa un vestito nuovo, un bel vestito, non deve aver l'aria, direi quasi, di essergli straniera; non deve dare l'impressione di pensare ad esso; i suoi atteggiamenti non debbono perdere la spontaneità; non deve farsi assalire da preoccupazioni e da timori che, per quanto non espressi, si notano ugualmente e contribuiscono a distruggere la bella armonia fra la persona e il suo abbigliamento, che è la nota essenziale, il fondamento della eleganza. Dicasi lo stesso per ogni altro particolare dell'acconciatura: preoccuparsi troppo della tinta delle labbra, della cipria, della espressione degli occhi, del sorriso, significa rimanere col pensiero fisso a queste cose, estranei alla conversazione, con lo spirito lontano: ogni naturalezza, ogni spontaneità è perduta! Se ciò dipende da timidezza, perchè non fare in casa l'abitudine d'indossare quel vestito, di acconciarsi in quel dato modo? In famiglia, la naturalezza e la spontaneità non sono sacrificate; le esagerazioni e le preoccupazioni sono bandite: una volta, poi, fatta l'abitudine, la spontaneità si conserva sempre e dovunque. In altre parole, bisogna, in ogni caso e sopra tutto, « essere se stessi ». Ecco ciò che, a questo proposito, è scritto nel nostro Dizionario della moda: « Personalità. - Le signore parlano spesso di personalità: le signore e anche i signori. Oggi è molto diffuso, né sempre è riprovevole, l'orgoglio per cui ciascuno mantiene vivo e palese il complesso delle sue particolari qualità, inclinazioni, preferenze; e tutte insieme costituiscono appunto la personalità. Nel campo della moda, poi, essa è la forza che presiede ad una funzione tra le piú delicate e rappresentative, vale a dire alla scelta degli abiti, essendo sempre desiderio delle signore trovare abiti che rivelino al mondo la loro personalità. Ma in che modo compiono gli abiti tale funzione? La compiono valendosi di quello che essi stessi dicono, perché ogni veste e ogni stoffa, come pure ogni cappello e ogni scarpa, dicono sempre qualche cosa, e assai chiaro è il loro discorso. Dicono quello che le signore vorrebbero che poi dicessero al mondo, quando, nel mondo, docilmente vestendole, le accompagnassero ». Si son vedute recentemente, nelle varie metropoli dei continenti, le piú straordinarie aberrazioni della moda: sulle calze femminili, uccelli, serpenti, fiori dipinti con colori «elettrici »; sui toraci maschili, lembi di caprone saldamente incollati e arricciolati « permanentemente »; agli orecchi, pesanti cerchi e catenelle con amuleti; ai polsi, massicci bracciali d'ogni materia e d'ogni foggia; sulle braccia, femminili e maschili, indelebili ghirigori mostruosi. Altro che « bizzarrie della moda »! In verità le nostre donne - sia detto a loro onore! - non soltanto non le hanno mai incoraggiate, ma cordialmente le deridono nelle rare apparizioni sui palcoscenici dei caffèconcerto . In conclusione, mettere un po' piú di buon senso nel seguire la moda non è male. Qui, come dovunque, « il troppo stroppia ». Pur volendo concedere alle nostre brave donne che uno degli scopi della loro vita - non l'unico, né il principale beninteso! - sia quello di piacere, bisogna si persuadano che il seguire servilmente la moda non è la via piú indicata per raggiungerlo. Le « novità » troppo frequenti, la ricercatezza, le eccentricità non rendono le donne eleganti, ma pretenziose o goffe; le rendono pericolose per le, forse, non pingui tasche degli eventuali futuri mariti - quindi, sa-pien-te-men-te, non ricercate, né elette - le rendono, in fine, antipatiche e insopportabili all'ingenuo già accalappiato...

Pagina 14

Passa l'amore. Novelle

241670
Luigi Capuana 1 occorrenze
  • 1908
  • Fratelli Treves editori
  • Milano
  • verismo
  • UNICT
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Di faccia, spettinata, in un abbigliamento molto mattinale, con uno scialletto grigio su le spalle, la vedova Garacci e dietro a lei, col viso tra le mani, piangente, la signorina. Quando mi affacciai a l'uscio, dietro le spalle dei due carabinieri, il funzionario di pubblica sicurezza, terminava di scrivere, e presentava il foglio al professore perché ne prendesse visione e lo firmasse. Il professore firmò senza leggere. E allora il funzionario, si alzò da sedere, piegò in quattro il foglio e se lo mise in tasca, dicendo: - Sono contento che tutto sia accomodato senza chiasso e senza scandalo. Quando si ha da fare con persone per bene! Si accostò alla signorina, la prese per una mano, fe' cenno alla madre di precederli, e, dietro a loro, andarono via tutti. - Che cosa le è accaduto, professore! Oh, Dio! Mi guardò, scrollò il capo, con un triste sorriso su le labbra. - Niente, caro mio! Non c'è altro di mutato nel mondo all'infuori di questo: la vedova Garacci si è costituita.... mia suocera! - Suocera? - Che volete? Le ho sedotto la figlia.... minorenne; ho abusato dell'ospitalità.... ho perpetrato non so che altro, da fare accorrere la questura, i carabinieri, tanta gente quanta non ne ho mai vista in camera mia.... Quando si ha da fare con persone per bene - ha detto così il delegato o questore che sia - lo avete udito. E appunto, perchè sono disgraziatamente persona per bene, ho dovuto affermare che la signorina era stata indotta a venire in camera mia in ore indebite, dove è stata sorpresa dalla madre; dove siamo stati sorpresi, caro mio, dalla questura fatta accorrere in gran fretta. Sono stato capace di tutto questo; mi son lasciato cogliere in flagrante.... Voi non l'avreste mai supposto, mai sospettato, caro mio!... E così, e così, eccomi futuro genero della vedova Garacci!... Imparento bene a quel che paro, con un alto funzionario di non so che ramo amministrativo, con un colonnello di linea, che, a quel che pare, hanno avuto la stessa mia debolezza, anni fa, uno appresso all'altro con due altre figlie della vedova.... - Ma lei è caduto in un tranello! Bisogna protestare.... Lei.... - Che! Che! Non voglio impicci, non voglio noie. Ormai! Nella filosofia, nel sistema, entra anche la fatalità, diciamo meglio l'accidente, il caso.... Non possiamo eliminarlo. E questa volta il caso è una signorina non brutta, nè gobba, nè sciocca, per fortuna. Disgraziata! Poteva sceglier meglio e lasciarmi in pace. Ma ha, preso a volermi bene perchè, ella afferma, sono tanto buono, tanto buono! Una signorina neppure ventenne che vuol bene a un vecchio! Si dà anche questo, specialmente oggi. Oh! Mi par di fare un gran tradimento alla filosofia; ma essa è indulgente perchè comprende tutto. - Sicchè lei soffrirà in pace questa specie di ricatto! - Ormai! Ormai! Non aggiunse altro; e accese la pipa.

Pagina 192

Una peccatrice

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Giovanni Verga 2 occorrenze
  • 1866
  • Augusto Federico Negro
  • Torino
  • Verismo
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In fondo al viale quasi deserto, perchè troppo lontano dalla musica, spiccava infatti, e per la solitudine del luogo, e per una certa originalità elegante di abbigliamento e di andatura, la signora che aveva recato tale impressione in Pietro Brusio. Vestiva un semplicissimo abito di tarlatane a quadretti bianchi e bleu, tessuto di una freschezza e leggerezza quasi vaporosa; uno sciallo nero, fermato sul petto da uno spillone d'oro; ed un cappellino grigio ornato cerise. Nulla, però varrebbe a riprodurre l'eleganza suprema, la molle e quasi ingenua civetteria, con la quale ella rialzava la veste sino a metà della sottoveste ricchissima e si appoggiava al braccio di un uomo di quasi 30 anni, assai bruno, col volto ombrato da una folta barba nera, che avrebbe fatto invidia ad un guastatore, e vestito con ricercatezza alquanto leccata. Dall'altro lato era accompagnata da un signore di mezza età, alto, quasi biondo, freddo, e che parlava con una bella pronunzia toscana. I due giovani, passeggiando, s'incrociarono con essi che venivano loro di contro. Questa volta uno sguardo della signora, incerto, quasi negligente, si fissò indolentemente, ma a lungo negli occhi ardenti di Pietro che la divoravano. Due o tre volle ancora i due amici l'incontrarono di faccia; e ciascuna volta quello sguardo limpido, chiaro, noncurante, si fissò sul giovane che la guardava a lungo; e ciascuna volta il cuore di Pietro batteva stranamente in modo più forte; e le sue guancie pallide e brune si facevano ancor più pallide; e il suo occhio sfavillava più ardente; ed egli affrettavasi, trascinava quasi il suo compagno per giungere a quest'attimo in cui quella silfide dovea passargli dinanzi, in cui quella veste doveva sfiorarlo, in cui quegli occhi dalla pupilla trasparente dovevano fissarsi sui suoi, sebbene come non vedendolo. Una o due volte che Brusio non incontrò quello sguardo, fu triste, quasi dispettoso di se medesimo. Una volta, l'ultima, in cui gli parve accorgersi che, lui oltrepassato di uno o due passi, ella, parlando all'uomo a cui dava il braccio, verso di cui si piegava sorridendo con una grazia affascinante, avesse rivolto a metà il viso verso di lui e che un lampo partito da quegli occhi lo cercasse, egli fu ebbro... felice di una sensazione nuova, strana, che non sapea definire, della quale avea quasi paura, poichè non poteva giustificarla. Ritornando per lo stesso viale la cercò invano cogli occhi da lungi... Giunse in capo al viale, era deserto... La cercò per tutta la Marina, come se in quella folla elegante ed animatissima avesse dovuto discernere in mezzo a mille colei al solo riflesso azzurrognolo dei ricci che ombreggiavano la sua fronte fin quasi sulle sopracciglia, al solo movimento della sua piccola testa che sembrava inchinarsi come un giunco sul collo sottile e ben modellato; era partita... Che voleva egli? Che cercava da quella donna, di cui il lusso, il corteggio, l'adulazione era l'atmosfera in cui viveva; che gli uomini più ricchi, più eleganti, più nobili si fermavano ad ammirare, senza che ella mostrasse avvedersene; che tre o quattro volte l'avea guardato come si guarda un fanciullo, un albero, un oggetto qualunque che s'incontri?... Nemmeno egli lo sapeva in quel punto; egli avrebbe arrossito di confessarsi la premura che prendeva per colei che dovea essere sempre un'estranea per lui. Cinque minuti dopo riprese il braccio di Raimondo, dicendogli: - Andiamo via! - Così presto? - Non ti annoi a morte qui stassera?... Non c'è alcuno!... Raimondo guardò attorno, come trasognato, perchè giammai la Marina di Catania avea offerto una riunione più bella; e domandò ingenuamente: - Sei pazzo?... Tu stesso un quarto d'ora fa mi dicevi esser deliziosa questa serata... qui... - Sarà vero anche ciò, come è vero che ora mi annoio... e se vuoi rimanere ti dico addio. Egli stese la mano come per congedarsi. - Un momento... ecco! giunge in quel viale a sinistra Maddalena. Guardala almeno una volta. - Che m'importa di Maddalena a me!... Guardala tu, se vuoi... Addio! E dopo quella brusca separazione partì di buon passo e si diresse verso la sua abitazione per via Garibaldi. Però giunto alla crocevia della Vittoria sembrò esitare un momento, e proseguì a camminare sin fuori Porta Garibaldi. La notte era magnifica, Pietro sedette sul sedile di pietra circolare che limita la gran piazza. - È strano - mormorò egli - come stassera non ho voglia nè d'andare a casa, nè di rimettermi alle mie tesi!... E rimase altri cinque minuti in silenzio collo sguardo fosco e fisso sui ciottoli del marciapiede. - Andiamo! - esclamò quindi levandosi, e come facendosi forza; - devono essere le undici, e mia madre a quest'ora mi attende. Guardò il suo orologio e si diresse lentamente verso la sua abitazione. La signora Brusio, coll'occhio della madre, osservò che il suo Pietro, quella sera, era più pallido e distratto del solito; e che, invece di rimettersi a studiare, si ritirò, appela giunto, nella sua camera. L'indomani Raimondo, verso le undici, si disponeva ad uscire, quando Pietro entrò da lui nella camera che occupava all'Albergo di Francia. - Buon vento! - esclamò Raimondo sorpreso da quella visita che non si aspettava più da un mese; - ci son novità stamattina? - Quali novità vuoi mai che ci sieno? - Per bacco! ti credeva sui digesti a quest'ora; ed eccoti già a correre le strade come uno sfaccendato. - È che lo sono. Avrò sempre il tempo di finire le mie tesi, ed ero una gran bestia a prenderla tanto sul criminale; infine ne vengono approvati tanti più asini di me!... Usciamo. - Usciamo pure. Hai fatto colazione? - Non ci penso; mi sento in vena di passeggiare. - Con il caldo che fa non è la miglior cosa. - Andiamo alla Villa. - Sia per la Villa. - E i due amici uscirono, tenendosi, al solito, a braccetto. - A proposito della Villa, sai dove abita quella signora piemontese tanto distinta che abbiamo incontrato qualche volta? - No... dove? - In una bella casa sulla strada Etnea; della quale i veroni si vedono dal Laberinto. - Dici davvero?! - esclamò Brusio, animandosi quasi suo malgrado, e fermandosi in mezzo alla strada. - Verissimo. - E tu l'hai veduta? - Io stesso. - Proprio lei?... - Proprio lei!... Ma che diavolo!... Ne saresti innamorato?... - Mi credi forse pazzo da legare? - rispose Pietro con un sorriso che dissimulava appena la contrarietà che gli arrecava quella domanda. - Perchè poi? - Perchè amarla io, sarebbe una disgrazia: amarmi ella un assurdo. - Mi piace questa modestia da venticinque soldi. - È modestia che vale amor proprio; - rispose Pietro piccato - prendila come vuoi. - Eppure vediamo: - insistè Raimondo attaccandosi al braccio del suo amico - immaginiamoci che per un capriccio, una fantasia, un destino, secondo te, questa donna s'innamori di te; immaginiamoci ch'ella te lo dica, come lo dicono le donne quando vogliono, facendotelo comprendere, cioè, cogli occhi, col gesto, coll'atteggiamento... Ebbene! allora saresti il Catone del momento?... - Impossibile! - esclamò il giovane tristamente, come se avesse creduto un momento a quel sogno e si fosse poi accorto ch'esso era troppo bello e insieme penoso per lui. - Perchè? - Perchè colei è vana, orgogliosa, come lo dimostra il fasto di cui si circonda. Soltanto potrebbe impressionarla la bellezza, l'eleganza, la nobiltà, la ricchezza, il lusso... cose tutte che non posseggo. Dunque o costei è maritata, e non amerà giammai un Don Giovanni in ventiquattresimo che si chiama semplicemente Pietro Brusio; o è mantenuta, e non possederò mai abbastanza per pagare i suoi fiori per un anno; o è zitella, e non sposerebbe certamente l'uomo oscuro, comune, che non ha tanto da farla vivere in quel lusso nel quale vive, e che le è necessario, indispensabile per essere quella che è. In tutti questi casi dovrei dunque essere vile per amarla, o dovrei comprare il suo amore a prezzo di qualche infamia. - Ben pensato e ben ragionato! ciò che, in parentesi, ti avviene assai di rado. Vogliamo far colazione al caffè di Parigi? - No: andiamo al Laberinto. Raimondo guardò il suo amico di uno sguardo scrutatore e quasi beffardo. - Ti fo riflettere che non ho ancor fatto colazione; abbi dunque la bontà di concedermi dieci minuti. I due amici entrarono dai fratelli Guerrera. Mezz'ora dopo erano alla Villa. Faceva molto caldo. Il Laberinto era delizioso colle sue ombre profumate di fior d'arancio, I due sedettero all'ombra, e quasi contemporaneamente alzarono gli occhi sui veroni della casa, sebbene alquanto distante, che Raimondo avea indicato come l'abitazione della Piemontese. Le tende di giunco erano abbassate sulle ringhiere, quantunque il sole non vi giungesse ancora, forse per dare alquanto più d'ombra agli appartamenti; e dietro una di quelle si vdeva una figura di donna, vestita di bianco, quasi coricata su di una poltroncina con tutto il languente e voluttuoso abbandono di una sultana; a quella vista il cuore di Pietro battè forte, come la sera innanzi. - È dessa! - disse Raimondo - vedi che non t'ingannavo!... Pietro non rispose, tenendo sempre fissi gli occhi sul verone. Ella si toglieva soltanto a lunghi intervalli da quella positura per recarsi agli occhi un binocolo che teneva sui ginocchi e col quale guardava nella strada o verso la Villa; ed indi, come stanca di quello sforzo, lasciava ricadere mollemente la testa sulla spalliera, e sembrava assorbirsi in quell'inerzia contemplativa che gli orientali cercano nell'oppio. Un uomo, seduto accanto a lei su di una seggiola assai bassa, le leggeva qualche cosa di un giornale che teneva fra le mani, e che ella udiva sbadatamente; e si interrompeva di tratto in tratto per prendere una mano di lei, che gliela abbandonava con la stessa languida indifferenza, e che lo ringraziava col suo sorriso seduttore e col suo sguardo che faceva scorrere un'onda di voluttà in quell'uomo, quand'egli si recava alle labbra la sua mano: Allor solamente, la sua leggiadra testolina, coronata da quei ricci magnifici, si volgeva lentamente verso di lui. Qualche volta, con un movimento tutto infantile, quella manina bianca ed affilata si appoggiava alla ringhiera, e sopra vi si appoggiava la fronte; quasi quel bellissimo collo fosse troppo debole per sostenere quella piccola testa. - Con questa donna ci sarebbe da impazzire! - esclamò Pietro reprimendo un fremito, dopo averla divorata a lungo dello sguardo. - Credi che siano marito e moglie? - domandò l'altro. - È il mistero che questa donna sa rendere impenetrabile colle sue mille indefinibili gradazioni di fisonomia, d'espressione, di gesto, che fanno spesso dimenticare la sirena nella vergine, e viceversa. Se lo sono è da poco tempo: a meno che costei non senta ancor ella sì a lungo come deve far sentire a tutti quelli che l'avvicinano. Parecchie volte, forse a caso, l'occhialetto dell'incognita si rivolse verso il banco di pietra sul quale erano seduti i due amici. - Ti guarda! disse Raimondo sorridendo. O guarda i passeri che saltellano fra le frondi. Credi sul serio ch'io ne sia innamorato? - Ne parli tanto!... - Diffida sempre di quegli amori di cui ti si parla a lungo e sì leggermente: è segno certo che si vuol ridere alle tue spalle... Io l'amo come un bel personaggio da dramma o da romanzo, come un bel fiore... come una bella donna prima venuta insomma... che sa recare con grazia il velo sul cappellino e sollevare con disinvoltura lo strascico della veste... e nient'altro... In fede di che, se vuoi, andiamocene; sono le due meno dieci minuti, - aggiunse dopo aver consultato l'orologio. - Sì, è troppo tardi; siamo qui da più di due ore; - rispose il biondo alzandosi. Egli sorprese lo sguardo del suo amico che ancora restava fissato sul verone. - Vuoi venire, o no? - Un momento... restiamo altri dieci minuti e partiremo alle due precise... - Non amo gli inglesi colla loro metodicità regolata sul quadrante di un orologio... Hai detto d'andarcene... - Hai ragione; - rispose Brusio ridendo - partiamo. Due o tre volte, prima di uscire dal giardino, si volse a guardare il verone, sul quale non poteva più vedere che la tenda abbassata. - Bella donna! - ripeteva egli di tempo in tempo, con un entusiasmo che era troppo allegro per non essere affettato, e troppo affettato per non nascondere una preoccupazione: quanto io t'amo!

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Pagina 49

Dramm intimi

249951
Giovanni Verga 1 occorrenze
  • 1884
  • Casa Editrice A. Sommaruga e C.
  • Roma
  • Verismo
  • UNICT
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Un affetto profondo ed occulto, inquieto, geloso, che si mischiava a tutte le sue gioie mondane, e sembrava fatto di quelle, e le raffinava, le rendeva più sottili, più penetranti, come una delicata voluttà che animava ogni cosa, un abbigliamento, un monile, una festa, un trionfo di donna elegante. — Persino quell'altra nube sòrta a un tratto minacciosa in quel cielo azzurro, la malattia della figlia, come una ombra nera che dilatavisi da quei cortinaggi pesanti ed inerti, e ingigantiva, sino a scontrarsi con degli altri giorni neri — la morte di sua madre, l' agonia del marito, la faccia grave e preoccupata di quel medico che era venuto un'altra volta, il tic-tac di quella stessa pendola che riempiva tutta la stanza, tutta la casa, di una aspettativa lugubre. Le parole della madre e della figlia, che volevano sembrar gaio e spensierate, morivano nella semioscurità di quella vòlta altissima.*

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